Tutte e tre, a rotazione.

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Paolo Attivissimo, anche lui sempresialodato, ha cominciato una rubrica-bestiario tutta di email che riceve dai varî complottisti e malati denigratori – un po’ sul modello di hatemail with Dawkins – in cui riporta i teoremi allucinati di coloro che lo accusano delle peggiori nefandezze nel suo lavoro “al servizio della disinformazione”. Questo è come si conclude la mail della prima puntata:

Ma non ha rimorsi di coscienza quando se ne va a dormire? non pensa a quante persone ha portato per sempre sulla strada sbagliata? del buio e dello schiavismo?
Lei è mandato dalle forze Nato, Usa, o semplicemente pagato da politici per disinformare su internet?
Ci piacerebbe chiarire questo enigma.

Nel titolo la risposta di Attivissimo.

grazie a Jai

Quando quelli che menano sono dei nostri

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Una cosa per cui si scoccia questo blog, e il suo titolare, è lo schieramento per schieramenti anziché per fatti. Così sembra facile da dire, ma pare invece inevitabile: che si parli di Berlusconi o di Hugo Chávez, di Gino Strada o di Del Piero, le reazioni a qualunque parola o azione seguono inevitabilmente lo schieramento precostituito: chi ne pensa bene ha sempre un’attenuante o una contestualizzazione, chi ne pensa male una contestazione ad personam e benaltrista.

Mettiamola così: Piergiorgio Odifreddi, uno che fa tutte le battaglie laiche che faccio io, dice una cazzata. È dei miei. Perciò dovrei iniziare a spiegare che in realtà non voleva dire quello, che in fondo ha una parte di ragione, eccetera (invece no). Precisamente al contrario, ed è questo che mi lascia spesso sbalordito, di come mi rapporterei se la stessa identica cosa l’avesse fatta o detta qualcun altro.

A volerla vedere con malafede, è un atteggiamento di difesa dei proprî amici. A volerla vedere con buonafede, ed è così che la vedo io, è l’incredulità nell’accettare che chi ha delle idee affini alle proprie – per altri versi – possa essere una testa di cazzo.

Questo è quello che è successo a proposito delle manifestazioni violente a Roma, quando un sacco di gente non ha potuto credere che all’interno di una manifestazione di gente che la pensava nel loro stesso modo, ci fosse anche una cospicua parte* di teste di cazzo.

Perciò in tantissimi non hanno potuto credere che quelli che stavano mettendo a ferro e fuoco il centro di Roma fossero persone che, su molte cose, fossero dei loro: perché quando si ragiona così, finiscono per esserci soltanto le squadre (“o con me, o contro di me”: lo dicono gli esaltati che credono di essere inviati da Dio, da Berlusconi a Gesù Cristo). Dovevano per forza essere degli infiltrati della polizia che aizzavano la folla.

Se anche voi, in questo, avete riconosciuto molti dei commenti dei vostri amici e conoscenti, ecco qui dove dovete fare ctrl+c: per poi rilasciare dozzine di ctrl+v su bacheche, social network, forum e mailing list.

* Naturalmente si intende relativamente cospicua e del tutto minoritaria rispetto ai manifestanti. Pare ovvio, ma lo specifico ché non si sa mai.

Lunedì degli aneddoti – XXXVIII – La scommessa del Pascal indiano

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Uno degli argomenti teologici più sciocchi sull’importanza di credere in Dio è la famosa scommessa di Pascal. Il concetto è che siccome credere in Dio conviene, allora è giusto crederci. In realtà, come molti hanno notato, non è una dimostrazione dell’esistenza di Dio – sarebbe certamente bello che esista la fontana dell’eterna giovinezza, ma ciò non rende la sua esistenza più probabile – ma dell’opportunità di crederci anche qualora non ci fosse. In pratica, se si crede in Dio e Dio esiste si ottiene la salvezza, se non ci si crede non la si ottiene, e se non esiste non cambia nulla: perciò è meglio credere. È  un argomento ridicolo per tanti motivi: uno che non ho mai sentito dire, ma a cui penso sempre è «ma chi ti dice che Dio sia contento che tu credi nella sua esistenza?» Magari non vuole che gli si rompa.  Per quanto ne sappiamo, Dio – metti che esiste – potrebbe mandare in Paradiso quelli che non hanno creduto in lui, e all’Inferno quelli che ci hanno creduto.  E poi c’è l’obiezione più immediata: a quale dei settemila “Dio” che l’uomo ha inventato bisogna credere per essere salvati?

La risposta l’ho avuta qualche giorno fa in un racconto di un amico, che ha conosciuto il vero Pascal 2.0; era stato in India, in alcuni villaggi abbastanza sperduti del sud: posti che qualcuno definirebbe dimenticati dalla grazia di Dio (e, invece, vedrete!). Ad accompagnarlo era un tassista locale (il nome non se lo ricordava, quindi lo chiameremo “Antonio”), di quelli chiacchieroni e socievoli con cui dopo un po’ di viaggiare per un tragitto prestabilito avevano fatto amicizia, fra descrizioni turistiche e chiacchiere sulle rispettive famiglie. Come succede, alla fine si erano stati simpatici al punto che Antonio li aveva voluti portare a casa sua, a conoscere la propria di famiglia. Così, facendo una gradita deviazione sulla tabella di marcia, erano arrivati a questo villaggio nella provincia di Kottayam, nel sud ovest dell’India. Il villaggio era quasi fortificato, e la sera c’era una sorta di coprifuoco per le tigri: tutte le entrate dell’abitato venivano chiuse all’arrivare del buio. Mentre raccontava di questi particolari, bevevano latte di cocco che Antonio era andato a raccogliere direttamente alla fonte, arrampicandosi su di un albero davanti ai loro occhi. Poi erano entrati in casa e appesi alle pareti c’erano mille poster di cui erano tappezzati tutti i muri – non raffigurazioni, proprio poster: Cristo, Maometto, Budda, Krisnha, Vishna, Shiva, etc. Pareti ricoperte di tutte le divinità che all’apparentemente molto mistica famiglia di Antonio erano venute in mente.

Così, il mio amico, incuriositosi e oramai rassicurato dal loro grado di confidenza gli aveva domandato: «scusa, Antonio, ma – tu – di tutti questi,  per quale preghi?» E lui: «mah… io, per sicurezza, tutti quanti».

Grazie a Jai

Qui il primo: Brutti e liberi qui il secondo: Grande Raccordo Anulare qui il terzo: Il caso Plutone qui il quarto: I frocioni qui il quinto: Comunisti qui il sesto: La rettorica qui il settimo: Rockall qui l’ottavo: Compagno dove sei? qui il nono: La guerra del Fútbol qui il decimo: Babbo Natale esiste qui l’undicesimo: Caravaggio bruciava di rabbia – qui il dodicesimo: Salvato due volte – qui il tredicesimo: lo sconosciuto che salvò il mondo qui il quattordicesimo: Il barile si ferma qui qui il quindicesimo: Servizî segretissimi qui il sedicesimo: Gagarin, patente e libretto qui il diciassettesimo: La caduta del Muro qui il diciottesimo: Botta di culo qui il diciannovesimo: (Very) Nouvelle Cuisine qui il ventesimo: Il gallo nero qui il ventunesimo: A che ora è la fine del mondo? qui il ventiduesimo: Che bisogno c’è? qui il ventitreesimo: Fare il portoghese qui il ventiquattresimo: Saluti qui il venticinquesimo: La fuga qui il ventiseiesimo: Dumas qui il ventisettesimo: Zzzzzz qui il ventottesimo: Teorema della cacca di cavallo qui il ventinovesimo: Morto un papa qui il trentesimo: L’invincibile Marco Aurelio qui il trentunesimo: L’Amabile Audrey – qui il trentaduesimo: Anima pura – qui il trentatreesimo: Ponte ponente – qui il trentaquattresimo: Batigol – qui il trentacinquesimo: L’originalità del bene – qui il trentaseiesimo: Hans – qui il trentasettesimo: Le svedesi]

L’arresto di Assange a Londra non è un complotto

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Avessero almeno uno straccio di prova. No, non parlo dei giudici svedesi. Parlo di quelli che hanno cominciato a dire che è tutta, ovviamente, una cospirazione. Per affermare una cosa simile bisogna avere delle prove: non ce n’è neanche una.

Un sacco di gente è completamente partita, e ha iniziato a dare per ovvio, scontato, automatico, ascoltauncretino, che: A) UK concederà l’estradizione ad Assange in Svezia B) in Svezia ci sarà un processo farsa dove sarà condannato per stupro C) gli Stati Uniti, che sono dietro a tutto, lo deporteranno accusandolo di spionaggio D) Assange sarà chiaramente giudicato colpevole da una giuria compiacente che lo condannerà a una lunghissima pena [E) sarà dato in pasto alla CIA che lo torturerà – sì, è stato detto anche questo].

Ecco, mi servirebbe un volenteroso che facesse l’elenco di tutte le persone che hanno completamente perso senno e senso critico, per andargliene a chiedere conto dopo, quando una qualunque di queste cose non si verificherà (perché ne basta una perché il Grande Piano salti): magari, allora, si confronteranno con l’automatismo del pensare il male in cui si sono tuffati. Fra l’altro, l’esito di un eventuale processo simile negli Stati Uniti è tutt’altro che scontato. Anzi, fino a ieri si diceva che le basi per una tale condanna sono decisamente scivolose, ed è molto difficile che il governo americano voglia rischiare questa strada. In America i processi sono una cosa seria.

Ricordiamoci che questo procedimento per stupro – e, sì, è un’accusa per stupro: si chiama così l’avere un rapporto sessuale con una persona non cosciente o consenziente – è stato aperto ad agosto, cioè mesi prima della pubblicazione di questi leaks, che è stato riesaminato a settembre dopo essere stato archiviato, e che a metà novembre è stata presentata la richiesta di arresto da parte del giudice svedese. Inoltre che Assange si è sempre rifiutato di presentarsi in Svezia per essere interrogato, di fare la prova del DNA o di collaborare a queste indagini: quindi, o l’intera corte svedese si trasferisce a Londra per giudicarlo, oppure una richiesta di estradizione è l’esito più scontato. Naturalmente, e anche questo è bene ricordarlo, Assange è assolutamente innocente fino alla prova del contrario. Come è del tutto possibile che le due donne si siano inventate queste accuse per sfruttarne la visibilità: è probabile, ma il procedimento è del tutto naturale, e il modo per accertare la verità e l’innocenza di Assange è proprio questo.

Invece, dentro all’elenco di quelli che, stavolta, hanno avuto il riflesso condizionato della malafede ci sono anche persone impensabili. Persone che, di solito, si tengono debitamente alla larga da questo tipo di tic populisti:

Io, basito, ho letto Zambardino, che ha scritto questo:

Dobbiamo davvero credere alla fola dell’accusa per stupro e quindi accettare un’estradizione che alla fine porterà Assange in mano agli “intervistatori” specializzati della Cia, ai “riprogrammatori”, ai tormentatori di stato?

Gilioli aveva scritto questo:

Giusto perché si sappia: non essendo stato possibile sinora incriminarlo per altro, Julian Assange è ricercato dall’Interpol e quindi dalla polizia di 188 Paesi, oltre che da un’apposita task force del governo americano

Per inciso, questo è quello che ha detto la procuratrice svedese:

I want to make clear that I have not been subjected to any kind of pressure, neither political nor of any other kind, I am acting as prosecutor because there are suspicions of sex crimes committed in Sweden in August. Swedish prosecutors are completely independent in their decisions.

Ma tanto anche lei sarà considerata parte del complotto.

Così, per il gusto di, pubblico qui il complottista dei complottisti, è uno che ha scritto questo nella pagina dei commenti sul Guardian:

I think it’s all a conspiracy. Obama and Hillary have shares in Wikileaks. Why on earth would they be so determined to make sure it gets maximum publicity.

C’è sempre uno più complottista che ti epura. Magari vi fa ridere, e un po’ lo fa, ma se uno crede all’uno non c’è ragione di non credere all’altro. Quanto a veridicità e prove, non è niente di diverso da quelli che dietro all’arresto di Assange c’è la CIA.

Al cor poco gentil ratto s’apprende

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Diverso tempo fa una persona con la quale avevo un dialogo franco e schietto mi sottopose, con entusiasmo, un articolo scritto da Marco Travaglio. Non ricordo se fossi d’accordo col contenuto dell’articolo, probabilmente sì, ma ricordo che conteneva un’immagine odiosa: Berlusconi era arrivato al capolinea e i ratti stavano abbandonano la nave che affondava. M’infuriai. Intanto questa storia di Berlusconi che era finito, e tutti i suoi sostenitori corrotti lo stavano abbandonando, l’avevo sentita mille volte, e tutte le volte Berlusconi era tornato più forte di prima. Anzi, il più delle volte non s’era mosso di lì, ché se tutti i topi l’avessero davvero abbandonato, negli anni, ora avremmo un’Italia diversa, e migliore.

Ma poi, soprattutto, come poteva essere accettabile un concetto come quello? Come si può apprezzare un argomento così andreottiano (a pensar male si fa peccato ma spesso si ha ragione? Magari fra le persone che frequenti tu, imbroglione!). Il gioco d’azzardo sulla malafede altrui, la delegittimazione degli altri pareri (pochi giorni fa, a proposito dell’abuso di potere di Bossi, scrivevo di “quanto la nostra mentalità sia abituata a distinguere malafede prima che ingiustizia: a vedere nei nostri avversarî dei servi del potere prezzolati, e senza una vera opinione, anziché delle persone che hanno idee (molto, in questo caso) sbagliate). Per doppiare il pensiero altrui e decidere che, in realtà, non è un’idea ma una menzogna camuffata ci vuole un bel pelo sullo stomaco. Un’operazione di ventriloquismo con cui può avere dimestichezza solo chi frequenta quella dimensione di doppiezza. Se questo è il tuo metro, non ci misurare gli altri!

Poi, ieri sera ad Annozero, Marco Travaglio ha usato la stessa sciupatissima metafora per apostrofare Sandro Bondi. Possibile che, ancora una volta, avesse usato quell’espressione sordida? Perché un’uscita infelice può capitare a tutti, e capita: il problema non è dire cose sceme, ma pensarle. Così, per curiosità, ho messo su Google questa storia del ratto e della nave che affonda, per vedere se era successo altre volte oppure fosse solo una coincidenza di inciampi.

Ecco:

Deve riconoscerle l’onore delle armi: mentre tutti o quasi i topi fuggono e abbandonano la nave, lei è sempre lì ultimo giapponese.
19/11/2010

Molti potrebbero essere in sintonia con il nuovo partito di Fini, ma non tutti, se i topi scappano dalla nave che affonda, devi mettere qualcuno alla porta per selezionare i topi, per vedere topo e topo, dire a questo
8/11/2010

Un partito con un’identità netta intorno ai valori di una destra normale, cioè legalitaria e rigorosa, o un caravanserraglio di riciclati berlusconiani in fuga dalla nave che affonda?
Ogni giorno le cronache segnalano le “new entry” (new si fa per dire) che si accalcano all’ingresso del partito finiano senza incontrare la benché minima resistenza
5/11/2010

La banda del buco si sta disunendo, sente i rintocchi del Dies Irae e si abbandona a un arraffa-arraffa scomposto, disperato, da ultime ore di Pompei. Come quelle bande di topi d’appartamento che, sentendo suonare l’allarme della casa e in lontananza le sirene della polizia, si riempiono le tasche con le ultime posate d’argento e gli ultimi gioielli alla rinfusa prima della fuga.
16/7/2010

Mentre i topi abbandonano alla chetichella la nave e persino le escort e le badanti si dileguano, James si propone come la versione moderna di Eva Braun nel bunker berlinese e di Claretta Petacci a Giulino di Mezzegra.
6/7/2010

I ratti della loggia. Il primo a sganciarsi è sempre Ernesto Galli della Loggia (…) Un po’ come la fuga del primo ratto dalla nave che comincia a imbarcare acqua. Gli altri seguiranno a stretto giro.
18/03/2010

La verità è che i primi a scaricare Craxi furono proprio i ragazzi dello zoo di Bettino: quel variopinto caravanserraglio di nani e ballerine, prosseneti e miliardari che si faceva chiamare Partito Socialista. Al primo scossone i topi fuggirono dalla nave, in linea con la tradizione italiota della fuga da Caporetto.
31/12/2009

Il fuggifuggi dalla barca che affonda è talmente frenetico che non c’è più pietà per nessuno, nemmeno per parenti, amici, colleghi. Si salvi chi può, mors tua vita mea. L’altra sera il salotto del Vespino di sinistra, dove nessuno s’era mai lamentato e dove non s’era mai parlato di casta, anzi la casta la faceva da padrona, pareva la fossa dei leoni.
27/09/2007

Come i topi e le pantegane abbandonano la stiva delle navi alle prime avvisaglie d’acqua, così dirigenti, portaborse, raccomandati, parenti, amanti, mezzibusti, soubrettini e soubrettine prenderanno la via della fuga, sciamando fuori all’impazzata con le mutande in mano, calpestando e travolgendo tutto e tutti
23/06/2006

E gli altri topi della nave che affonda seguono il suo esempio, mettendo in salvo la roba: è notizia di ieri che Dell’Utri vende all’asta l’argenteria di casa, anche perché la condanna per mafia (sia pure in primo grado) potrebbe portare a una misura di prevenzione, cioè al sequestro dei beni. Quanto alle elezioni, Bellachioma non ci pensa neppure a correre quel rischio
19/04/2005

A cinque anni mi son fermato.

Se mai vi capiterà di sentirmi dire all’indirizzo di qualcuno «le tue opinioni non valgono perché le dici solo per interesse» datemi un bel ceffone. E poi aggiungete: «questo è da parte mia, non di quello che mi paga».

Frocio ce sarai

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Leggo da River il miscuglio di psicologia dozzinale e complottismo che ha scritto Sonia Alfano:

Tutti i trattati di sessuologia analizzano gli omofobi come i classici esempi di omosessualità repressa. Lo sanno bene gli psicologi, lo sa benissimo il mondo gay. Sottolineo che non sono occasionali ma ripetuti gli attacchi di Berlusconi alle persone gay. Quest’uomo è ossessionato dall’omosessualità. La sua virilità è pericolante. Disprezza un mondo perché fondamentalmente ne è attratto. Ha dei seri problemi, la sua sessualità non è ne certa né sicura. E’ sessualmente disturbato. E’ come se dovesse dimostrare il contrario di qualcosa. Dimostrare che non è gay frequentando ragazzine, facendo il macho“.

Detto che definire “ripetuti attacchi alle persone gay” delle dichiarazioni da vecchio e bieco omuncolo, che probabilmente gli varranno anche la simpatia di altri vecchi e biechi omuncoli (e forse i loro voti), dove gli omosessuali non sono un vero bersaglio ma il parafulmine di un’ironia stantia e cazzocentrica, è la solita tendenza a piegare i fatti alla propria tesi.

Detto che dire “Quest’uomo è ossessionato dall’omosessualità. La sua virilità è pericolante. Disprezza un mondo perché fondamentalmente ne è attratto” è un concetto da bambini delle elementari, chi disprezza compra insomma, che se fosse valido dovrebbe applicarsi anche ai comunisti, ai magistrati, alla sinistra (Berlusconi, in realtà, è comunista? E Saddam Hussein, in realtà, era curdo?).

Detto ancora che dire “E’ come se dovesse dimostrare il contrario di qualcosa. Dimostrare che non è gay frequentando ragazzine, facendo il macho” è un altro complottismo misero, che non vuole riconoscere la grettitudine e la grevità dell’ossessione altrui piegando quell’altro ai proprî tentativi d’insulto.

Ma – infine – ci rendiamo conto di qual è l’accusa sottesa, tanto affine a quel “Berlusconi è impotente!” che mi fa sempre mettere le mani nei capelli? Sì, è proprio quella: che Berlusconi sia, in realtà, frocio. Come se fosse qualcosa di cui vergognarsi. E se anche fosse? Come dare lezioni di omofobia a Berlusconi. E, per favore, non iniziamo a dire che lo si suggerisce perché a Berlusconi stesso farebbe arrabbiare e gli creerebbe imbarazzo: non c’è dubbio che sia vero, ma è proprio questo che non dobbiamo fare, berlusconizzarci e introiettare il suo metro.

Come l’epigrafe dell’ultimo libro di Severgnini, originariamente di Gaber: non ho paura di Berlusconi in sé, ho paura di Berlusconi in me.

Siamo tutti “autentici grulli”

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Questo piccolo fatto di cronaca, in realtà una bega di paese, riguarda la Fiorentina, ma la riporto perché tipizza una quantità enorme di persone e occasioni.

Oliviero Beha è un giornalista sportivo e tifoso della Fiorentina. Lui è uno dei complottisti più cospirazionisti più complottisti che ci siano. Dietro a qualunque cosa c’è sicuramente una cupola: se le banane nel suo frigorifero vanno a male è sicuramente colpa della CIA, e questo in un ambiente così propenso al vittimismo e ai complessi di persecuzione (trovate un ultras che non dica che quest’anno gli arbitri, e il palazzo, ce l’hanno con loro) come il calcio, è un miscuglio corrosivo.

Beha ha scritto sul Fatto quotidiano un articolo contro i Della Valle, i proprietarî della Fiorentina, e assieme a qualche considerazione ragionevole ha infilato tutta una serie di teoremi per i quali, sostanzialmente, la Fiorentina avrebbe deliberatamente deciso di far squalificare Mutu, privandolo inoltre di assistenza tecnica, medica e legale (la giustificazione data è “c’è Jovetic”, come se fosse interesse di una squadra svalutare un proprio giocatore). Poi, Beha scrive che – altrettanto sostanzialmente – l’unico interesse dei Della Valle è fare soldi con l’indotto della Fiorentina, e argomenta questa tesi cercando di suffragarla con dei dati che, alla fine della fiera, la contraddicono. Ce ne sono delle altre, fra cui un passaggio sessista, e uno autocelebrativo della propria boria, ma la chicca è questa:

[Prandelli] è stato cacciato con ignominia mesi fa e nessuno si chiede come mai ? O si pensa da autentici grulli che abbia lasciato la Fiorentina per la Nazionale? E’ stato “sistemato” ad una Nazionale in cerca di autore più di Pirandello solo perché i Della Valle (naturalmente il Della Valle, l’altro essendo solo un fratello) volevano sbolognarlo senza pagare dazio alla città “del calcio fiorentino”.

Sì, autentici grulli. Credere la cosa più ovvia, ovvero che a Prandelli interessasse un posto di maggior prestigio – come la panchina della Nazionale – rispetto a un posto in una squadra tutto sommato provinciale come la Fiorentina è da autentici grulli. C’è necessariamente qualcosa di più grosso, dietro. Ascolta un cretino, diceva un personaggio di Bisio e Gialappa’s.  E quindi i Della Valle, potendo decidere loro chi sarebbe stato il futuro allenatore azzurro, avrebbero fatto questa scelta.

Che ha fatto Della Valle?

Ha risposto con la stessa moneta. Ha risposto con una lettera aperta a Beha, molto dura, rivoltando la stessa accusa: è un complotto. C’è una ragione per la quale Beha ha scritto questo articolo ed è perché non gli è stata data la possibilità di entrare in società, alla Fiorentina. E da quel momento, per vendicarsi, ha iniziato a fare un vero e proprio killeraggio contro i Della Valle. Inoltre Beha non può chiamarsi “tifoso della Fiorentina” perché non è un vero tifoso, e tutto quello che auspica è il male della squadra, ingannando la buona fede dei fiorentini.

Della Valle, insomma, non ha fatto molto meglio, ma ha mostrato una cosa: che all’accusa di complotto si può rispondere con lo stesso argomento vacuo, e senza alcuna prova – mi accusi di malafede? Anche tu sei in malefede. E provami il contrario! Ricordo quando c’era il fenomeno Beppe Grillo, agli inizi di questo blog, e se qualcuno si azzardava a rivolgere una critica a Grillo arrivavano due, tre, decine, di persone ad accusare – davvero! – chiunque ne scrivesse di essere “pagato da Berlusconi”, dal PD, dai poteri forti, o da chi pareva loro. Insomma, la solita delegittimazione del parere altrui: non importa quello che dici, perché tanto lo fai per interesse, quindi non mi spenderò a rispondere alle tue argomentazioni. Mi ricordo una volta, Eureka!, capii come si deve rispondere a queste accuse: no, sei tu che sei pagato da Beppe Grillo! Non seppero come replicare.

Lunedì degli aneddoti – XXXVII – Le svedesi

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Le svedesi

Il mito delle svedesi. Ho scoperto di recente perché fra la generazione dei nostri nonni c’era il mito delle svedesi, che erano – alternativamente o tutto insieme – alte, bionde, ridanciane, bendisposte al dialogo, aperte di vedute. Questa la versione raffinata, che probabilmente avrete sentito diverse volte, ma la traduzione – più ruvida e più italiana, anzi la facciamo romanaccia – era: bòne, e ce stanno. La non lusinghiera reputazione, però, era del tutto immeritata: non erano le svedesi a essere tutte puttane, ma erano gli italiani ad avere quell’idea, dura ancora oggi a morire, che la condizione naturale di una donna sia la renitenza alle avances maschili, da esprimere in ogni proprio atteggiamento ed espressione della persona.

È il concetto che c’è dietro al velo imposto alle donne nell’Islam, se non ti copri vuol dire che stai suggerendo al tuo interlocutore la tua presunta disponibilità. E andò così anche in Italia, negli Anni Cinquanta, quando cominciarono ad arrivare in Italia le svedesi. Venivano nella Penisola d’estate, al mare, a fare dei bei bagni e a passare la stagione. E quand’erano in spiaggia si mettevano in bikini, indumento che in Italia non si era mai visto: potete immaginare il malizioso stupore, fatto di pruderìe da quattro soldi, con cui persone che avevano vissuto soltanto accanto a ragazze cresciute a pane e cattolicesimo potevano interpretare quel simbolo – sono belle, e ci stanno. Di lì, per un bikini, la nomea: le-svedesi. E tutte le grandi storie, naturalmente raccontate al bar e mai consumate, di quanto le svedesi fossero per nulla ritrose.

Poi c’era la più bella fra tutte le svedesi, negli Anni Cinquanta, e anche lei venne in Italia. Per una ragione un poco diversa, però: lei era Ingrid Bergman, l’avrete capito. Aveva visto i film di Roberto Rossellini e se ne era innamorata. Magari si era innamorata anche di lui, chissà. Fatto sta che gli scrisse:

Caro Signor Rossellini,
Ho visto i suoi film Roma Città Aperta e Paisà, e li ho apprezzati davvero tanto. Se ha bisogno di un’attrice svedese, che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, che non è propriamente comprensibile in francese, e che in italiano sa dire solamente “ti amo”, sono pronta a venire a fare un film con lei.

“Ti amo” glielo scrisse proprio così, in italiano, per fargli vedere che lo sapeva davvero. Naturalmente – che altro? – finì che si sposarono.

Grazie a Simone e Paolo

Qui il primo: Brutti e liberi qui il secondo: Grande Raccordo Anulare qui il terzo: Il caso Plutone qui il quarto: I frocioni qui il quinto: Comunisti qui il sesto: La rettorica qui il settimo: Rockall qui l’ottavo: Compagno dove sei? qui il nono: La guerra del Fútbol qui il decimo: Babbo Natale esiste qui l’undicesimo: Caravaggio bruciava di rabbia – qui il dodicesimo: Salvato due volte – qui il tredicesimo: lo sconosciuto che salvò il mondo qui il quattordicesimo: Il barile si ferma qui qui il quindicesimo: Servizî segretissimi qui il sedicesimo: Gagarin, patente e libretto qui il diciassettesimo: La caduta del Muro qui il diciottesimo: Botta di culo qui il diciannovesimo: (Very) Nouvelle Cuisine qui il ventesimo: Il gallo nero qui il ventunesimo: A che ora è la fine del mondo? qui il ventiduesimo: Che bisogno c’è? qui il ventitreesimo: Fare il portoghese qui il ventiquattresimo: Saluti qui il venticinquesimo: La fuga qui il ventiseiesimo: Dumas qui il ventisettesimo: Zzzzzz qui il ventottesimo: Teorema della cacca di cavallo qui il ventinovesimo: Morto un papa qui il trentesimo: L’invincibile Marco Aurelio qui il trentunesimo: L’Amabile Audrey – qui il trentaduesimo: Anima pura – qui il trentatreesimo: Ponte ponente – qui il trentaquattresimo: Batigol – qui il trentacinquesimo: L’originalità del bene – qui il trentaseiesimo: Hans]

L’amore non si può rubare

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>per Il Post<

Corso di Alfabetizzazione Sentimentale Obbligatoria – Prof. du Lac – 9° lezione

Cari scolari,
dovevamo rispondere a una domanda molto ostica: cosa fare se ci si innamora della compagna di un nostro amico?

La prima domanda da farsi è: c’è una componente di colpa nell’avere questo sentimento? Bisogna sentirsi colpevoli nei confronti del proprio amico per il solo fatto che ci piaccia la sua compagna? La risposta è, semplicemente, no. Avere un’opinione così positiva della fidanzata di un amico non può – per nessuna ragione – essere considerata una colpa. Anzi, noi abbiamo un’alta opinione dei nostri amici, così è del tutto naturale – direi auspicabile – apprezzare le stesse persone.

Se dunque non c’è colpa – ma anche se ce ne fosse? – non c’è ragione per mentire al proprio amico. Sbaglia perciò Valeria (posta) a dire che la prima cosa da fare è tenere nascosto il proprio sentimento all’amico: è un atteggiamento davvero scorretto, e mostra di non tenere in profonda considerazione quell’amico. Un’amicizia è una vera amicizia se si può essere sinceri, se ci si può dire tutto; se si può parlare assieme dei problemi e delle situazioni difficili, anche – e in particolare – quando queste riguardino direttamente gli interessati. La prima cosa da fare è, quindi, raccontare al proprio amico ciò che si sente.

Ma come ci si deve comportare, poi? Rileva una cosa molto intelligente Saverio (posta), quando dice – dopo aver parlato del turbamento che una situazione del genere può ingenerare:

Però ci penso e dico: se lei sceglie me, in qualche modo farei una sorta di “favore” al mio amico, visto che evidentemente lei non è il meglio per lui, perché forse non lo ama fino in fondo. E poi, cosa più importante: se io e lei dovessimo essere felici assieme, perché no?

In questo passaggio è contenuta una domanda fondamentale: il nostro amico vorrebbe accanto una persona a cui piace un altro? L’elemento evidenziato giustamente da Saverio – va assegnato un “+” anche a Ugo (posta), Franco, e Mario (posta) – è quello che ricalca quello della scorsa lezione: l’amore è volontà altrui. Potremmo mai immaginare di stare assieme a una persona che nel momento delle cose più intime ed esclusive speri di essere con un’altra persona?

Per questa ragione l’idea che si possa “rubare” il fidanzato è figlia di una concezione misera e maschilista. È un concetto che trascura fino ad annullare quella che è la vera potenza viva di un rapporto, ovvero la volontà delle due persone di rimanere insieme. Comportarsi come cani che sentono la necessità di segnare il territorio equivale a trattare la persona a cui si sta insieme come un oggetto, privo di una volontà propria, da portare con sé e usare a proprio piacimento.

In questo senso se la nostra compagna si innamora di qualcun altro non è colpa dell’altro, ma nostra (cfr Lezione V): siamo noi a non essere abbastanza. Ed è per questa ragione che non si può considerare responsabile un eventuale pretendente, neanche fosse un amico: al posto suo ci potrebbe essere chiunque, se alla nostra compagna piace qualcun altro significa che non è più innamorata di noi. Ed è questa la pessima notizia, di cui l’amico – o il pretendente – è soltanto ambasciatore, e di cui noi siamo gli unici responsabili. Naturalmente è una notizia che ci farà soffrire moltissimo, più di qualunque altra cosa, ma non c’è ragione per essere arrabbiati con lui: il nostro amico ci sta venendo ad annunciare che è morta nostra madre, ci fa soffrire tantissimo, ma è del tutto assurdo prendersela con lui.

A.D – Prendiamo il caso in cui io sia assieme a Paolo, e una mia amica – Rosa – si scopra innamorata di lui. In effetti, domandiamoci, Rosa mi arreca un danno nel corteggiare Paolo? Ci sono due possibili esiti: Paolo continua a preferire me, o Paolo preferisce Rosa. Il primo caso è molto facile, a Paolo non piace Rosa, perciò lui vuole rimanere insieme a me: Rosa non mi ha fatto nessun danno, anzi, semmai mi ha confermato l’amore che Paolo nutre per me.

Prendiamo invece l’altro caso, quello in cui Paolo si renda conto che Rosa gli piace più di me. Possiamo dire che Rosa mi faccia, con il suo comportamento, del male? Neanche in questo caso. Scoprire che Paolo non è l’uomo della mia vita è una cosa positiva: l’avrei scoperto presto, meglio saperlo prima. La mia inevitabile sofferenza non è data dalle azioni di Rosa, ma dall’essere rimasta orfana della persona che amavo.

Del resto, Dora, è sufficiente spostare il calendario tre mesi più avanti per anestetizzare il giudizio di coloro che considererebbero sbagliato il comportamento di Rosa: Paolo mi ha lasciato da tre mesi, se Rosa ne è innamorata può cercare di conquistarlo? Qualcuno risponderebbe di no? Eppure anche questo, potenzialmente, potrebbe causare la mia sofferenza. Perciò, fare una differenza fra queste due situazioni significa considerarsi il cane che deve fare la pipì per marcare il territorio.

C’è un esercizio facile, per tutti coloro che sono attualmente innamorati: provate immaginare il periodo in cui avete conosciuto la persona che amate, se questa – al tempo – fosse stata assieme a un vostro amico, voi avreste rinunciato al vostro amore? Avreste così perso l’uomo o la donna della vostra vita: lo considerate così intercambiabile?

A.D – Ecco la domanda a cui rispondere per la prossima settimana:

“Lui mi piace perché rispetta i miei spazî”. È giusto e sano che i due innamorati non invadano l’intera vita altrui oppure condividere tutto, ma proprio tutto, è la scelta più ragionevole?

Presentate le vostre risposte qui sotto oppure nella posta del Prof. Martedì prossimo discuteremo le risposte.

L’Amore è volontà altrui

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>per Il Post<

Corso di Alfabetizzazione Sentimentale Obbligatoria – Prof. du Lac – 8° lezione

Cari studenti,
vediamo di completare il glossario amoroso studiato la scorsa settimana.

GELOSIA – È importante precisare che per “gelosia” – la sciocchezza (cfr Lezione VI) – non si intende la sofferenza per l’abbandono della persona che si è amata: quella è del tutto normale, e sana, oltre che significativa. Una persona che perde colui o colei che ama soffrirà moltissimo, è perfino scontato dirlo. Gelosia, qui, è il tentativo di impedire alla persona amata di seguire la propria volontà, il complesso degli atteggiamenti che sono disposti – al costo di renderla infelice – a castrarla, cercando in ogni modo di allontanarla dai proprî desiderî, dimostrando di fatto di non amarla davvero.

VOLONTÀ – È fondamentale, quindi, rendersi conto di una cosa: ciò che abbiamo a cuore è la volontà della persona che amiamo, le sue propensioni e le sue aspirazioni. E, d’altra parte, ciò che noi desideriamo e a cui aspiriamo è la coincidenza fra noi e la felicità della persona che amiamo. Non vorremmo mai che lei stia con noi controvoglia, che l’unica ragione per cui quella persona ci sta accanto sia un vincolo posticcio. Se il nostro fine è cercare di allontanare, o nasconderle, un possibile termine di paragone stiamo decidendo che lei non ci scelga. Quando la scelta si fa, appunto, tutti i giorni: ed è una scelta smaccata – deliberata e volontaria.

SACRIFICIO – Se così non fosse, se non usassimo la volontà come metro, dovremmo concludere che l’amore sia solamente un sacrificio. L’idea che il problema non sia desiderare di tradire, ma mettere in pratica questo desiderio, svilisce – nel fulcro centrale – l’essenza stessa dell’amore. Se io sono innamorato di una persona desidero che quella persona sia soddisfatta, voglio che possa fare le cose che la rendono felice: se le impedisco ciò che le piace, la sto condannando a sacrificarsi, a essere infelice per causa mia. Il problema è voler tradire, non è farlo.

IL SESSO – All’infuori del sesso chiunque concorda col ragionamento precedente: immaginate l’assurdità della frase “la persona che amo vorrebbe rubarmi del denaro, ma io mi accontento del fatto che non lo faccia perché impaurito dalle possibili ritorsioni”. Se due persone non sono tendenzialmente monogamiche, non c’è ragione per la quale questa debba essere una loro prerogativa. Un rapporto di coppia è un accordo fra due persone, ognuno può decidere quale sia il proprio spazio di esclusività: qualcuno imposta un rapporto entro il quale si va a letto con chiunque, però – beninteso – le ortiche si coltivano soltanto con il proprio compagno? Non c’è nulla di male. In questo caso coltivare le ortiche assieme a un’altra persona sarà considerata un’infrazione inaccettabile. L’importante è essere concordi, e non ingannarsi, poi è – quasi – soltanto questione di gusti.

POSSESSIVITÀ – Spesso si assimila il concetto di “possessività” con il concetto di “gelosia”. È un errore: non c’è nulla di male a desiderare che l’altro ci appartenga, anzi è una dimostrazione d’attaccamento. Voler abitare il mondo altrui, e considerarlo proprio – quanto e più del nostro – è un sintomo dell’amore: chi dice che un innamorato non dovrebbe possedere l’altro immagina un rapporto disumano e cinico. Ognuno vuole possedere l’amato, ed essere posseduto da esso: c’è una perfetta reciprocità. Se si vive l’essere in possesso dell’altro come castrazione, significa che il rapporto d’amore inizia a essere vissuto con fastidio e insofferenza. C’è un solo caveat: come dicevamo più sopra, questo possesso è subordinato alla volontà altrui – non parliamo di un oggetto, ma di una persona dotata di una volontà, vogliamo essere la prima delle sue priorità.

A.D. – Ipotissiamo che io sia innamorata di Paolo, desidero lui, e desidero essere il suo desiderio. Paolo, però, è innamorato di Luigina, la quale non lo contraccambia: accetterei di essere la ruota di scorta? Accetterei di stare con un Paolo che continui ad amare l’altra? E se anche mi condannassi ad accettare questa situassione, quale sarebbe il comportamento più sensato da seguire: cercare di convincere Paolo di essere meglio di Luigina oppure cercare di impedire che Paolo incontri Luigina?

E se un giorno Luigina decidesse che Paolo è la persona giusta, dovrei cercare d’impedire il loro incontro – già avvenuto nella testa – nei fatti? No, un addio da parte di Paolo mi porterebbe a stare malissimo, ma non vorrei mai essere un supplissio per la persona che amiamo, mai lo vorrei con me per sacrificio. Non potrei volergli così male dal desiderare che stia con me, nonostante io sia – per lui – l’infelicità.

Come scrisse Luigi: questo non è amore, è egoismo. Anzi, neppure amor proprio: perché si arrende all’essere scarto. È, invece, soltanto la muscolare competizione per avere il corpo – e non il cuore – di quella persona.

A.D. – Vi ricordo il compito per casa:

Vi state innamorando della fidanzata del vostro più caro amico. Che cosa fate?

Rispondete qui sotto, oppure nella cassetta del Prof.