Domenica 25 gennaio / mattina

Nazionalismi – Diario dalla Palestina 146

Qui in Palestina quasi tutte le macchine, e tutti i tassisti hanno una bandiera palestinese sul cruscotto. Le vendono ai semafori, insieme a quelle del Brasile. Però c’è chi va oltre, e ha quella dell’Iraq di Saddam:

iraq.jpg

Come distinguere la bandiera dell’Iraq saddamita da quella dell’Iraq attuale, è una sofisticheria da schizzati maniaci come me.

EDIT – Leggo ora che è cambiata ancora, e ben un anno fa, quindi c’è bisogno di esser maniaci per ricordarselo, ma non per riconoscerlo: non solo la scritta “Allahu Akbar” non è più stampata con la calligrafia di Saddam, ma sono state rimosse le tre stelle.

RIEDIT – Come al solito bastava wikipedia.

Sabato 24 gennaio

Occidentali, occidentali e occidentali – Diario dalla Palestina 146

Incredibile a dirsi, ma ieri quando siamo tornati a giocare a pallone con i bambini a Cremisan una delle suore salesiane che gestiscono la struttura mi ha fermato dicendo: «la mia superiora ha letto il tuo Diario, e ha detto che condivide molte delle cose che hai scritto, ma deve fare una precisazione – noi conosciamo alcuni palestinesi che vorrebbero vivere in Israele».

Non ho ben capito in quale parte del blog, google abbia trasportato queste suore, quindi non so a cosa si riferissero di preciso: so che hanno capito che lo scrivente fossi io perché, dalle foto su Distanti Saluti, hanno riconosciuto i bambini che erano venuti a giocare a pallone, e da lì avevano ricollegato a me il volontario che doveva essere lo scrivente.

In ogni caso mi sembra giusto raccontare anche questa testimonianza, tanto diversa da quelle di cui ho esperienza quotidiana io: devo dire che non mi stupisce che le persone in qualche modo più ragionevoli – perché preferiscono uno stile di vita più tranquillo, più libero e più agiato, all’amore per la Bandiera – vivano nel giro delle strutture cattoliche.

Non ho capito i motivi di questa inversione, se è perché spesso le strutture cattoliche offrono un contatto con l’Occidente e quindi con persone – quantomeno – non cannibalizzate dall’odio. Se abbia a che fare col messaggio cristiano in sé, ma devo dire che la filosofia del perdono, dell’altra guancia, dell’amore per il prossimo, sono molto poco presenti, nei cristiani di qui, perlopiù ortodossi, che in Europa sarebbero considerati con pochi dubbi dei fondamentalisti. Oppure se – molto semplicisticamente – perché quello che lì è “indietro”, qui è “avanti”.

Non so davvero. Sicuramente l’incontro, la possibilità di conoscere, vedere, dialogare, con gli Altri è una componente fondamentale. Nella piccola esperienza che ho degli arabi-israeliani, con tutte la complessità che può esserci in più di un milione di persone, il fatto di vivere quotidianamente con gli israeliani è il miglior anticorpo da tutti i pregiudizi. E forse è questo l’argomento più forte contro il Muro che ha annullato gli attentati kamikaze, ma – oltre ad aver di fatto, deliberatamente spostato il confine – ha contribuito a questa separazione.

Il paradosso è che il nomignolo spregiativo, e molto poco politicamente corretto che gli arabi-israeliani dànno ai propri cugini campagnoli è “quelli occidentali”, che starebbe per quelli-del-Banco-Occidentale, cioè la parte araba al di qua del Giordano (e prima del ’67 della Giordania), ma ha un curioso effetto semantico: perché, fra i due, quelli occidentali sono loro. In tutti i sensi.

Venerdì 23 gennaio

Aggeggi – Diario dalla Palestina 145

Gli israeliani sono un po’ come i giapponesi, hanno degli aggeggi stranissimi che non ti immagineresti mai che esistessero. Alla stazione centrale dei pullman a Gerusalemme ci sono questi due cosi:

La poltrona massaggiatrice a gettoni, qui un soldato mentre uno aspetta l’autobus si rilassa un po’:

la-poltrona-massaggiatrice.JPG

E il caricatore di cellulari a monete. Ci sono le prese dei cellulari di tutte le marche, se uno ha il cellulare scarico e non ha il caricabatterie lo può caricare qui a pagamento. Io mi son chiesto se mai qualcuno lo userebbe, ma evidentemente:

anvedi.JPG

Giovedì 22 gennaio / sera

Linea blu – Diario dalla Palestina 144

continua da qui

Ok, credo di essere stato un po’ scemo, ma andiamo con ordine: sul muro qualche giorno fa è comparsa una striscia blu. Mica tanto bella, mica tanto curata, va inevitabilmente sopra ad altre scritte (premurandosi di evitare i graffiti più belli: ad esempio passa in mezzo alla gambe di un cammello). La cosa incredibile è la lunghezza di questa striscia blu. Perché tutto il percorso del muro che si può vedere intorno a Betlemme è “marchiato”. A raccontarlo viene peggio, ma ora ovunque si passi, c’è questa bella striscia blu:

Dal check point:

pict0047.JPG

…prosegue…

pict0054.JPG

…gira quando il muro gira…

pict0051.JPG

…sovrascrive anche la scritta che facemmo con River, e va a rendere illeggibile l’indirizzo del suo blog generando certamente la sua disperazione, ché ci teneva tanto…

pict0055.JPG

…se non fosse che, a un certo punto…

pict0053.JPG

…ecco, questo è quello che pensavo ieri.

Poi mi è venuto in mente che quella scritta è proprio accanto a uno stencil (dico bene?) di Banksy, e quindi molto più probabilmente è una specie di “didascalia”, fatta dall’autore della striscia blu, anziché una firma.

Proverò a vedere se qualcuno ne sa di più, ma per intanto mi sa tanto di una disdetta!

Giovedì 22 gennaio / mattina

Fatto l’inganno, trovata la legge – Diario dalla Palestina 143

Sulle leggi assurde che ci sono qui al di là del muro ne ho sentite tante, che concernono il delitto d’onore, il rapporto uomo donna, la poligamia (sì, che mi aspettavo? Ma io sulla storia che le donne debbano essere “protette” perdo la razionalità, mi imbestialisco). Certo, anche passato il muro, se un’ebrea deve divorziare le cose non sono tanto facili, a testimonianza di come Israele sia molto meno laico di come pensano i suoi sostenitori, e molto di più di quanto pensino i suoi detrattori.

Ma ovviamente il paragone, con la Palestina, non c’è. E tanto più irritante è il sillogismo per cui – schieramenti dati, battaglia pronta – denunciare e cercare di cambiare queste cose sia contro i palestinesi, e non per le palestinesi (che dico? Per tutti i palestinesi).

Poi ci sono le cose che più che ingiuste, sono assurde: una legge di cui non sapevo, ma ho avuto notizia  attraverso un libro, questoqui qualche malignità sull’autore, è quella sulle adozioni. Se l’ho capito io il francese, garantisco che ce la potete fare:

terrasanta1.jpg

In pratica quindi: tutti i bambini senza genitori vengono considerati mussulmani (considerate però che non è un’imposizione, è un “dato”, qui la religione è sulla carta d’identità come l’altezza), la quasi totalità delle famiglie adottive è cristiana (sia gli stranieri, che i cristianopalestinesi: qui sono nettamente i più ricchi), e – arriva l’assurdo – un membro di una religione (che vuoldire che c’è nato, non che va in chiesa tutte e domeniche e vuol far fare la cresima al figlio, magari – difficile – neanche è credente) non può adottare un bambino di un’altra religione.

Così l’unica possibilità per degli orfani di trovare un genitore adottivo, è che trovino dei genitori in pectore disposti a convertirsi all’Islam.

Mercoledì 21 gennaio

Brutti e infantili – Diario dalla Palestina 142

Sui graffiti e il Muro potrei veramente raccontare, o più propriamente lasciar raccontare, le immagini, le scritte, i disegni, le idee, per chissà quanti post. Si potrebbe farne un blog apposito.
E poi c’è Banksy, il graffitaro più famoso al mondo. Ovviamente tutti lo conoscete, ma se non lo conoscete dovreste. C’è una sua frase che non ricordo dove avevo letto, che diceva qualcosa come: “dicono che i graffiti siano brutti, infantili e non ricordo cosa. Beh, solo se sono fatti proprio bene”.

Ecco, lui li fa proprio bene, e qui a Betlemme si è sbizzarrito. Seleziono i migliori per me, ma ne ha fatti altri, qui.

Il passo… carra(rmata)bile:

passo-carrabile.JPG

Il soldato che chiede i documenti all’asino:

banksy_donkey.jpg
Questo non l’ho mai visto di persona: e sapete perché? Si lo so, è incredibile: hanno pensato che fosse una presa in giro ai palestinesi e l’hanno cancellato. O almeno così l’hanno raccontata a me

La colomba con il giubbotto antiproiettili:

banskycolomba.jpg

E i miei due preferiti: la bambina che perquisisce il soldato, e il ragazzo che lancia i fiori (unico elemento colorato) invece della molotov. Delle volte mi fermo e li guardo, anche dieci minuti a pensare “ma che bello”:

17banksyes_468x606.jpg banksyfiori-2.jpg
L’originale del secondo non è a Betlemme, ce n’è una copia su un muro di Beit Sahour, il comune contiguo.

E se ne trovano altri, in giro per Betlemme, sia perché è il pezzo di muro più facilmente raggiungibile da uno straniero (Bansky nasconde la sua identità, ma dovrebbe essere inglese), e sia perché Banksy raramente disegna direttamente sul Muro, molto più spesso su case, o muri secondari – insomma, dove l’eventuale zelo di un soldato potrebbe interrompergli il lavoro: anche se a onor del vero non ho mai sentito dire di un soldato che abbia contestato qualcosa a un pitturatore.
Poi c’è anche la storia di quello che ha venduto il muro della propria casa, con sopra un graffito di Banksy, e l’ha ricostruito.

I graffiti in Palestina sono stati fatti in più venute nel corso degli anni, alcuni sono del 2005, altri del 2007: purtroppo molti sono oramai scoloriti (per questo alcune delle foto che vedete qui, le ho prese in giro per internet).
Domani vi racconto e documento cosa mi ha fatto pensare che Banksy sia tornato qui nei pressi.

p.s. C’è un sito ufficiale di Bansky, dove non si trova nulla di questo, ma tanto di altro e molto bello: e c’è una pagina che si chiama “manifesto”, con una citazione che oltre a essere molto azzeccata, sembra proprio essere un sibilo alle mie orecchie viste le recenti disavventure:

When I was a kid I used to pray every night for a new bicycle.
Then I realised God doesn’t work that way, so I stole one and prayed for forgiveness.

Continua qui
(il link funzionerà domani)

Martedì 20 gennaio

Saltando nelle pozzanghere – Diario dalla Palestina 141

Il sabato sarebbe il giorno delle uscite, con i bambini. Si uniscono i due gruppi e si va in giro. Qualche volta si va a giocare a pallone, altre volte si fanno uscite più “culturali”, d’estate in piscina. Però con il freddo invernale le uscite sono limitate al minimo, a meno che non si trovino posti al chiuso dove portare i bambini.

Avevamo fatto un bel progetto, per familiarizzare i bimbi con gli anziani. Qui la famiglia è lo stato sociale ma per alcune circostanze disagiate come sono i disabili, e talvolta gli anziani, queste situazioni costituiscono una vera vergogna per certe famiglie, e delle volte l’abbandonon è la soluzione seguita.

Anche la coscienza culturale di ciò è in evoluzione e, se dell’incontro coi disabili ne parlai nel primo post che feci dalla Palestina, la visita alla struttura per anziane mantenute dalle suore antoniane è stata divisa in due parti. Essendo il luogo troppo piccolo per tutti e due i gruppi abbiamo portato prima i grandi e poi i piccoli: qui l’incontro con i piccoli.

C’è stato tutto un lavoro preparatorio all’incontro, e – so che vi sembrerà la tipica illusione da innamorato – sono certo che i nostri bambini non riserveranno lo stesso trattamento ai loro genitori o ai loro figli disabili, se ne avranno.
Qui c’è qualche foto:

Io sono stato malissimo quel giorno, mi succede una volta all’anno, ma quella volta non mi reggo in piedi. Ecco, quello era quel giorno, febbre/mal di testa/mal di stomaco, forse si vede dalla faccia. E mi è dispiace molto perché l’incontro è stato bellissimo. Per fortuna durante le vacanze natalizie c’erano venuti a trovare Rodolfo e Antonio (altri volontari di Amal)  che hanno dato una mano indispensabile. Ecco l’arrivo:

arrivo.jpg

Qui le bimbe hanno fatto un ballo per le signore che, non è buonismo, hanno davvero apprezzato. Avevamo portato anche un fiore per ogni signora:

ballano.jpg

Altre foto delle danzatrici:

ballo.jpgdscf7391.JPG

E qui una foto di tutti i bambini che conversano con ognuna delle anziane:

bambini-attorno-vecchia.jpg

Alla fine la cosa più bella, dopo aver chiesto ai bambini cosa ne pensassero e come si immaginassero la loro vecchiaia, abbiamo mostrato loro il video musicale più bello che c’è, Hoppipolla (hop in paddles) dei Sigur Ros, che sia loro di buon auspicio:

La volta successiva ci hanno chiesto di rivederlo, ma ancora non l’abbiamo fatto. Se ci saranno commenti di rilievo, come ci saranno, li riferirò.

La pace ai check point

È assurdo, ma in questi giorni i soldati ai check point sono più gentili. Certo, ai tuoi occhi – che sei occidentale – vogliono sembrare buoni. No, di solito se ne fregano. Tornavo a casa, una soldatessa mi ha chiesto da dove venissi, e io le ho detto che ero stato a cena a Gerusalemme. Lei mi ha chiesto dove, e io mi sono inventato un posto. Meno dici e meglio è. Però lei ha commentato come si mangia in quel posto, e io mi sono inventato che non avevo mangiato bene. Iniziavo a capire che voleva essere cordiale: che è quello che ci vorrebbe sempre perché i palestinesi non abbiano solo quell’immagine feroce e al tempo stesso indifferente dell’esercito. Però quando mi ha chiesto con chi: io le ho detto «amici», che è la tipica cosa che si dice per non dire «fatti miei». Ed è questa la brutalità dell’occupazione, dei check point: che fa diventare i rapporti umani un riflesso condizionato. Poi mi sono reso conto che me l’aveva chiesto in modo amichevole, allora ho aggiunto «amici israeliani: hai visto, abbiamo fatto la pace?». Perché dal fatto che stessi rientrando a Betlemme di sera era ovvio che vivessi lì, e da questo era conseguente che fossi un volontario che, nelle barbare semplificazioni imposte da questi schieramenti, sta-dalla-parte-dei-palestinesi. E io le ho detto «Laila Tov», buonanotte, che è una delle poche cose che so in ebraico, e lei mi ha risposto «Leile Said», buonanotte, che è – forse – una delle poche cose che sa in arabo.

(Unità, oggi)

Lunedì 19 gennaio

Eppur si muove – Diario dalla Palestina 140

Intanto oggi pomerggio, a cessate il fuoco avvenuto, a Betlemme si teneva una manifestazione per urgere il cessate il fuoco.

dscn2709.JPG

dscn2711.JPG

Domenica 18 gennaio

Marxista lo dici ar dio tuo – Diario dalla Palestina 138

Che molte persone mi chiedessero «cosa vuoldire?» quando dicevo loro di non credere in Dio, l’avevo già riferito. Ma ora ho scoperto che coloro che contemplano la possibilità, l’associano indissolubilmente al comunismo. Ahlam stava raccontando a una sua amica che io, appunto, non credo in Dio, e quest’amica le avrebbe risposto: «cooooosa??? È marxista?». Lei me l’ha riferito, per raccontarmi il “coooosa”, ma io – che avevo già sentito quella parola – le ho chiesto lumi sul “marxista”. Lei mi ha detto «sì, you say …marxist in english». Così io le ho detto «no, ma guarda che non sono marxista» (tra l’altro dubito seriamente che Angela, Umberto e Rodolfo – altri volontari conosciuti da Ahlam – pur di quella sinistra lì, si definiscano marxisti). E lei: «come non sei marxista? e allora perché non credi in Dio?».

Insomma, non solo considerava il fatto di credere in Dio come dettato dalle scelte politiche, ma mi ha spiegato che ha usato quella parola, marxista, perché è l’unica che hanno. Magari qualcuno, da qualche parte, l’avrà coniata o ereditata, ma nell’arabo che parlano qui, la parola per dire ateo-agnostico-noncredente è una sola: marxista.