Impegno solenne alla corte di Zeman

Sono due settimane che ne fantastichiamo, da quando si diceva che il Torino l’avrebbe riassunto. Quando hanno cacciato Cosmi è stato il primo pensiero: magari prendessero lui.

Poi si leggono di queste cose. È così è deciso, l’impegno solenne è questo: se il Livorno assume Zdenek ZEMAN, non importa da quale parte dell’Italia uno debba arrivare, la prima partita al “Picchi” – che è anche Livorno-Juventus del 7/2 – saremo sugli spalti a tifare fortissimo Livorno.

Vale per me e Davide, da grandi nostalgici del “boemo condottiero” (come rimasto scritto sotto casa mia per anni), ma ovviamente siete tutti invitati.

Per l’occasione ho rispolverato questa dalla mia collezione di sciarpe:

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Avanti

Si è sempre detto che le quote rosa fossero una misura non giusta in via di principo, ma necessaria: in Svezia si è arrivati al punto in cui le quote rosa non servono più, in Italia – invece – c’è ancora molta strada da fare.

Lunedì degli aneddoti – XXVI – Dumas

Quando mi capita di leggere un aneddoto carino, da qualche parte, me lo appunto per non dimenticarlo: così ora ho un piccolo mazzo di aneddoti che ogni tanto racconto. Pensavo di farci un libro, un giorno, ma forse è più carino pubblicarne uno, ogni tanto, sul blog. Questo ‘ogni tanto’ sarà ogni lunedì.

Dumas

Se dico Dumas uno che ne sa dovrebbe chiedere «ma chi? Dumas padre o Dumas figlio?» E la risposta sarebbe: «tutti e due!». Certo uno che ne sa, magari saprebbe anche l’aneddoto quindi non ci sarebbe bisogno di raccontarlo. E allora si spingerebbe a raccontare che il padre è quello dei Tre Moschettieri (e di d’Artagnan!) mentre il figlio è quello della Signora delle camelie, più noto per averci permesso di libar ne’ lieti calici attraverso un giro particolarmente strano (ora non pensate che tutte queste cose io le sappia a memoria, no, per gli Aneddoti del lunedì si studia!). Poi, vabbè, sulla Signora delle camelie ci sarebbe un sacco da dire, più male che bene, per aver creato stuoli di adoratori, ma soprassediamo.

Dumas padre era figlio di un generale napoleonico, ma ci litigò e fu cresciuto dalla madre da cui prese il cognome. Dumas figlio non fece lo stesso, perché prese nome e cognome del padre, Alexander Dumas anche lui. Una cosa fece come il padre, oltre al nome, cioè litigare con il proprio, di padre, ovvero Dumas padre. Così ci fu un periodo in cui i due Dumas non si parlavano, e quando erano costretti a farlo per ragioni pratiche non rinunciavano a trattarsi come sconosciuti, e a darsi del “voi”. Ciò nondimeno appena finito il suo romanzo, il succitato La signora delle camelie, Dumas figlio volle farne avere il manoscritto al padre. Qualche giorno dopo questi lo fece chiamare, per dirgli: «la vostro operato è stupendo, signore». Al che, Dumas figlio rispose: «signore, sono ancora più contento di un tale complimento perché viene da una persona di cui ho sempre sentito molto bene da mio padre».

[Qui il primo: Brutti e liberi qui il secondo: Grande Raccordo Anulare qui il terzo: Il caso Plutone qui il quarto: I frocioni qui il quinto: Comunisti qui il sesto: La rettorica qui il settimo: Rockall qui l’ottavo: Compagno dove sei? qui il nono: La guerra del Fútbol qui il decimo: Babbo Natale esiste qui l’undicesimo: Caravaggio bruciava di rabbia – qui il dodicesimo: Salvato due volte – qui il tredicesimo: lo sconosciuto che salvò il mondo qui il quattordicesimo: Il barile si ferma qui qui il quindicesimo: Servizî segretissimi qui il sedicesimo: Gagarin, patente e libretto qui il diciassettesimo: La caduta del Muro qui il diciottesimo: Botta di culo qui il diciannovesimo: (Very) Nouvelle Cuisine qui il ventesimo: Il gallo nero qui il ventunesimo: A che ora è la fine del mondo? qui il ventiduesimo: Che bisogno c’è? qui il ventitreesimo: Fare il portoghese qui il ventiquattresimo: Saluti qui il venticinquesimo: La fuga]

Vuoi indicare un aneddoto per un prossimo lunedì? Segnalamelo.

Intolleranti con gli intolleranti

Nablus è una cittadina della Palestina che vive in uno stato di quasi costante coprifuoco: a ogni via d’uscita dalla valle in cui Nablus è situata c’è un check-point.

Non è un caso: Nablus è considerata la città della resistenza Palestinese, quella che combatte(va) anche quando entra(va)no i carri armati israeliani, nonché luogo di provenienza di diversi attentatori suicidi.
La risposta israeliana è evidentemente mirata a qualcosa che va oltre la sicurezza: c’è – poco nascosto – un fine punitivo; il messaggio che deve passare è “noi siamo i più forti: se voi fate i bravi vi permettiamo di andare in giro quasi quanto vi pare come a Betlemme, altrimenti fate la fine di Nablus”.
La cosa feroce è che, per molti versi, questa logica è efficace.

Anche se con esiti diversi, è lo stesso concetto dell’embargo a Gaza, e la medesima strategia che ha sempre mosso tutti gli schieramenti nella storia del conflitto arabo-israeliano.

Su Nablus avevo già raccontato qualcosa di più pittoresco quando ero stato lì.

Yasuf moschea Quello che è successo qualche tempo fa è che – non solo cani in gabbia – una banda di coloni israeliani ha iniziato a fare agguati agli abitanti di alcuni villaggi palestinesi nei pressi di Nablus, il cui più violento è culminato nell’assalto alla moschea del piccolo paesino di Yasuf con il rogo di diversi testi sacri, e l’impressione di alcuni graffiti come «vi bruceremo tutti».

La condanna per questo atto era arrivata da tutto il mondo, e un’organizzazione di pacifisti israeliani aveva ricomprato dei corani che un rabbino aveva poi portato al villaggio come segno di rifiuto per quella manifestazione d’intolleranza. Pochi giorni dopo era stato arrestato Meir Kahane, nipote dell’omonimo rabbino integralista che aveva fondato il Kach, partito politico di ultra-destra poi messo al bando quale organizzazione terroristica da Usa, UE e Israele stesso.

Ieri una squadra di più di cento uomini dello Shin Bet, la sicurezza israeliana, è entrata all’alba nella colonia israeliana di Yitzhar arrestando dieci uomini sospettati di aver preso parte o organizzato l’agguato.

Se c’è una speranza per quella terrà là, per quel conflitto là, è in queste cose: nell’essere intollerante con i proprî intolleranti. Quello che Israele ha sempre – a ragione – accusato i palestinesi di non fare, e che Israele ha sempre fatto troppo poco. Ben più di qualsiasi gesto disensivo che vede sfumare la propria portata simbolica nell’inevitabile rappresentazione delle squadre: se un rabbino si incarica di andare a scusarsi per ciò che ha fatto un estremista ebreo, sta – nonostante le migliori intenzioni – inevitabilmente marcando il legame che c’è fra lui e l’altro e la cesura che lo divide da quello che dovrebbe essere più vicino a lui, ma è dell’altra “squadra”.

Bisognerebbe – invece – che, ogni giorno, entrambe le parti fossero inflessibili con gli estremisti che a loro afferirebbero soltanto in teoria. Senza i cameratismi spesso presenti anche fra chi, nella sostanza, non ne condivide gli atti.
Bisognerebbe – invece – che ciascun individuo di ciascuna parte in causa considerasse i fanatici, non compagni-che-sbagliano, ma una cosa quasi banale: nemici.

For Emma

Monetina nel juke box, play:
For_Emma
bonino binetti

“So apropos…”

Farò campagna contro

“…saw death on a sunny snow…”

eutanasia

“…forgo the parable…”

figliol prodigo

“…seek the light…”

Paola Binetti

“…my knees are cold…”

cilicio

“…running home, running home, running home, running home…”

udc

…go find another lover; to bring a, to string along…

casini

…with all your lies…

diietrofront

…you are still lovable…

rutelli casini

Notizia trovata qui
Immagine dei bilanci da qui
Una versione improvvisata di “for Emma” qui

Haiti

C’è un motivo perché non avete letto niente a proposito del disastro di Haiti, anche se è il tipo di cosa che vi immaginereste di leggere su questo blog: che non so cosa dire.

Poi ce n’è un altro: che sono sempre più infastidito dalla sproporzione deliberata – sarà normale, sarà ovvia, sarà tutto quello che volete, ma mi fa rabbia – fra il valore accordato alla vita degli italiani e quelle di tutti gli altri.

Ecco i titoli, in questo momento, su Repubblica.it e Corriere.it

“Il governo di Haiti: “Forse 200mila vittime”
“Fame e saccheggi. Si teme per 3 italiani”
“Dobbiamo aiutare due milioni di persone”

Duecentomila. Due milioni. Tre.

Corriere.it

Haiti, il governo: «140mila vittime»
Italiano sotto le macerie, 21 i dispersi

Centoquarantamila. Ventuno.

Sarà normale. O piuttosto sarà che ci siamo abituati. Che abitudine schifosa.

Concorso: rispondi all’amica dei tuoi sogni!

Questa è bella.

Vi sarà capitato, al tempo in cui esistevano quei marchignegni chiamati telefoni, che qualcuno vi chiamasse e dicesse: «ma chi è che parla?». Classico, esistevano queste persone: hai chiamato tu il MIO numero, dimmelo tu chi sei!

Ecco, mi è successo l’equivalente col blog. Dunque, nella colonna qui a sinistra c’è un servizio, al quale sono abbonate una sessantina di persone, con cui si può iscrivere al mio blog ricevendo i miei post per email e non con il feed reader. Il fatto è che perché le mail contenenti le cose che ho scritto sul blog quel giorno arrivino c’è bisongo di due passaggi: nel primo si mette la propria mail e si inserisce un codice, nel secondo si clicca su un link contenuto nella mail per confermare al sistema che è stato proprio quell’indirizzo a iscriversi (altrimenti io potrei prendere l’indirizzo mail di Obama, e iscriverlo al mio blog).

Se uno non conferma la mail, gli aggiornamenti non arrivano. Così ogni due o tre mesi per fare un po’ di pulizia vado a controllare se c’è qualcuno che non ha “verificato” (si dice così in inglese) il proprio indirizzo mail e cancellarlo dalla lista (perché tanto fino a quel momento non avrà ricevuto nulla). Di solito mando loro un’email avvertendoli della cancellazione.

Qualche giorno fa mi è successa una cosa strepitosa: vado a controllare e ci sono 4 persone che si erano iscritte al blog e  non hanno verificato l’indirizzo; mando l’email di cancellazione a tutte, e le cancello. Dopo qualche giorno mi arriva un’email di risposta che mi chiede:

intanto volevo chiedertui chi sei perchè io non so se sei giovanni della mia classe o un’altro (sic) giovanni

ciao

rispondimi prestissimo entro le sei e mezza

Io guardo l’indirizzo email di questa persona, e ne deduco nome e cognome: faccio mente locale e mi rendo conto che no, non sono mai stato in classe con nessuna ragazza con quel nome e cognome.
Allora, complice il fatto che non avevo fatto a tempo a rispondere entro la sua perentoria scadenza le rispondo:

Purtroppo ho letto solo ora, comunque non stavo in classe con nessuna xxxx yyyyy.

La sua risposta si fa attendere un po’, ma poi giunge inesorabile:

Allora chi sei?

Come chi sono?!? Ti sei iscritta al mio blog, dove c’è scritto il mio nome e cognome, presumibilmente avrai letto qualcosa di ciò che scrivo, e chiedi a me chi sono? Ma chi sei tu!

È indetto il concorso che scadrà fra 48h: cosa risponderle?

  • Il giovane Holden.
  • Bond. James Bond.
  • Uno a cui piace la Schweppes.
  • L’amika del tuo fida.
  • Vorrei tanto saperlo anch’io: ti prego, aiutami a trovare me stesso.
  • Vanna Marchi.
  • E va bene. Mi hai scoperto.
  • Free Willy.
  • Napoletone.
  • Madonna.
  • La Madonna.
  • Taribo West.
  • Marco Rossi (ne conoscerà uno)
  • Il Prof. Rossi. (più rischioso, ma ghiotto)
  • updating
  • Il simpa della compa
  • Stanislao Moulinsky
  • Ettore Majorana
  • Ma dai certo che sono io il Giovanni della tua classe come hai fatto a non riconoscermi? ti volevo dire che vado a vivere in Australia e sto organizzando una rimpatriata con tutti, per te va bene? sei rimasta in contatto con qualcuno, così mi aiuti a fare le telefonate?
  • Chi ti piacerebbe che fossi?
  • Dai che lo sai, non far finta.
  • Il lato oscuro della Forza
  • A volte non riusciamo a fidarci memmeno di chi abbiamo vicino da sempre.
  • Kaspar Hauser
  • Altre proposte nei commenti (provvedo ad aggiornare il post)