Giovedì 12 febbraio

Fedeltà – Diario dalla Palestina 165

Di solito quando ci sono gli incontri con i bambini, tutti arrivano un po’ alla spicciolata: così faccio in modo di essere sempre già qui, per non lasciarli fuori dalla porta anche se arrivano in anticipo. Così, se siamo già in tanti, inizio qualche attività. Però è capitata una volta in cui c’era solo Mohab, e allora gli ho dato il Joypad per giocare a Pro Evolution Soccer – che è anche l’unico gioco che ho installato sul pc (a ragione).

Così succede che lui viene sempre un po’ prima, per farsi un paio di partite. Per chi ne sa, la modalità diventa “un mito”. Intanto, mentre lui gioca, finisco di preparare le cose, o giro su internet sul fisso dell’ufficio. Oggi ho visto un video bellissimo, ma proprio bellissimo, sulla proposition 8, la legge (semplifico) che andrà a cancellare i matrimonî omosessuali contratti in California prima del referendum di novembre. Talmente bello, il video, che mi sono commosso. Io ero dall’altra parte della scrivanìa, e Mohab deve essersene accorto, perché poco dopo l’arrivo di Ahlam lei mi ha chiesto: «perché piangevi, prima?».

Non mi stupisce, perché anche qualche lacrima di commozione, per un maschio – qui – sono è cosa incredibile. Ahlam non la pensa così, ma Mohab deve aver registrato il fatto. Così quando Ahlam me l’ha domandato ho detto, beh, era per un video… poi ho aggiunto: dài, te lo faccio vedere. «Then you’ll say if it’s disgusting» (come mi dice sempre lei), e così ha subito capito che si trattava dell’omosessualità – delle volte mi domando se anche lei non pensi che io sia omosessuale, come una suora che conosco, perché parlo sempre dell’ingiustizia dei pregiudizî. Lei non ha pianto, però alla fine era molto stordita. Ma non tanto per l’omosessualità in sé, anche se ha scoperto meno di un anno fa dell’esistenza degli omosessuali, ma per un’altra faccenda – mi ha detto: «non pensavo che loro si… possono amare» – eccolo il nocciolo del pregiudizio! – «pensavo fossero interessati solo a… una cosa» «Sex?», le ho chiesto. «Yes».

Ho capito che avrei potuto fare tantissimi discorsi, spiegarle infinite cose, ragionamenti inoppugnabili quanto astrusi, ma niente avrebbe potuto ingenerare lo stesso sentimento di quegli occhi felici e così evidentemente innamorati: in cui l’unica anormalità è quella trasparenza del proprio amore, aura così rara in giro

Ora spegnete le luci, mettete a tutto schermo, e volume abbastanza alto: Fedeltà.


Grazie a River.

Mercoledì 11 febbraio

Passa lo straniero – Diario dalla Palestina 164

L’avevo già accennato una volta in un caso specifico, ma la cosa che più mi piace, e mi dà un po’ di speranza dalla parte palestinese è l’atteggiamento delle persone quando sono in fila al check-point, fatta di un disincanto pragmatico ma ilare. Non ci sono cose stupide, sfide ai soldati, che porterebbero semplicemente a una repressione peggiore. Quello che qualche esagitato sostenitore della causa palestinese considererebbe atteggiamento servile, è semplicemente un confronto dei beneficî e dei danni. Non ho mai visto una provocazione deliberata, anche quando il mio cervello porterebbe a comprenderla – immedesimandomi – come quando il soldato di turno, fa di tutto per esercitare il proprio potere (e la propria funzione, anche utile) in modo intrusivo e arrogante.

Insomma, nessuno si gira verso i soldati e gli dice una parolaccia, ma tra la gente in fila c’è molto più spesso un atteggiamento ironico, che non uno dimesso. Se ovunque si vada, per qualunque cosa, la colpa viene data all’occupazione (non ci sono diritti per le donne? È colpa dell’occupazione. Ci sono gli estremisti religiosi? È solo colpa dell’occupazione. Non c’è lavoro? Senza l’occupazione ci sarebbe molta più… occupazione), il check-point è quasi un isola felice, dove si ride e si scherza.

Come negli aeroporti più controllati, facendo la fila ci si tolgono le scarpe, la cintura, e tutti gli oggetti metallici: stamani si faceva ironia sul fatto che «i soldati ci vogliono nudi»… però non troppo, perché altrimenti (vi risparmio l’ironia comparativa fra mezzi bellici di Hamas, e apparati sessuali). Risata generale.

Se sei occidentale, invece, non ti devi togliere nulla. Metti il bagaglio nel Metal Detector, e passi. Suona, e fai vedere il passaporto. Alle prime tutti pensano “ma non è giusto”. Perché devo avere questo privilegio? Ma poi sono le persone in fila dietro a te a farti capire che è ridicolo togliersi le scarpe, e la cintura per ristabilire una parità presunta, infliggendo a sé stessi lo stesso metro. La prima volta ti viene di farlo, già dalla seconda capisci che a quelli in fila dietro a te – molto pragmaticamente – interessa di più non perdere dell’altro tempo, quello che faresti perdere loro facendo anche tu la trafila, e con il tuo minuto martirio autoimposto, e ti dicono: «vai, vai».

Un’occasione in più, una lezione in più, per non sopravvalutare il valore del candore della propria coscienza: tanto meno importante del fatto che chi sta dietro di te arrivi in orario a lavoro.

A chiamarli sonni tranquilli

Qui sono le 4.30, hanno praticamente finito gli scrutinî e sembra esserci un risultato: ha vinto di un pelo Kadima. Cero sarà difficilissimo per Livni fare una coalizione, e saranno pessime le alleanze, visto il boom delle destre. Ma poteva andare peggio.

Domenica 8 febbraio

 Il progresso – Diario dalla Palestina 162

Dal non avere il computer, ad avere addirittura internet. Il progresso umano. Ho scoperto che c’è un altro wireless qui a Betlemme, oltre a quello delle suore: ed è nel palazzo di fronte a casa mia. Però è flebile flebile, e per fargli prendere il minimo di segnale che serve per ricevere qualche dato, devo aprire la finestra (fa un freddo cane) e sporgere il computer di fuori. Però funziona. L’immagine non ve la so descrivere, ma fa di molto ridere.

Sabato 7 febbraio

Omosessuali, Palestina e pensieri confusi- Diario dalla Palestina 161

In questi giorni ho fatto vedere questa foto a vari palestinesi:

palestina-lesbiche.jpg

Si tratta di una manifestazione del mese scorso contro la guerra a Gaza e a favore della Palestina. Come vedete lo striscione reca la firma delle “compagne femministe e lesbiche”
Più d’una persona qui l’ha recepito come uno dei miei soliti scherzi. Insomma, non può essere che ci sia qualcuno che difende la Palestina in nome, o comunque sbandierando, la propria omosessualità: non può essere altro che una delle mie consuete provocazioni. Del resto, con le persone di cui mi fido, l’omosessualità è uno dei temi che tento di affrontare di più. Ahlam, lo raccontai già, mi disse di averlo scoperto da poco – che esistono gli omosessuali. E io le dico sempre: «cosa ne sai che non lo sono? Pensi che siano diversi, di poter riconoscere, chi è gay?». «È disgustoso», mi dice sempre, quando accenno al discorso. E lei, nel suo modo, è una delle persone più tolleranti ch’io conosca. Le reazioni degli altri è meglio non riportarle.

Così mi sono chiesto se lo sanno, quelle ragazze che manifestano, che un omosessuale (magari ateo!) che tifa Palestina e indossa il kufiah verrebbe ucciso con priorità immediata, rispetto a un colono ebreo ortodosso Magari no, ma se lo sapessero cosa penserebbero?
La mia paura è che risponderebbero con gli stereotipi che possiamo associare a quel pensierodebole, che – come portato – ha l’accettazione di qualunque cultura, in quanto cultura in sé, e finisce per contemplare la persecuzione dell’omosessualità, e tutte le peggiori aberrazioni (infibulazione, etc) in quanto il rifiuto di esse “è un concetto occidentale”.
Soprassiedo su quanto ci sia di razzista nel considerare occidentali, e quindi Nostri, i valori civili e i diritti umani che dovrebbero essere universali: ovviamente quando si dice “rispetto la loro cultura”, che sottointende la sottomissione della donna, c’è molto di questo atteggiamento di sussiego malinteso.

Ho pensato che sì, un po’ mi dovrei stupire, perché di solito gli omosessuali – strano eh? Perseguitati da tutte le religioni! – hanno qualche anticorpo in più rispetto a quel mercimonio delle idee del buon senso.

Ma ho anche pensato che, in fondo, neanche il mio era il migliore dei pensieri, perché se quelle persone hanno delle idee, e delle buone e informate ragioni per sostenerle, non dovrebbero farsi condizionare dal loro orientamento sessuale, e quindi dal sentirsi maggiormente in gioco. Anzi, fa onore il contrario.

A istinto avrei qualche dubbio sull'”informate”, ma questo mio non posso chiamarlo altro che pregiudizio.

Venerdì 6 febbraio

Terrorista di Hamas usa bambina come scudo umano per difendersi dal lancio di formine di plastica colorate – Diario dalla Palestina – Diario dalla Palestina 160

Come da titolo:

Giovedì 5 febbraio

Alimentari Che Guevara – Diario dalla Palestina 159

Anzi, Givara, come lo pronunciano loro e come è scritto in arabo.

guevara-1.jpg

L’altro lato:

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Mercoledì 4 febbraio

Legalizzarla? Piantatela (nel Negev) – Diario dalla Palestina 158

Oggi sono andato a chiedere il rimborso per la bici, domani racconto, indovinate come è andata a finire?

Intanto, ho scoperto un personaggio fantastico: purtroppo l’articolo dell’AFP mi è giunto per email, e non sono riuscito a ritrovarlo su internet, è probabile che bisogni essere registrati (ho incollato su word l’originale per chi sa il francese, qui invece c’è un abbozzo in inglese, ma manca la parte più bella). Quindi ve lo racconto io.

Ale Yarok è un partitino israeliano liberale e ambientalista, ma soprattutto a favore della legalizzazione delle droghe leggere (se aprite il sito troverete erba e foglie di marijuana ovunque). Già per questo, da moderatamente contrario al consumo ma immoderatamente favorevole alla legalizzazione, mi starebbero simpatici: ma c’è molto di più – hanno a cuore la sicurezza d’Israele!

Ecco l’impeccabile ragionamento di Gil Kopatch, attuale leader del partito: sembra che mentre l’intervistatore della Agence France-Presse lo intervistava, questi stesse fumandosi una canna: «Sai da dove viene questa roba?» domanda all’intervistatore «da Hamas e Hizballah», «da noi è illegale, e loro la forniscono di contrabbando, così coi soldi che gli diamo ci sparano i missili in testa».

«Invece se fosse legale» dice sempre lui «la coltiveremmo da soli sulle colline del Negev». E tutta la marijuana che ora vendono in Israele dove andrebbe? «beh, a quel punto non potrebbero far altro che consumarla, e se la fumano stanno calmi. Un arabo buono è un arabo calmo!» «È questa la mia visione della sicurezza», conclude.

Dice che alle ultime elezioni gli mancarono novemila voti per entrare in parlamento, chissà che quest’anno non ce la faccia.