Sabato 7 febbraio

Omosessuali, Palestina e pensieri confusi- Diario dalla Palestina 161

In questi giorni ho fatto vedere questa foto a vari palestinesi:

palestina-lesbiche.jpg

Si tratta di una manifestazione del mese scorso contro la guerra a Gaza e a favore della Palestina. Come vedete lo striscione reca la firma delle “compagne femministe e lesbiche”
Più d’una persona qui l’ha recepito come uno dei miei soliti scherzi. Insomma, non può essere che ci sia qualcuno che difende la Palestina in nome, o comunque sbandierando, la propria omosessualità: non può essere altro che una delle mie consuete provocazioni. Del resto, con le persone di cui mi fido, l’omosessualità è uno dei temi che tento di affrontare di più. Ahlam, lo raccontai già, mi disse di averlo scoperto da poco – che esistono gli omosessuali. E io le dico sempre: «cosa ne sai che non lo sono? Pensi che siano diversi, di poter riconoscere, chi è gay?». «È disgustoso», mi dice sempre, quando accenno al discorso. E lei, nel suo modo, è una delle persone più tolleranti ch’io conosca. Le reazioni degli altri è meglio non riportarle.

Così mi sono chiesto se lo sanno, quelle ragazze che manifestano, che un omosessuale (magari ateo!) che tifa Palestina e indossa il kufiah verrebbe ucciso con priorità immediata, rispetto a un colono ebreo ortodosso Magari no, ma se lo sapessero cosa penserebbero?
La mia paura è che risponderebbero con gli stereotipi che possiamo associare a quel pensierodebole, che – come portato – ha l’accettazione di qualunque cultura, in quanto cultura in sé, e finisce per contemplare la persecuzione dell’omosessualità, e tutte le peggiori aberrazioni (infibulazione, etc) in quanto il rifiuto di esse “è un concetto occidentale”.
Soprassiedo su quanto ci sia di razzista nel considerare occidentali, e quindi Nostri, i valori civili e i diritti umani che dovrebbero essere universali: ovviamente quando si dice “rispetto la loro cultura”, che sottointende la sottomissione della donna, c’è molto di questo atteggiamento di sussiego malinteso.

Ho pensato che sì, un po’ mi dovrei stupire, perché di solito gli omosessuali – strano eh? Perseguitati da tutte le religioni! – hanno qualche anticorpo in più rispetto a quel mercimonio delle idee del buon senso.

Ma ho anche pensato che, in fondo, neanche il mio era il migliore dei pensieri, perché se quelle persone hanno delle idee, e delle buone e informate ragioni per sostenerle, non dovrebbero farsi condizionare dal loro orientamento sessuale, e quindi dal sentirsi maggiormente in gioco. Anzi, fa onore il contrario.

A istinto avrei qualche dubbio sull'”informate”, ma questo mio non posso chiamarlo altro che pregiudizio.

7 Replies to “Sabato 7 febbraio”

  1. I guess there is a profound misunderstanding among most of the European Left of the current political situation in Palestine. They say Palestine, they imagine the PLO of the ’70s, and they think of communist/leftists factions like Fatah, PPP, PPSF, PLF, PFLP, DFLP etc. They then join the “Cause” out of a misplaced sense of brotherhood and love for the underdog: The poor vs. the rich; the have not vs. the have it all; the occupied vs. the occupier. They put on their Manichean ideological hat, and can’t see reality for what it is anymore. They frame the problem under faulty assumptions and dead ideologies. And from wrong premises, they can hardly reach a reasonable conclusion.

    They can’t see that today the Palestinians are squeezed between a failed and corrupt nationalistic Fatah and the radical suicidal cult of Hamas, with nothing in between. And in the heat of the political diatribe, instead of looking and helping that nothing to become something, they take sides. They can’t see that neither is hardly an example of progressive secular thinking. The same liberal thinking that makes possible for anybody, including homosexuals, to manifest in the West their ideas in the open without fear of reprisal.
    In a way they are in complete denial of the real nature of their “object of love”. Which is no surprise, given the irrational nature of ideologies.

    Now, as a brother to a lesbian sister still living in a somewhat homophobic society like most of Italy is, I know up close and personal the pain of finding acceptance and the feeling of isolation. So, maybe, just maybe, the feeling of empathy for the weak and the perceived “victim” is even greater. But maybe that is just psycho- bubble… 😉

    That does not excuse ignorance of the facts on the ground though…

  2. ah, I almost forgot, here is another piece of shocking news for Ahlam 😉

    ~10% of the males of the human species have open or repressed homosexual tendencies. it’s just genetics and neurobiology, not much to do with culture!

  3. insomma, fammi capire, se uno è omosessuale non può “tifare” palestina? tutti i gay per israele, oppure che non lo dicano in giro che sono per la palestina?
    quella è una firma, solo un collettivo femminista e lesbo, scrivono uno striscione, lo firmano con il nome del collettivo, come devo firmarlo? di-solito-siamo-lesbiche-ma-quando-sosteniamo-la-palestina-no?

  4. scusami, letto in fretta seconda parte. potrei dirti per avere sempre l’ultima parola che anche se l’hai pensato solo un secondo è sbagliato come mi dicesti tu sulla questione “sterminio lento o no”, ma evitiamo va

  5. Io invece soprassiedo su quanto sia inquietante il concetto secondo il quale i valori della propria cultura “devono essere universali”. Ogni popolo considera i valori prodotti dalla propria società quelli giusti e coloro che se ne discostano dei non civili. Tutti i popoli. Considerare la visione della propria cultura superiore alle altre appartiene a tutti i popoli del mondo. Non tutti riescono a capire che non siamo il popolo eletto detentore della giustizia e della virtù, ma solo un popolo fra tanti popoli con i propri valori e la propria cultura che non sono niente altro che valori e cultura tra tanti valori e tante culture. Autodefinire i propri valori universali è un gesto legato a ristrettezza mentale. Dobbiamo capire che i nostri valori piacciono a noi e inorridiscono altri come i valori di altri piacciono a loro e inorridiscono noi. Ma autoproclamarsi i migliori e pretendere che tutti la pensino come noi è un atteggiamento che ci appartiene più o meno da sempre.

  6. @ Marta:
    io invece fatico enormemente a capire come una persona ancora pensi che l’appoggio tacito di nefandezze compiute in nome della tradizione locale come una impiccagione di un omosessuale perche’ tale, o la lapidazione di una donna perche sorride ad un uomo o il disfigurimento di una bambina perche legge un libro ne facciano di lei una persona aperta e, implicitamente, migliore….

    ti sei mai chiesta cosa ne pensi o se ne faccia l’omosessuale che penzola dall’albero, la donna sepolta sotto i sassi o la bambina senza bocca o naso della tua celebrata e sbandierata apertura mentale e accettazione della “diversita”?

    l’empatia ha valore universale, il dolore e’ dolore e’ dolore. e deve sussistere un profondo training all’indifferenza del dolore altrui perche le nefandezze di cui sopra siano considerate “normali”. quel training e’ un esercizio contro la nostra comune umanita, la difesa di quel training e delle sue applicazioni pratiche -in fondo, cio che tu proponi- un concorso di colpa.

    in un certo senso e’ quello che stai dicendo: che non siamo tutti umani, che non soffriamo allo stesso modo. e che alcuni umani lo sono piu di altri, meritevoli di migliore sorte.

    e tutto in nome del tuo relativismo farlocco….

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *