Pregiudizî – Diario dalla Palestina 174
Avevo parlato dei pregiudizî formalizzati ai check-point, ci sono altri esempi: quando l’esercito ispeziona un pulman, sicuramente indugerà di più su chi ha una fisionomia araba (per poi, magari, scoprire che si tratta di un ebreo sefardita). Anche in questo caso l’ispezione su base etnica è una pratica poco digeribile per un osservatore, ma se la domanda è “qual è l’alternativa?” è molto difficile trovare una risposta, specie perché – come si dice sempre in Israele – Funziona.
Ovviamente il problema maggiore sono gli abusi del piccolo spazio di potere che ha il controllore, spesso molto tutelato dal controllore del controllore, nell’esercitare la propria funzione in modo vessatorio.
Quanto ai pregiudizî ci sarebbero tanti discorsi da fare, in fondo anche stupirsi che un ragazzo di venticinque anni abbia letto la Divina Commedia (non io) è essere vittima di un pregiudizio. Inoltre la cosa più importante dei pregiudizî è che siano censurati, che chi li ha in testa pensi che sta pensando una cosa sbagliata. È il primo passo perché la generazione successiva cambi: dieci anni fa, ricordo, in Italia tutti buttavano carte per terra. Qui succede esattamente lo stesso, ognuno lo fa con noncuranza, e questo induce (educa) gli altri a fare lo stess, il famoso principio della finestra rotta, insomma.
Ora, in Italia, lo noto sempre, non è che non si buttano più le carte per terra, e non è solo che si faccia meno, ma se lo si fa, lo si fa di nascosto: c’è l’idea che farlo è sbagliato. Farei un discorso simile per il maschilismo, certo che ce n’è ancora in Italia, e tanto: basti solo pensare a come l’aspetto fisico sia il metro più spontaneo di valutazione. Ma almeno è passata, e da molti anni, l’idea che pensare che le donne meritino meno diritti è sbagliato. Qui in Palestina non solo lo si sostiene nei fatti, ma quasi sempre anche nelle parole.
Perché ho pensato a tutta questa cosa sui pregiudizî? Un po’ perché ce l’avevo in mente, e un po’ perché ho fatto un test costruito da alcuni studiosi di Harvard molto semplice, ma allo stesso tempo molto efficace per rivelare quanto intimamente uno abbia dei pregiudizî su base etnica, sociale, nazionalistica, sessuale, etc. Ce ne sono tanti, alcuni anche in italiano: quello che mi ha stupito, e sono convinto che sia dovuto alla permanenza qui, è che non riscontrano alcuna forma di pregiudizio rispetto ai nomi arabi, neanche nel fondo del mio retropensiero. Ed è strano, perché dicono che anche la maggior parte di chi dichiara di non avere pregiudizì, riscontra con questi test un qualche sedimento di preconcetto: questo conferma che la conoscenza, la frequentazione, aiuta l’erosione dei pregiudizî – sicuramente se l’avessi fatto un anno fa, prima di avere a che fare con un sacco di palestinesi, il risultato sarebbe stato diverso: per dire, ho dichiarato di preferire gli Stati Uniti all’Italia (7 a 5), e invece il risultato del test è stato che ho un minuto pregiudizio pro-italiano.
Lavoreremo per eliminare anche quello.
Il test sui nomi arabi è qui: se dopo esservi resi conto di averne di pregiudizî impliciti, volete sbizzarrirvi, trovate tutto il resto qui.