Giovedì 18 settembre

Disegnami una pecora- Diario dalla Palestina 60

Oggi abbiamo fatto talmente tante cose che a raccontarle tutte ci vorrà una settimana: intanto il racconto del Piccolo Principe sta venendo proprio bene, Ahlam è proprio brava a raccontare, aggiunge del suo, e tutti capiscono.

Ecco qui un esempio filmato, cosicché possiate apprezzare il talento:

Stampiamo sempre tutte le immagini e i bimbi sono sempre ansiosi di vedere qual è la prossima figura:

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E io come faccio a seguire, mi hanno chiesto in tanti? in genere sono il dispensatore di figure, e il domandatore. Nel senso che ovviamente non capisco tutto, però le poche parole che ho imparato mi sono sufficienti per seguire sul testo inglese (che ho sotto) a che riga siamo, così da poter proporre il disegno necessario, o una domanda che mi ronza in testa al momento giusto; domande alle quali i bimbi rispondono con stupefacente acribìa.

Qui un’altra inquadratura:
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Io sono veramente sorpreso di come tutti i bambini siano attenti e cerchino di seguire la storia, senza distrarsi: a un certo punto – in un momento di particolare suspance, il quarto disegno della pecora – vista l’attenzione quasi ossessiva, Ahlam mi ha detto soltanto sei parole in inglese, come cenno d’intesa: «this is exactly what we want». Questo è esattamente ciò che vogliamo. Lana, che voleva la continuazione della storia, non ha sopportato neanche questo fulmineo intermezzo: «Halas inglizi, yalla», ha detto. Basta inglese, daje!

Martedì 16 settembre

Sul cappello – Diario dalla Palestina 58

È un po’ che non racconto dei bambini, le motivazioni sono molte: intanto questa è una fase di transizione fra due diversi regimi di trasporti, quindi spesso le beghe organizzative hanno preso il sopravvento sulle attività. Dopodiché, dato il Ramadan e il digiuno, molti bambini sono stanchi e per questo vengono molto limitate le attività di gioco all’aperto, che giocoforza sono quelle più ritraibili in foto. E un po’ anche per l’incidente che mi ha costretto a rinunciare alle improvvisate partite di pallone.

Così oggi ho deciso di pubblicare subito le attività che abbiamo fatto, senza pensarci: Reem, Ahmed e Yazan non erano presenti quando avevamo fatto il gioco delle differenze, così – saputone dagli altri – hanno voluto la replica, tutta per loro.
Mentre Tina, Rowan e Mohammed facevano da spalla a Ahlam e me, ho improvvisato questa postazione:

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Yazan, che è il secchioncello del gruppo, la prende molto seriamente:

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Reem, invece, ne ride.

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Contro ogni pronostico ha invece vinto… Ahmed!

Poi, dopo una mano a carte (“Uno“, importato dall’Italia poche settimane fa, ha spopolato insieme a un altro gioco scemo, ma molto divertente, che mi ero inventato al mare da bambino) siamo passati all’attività principale, che aspettavamo da tempo.

Dopo infinite peregrinazioni (ci credete che in tutta Betlemme non esiste una libreria?) sono riuscito a trovare il Piccolo Principe in arabo, ovviamente ad Ahlam è piaciuto tantissimo, ed eccoci quindi con il primo capitolo. La scena del boa che ingoia un elefante è molto piaciuta, e fra le ipotesi su cosa fosse (ho stampato un foglio per ciascuno), nessuno ha azzardato il copricapo. Anche se Mohammed ha commentato «ecco sì», quando Exupery racconta degli adulti che lo prendono per un cappello.

Svelato l’arcano, la spiegazione e il disegno (stampato anche quello) di cosa fosse in realtà hanno convinto pressoché tutti. E, finito il capitolo, ho chiesto ai bimbi se secondo loro io e Ahlam fossimo diventati degli adulti, o fossimo ancora dei bambini: all’unanimità e per acclamazione è stato deciso che sia io che lei siamo universalmente bambini!
Proprio in quel momento è entrato Nabil, e Rowan – prima che chiunque altro prendesse possesso della scena – gli ha sbattuto in faccia il disegno del boa dal di fuori chiedendo cos’è?

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Lascio a voi immaginare il fragore e la durata della risata generale che è scoppiata ai danni dello sgomento Nabil quando ha risposto, come fosse la cosa più naturale del mondo: «Un cappello».

C’è chi ha voluto una copia dei disegni per fare lo stesso test a casa, ai propri genitori.

Venerdì 12 settembre

Bob Verdura – Diario dalla Palestina 55

No, Bob Verdura non è il nome di un pugile italo-americano che ho incontrato in Palestina: il bob è quell’aggeggio che scende veloce veloce su una pista ghiacciata alle olimpiadi invernali e fa tanto rumore grattando sul ghiaccio.
Se avete visto quel film della Disney, che in italiano si chiamava “4 sotto zero”, sulla prima squadra olimpionica di bob della Jamaica (!) inizierete a intuire cosa possa avere a che fare con la verdura, e con la Palestina.

A Betlemme ci sono due piazze, una è quella della Natività (della Mangiatoia, in realtà), l’altra è quella chiamata da tutti Cinemà, con l’accento sulla A: perché un tempo c’era un cinema, che è andato bruciato (senza dolo), e per tutti è rimasto tale.
Queste piazze sono collegate da due strade, una in salita e una in discesa – dirà il lettore attento: «ma non è possibile!»

Difatti quasi tutto ha una ragione, e questo è così perché all’inizio della seconda strada c’è un salitone enorme, con una pendenza – in certi punti – intorno al 20%, così pendente da portare la strada a una tale altezza che, poi, deve solo scendere dolcemente. Come diceva quello lì, quello greco, ogni salita è anche una discesa. Così quando l’altro giorno sono comparsi ‘sti ragazzi che con delle casse da verdura (!) si arrampicavano su questo salitone… non ci è voluto molto per capire cosa volessero fare!

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Quelle casse sulla pietra facevano un baccano incredibile, e – davvero – simile a quello del bob sul ghiaccio.
Accortisi di me, e accortisi poi della mia macchina fotografica, hanno iniziato a improvvisare tutto ciò che potesse compiacere lo straniero e il suo obiettivo: gare, saluti a braccia alzate all’arrivo, etc.

(le foto si ingrandiscono con un click)

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Tutto questo succedeva qualche sera fa, quando l’ammaccatura alla mia gamba era ancora là da venire. Così quando m’hanno sfidato, per vedere se avevo il coraggio di emulare le loro gesta… non ho potuto esimermi:

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Ecco: a dire la verità avrebbe avuto molto più senso farmi male così, alla gamba.

Alla fine la gara, tutti insieme. Naturalmente – come immortalato da questa foto, e nonostante tentativi di strattonamento ben evidenziati dalle immagini – ho vinto!

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Speriamo che questo infortunio non mi precluda la possibilità di partecipare alle olimpiadi…

Venerdì 5 settembre

Trova le differenze – Diario dalla Palestina 50

Stavamo facendo un gioco d’associazione d’idee ed è uscita fuori la lucertola, l’abbiamo cercata su google, ed è venuto fuori ‘sto disegno che ai bimbi è piaciuto tanto, sia per farci i fumetti, che per colorarlo. Così mi son messo lì di zoom e mouse di precisione a cambiare dieci cose, tanto per avere un altro gioco, e già che ci siamo lo pubblico qui:

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Trovare le dieci differenze: i bimbi ci sono riusciti, voi?

p.s. Quello a sinistra è l’originale. Cliccando su ciascuna immagine la si ingrandisce. Le modifiche nello stesso campo contano come una sola differenza: in tutto ce ne sono 10!

Lunedì 1 settembre

Americanate – Diario dalla Palestina 47

Qui sono tutti scandalosamente anti-americani e cospirazionisti, Obama è uguale a tutti gli altri candidati, e che sia lui, McCain o Bush presidente non cambia nulla. Quando ho detto, l’altro giorno, che mi sarei alzato per ascoltare il discorso di Obama mi hanno guardato come uno strano, uno ingenuo e uno che non ne capisce di politica. È anche vero che la volta che Obama si è espresso sulla questione, ha superato a destra persino Bush: dubito, comunque, che quelli con cui ho parlato abbiano sentito il discorso.

Così ho avuto piacere a trovare – davvero inopinatamente – quest’adesivo su una macchina:

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…proprio a qualche centimetro dai manifesti dei martiri. Che il cambiamento arrivi fino a qui?
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Infine, so che chi mi conosce stenterà a crederlo ma non è successo di proposito: ho comprato un dentifricio alla coca cola, ma non l’ho fatto apposta!
Non pensavo esistesse, del resto. Ho preso il primo che mi è capitato sotto mano e ho scoperto poi che oltre a essere alla cola è un buon aggancio per un altro inedito di De Gregori.
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P.s. Oggi è il primo giorno di Ramadan

Domenica 31 agosto

Maya! – Diario dalla Palestina 46

E poi venne il giorno dei giochi con l’acqua, erano quattro, questo uno: ricordate la staffetta? Ecco, questa era una staffetta con l’acqua: il percorso un po’ meno complicato, ma con un bicchiere in mano; più si va veloce, più si perde acqua. Affrontato tutto il percorso…

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…si getta l’acqua rimasta nella bottiglia! Acqua che potrebbe essere tanta o poca, a seconda della velocità e l’accortezza con cui si è percorso il tracciato. Vince chi riempie la bottiglia a tal punto da far uscire il tappo! Come vedete dall’intertempo ha poi vinto la squadra “Sprite”.

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Qui un altro gioco: lo facevo nelle ore di matematica, l’ho riadattato per i bimbi con l’acqua. Ci sono 60 caselle (ognuna una mattonella numerata), per ogni fila ce ne sono 3. Una di queste caselle è buona “quays!”, ma altre due sono bucate: ti becchi una bottigliata d’acqua addosso “maya!” e devi riniziare da capo. Si gioca per squadra, e ci si deve ricordare il percorso giusto che rimane sempre lo stesso. L’altra squadra viene rinschiusa dietro l’angolo per non poter spiare i progressi degli avversari. Chi arriva prima alla fine, vince!

Qui Plastic sulla casella, nell’incognita, dietro i 5 della sua squadra che scongiurano il cielo perché non piova (una bottigliata) d’acqua:

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L’altra squadra, non tutta inquadrata, mentre Ghaida mi implora di non fradiciarla:acqua-4.JPG

Inutile dirvi com’è finita!
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E qui Ghaida nel momento in cui scopre di aver vinto!

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Giovedì 28 agosto

Jericho – Diario dalla Palestina 44

Nell’attesa di alcuni vandalismi ritratti da un amico italiano un po’ speciale, due foto veloci di una delle escursioni non ancora raccontate – devo ancora Hebron, che (de)merita un capitolone a parte – Jericho!

Se mi chiedete una volta cosa c’è a Jericho vi risponderò «nulla».

Se mi chiedete una seconda volta cosa c’è a Jericho vi risponderò «caldo»

Se me lo chiedete una terza, mi sforzerò: «datteri»

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E basta? Ecco, come avrete capito Jericho non mi ha entusiasmato. È il luogo dove i ricchi palestinesi hanno la seconda casa per l’inverno. Effettivamente il clima d’estate è più che torrido. La città vecchia è niente più che qualche rovina, di quelle che a Roma «se sentimo fichi perché ce l’avemo a ogni pizzo», e il monastero… faceva troppo caldo, insomma.

Però c’è un bel convento ortodosso, romeno, in ristrutturazione: sembra abbandonato, poi si entra. C’è una suora romena, con cui parliamo arabo (mi sarei mai immaginato di parlare arabo con una suora romena?) e ci accoglie con succo di frutta e biscotti andati a male mesi prima.

Poi entriamo nella chiesa, che è così piena, così ortodossa, così strana per il nostro gusto sobrio latino. Ed effettivamente c’ho pensato, ma l’avevo mai visto una rappresentazione sacra con gli occhiali. Sarà che siamo abituati a santi, dei e protettori di almeno 15 secoli fa?
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Martedì 26 agosto

Onestamente guadagnati – Diario dalla Palestina 43

A Roma, fra i quartieri male, si dice «suonare l’arpa» per intendere rubare: se fate il gesto del suonare l’arpa con la mano capirete il perché.

Un vero suonatore d’arpa, invece, non l’avevo mai visto: in qualche film, sicuramente, mai dal vivo – so quindi di colpire (anche) la vostra immaginazione di (anche) voi pubblico intellettualoide pubblicando questa foto.

Ieri sera, in giro per Gerusalemme by night, attirati da una specie di carillon che suonava lo sputtanatissimo Canone in re di Pachelbel, siamo sbucati su Ben Yehuda – più o meno il centro di Gerusalemme ovest – e ci siamo imbattuti in una vera suonatrice d’arpa.

A giudicare dall’abbigliamento e da altri particolari direi che vivesse di quello. Quasi tutti quelli che passavano lasciavano qualcosa, colpiti dalla regalità dell’arpa e di chi la suonava: c’era un gruppo di ragazze sedute ad ascoltare, fossi stato solo mi ci sarei messo anche io.

Poi siamo passati davanti a un suonatore di violino che rientrava molto di più nel cliché del Juif Errant – com’era il famoso indovinello? Perché ci sono così tanti violinisti ebrei, e così pochi pianisti? Beh, prova tu a scappare con un pianoforte sulle spalle!

Così sono passato e, a lui che mi aveva meno colpito e che probabilmente avevo visto lì altre volte, non ho lasciato soldi. Poi mi sono sentito in colpa.

Mi sto ancora domandando se gli altri spettatori improvvisati abbiano avuto la mia stessa percezione: visto che avevano lasciato qualche moneta a lei dovevano lasciarla anche a lui, o al contrario, avendo lasciato qualcosa a lei avevano consumato la propria buona azione e quindi non sentivano il bisogno di lasciare qualcosa anche a lui?

Insomma: la suonatrice d’arpa, rispetto al violinista, aveva «suonato l’arpa»?

Suonatrice d'arpa a Gerusalemme

Venerdì 22 agosto

5×7 – Diario dalla Palestina 41

Cinque parole per ogni foto:

Novità: Uahad, Tnin, Talata… Stella!
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Hanno appena imparato a giocarci:
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Cantando la Società dei Magnaccioni:
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Nuur atterra su di me:
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Muove le mani per Vivaldi:
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Qui gli ho insegnato “lumaca”:
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Matrimonio simulato, tutte vestite eleganti:
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Domenica 17 agosto / mattina

La corsa a ostacoli – Diario dalla Palestina 38

La corsa a ostacoli funzionava così: c’erano due squadre che partivano allineate  a mo’ di staffetta. Come testimone avevano una matita rossa e una blu (le due squadre erano appunto Azra e Ahara), qui vedete due foto della partenza da diverse angolazioni: il frazionista successivo doveva sempre prendere possesso della sedia lasciata libera dal frazionista precedente, e tutti dovevano scendere di uno scalino:
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Qui il percorso da un’altra angolazione, purtroppo non c’è nessun reperto del quadro dove segnare i punti che si trovava girato l’angolo:
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Qui invece io, fotografato a tradimento, in fase di collaudo e spiegazione:
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Ma come funzionava il percorso?  Le due squadre partivano con un bivio, ognuna dovevaç

  1. Prendere la strada obbligata per la propria squadra
  2. Infilarsi sotto al tavolo, strisciandoci sotto
  3. Saltare le seggioline appoggiate come ostacolo
  4. Fare un giro intorno al secchio della spazzatura
  5. Raccogliere il proprio rotolo di scotch (ce n’erano due e due scope), infilarlo dentro al proprio manico di scopa e farlo scivolare per tutto il bastone, in modo che atterrasse di nuovo sullo scottex (in caso contrario si doveva rifare)
  6. Girare l’angolo all’interno delle sedie appiattendosi il più possibile contro il muro, per non urtare le seggiole, pena la replica del bastone + scotch
  7. Andare a colorare con la propria matita i cerchi del colore della squadra avversaria su di un foglio attaccato dietro l’angolo (nelle foto non si vede)
  8. Saltare sullo scalino all’esterno della sedia, e saltare giù
  9. Intingere le dita in un piattino pieno d’acqua e poi arpionare con due dita (bagnate!) una saponetta e farla atterrare dall’altra parte della scatola (si vede meglio nella seconda foto)
  10. Passando nel pertugio aperto nelle seggioline, alzare e riabbassare il paccone ingombrante ma leggero pieno di carta igienica
  11. Passare in mezzo al tavolo e riprendere il proprio percorso
  12. Consegnare il testimone al frazionista successivo seduto sulla sedia e andarsi a sedere sul gradino più alto

Ovviamente la vittoria sarebbe andata alla squadra che con la propria matita avesse colorato più cerchi della squadra avversaria, al di là dell’angolo. Per la cronaca è stata la squadra blu.

Tutto ciò vi sembrerà complicatissimo, ma – come dico sempre – non dobbiamo mai sottovalutare questi bambini: le regole sono state capite benissimo da tutti, e anzi è stato molto difficilecercare di tenere a bada il loro istinto a barare, a partire prima, a evitare di bagnarsi le dita, etc. Ecco, se c’è una cosa che bisogna insegnare a questi bimbi è la lealtà. Stavo per scrivere che sembra di poca importanza ma non lo è, poi ho pensato che sembra anche, di grande importanza.

Altri due scatti – Reem e Rowan che stanno saltando le seggiole cercando di arrivare prima dell’altra alla strettoia imposta dal secchio della spazzatura (qui si vede il testimone, blu – quindi vittorioso – in mano a Reem):
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Qui Ahlam che sbuca da sotto al tavolo:
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