Dodici anni fa

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È un post di nicchia, per quei pochissimi. Ma sono i pochissimi giusti.

Allora, dodici anni fa oggi, Marco Pantani faceva la sua più grande impresa. Quella, cioè, di staccare tutti di talmente tanti minuti che poi la cronometro te la puoi fare anche a piedi, ché tanto in bici o a fette in pianura vai più o meno uguale. E arrivare a Parigi in giallo, come succede una volta ogni quarto di secolo: perché per vincere al Tour senza saper andare a cronometro, devi essere forte forte forte in salita, e quasi sempre neanche basta.

Les Deux Alpes, là in fondo e in cima. C’era – ricorderete – Ullrich in maglia gialla, e c’era Pantani che puntava più o meno al podio. C’eravamo anche tutti noi che speravamo che partisse sulla penultima salita – a 50 dall’arrivo – per far saltare il banco, come speriamo sempre e come non succede mai. Invece, quella volta lì, successe. Alla fine ci pensi, e ti rendi conto che negli ultimi 45 anni è l’unico italiano ad aver vinto un Tour de France. Però, accidenti, non dico che ne valga quarantacinque, però se non l’avete mai vista quella tappa, dovete guardarla. (anche se l’avete già vista)

E come si fa? Qui arriva il nostro mastro Borgognoni che ci salva tutti, e – come se nulla fosse – dice che lui ce l’ha la registrazione di quella tappa. Su Friendfeed se n’è parlato un po’, ma è possibile che a tanti di voi, qua fuori, sia sfuggita; e non deve.

Non c’è video più Pirata di questo.

L’ho messa QUI. Così la potete scaricare, e vedervela quando volete. Però meglio subito: c’è la sfiducia di tutti, che vedono Pantani in cattiva forma e Ullrich al meglio, c’è Cassani che suggerisce a Bugno di smettere di correre e fare l’elicotterista, come poi succederà. Ci sono i suggerimenti, «sii prudente» sembrano dirgli.

E poi ci sono le reazioni dello spettatore, tu. Ché quando De Zan dice «è caduto Pantani» ti prende un colpo, anche se lo sai già come è andata, e com’è andata a finire. Insomma, smetto di dire: ecco, buona visione.
(e buon anniversario)

18 Replies to “Dodici anni fa”

  1. Dodici anni fa quell’estate morì il mio papà, in una dolorosa e triste agonia.
    Quel tour e quel Pantani sono per me, che appena vagamente mi interesso di sport, legati a lunghi pomeriggi in cui non non ci sembrava più di sapere sorridere, e non ci sembrava nemmeno più estate.

    Poi Marco fece l’impresa dell’Alpe d’Huez, e il lunedì appendemmo il poster allegato alla Gazzetta alla porta della cucina dove ancora sta, e quello fu il primo giorno in cui andammo oltre, e non me lo dimentico.

  2. Quando seguivo Marco ero ancora poco pià che un bambino. Ancora oggi quando penso a quello che ha saputo darmi mi commuovo. E mi incazzo quando guardo una tappa in tv, un po’ perché lui non c’è più, un po’ perché fosse per me i commentatori dovrebbero ricordarlo ogni 10 km, all’incirca.
    Grazie.

  3. Ieri scherzavo sull’abbigliamento estivo, dicendo che l’unico che poteva concedersi una bandana era lui. Mi sono rimesso a guardare alcuni video delle sue scalate, quando lasciava tutti dietro. Anche io come ben mi sono commosso. Il ciclismo, per me, senza di lui, non è più interessante.

  4. Ho un ricordo preciso di mio padre che dice “forza Pirata, forza Pirata!”.
    E io che non avevo mai seguito il ciclismo seduta davanti alla tv col cuore gonfio di gratitudine per Pantani che stava dando tanta gioia a mio padre.
    Beh, grazie Pirata.

  5. Vorrei abbracciarti anch’io, Agnese. A volte, anche se non magari è così, sembra che alcune vicende umane – e l’episodio di Pantani è fra queste – si verifichino proprio per legarsi al nostro vissuto, scandire i nostri tempi e farci provare certe sensazioni.

  6. E poi c’è Cassani che un secondo prima che Pantani scatti Galibier dice: “Se sta bene parte qui”. Dopo due secondi Pantani parte, neanche l’avesse sentito in cuffia. Uno dei più bei pomeriggi della mia vita. Quanto ci manca, Pantani.

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