Docile fibra, diceva quello

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E insomma succede questo, che l’altro giorno ho fatto un post su Pantani, ché il ciclismo è lo sport più romantico del mondo. E l’ho fatto con quello spirito con cui armeggio sempre su queste cose qui: quello che dice «queste sì che sono le cose importanti della vita» e per metà lo pensa davvero. Come quando smetti di parlare di noiosità lavorative o burocratiche, e passiamo-alle-cose-serie: «che ne pensi di D’Agostino alla Fiorentina?».

L’altra metà – sarebbe quella che in teoria non ci crede che siano le cose importanti della vita – si concede un po’ dell’enfasi che magari non accetterebbe in altri àmbiti, e si lascia un po’ trasportare dal gioco della favola, ché quando Pantani diede quei tantitanti minuti a Ullrich eri contento di gioia vera, mica così… per sport.

Poi, però, arriva una persona sconosciuta, che intuisci tersa in ogni parola, e nei commenti scrive questa cosa:

Dodici anni fa quell’estate morì il mio papà, in una dolorosa e triste agonia.
Quel Tour e quel Pantani sono per me, che appena vagamente mi interesso di sport, legati a lunghi pomeriggi in cui non non ci sembrava più di sapere sorridere, e non ci sembrava nemmeno più estate.

Poi Marco fece l’impresa dell’Alpe d’Huez, e il lunedì appendemmo il poster allegato alla Gazzetta alla porta della cucina dove ancora sta, e quello fu il primo giorno in cui andammo oltre, e non me lo dimentico.

E allora ti senti un po’ stupido, ma ti sembra che – come se un cerchio si chiudesse – in fondo il senso delle cose sia tutto lì, in quel poster che ancora sta in quella cucina, e che per stare ancora lì deve essercisi trovato proprio bene.

E mentre ti senti stupido per tutte le considerazioni che ti sono saltate in testa – e a cui hai dato corso nella scrittura – ti verrebbe voglia di abbracciare il mondo.

Dodici anni fa

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È un post di nicchia, per quei pochissimi. Ma sono i pochissimi giusti.

Allora, dodici anni fa oggi, Marco Pantani faceva la sua più grande impresa. Quella, cioè, di staccare tutti di talmente tanti minuti che poi la cronometro te la puoi fare anche a piedi, ché tanto in bici o a fette in pianura vai più o meno uguale. E arrivare a Parigi in giallo, come succede una volta ogni quarto di secolo: perché per vincere al Tour senza saper andare a cronometro, devi essere forte forte forte in salita, e quasi sempre neanche basta.

Les Deux Alpes, là in fondo e in cima. C’era – ricorderete – Ullrich in maglia gialla, e c’era Pantani che puntava più o meno al podio. C’eravamo anche tutti noi che speravamo che partisse sulla penultima salita – a 50 dall’arrivo – per far saltare il banco, come speriamo sempre e come non succede mai. Invece, quella volta lì, successe. Alla fine ci pensi, e ti rendi conto che negli ultimi 45 anni è l’unico italiano ad aver vinto un Tour de France. Però, accidenti, non dico che ne valga quarantacinque, però se non l’avete mai vista quella tappa, dovete guardarla. (anche se l’avete già vista)

E come si fa? Qui arriva il nostro mastro Borgognoni che ci salva tutti, e – come se nulla fosse – dice che lui ce l’ha la registrazione di quella tappa. Su Friendfeed se n’è parlato un po’, ma è possibile che a tanti di voi, qua fuori, sia sfuggita; e non deve.

Non c’è video più Pirata di questo.

L’ho messa QUI. Così la potete scaricare, e vedervela quando volete. Però meglio subito: c’è la sfiducia di tutti, che vedono Pantani in cattiva forma e Ullrich al meglio, c’è Cassani che suggerisce a Bugno di smettere di correre e fare l’elicotterista, come poi succederà. Ci sono i suggerimenti, «sii prudente» sembrano dirgli.

E poi ci sono le reazioni dello spettatore, tu. Ché quando De Zan dice «è caduto Pantani» ti prende un colpo, anche se lo sai già come è andata, e com’è andata a finire. Insomma, smetto di dire: ecco, buona visione.
(e buon anniversario)

Ho visto il mio primo beep beep!

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Qui ci sono 45 gradi e tanti centri commerciali (dove, invece, ci sono -45 gradi).

Qui c’è lo sceriffo più cattivo d’America che convoca meeting:

Qui ci sono animali strani, come questo:

Ma soprattutto: qui ci sono i beep beep! Che mi ero sempre domandato se esistessero davvero. E siccome il mio primo beep beep l’ho visto su Coyote Road (davvero!)…

…era ovvio che non riuscissi in tempo a fare una foto: ovviamente è corso via!

Invece di coyote non ne ho visti, ma è probabile – visto l’ambiente – che siano anche loro sulla via della conversione.

A brigante brigante e mezzo

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La storia, di qualche giorno fa, è questa: uno scienziato nucleare iraniano inizia a collaborare con la CIA, naturalmente all’insaputa di tutti. Amiri, lo scienziato, organizza un finto pellegrinaggio durante il quale sparisce dalla circolazione. Gli viene data un’altra identità, e una nuova vita, negli Stati Uniti, e un sacco di soldi – qualcosa come 5 milioni di dollari – per tutte le informazioni che fornisce agli USA sul programma nucleare iraniano.

La collaborazione va avanti per un certo periodo, dopodiché il tizio inizia ad avere nostalgia di casa, vuole portare il denaro in Iran, e – probabilmente – ricominciare a lavorare per il governo iraniano, però sceglie il modo peggiore per farlo. Decide di riapparire in Iran e inizia a raccontare una storia da film: che gli USA l’hanno rapito quando lui era in Arabia Saudita, e l’hanno torturato per estorcere informazioni. Inizia a dire peste e corna degli Stati Uniti, per accreditarsi agli occhi degli iraniani, e dice di essere vittima di una cospirazione orchestrata dagli americani, e quasi arriva a suggerire di poter fare il doppio gioco del doppio gioco.

Gli Stati Uniti all’inizio esitano, poi decidono di rispondere. Invece di contestare le affermazioni di Amir, per tutta risposta, rilasciano dichiarazioni che suonano più o meno così: “Mr. Amiri ha lavorato per noi”.

Tenere fuori dalla portata dei bambini

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C’è adblock che è un utilissimo plugin di Firefox che vi toglie tutte le pubblicità, in modo da rendere tutte le pagine pulite e non lampeggianti. Come mi segnala Emidio, però, c’è anche Godblock, il filtro che serve a proteggere i bambini da tutti i contenuti religiosi. Se qualcuno di voi lo prova, poi mi faccia sapere se funziona.

La questione della giustizia

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Per fortuna Christopher Hitchens è ancora il più lucido:

Non sono uno di quelli che crede – come, invece, Obama sostiene – che una soluzione alla questione di uno Stato palestinese metterebbe fine al risentimento mussulmano nei confronti degli Stati Uniti; fra parentesi, se Obama lo pensa davvero la sua letargia e impotenza nei confronti del continuo gioco sporco di Netanyahu è ancora più colpevole. I fanatici islamisti hanno la loro agenda, e – come nel caso di Hamas e dei suoi sponsor iraniani – hanno già dimostrato che nient’altro che la distruzione d’Israele e la cancellazione dell’influenza americana nella regione li soddisferebbe.

No, la questione è quella che la giustizia – e una terra per i palestinesi – è una causa buona e necessaria in sé stessa. È anche una responsabilità squisitamente legale e morale degli Stati Uniti che hanno dichiarato un sacco di volte quello dei due Stati come il loro obiettivo.

Poi li accoppia

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Magari è soltanto perché appaga la mia ansia d’ordine, ma la questione che quella Federica Gagliardi – ché per noi delle due ruote, la Dama Bianca era un’altra – la ragazza che Berlusconi s’è portato nei varî incontri del G8 e G20,  fosse stata candidata per l’Italia dei Valori, dopo aver lavorato alla segreteria del famigerato Stefano Pedica, è una di quelle incidentalità che mi fa pensare «ecco, appunto».

Singoli standard

“Il sesso rende gli uomini uguali agli altri animali. Sono un uomo che sostiene determinati principi morali. Il celibato è qualcosa che mi distingue dai comuni animali”. L’ha detto il Dalai Lama, nel corso di un’intervista concessa a Bild, ripresa da un articolo apparso su La Stampadel 7 luglio, che Giuseppe Di Leo così commenta nella sua consueta Rassegna stampa vaticana“Chissà quali reazioni ci sarebbero state se queste frasi le avesse pronunciate Papa Ratzinger”. Posso rispondere per me solo. Avrei detto: “Papa Ratzinger è stronzo come il Dalai Lama”.

Luigi Castaldi