Cos’è la laicità

In alcune discussioni fatte in questo blog, ma anche spesso nella discussione politica – ricordo un improvvido intervento in questo senso, sulla legge francese, del per altri versi molto apprezzabile Andrea Sarubbi – si è fatta strada una malintesa idea di ciò che è la laicità.

Questo brutto frainteso accatasta la laicità sopra all’equidistanza, facendo coincidere quello che spesso è inane vezzo di imparzialità, con ciò che dovrebbe essere il fondamento di ciascuna istituzione che pretenda  legittimità di riconoscimento nel discorso pubblico. Travisando quindi, il significato di “laicità”, nella “neutralità rispetto a diverse posizioni”.

Ma essere laico non vuoldire essere ignavo, non vuoldire neppure non schierarsi. Essere laici significa basare su delle evidenze quello che si sostiene, e pretendere che gli altri facciano lo stesso. Il punto di vista laico è quello che – senza condizionamenti dogmatici: religiosi certo, ma anche aprioristicamente infondati – analizza le evidenze portate dagli uni e dagli altri. Il punto di vista laico è quello che, sull’eventualità che genitori omosessuali causino danni psicologici ai figli, semplicemente studia. Non fa la media di quello che dicono gli uni e gli altri.

Se ci sono due persone che dibattono sulla pericolosità o meno del buttarsi dal settimo piano, il punto di vista “laico” non è quello che sostiene che abbiano ragione entrambi, nessuno dei due o in parti uguali. Se l’Individuo A dice «buttarsi dal settimo piano fa male» e l’Individuo B dice «buttarsi dal settimo piano non fa male», l’unico approccio laico è quello di dare ragione all’Individuo A. Ovviamente fino a prova contraria.

19 Replies to “Cos’è la laicità”

  1. Perdonami, Giovanni, ma non mi sembra di avere mai sostenuto quello che tu mi attribuisci (chi vuole farsi un idea sul testo di partenza che avevo scritto può leggere questo commento: http://www.distantisaluti.com/fascisti-a-sinistra/#co_9275).

    Le mie riflessioni erano rispetto a una “macchiettizzazione” non voluta delle tesi costruttiviste dovuta agli interventi dei relatori dell’intervento. Però mi piace che tu ci abbia fatto un altro post, perché così la discussione può continuare 🙂

    Nei commenti dicevo che questi relatori avevano assunto un’idea di immobilità delle culture da rifiutare (perché non descrive come stanno le cose!) e che otteneva l’effetto di “museificarle”. Queste persone, per quanto ne so leggendo dal tuo post, postulavano che ogni cambiamento, fosse da considerarsi una sorta di inculturazione da parte della cultura dominante in nome di una purezza tutto sommato (correggimi se sbaglio) da buon selvaggio a casa propria. Io non la penso come loro, pur essendo molto legato al concetto di pensiero debole e di laicità. Le culture cambiano da sempre nell’incontro e si costruiscono sempre come codici bastardi. Enea veniva dall’asia minore. Non c’è nulla di strano che se dal contatto con un altro da sé, per esempio dal contatto con l’occidente, una cultura possa far propri alcuni comportamenti sulla base delle evidenti buone ragioni e vantaggi che essi comporterebbero: non mutilare le persone rientra fra questi comportamenti e io faccio il tifo per loro. Dico che si può fare il tifo per loro pur non assumendo posizioni da pensiero positivo. Lo si può fare perfettamente in un’ottica da pensiero debole, perché chi assume posizioni scettiche e costruttiviste non significa che non si faccia un’opinione o non possa sposare una causa anziché un’altra. Semplicemente pensa che il bene e il male siano concetti culturali, culturalmente costruiti, e che quindi, questi concetti cambiano con il cambiare delle culture stesse. Pensa che ogni cultura è situata e per questo parziale, come lo è la nostra umanità.

    Perdonami, ma ti lancio una provocazione per sviluppare ulteriormente la discussione. Finché si tratta di discernere che buttarsi dalla finestra è meglio che no, piuttosto che mutilare le persone non sia un comportamento encomiabile possiamo essere tutti d’accordo. Ma come si pone il pensiero positivo davanti per esempio all’aborto? Come si decide razionalmente cosa è giusto e cosa no in questo caso? Sei sicuro che chi ci guarda dall’esterno non possa essere turbato dalla barbarie (vista dall’esterno) di questo tipo di prassi? Attento, ciò non significa che io sia antiabortista a priori, che io stia facendo mia la posizione che ti sto rappresentando, sto solo tentando di porre le basi per una discussione. Allora, come fai a fondare razionalmente la decisione di procedere alla soppressione di un feto? Come fai razionalmente a dimostrare quando inizia la vita? Come fai a dire che si tratta di non vita? Chi li sceglie i criteri per decidere?
    In un ottica di pensiero debole, problemi non ce ne sono, ogni cultura si da un’idea di cosa sia vita e cosa no, di quali siano i sessi e il loro modo di stare al mondo, di cosa sia la natura e cosa sia la cultura. Il tutto in un’ottica perfettamente arbitraria, salvo essere istituzionalizzata e naturalizzata tanto da sembrare ovvia. Mantenendo una convinzione di questo genere, si può sposare un’ipotesi o un’altra in accordo con la propria coscienza.

    Un altro errore che spesso si fa è considerare che le cose abbiano sempre un senso univoco a prescindere dal contesto e della cultura dalle quali vengono espresse. Il velo può essere segno di sottomissione ma anche segno di appartenenza sociale in altri contesti, anche interni all’islam, solo per fare il più banale degli esempi.

    Qual è la chiave per venire a capo di queste dinamiche, sono d’accordo con te, studiare e non lasciarsi affascinare dal primo che arriva e grida allo scandalo ogni qual volta un comportamento non corrisponde esattamente a quello che lui stesso si sarebbe aspettato dall’idea di alterità che si era fatto nel salotto di casa sua.

    E ribadisco che tutte queste cose le scrive uno che apprezza il tuo blog e che condivide il grosso delle tue battaglie e che da tempi non sospetti vota radicale. Cari saluti!

  2. @ Giovanni e Cicciosax

    bravi 🙂

    Ovviamente ha ragione Giovanni con l’esempio del palazzo,

    l’importante è che prima di giudicare si pesi il valore delle idee di A e B e non si giudichi in modo avventato o superficiale o in base a pregiudizi.

    Ovviamente ha ragione Cicciosax a ricordarci la difficoltà di fare certe scelte e il fatto che le cose possano avere pesi diversi nelle varie culture, ecc,

    l’importante è che tali consapevolezze non si traducano in una pericolosa sospensione del giudizio, che nei fatti delega il potere in chi si fa guidare da pregiudizi fideistici.

    Chiaro che per i non laici di solito le scelte son più facili, basta leggere il libro delle istruzioni …. 🙂

  3. Per “chierici”, anche se commentiamo la politica, desideriamo e vogliamo una netta separazione tra stato e Chiesa…
    In questo c’è laicità, poi Bobbio l’aveva spiegato bene anni fa, quindi ripeschiamolo e leggiamolo 🙂

  4. Cicciosax scrive::

    Perdonami, Giovanni, ma non mi sembra di avere mai sostenuto quello che tu mi attribuisci

    Sì, ho riletto il tuo commento ed effettivamente era perfettamente organico al tuo ragionamento che non avevo capito, sovrapponendolo ad altri interventi del passato. Ho cancellato il riferimento.

    Dopodiché mi sembra contraddittorio rispetto al tuo punto di vista, e provo a spiegarti cos’è che non torna:

    Cicciosax scrive::

    non significa che non si faccia un’opinione o non possa sposare una causa anziché un’altra. Semplicemente pensa che il bene e il male siano concetti culturali,

    Quindi, ad esempio, tu non pensi che sia universalmente sbagliato uccidere una donna stuprata, pensi che questa idea sia soltanto il prodotto della tua cultura che – universalmente – ha torto e ragione quanto chi dice che debba essere lapidata.
    Se tu non pensi che il tuo parere sia migliore di quello dell’altro, come espresso dall’inciso, l’unico esito è l’immobilismo.

    Cicciosax scrive::

    Ma come si pone il pensiero positivo davanti per esempio all’aborto?

    Ecco, questo è un buon punto.
    Sai perché non ne ho parlato? Perché secondo me ci dobbiamo prima mettere d’accordo sul fine, e già un fine è un pensiero positivo (assertivo).
    Ammetti, senza concederlo, il mio fine: è quello di fare la felicità del maggior numero di persone, o il dolore del minor numero possibile.
    Questo è il fine.

    Per raggiungere questo fine la diversità d’opinione – e il dialogo franco, spigliato, anche provocatorio – è una risorsa enorme: è il miglior mezzo che abbiamo per raggiungere la risposta più approssimata a quella giusta.
    Ma, questo è fondamentale per me, il fine non è la differenza di opinioni.
    L’opinione di un nazista non ci serve (ovviamente ci sono altre ragioni, collaterali a questo, che spiegano anche perché – nonostante questo – un nazista non vada ammazzato) perché sappiamo con un irrisorio grado di approssimazione che la sua società non è quella che genera meno dolore nel mondo.

    Questa è la differenza con il pensiero debole, per me la la competizione delle opinioni è un mezzo fantastico – oltre che l’unico che abbiamo – per fare felici le persone, per un pensierodebolista la ricchezza d’opinioni si declina nel fine.

    Io non penso di avere la risposta a questa domanda, sull’aborto, penso solamente che una risposta – ovviamente – ci sia: qual è la cosa che genera meno dolore? L’unico modo per approssimarsi a questa risposta, che forse non avremo mai – o forse sì – è continuare a studiare scientificamente la genetica, le cellule, etc.

  5. È il prodotto della mia cultura, tanto che tante altre culture lapidano e hanno lapidato le donne in altri contesti. Questo non significa che il mio pensiero pur essendo situato nella mia cultura non possa occuparsi di mettersi in relazione con quello dell’altro, inteso come singolo e come cultura altra, convincendolo. Ed è quello che tantissime persone impegnate su questo fronte fanno. Ma mi sembra che mi sto ripetendo (e che quindi forse stiamo esaurendo la conversazione). Per esempio, contro la lapidazione nella nostra cultura si lavora già dai tempi della narrazione biblica. Mi pare che l’altra volta citavi un passo del deuteronomio che legittimava questa pratica. Attento, nella concezione cristiana, esso è stato preso in carico da Cristo in persona che invita i lapidatori di una puttana a scagliare la prima pietra nel caso fossero senza peccato. Ma si può dire perfino qualcosa di più. È possibile individuare un “modo” di relazione fra le culture, è la traduzione, e i traditori di langer, sono sempre traduttori (Langer stesso lo era e quindi simpaticamente ti dico che per me lo sai anche tu!). Nessuna contraddizione.

    Sulla seconda questione, più complessa e delicata. Attento che mettere insieme la questione del fine della felicità dei più implica un criterio di maggioranza (che mi sembra era quello che proprio volevi criticare), da una parte, e dall’altra, se applicato a questioni come il rapporto tra vita e morte, diventa molto pericoloso, legittimando eventulmente l’azione di dittatori e assassini. C’è chi potrebbe sostenere che la felicità dei più, nell’aborto, viene conquistata attraverso la morte di una minoranza, alcuni dicono perfino l’assassinio. E considera che lo dicono legittimamente, perché non c’è modo di dimostrare o smentire scientificamente la vita, il soffio vitale.

    Il pensiero debole e il costruttivismo in generale si occupano di un problema che poche persone si occupano di indagare, la leggittimità di costruzione del dato, a partire dalla considerazione che ogni punto di vista è situato. Questa costruzione può essere verificata intersoggettivamente e diventare valida, come tu dicevi, fino a prova contraria. Questo vale per tutte le culture (anche quelle lontane come dimostrano gli studi di antrropologia) si può verificare sempre un concetto in base alle premesse che ne costruiscono la possibilità di esistenza. Da una parte c’è un giudizio di coerenza ma ci può essere pure un giudizio di valore, dall’interno da parte di un facente parte la cultura, dall’esterno, a partire dalla traduzione che una cultura fa dell’altra.

    Per quanto riguarda studiare la genetica, le cellule etc, è tempo perso (non in assoluto ma in questo caso), le domande cui stiamo cercando una risposta non sono dell’ordine del fisico ma del metafisico. E con questo vado a nanna! Ciau!

  6. @ Giovanni Fontana:
    Cicciosax scrive::
    Ma come si pone il pensiero positivo davanti per esempio all’aborto?
    Ecco, questo è un buon punto.
    Sai perché non ne ho parlato? Perché secondo me ci dobbiamo prima mettere d’accordo sul fine, e già un fine è un pensiero positivo (assertivo).
    Ammetti, senza concederlo, il mio fine: è quello di fare la felicità del maggior numero di persone, o il dolore del minor numero possibile.
    Questo è il fine.

    Ti sei dato la risposta da solo, più le cellule le studierai è più ti diranno che c’è un progetto (che parte dal DNA) che non possiamo distruggere, perchè sarebbe l’infelicità di quel progetto che si chiama UOMO

  7. Perchè diamo per scontato che l’individuo “B” non possa aver ragione?
    Dipende tutto da cosa lo aspetta giù, nel punto di atterraggio… *-*

  8. Cicciosax scrive::

    Questo non significa che il mio pensiero pur essendo situato nella mia cultura non possa occuparsi di mettersi in relazione con quello dell’altro, inteso come singolo e come cultura altra, convincendolo.

    Ma come no?
    Certo che lo può fare, ma non ha ragione per farlo. Se tu sostieni un’opinione che non consideri migliore di quella di un altro che ragione c’è di provare a convincerlo?

    Cicciosax scrive::

    Attento, nella concezione cristiana, esso è stato preso in carico da Cristo in persona che invita i lapidatori di una puttana a scagliare la prima pietra nel caso fossero senza peccato.

    Questo è molto ambiguo. Nei testi sacri del Cristianesimo si può trovare di tutto, l’uno e l’opposto. Lo stesso Cristo avrebbe potuto dire “lapidare è sbagliato”, non “chi è senza peccato”, argomento sciocco e fariseo. E se c’è qualcuno che si sente senza peccato che fa? Ha il diritto di lapidare? L’accusa di incoerenza è una delle più sciocche che ci siano al mondo.

    Cicciosax scrive::

    C’è chi potrebbe sostenere che la felicità dei più, nell’aborto, viene conquistata attraverso la morte di una minoranza, alcuni dicono perfino l’assassinio.

    Questo è facilissimamente disputabile, proprio partendo dagli stessi presupposti, che non ho chiarificato per non allargare la discussione. C’è questo (comportarsi come se si nascesse, casualmente, in un segmento della scoietà), c’è il fatto che l’offesa non può essere nell’occhio di chi guarda, etc.

    Cicciosax scrive::

    perché non c’è modo di dimostrare o smentire scientificamente la vita, il soffio vitale.

    Il che?!?Cicciosax scrive::

    Per quanto riguarda studiare la genetica, le cellule etc, è tempo perso (non in assoluto ma in questo caso), le domande cui stiamo cercando una risposta non sono dell’ordine del fisico ma del metafisico

    Ma che dici? Questo scarto di lato mi stupisce. Noi stiamo cercando quella che è la migliore descrizione della realtà.
    Le risposte che io cerco sono assolutamente nell’ordine del fisico, altrimenti – se intangibili – diventano necessariamente dogmatiche.

  9. Caro Giovanni,alla prima questione voglio rispondere in linea di principio e in termini pratici. Noi comunichiamo in quanto esseri umani, la relazione fa parte del processo di costruzione dell’identità e questo ancora una volta vale sia per il singolo che per le culture. In termini pratici, la soluzione dei relatori al convegno sarebbe comunque miope, non si considera che viviamo tutti in un villaggio globale e che casa nostra è ormai a tutti gli effetti il mondo.
    Poi si potrebbe considerare che se tu riesci a convincere il mondo che non bisogna lapidare le donne (e lo spero e io ti aiuterò in questa impresa titanica) ciò non significa che la tua affermazione diventi universale, solo che essa sarà condivisa (creando una cultura globale già esistente per le scarpe nike) da un gruppo molto ampio.

    Per quanto riguarda la concezione cristiana, non ti parlo in termini confessionali, per me (ma dico non sono uno studioso di teologia) trattasi di domanda retorica asserendo che nessuno sia senza peccato e che il peccato sia una condizione umana dell’esistenza (tanto che si dice “chi è senza peccato” non “chi si sente” e qui al contrario che con me, hai a che fare con il pensiero positivo cristiano che distingue molto bene fra essere e sembrare). Però dico anche per te dovrebbe essere interessante che contro la lapidazione, magari in un modo non esattamente coincidente con il tuo, nella cultura cristiana si è cominciato a lavorare ben 2000 anni fa. Non mi sembra male 🙂

    La terza questione: è ovviamente disputabile ma non si può assumere una asserzione positiva su questi argomenti, come anche tu hai ammesso prima.

    Per quanto riguarda la metafisica, perché ti meravigli che in un discorso sulla laicità si ponga un problema di oltre la fisica? Metà ta fusikà lo diceva Aristotele, mica Allah oppure San Gennaro.

    È ovvio che se un problema per esempio la vita e la morte, non può essere deciso attraverso affermazioni positive fondate (in senso duplice rispetto al valore a alla coerenza e dentro le culture) dato che questi problemi si pongono quotidianamente alle persone, le culture si costruiscono anche elaborando soluzioni metafisiche, che sono ancora una volta arbitrarie e in concorrenza fra di loro.

    Per adesso è tutto 🙂

  10. Dimenticavo una risposta più radicale alla tua prima questione: allargare il proprio gruppo, ognuno vuole convincere l’altro per renderlo più simile a sé (corollario della strutturazione delle identità). Ovviamente questo non c’entra nulla con il nazionalismo, perché il gruppo potrebbe essere quello degli atei militanti, quello dei serbi che vogliono conquistare il mondo, quello della religione cristiana o ebrea o musulmana, quello che si può costruire intorno al consumo ecc. E questa operazione è per definizione sempre precaria, dato che ogni costruzione di un centro (un focus di argomentazioni per esempio) produce sempre una sua periferia e oltre ogni sistema ci sta esattamente un altro sistema (cultura) in cui si può essere ritradotti e riconfigurati!

  11. Eh ci ho pensato avere posto la questione dell’aborto (pertinente di per sé) in realtà può deviare il discorso facendo pensare che per me ci sia un mondo fisico dominio della certezza assoluta (non situato ma valido in generale) e uno metafisico invece arbitrario. La mia ipotesi è molto più radicale, ambedue sono arbitrari, sono costruzioni. Il rapporto fra l’uomo e il mondo è un rapporto di significazione, un’attribuzione di senso, niente si dà al di fuori della cultura. 🙂

  12. Giovanni Fontana scrive::

    Lo stesso Cristo avrebbe potuto dire “lapidare è sbagliato”, non “chi è senza peccato”, argomento sciocco e fariseo. E se c’è qualcuno che si sente senza peccato che fa? Ha il diritto di lapidare? L’accusa di incoerenza è una delle più sciocche che ci siano al mondo.

    E invece qui ti sbagli, ti pensavo un po’ più acuto ed invece…
    C’è un motivo ben preciso perchè Gesù, il Cristo, non ha detto che “lapidare è sbagliato” e ha detto “chi è senza peccato scagli la pietra”.
    Mi dispiace ma ancora una volta pretendi di affrontare degli argomenti senza conoscere in profondità e pretendi pure di dare dei giudizi!
    Giovanni, Giovanni!

  13. Giovanni Fontana scrive::
    Lo stesso Cristo avrebbe potuto dire “lapidare è sbagliato”, non “chi è senza peccato”, argomento sciocco e fariseo. E se c’è qualcuno che si sente senza peccato che fa? Ha il diritto di lapidare?

    Intanto non ha detto “chi si sente senza peccato”
    ma “chi è senza peccato” e la differenza c’è.
    E chi è SENZA PECCATO può lapidare!

    Il Vangelo non lo riporta ma una pietra è arrivata, naturalmente non per colpire la donna… Gesù si gira meravigliato ed esclama: “Maaammmmaaa! …laaaasciami lavorareee!!!” 😉

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