La domanda

IMMISCHIARSI?
Obama sta dicendo in continuazione che gli Stati Uniti non devono immischiarsi perché qualunque mossa degli USA offrirebbe una sponda ad Ahmadinejad per dire che i manifestanti sono burattini dell’Occidente, e dell’America più nello specifico.
La verità è che non ho un’opinione ben definita in merito, effettivamente c’è un certo grado di contraddizione fra dire questo, e avere molto fiducia nelle idee di questa folla: se è vero, come leggo, che ci sono moltissimi pro-occidentali un proclama di Obama servirebbe da spinta, nei cuori e nei morali di coloro che manifestano e un accusa di essere orchestrati dagli americani, da parte di Ahmadinejad, non intaccherebbe la forza del movimento.

MEGLIO FUORI
Però è vero che – al contrario – se si pensa a quale sia la situazione in Iran, a come sia stata manipolata l’informazione e il sistema educativo negli ultimi trent’anni – e anche prima – non ho dubbi che la maggior parte di quella piazza sia profondamente anti-americana (oltre che anti-semita e misogina): in questa prospettiva un intervento di Obama sarebbe, effettivamente, controproducente, specie perché scollerebbe l’appoggio che – a quello che vediamo – sembra esserci fra i ragazzi, primi promotori della protesta – oltre che primi obiettivi delle squadracce di Ahmadinejad – e presumibilmente più in linea con i valori di libertà e autodeterminazione dell’individuo, e il grosso della popolazione: se è vero che tutte le persone delle campagne e dei villaggi sono con i fondamentalisti, ci deve essere per forza un – penso vastissimo – segmento di mezzo che è assolutamente necessario per portare a termine una rivoluzione di questo genere.

MOUSSAVI
Devo dire che mi fido molto più dei manifestanti, che di Moussavi. Quello che sulla carta è l leader della protesta è portatore di una linea non molto diversa da quella di Ahmadinejad, ed è responsabile di vari massacri nella storia iraniana, ma soprattutto – all’inizio – ha dato l’idea di non volersi mettere contro i poteri dello Stato né di voler cavalcare e appoggiare le proteste più di tanto, sono state le manifestazioni oceaniche a tirarcelo dentro: non è escluso, però, che – trascinato quasi di malavoglia – diventi, con il corso degli eventi, molto più coraggioso e deciso, oltre che portatore di un vero cambiamento di politiche. Succede anche questo, nelle rivoluzioni, e se Moussavi dovesse rendersi conto che la propria “base” ha certe spinte ideali, sarebbe quasi inevitabilmente spinto ad alliniarvisi. Ma potrebbe anche accettare una linea più morbida, con un riconteggio dei voti, e una condivisione del potere: sarebbe tradire lo spirito di questo movimento, e un’enorme occasione persa, ma non possiamo escluderlo.
C’è poi la figura della moglie, che leggo lodata da tutti: se prendesse le cose in mano lei, sarebbe eccezionale. Ma ci credo poco.

SOTTOBANCO
Sono certo che – in ogni caso – alla prima occasione utile Ahmadinejad dirà che i manifestanti sono orchestrati dagli USA, se non che sono vere e proprie spie, che Obama li appoggi apertamente oppure no, come sembra; ma è vero che gli starnazzi del dittatore avrebbero molta più forza se appoggiati da parole di sostegno chiaro da parte del Presidente.
Forse, quindi, fa bene Obama a comportarsi così, specie se il suo silenzio preoccupato (non è la formula che ha usato lui, ma ci siamo) diventasse un silenzio partecipe: se al di là del silenzio strategico si stesse muovendo – in segreto – per dare la maggior forza possibile al movimento che non può sostenere apertamente, cosa che non escludo – anzi – stia già facendo.

LA DOMANDA
C’è però una domanda alla quale non ho ancora sentito risposta, ed è una domanda da prendere in seria considerazione, sperando che Obama abbia le idee più chiare della confusione che ho in testa io – teppisti, militari e squadracce di Ahmadinejad stanno cercando di blandire le manifestazioni in maniera poco accondiscendente: bastonate e manganellate a chi protesta, le sedi degli studenti sono state devastate, e ci sono stati una trentina di morti – riposino in pace sperando che, almeno, la loro morte sia ricordata per essere servita a qualcosa – che, ragionando cinicamente, non sono una cifra spropositata. Significa che Ahmadinejad e i suoi sodali non hanno, al momento, deciso di sopprimere nel sangue la rivolta, con tutte le armi in loro possesso.
Ma dovesse succedere, cosa faremmo? Il governo sta tagliando tutte le modalità di comunicazione, sono bloccati gli sms e le linee telefoniche funzionano a singhiozzo, l’unico modo per reperire informazioni è internet, ai cui danni è in corso un’offensiva per cercare di bloccare i siti dove c’è un maggiore scambio di informazioni, come twitter e facebook. Le operazioni dei giornalisti stranieri sono state impedite.

È una domanda che esige di essere presa in considerazione: se nei prossimi giorni si profilasse un massacro, cosa dovrebbe fare Obama e con lui l’Occidente?

12 Replies to “La domanda”

  1. @ Setif:
    nothing. we kept doing business with the Chinese…

    Iran is different, though, for history, size and economic ties. and special ops units have been in Iran for months now. who knows…

  2. @Max, non sono brava con l’inglese ma credo di aver capito. Ma credo anche che Obama non abbia proprio voglia di cominciare nuovi conflitti. Forse è più probabile che aiuti l’opposizione, ma non apertamente. Naturalmente per quel niente che capisco di questo di cose 🙂

  3. yeah, well, Obama has no interventionist stance, at least publicly, he is more “wait and see”. covert military operations do still require a signing statement by the president, and US special ops units were there as late as June 08 (http://www.npr.org/templates/story/story.php?storyId=92025860) and I doubt they just went home in February 09. but I don’t expect a classical military intervention by the US, most US military leaders were opposing that even at the time of Bush.

    they can help the opposition, train people, gather intelligence, provide money and comfort,even start an insurgency, if the times are ripe. but it seems to me that outside the cities Mr. A. has a lot of support, still. it may all be wishful thinking on our part.

    I just hope the Israeli won’t take advantage of this moment of crisis to bomb those nuclear sites: that would be the best way of recompacting the Iranians and quench the protests…the law of unintended consequences applies as always.

  4. Max ha scritto:

    I just hope the Israeli won’t take advantage of this moment of crisis to bomb those nuclear sites: that would be the best way of recompacting the Iranians and quench the protests…the law of unintended consequences applies as always.

    Beh, cazzo, saranno pure matti, ma stupidi non credo.
    Al di là dell’opportunità o meno di un bombardamento sui siti nucleari iraniani, che non sia ora il momento, mi pare ovvio: c’è un’occasione storica, magari non cambierà nulla ma è un’occasione enorme, non credo la vogliano buttare così.
    Sopravvaluto la sanità mentale in Medio oriente?

  5. Penso anche io che Obama si stia muovendo “dietro le quinte”. Ad esempio potrebbe star cercando di capire se appoggiare Moussavi sia conveniente o no – dopotutto Moussavi non è esattamente un fiore di campo democratico al 100%. Per quanto riguarda l’appoggio ai manifestanti, poi, si dice che ci siano state pressioni della Casa Bianca su Twitter perché rimandasse un aggiornamento – in modo che il canale restasse aperto per i dissidenti iraniani.

    Sulla misoginia: l’Iran è strano in materia, afaik, almeno per molti aspetti – ad esempio la parità sul lavoro (almeno prima che arrivasse Ahmadinejad: e infatti i discorsi della moglie di Moussavi puntano molto sul far recuperare alle donne un ruolo economico prima ancora che politico o sociale).

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