Sposarsi in tempo di guerra

Da quando è cominciato l’attacco israeliano a Gaza, qui a Betlemme ci sono dimostrazioni di protesta ogni giorno: ieri una fiacciolata si è conclusa proprio alla Chiesa della Natività. Doveva essere la “manifestazione dei pacifisti” ma gli slogan erano «dal Marocco al Qatar dobbiamo cacciare tutti gli ebrei!» o «Dove sono i paesi arabi? Vogliamo un esercito di soldati, non di pecore!».

Per strada, invece, si vedono gruppi di ragazzini che agitano dei bastoni, non li ho mai visti colpire nessuno, se non qualche gatto randagio. È un modo per mostrare la propria rabbia, e dimostrare a sé stessi e al prossimo che si è pronti-per-la-battaglia.

Sulla ringhiera davanti al palazzo dell’UNRWA, cioè l’ONU, di Betlemme sono stati attaccati dei cartelli con scritto “fermate l’olocausto a Gaza” o un più efficace “Anche i nostri bambini devono vivere in pace e sicurezza”.

Tutti gli eventi sono stati disdetti, l’albero di Natale è stato spento, e ogni festeggiamento cancellato per lutto. Molti matrimonî sono stati annullati, e chi non l’ha fatto corre il rischio di ritorsioni degli estremisti, o almeno così mi ha messo in guardia Amin, un mio amico betlemita: «festeggiare oggi è haram», proibito, peccato – la stessa parola che si usa per il maiale, l’alchool o la blasfemia.

D’altronde i matrimoni sono l’unico festeggiamento, in Palestina, l’unica vero ritrovo al quale partecipino persone di entrambi i sessi; ma anche lì, nel matrimonio tradizionale mussulmano, donne e uomini sono divisi da una parete, perché non ci deve essere alcun contatto fisico: le relazioni prematrimoniali sono ancora un tabù solidissimo. Difatti poi è passata una bellissima ragazza e Amin – con quel fare cameratesco di chi fa apprezzamenti volgari sulle donne – ha esclamato: «haram!». Ma ho l’impressione che non si riferisse a Gaza.

(Unità, ieri – Versione originale, prima che un  “correggi tutti” ne deturpasse il finale)

2 Replies to “Sposarsi in tempo di guerra”

  1. sto per dire qulcosa di politicamente molto scorretto, sto per dire qualcosa che mistupisco di pensare eppure la dico: che fortuna vivere in un posto dove gli uomini se ne stanno da uan parte e le donne dall’altra…in modo onesto, visibile, dove la discriminazione è palese e non strisciante, sussurrata, negata eppure, presente direi inevitable. Non siamo meno separati “qui”, le cose non sono poi così diverse. La sentenza Reggiani ce lo urla con violenza che è un’attenuante per il carnefice che la donna, brutalizzata, si difenda. Da bambina, tanti anni fa, pensando al futuro mi dicevo che, no, non sarebbe toccato alle altre quello che stava accadendo a me, tratatte da serve in casa e come carne in strada, e poi mi dicono “che faccio paura”, io. Non troppo tempo fa alcuni grossi papaveri di una cooperativa si misero a parlare di donne davanti a noi “operatrici”, dato il livello di eccitazione palpabile che stava riempiendo l’aria, mi permisi di far loro notare che gli uomini, quando parlano così delle donne, non si eccitano affatto per la donna o le donne che descrivono, si gasano dell’eccitazione che vedono negli occhi degli altri uomini, e più ne parlano più le voci e la postura dei corpi diventa simile, si riattiva l’istinto del branco eccitato, non per la preda, ma perchè si muove all’unisono. Quando gli ho consigliato di uscire un momento e di finire fisicamente quello che avevano iniziato verbalmente, se la sono presa molto, moltissimo. Una mia, ormai ex collega, mi fece notare che avendo fatto quella osservazione mi era abbassata al loro livello… in sintesi estrema il suo ragionamento è questo: “è normale che gli uomini si coportino come bestie, noi donne superiori pur assistendo alla conversazione (eravamo tutti un uno stesso pulmino…), non dobbiamo prenderne parte perchè noi, appunto, migliori di loro, unomini-bestia, non siamo chiamte a replicare su simili argomenti, dobbiamo ascoltare o parlucchiare fra noi fingendo di non capire, o fare un’altra cosa qualsiasi, altrimenti è normale che loro, gli uomini-bestia appunto, ti rispondano con scortesia (mi hanno dato della donna di facili costumi)o esercitino il loro potere (gli uomini erano tutti capi le donne erano per lo più operatrici) e non ti chiamino più a lavorare. Mai mettere in discussione l’assoluta eterosessualità dei capi!!!!!!. In pratica, gli uomini si sentono tanto superiori da fare discorsi cui tu non puoi replicare, perchè donna, le donne fanno altri discorsi, appunto, da donna e comunque non entrano in argomento coi maschi perchè tanto “sono animali”, io che non credo che esistano gli uomini e le donne ma le persone, ho torto. è questa mentalità che giustifica l’ingiustificabile, che permette sentenze tipo:” se ti difendi e quello ti ammazza è colpa tua”, se ilruolo dell’uomo è quello di essere bestia-aggressore, quello della donna è di bestiola-passivo-fragile, è ovvio che se succede qualcosa di distonico con la parte assegnata, dal ruolo, se per esempio ti “difendi fieramente” e muori…con chi la vuoi? la tua autodifesa fiera e caparbia, la volontà di essere persona, non si accorda con il ruolo assegnato e giustifica una maggiore brutalità, alleggerisce la colpa dell’aggressore, è un’attenuante. Sai una cosa caro Giò, la realtà è che qui non c’è meno separazione, i ruoli sono ancora imprescindibili. quando pensavo al futuro credevo che i ragazzi e le ragazze “del domani” non avrebebro dovuto sopportare tanta stupidità, ed invece il domani è arrivato e non è cambiato niente. le donne non camminano sole per strada, sempre con amiche o fidanzati,soprattutto la sera, si va accompagnate, tutte meno io, che grazie a Dio, faccio paura.

  2. Sabrina, a te che ti conosco, te lo posso dire: non dire cazzate. Ma proprio non dirle, non perché sono cazzate, ma perché sono offensive per queste povere donne che se potessero vivere in una società libera la metà della nostra si sentirebbero – a ragione – in paradiso.

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