L’arrivo

Questa è la prima foto che ho fatto appena arrivato al campo:IMG-20160417-WA0001

Gli imprevisti sono stati diversi già prima di arrivare. Una volta arrivati, tutti i volontarî si sono dovuti registrare all’esercito: è una misura scattata oggi – scelgo bene i momenti, eh? – perché la situazione negli ultimi giorni è diventata molto più tesa. Qualche giorno fa c’è stata una manifestazione dei profughi che hanno interrotto l’uscita dell’autostrada nei pressi del campo, la polizia li ha arrestati e ha incolpato le ong di averli istigati. Non c’ero, non posso sapere, ma già vedendo la situazione del campo ho i miei dubbî che ci sia bisogno di una qualche istigazione.

Il campo è una pietraia sulla quale sono appoggiate delle tende. Katsika è noto a tutti come il peggior campo profughi qui in Grecia, quello meno fornito, con meno infrastrutture e più problemi, quello nel quale nessun profugo vorrebbe finire. Più di una volta hanno portato pullman pieni di gente che si è rifiutata di scendere, creando un braccio di ferro che talvolta è durato per giorni. Insomma, di lavoro da fare ce n’è. Non solo quello, però.

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La partenza

Stamattina sono partito da Roma, con la macchina carica carica, più o meno come me.

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Anche il bagagliaio è tutto pieno

La maglietta è quella di Batistuta che indossavo alla mia laurea italiana. L’avevo prestata a un amico che cominciava una cosa importante, con l’impegno che l’avrei ripresa quando fossi stato io a cominciare qualcosa di davvero importante. Lui l’ha custodita con cura e oggi mi è sembrata l’occasione buona per rimetterla.

Da Parigi mi raggiungerà Louise, una vecchia amica che verrà a fare la volontaria fino a fine mese. A questo proposito in molti mi hanno chiesto se, nel corso delle prossime settimane, mi potrebbero raggiungere a Katsika per dare una mano. La risposta è ovviamente “sì”: chiunque abbia anche solo una settimana da dare, può venire e contribuire molto.  Il campo di Katsika manca di molte cose – è considerato fra i più sforniti e, purtroppo, poco accoglienti – e fra queste cose anche di persone che si mettano a disposizione.

In ogni caso da sabato pomeriggio, quando arriverò al campo, avrò le idee molto più chiare e potrò dare consigli più documentati a chi voglia imbarcarsi nella stessa avventura.

Viva!

Da quando ho scritto il post in cui raccontavo di stare per partire per Katsika sono successe molte cose belle, di quelle che dànno fiducia nell’umanità. Un sacco di gente mi ha scritto, inorgoglita, per esprimermi supporto, dando un significato a questa iniziativa che combacia esattamente con il mio. È un fatto che mi motiva ancora di più a fare le cose, e a raccontarvele.

Le donazioni hanno superato ogni attesa,  3557€, che saranno sufficienti a ripagarmi non solo il viaggio, ma anche molto tempo lì. Se ne avanzeranno, li userò per comprare quello di cui il campo ha bisogno.

Anche le persone che hanno risposto alla raccolta di oggetti e alimenti sono state molte, e riuscirò a riempire la macchina di cose che a Katsika sono necessarie. Raccoglierò tutto fra oggi e venerdì, fra Roma e Brindisi, e se qualcuno avesse ancora qualcosa da dare (dopo aver consultato la lista) mi contatti all’indirizzo email scritto qui accanto.

Una persona mi ha contattato parlandomi del suo progetto, concreto, di mandare dei furgoni di generi di prima necessità nel campo: ovviamente vi aggiornerò su come si sviluppa il progetto.

Grazie a tutti, viva!

Vado a lavorare in un campo profughi, Katsika

Chi segue da tempo questo blog ricorderà il mio Diario dalla Palestina, che era anche l’esperienza per la quale l’avevo aperto: distanti saluti, si chiama così per quello. Feci lì il volontario fra il 2008 e il 2009, lavorando con due gruppi di bambini provenienti dai tre campi profughi attorno a Betlemme, e raccontavo quotidianamente quello che mi succedeva (per chi volesse leggerlo, qui c’è un estratto di venti di quei racconti).

Successivamente ho fatto tante altre cose, alcune delle quali anche in qualche modo rilevanti, ma nel tempo mi sono sempre più reso conto che nessuna di queste mi rendeva soddisfatto del contributo che stavo dando. O almeno non quanto quell’esperienza in Palestina o le successive nell’Abruzzo post-terremoto e in Burkina Faso per combattere le mutilazioni genitali femminili.

Per questo ho deciso di tornare a fare l’unica cosa nella quale mi ero veramente sentito utile. La prossima settimana, il 15 aprile, partirò per Katsika, un campo profughi in Grecia dove arrivano persone in fuga dalla guerra. È in posti come questi che si vive l’emergenza quotidiana del gestire la vita d’ogni giorno di esseri umani che incontrano una nuova frontiera, dopo averne oltrepassate tante, a far loro da ostacolo. In questo momento a Katsika ci sono più di mille persone, ma molte ne vanno e molte ne vengono ogni settimana.

Katsika
Una foto, con il suo permesso, di Dimitris Zarkadas da Katsika: guardate anche le altre, sono belle

Quello che andrò a fare lì, assieme a Olvidados, l’Ong che lavora nel campo, è quello che si fa in una situazione d’emergenza come quella: tutto. Dal distribuire cibo e pannolini, al verificare le necessità in ogni tenda, qualunque cosa di cui ci sia bisogno. E c’è bisogno di molte cose, anche alle quali uno non penserebbe, ad esempio la possibilità di spostarsi indipendentemente: è fondamentale avere una macchina, tanto che chi non la porta l’affitta. Io andrò in macchina e ho pensato che sarebbe uno spreco andare con un veicolo mezzo vuoto: perciò se abitate fra Roma e Brindisi e volete inviare delle cose utili al campo (qui ho tradotto una lunga lista di ciò che serve a Katsika), contattatemi e vi farò da facchino d’eccezione.

Poi ci sono io. Se volete, c’è un modo per dare una mano a me nel realizzare questo progetto, ed è fare una donazione su questo conto [EDIT: grazie a tutti, chiudo la raccolta]. Al campo le giornate sono piene, si esce al mattino e si torna la sera, e questo sarebbe un modo per aiutarmi a ripagare le spese del viaggio, del traghetto, e della vita quotidiana lì. Non ho ancora definito una data di ritorno, perché dipenderà anche da quante delle spese riuscirò a coprire attraverso le donazioni: più riuscirò a raccogliere, più potrò rimanere a lavorare lì. È un’idea che ho da molto tempo, e non potendo permettermi di metterla in pratica da solo, ho deciso di chiedere a voi. Se volete un’idea per fare beneficienza, questo è un piccolo modo per farla, dando una mano attraverso le mie braccia.

Io riprenderò a fare quello che facevo dalla Palestina, e cioè scrivere un post ogni giorno o due, dove racconto le storie – in fondo raccontare storie è sempre stato quello che so fare meglio – delle persone che incontro, quelle che si trovano a vivere o passare per il campo, spesso aggiungendo delle foto. Spero sia un modo per restare vicino alle persone a me vicine, e anche alle altre.