C’è un gruppo di bambine, qui al campo, a cui ho raccontato di essere un folleto. Quando mi vedono corrono ad abbracciarmi e mi chiedono di volare. Dài, vola. Dài, vola. Io ogni volta m’invento che sono stanco, che i miei amici folletti non possono, che mi vogliono in cucina dove devo volare qua e là, etc.
I bambini si divertono un sacco nelle tendopoli, intanto stanno insieme a un sacco di altri bambini, e poi ci sono tantissime attività organizzate dalle più disparate associazioni: ieri c’era addirittura un torneo di calcetto per bambini organizzati dalla FIGC. Non c’è neanche bisogno di ritrovarsi al campetto o al parco giochi: è tutto qui.
Ci sono psicologi che li hanno sotto osservazione dalle prime scosse, con diversi manuali da seguire, ma – almeno qui – tutto appare come un gioco. Secondo me non avranno ricordi negativi del terremoto, tranne – forse – la fuga.
Oggi ero a servire in mensa, e due di quelle bambine sono venute da me, mi hanno preso per mano, e mi hanno chiesto “quei biscotti bianchi rotondi molto buoni”. C’ho messo un po’ a capire cosa intendessero, poi ho capito: ci sono due celiache nel campo, alle quali – invece del pane – portiamo delle gallette di riso. Allora l’ho portate alle bambine e loro si sono messe a mangiarle, entusiaste, impugnandole con due mani.