Faccine

A me gli emoticon non sono mai piaciuti, però ne ho sempre capito l’utilità, nelle comunicazioni per iscritto.

Su questo forum, che tratta di “giurisprudenza islamica”, si discute se fare gli emoticon sia vietato. Se invece dipenda da quali emoticon, se siano vietate solo quelle che assomigliano alle persone, o se non siano permesse quelle che “esprimono sentimenti”. Da notare la dovizia argomentativa. C’è chi chiede se è lecito rispondere a un “come ti chiami?”, rivolto da un maschio mussulmano (se non lo fosse, va da sé, è vietato). Il quale, maschio, ovviamente non si farà di questi problemi.

Una cosa ho capito: è vietatissimo fare questa faccina qui: 😉
(C’era stata, un paio di mesi fa, una fatwa che – per ovviare alla possibilità che donne facessero l’occhiolino a un uomo – ingiungeva alle vere-fedeli-mussulmane di coprire tutto il volto, con l’eccezione di un solo occhio: qualcuno ne parlava, per fortuna ridendo, a Betlemme).

Dal basso della mia tromboneria non ho mai apprezzato il trucco, gli orecchini, quegli orpelli che mi sembravano portatori una femminilità posticcia. Poi, insieme all’attutimento dell’intransigenza tipica dei vent’anni, ho letto di come in un sacco di paesi islamici mettersi un po’ di cipria, truccare un po’ gli occhi o accennare una linea di rossetto sia una timida rivendicazione dei diritti della propria personalità, una richiesta di libertà cosmetica, per la quale si rischia carcere, frustate, infamia.

Mi è tornato alla mente leggendo quella discussione: da oggi guarderò con più simpatia anche agli emoticon.

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Mele e torti marci

Ieri stavo cercando una cosa su Wikipedia IT, e ho digitato “altipiani in Italia”. Non ho trovato quello che cercavo , ma ho trovato – chissà perché – Torpedo che era ai tempi del liceo, e a quanto leggo è ancora, il gruppo musicale di Giancarlo.

Giancarlo era il più politicizzato dei miei compagni di classe, o forse semplicemente – e complice l’anno in più –  era quello più sveglio. Un po’ desinistra, ma mai fuori dal buon senso. Non eravamo spassionatamente amici, però c’era stima reciproca, e qualche volta ci siamo sentiti ancora, dopo la scuola: ha smesso l’università per fare il musicista, a quanto pare gli sta riuscendo.

Al tempo fummo anche compagni di banco per qualche breve tempo, quel tempo era quello del G8 a Genova.
Ovviamente fu Giancarlo, l’unico della nostra classe ad andarci. Doveva anche avermi invitato, e suppongo d’avergli risposto qualcosa di circostanza e molto imbarazzato per non fare intendere che avevo di più voglia di passare un pomeriggio a giocare ai videogiochi che di combattere per  le sorti del mondo, come in realtà era. Che poi eravamo già tutti in vacanza, qualche scusa l’avevo.

A lui non successe nulla, per fortuna. Non passò né dalla Diaz, né da Bolzaneto, né dalla piazza più violenta – per buona sorte.

Ecco, ho ripensato a questa cosa abbastanza spesso, e ancor più spesso nei primi tre mesi in Palestina. Mi chiedevo: ma quanta obettività posso pretendere da chi vive quotidianamente un sopruso, o da chi l’ha passato sulla propria pelle, o da chi l’ha vissuto attraverso la bocca e le ferite di una persona a cui vuole bene? In fondo, mi domandavo, se Giancarlo fosse passato da quella maledetta scuola, o da quella maledetta caserma, non avrei avuto un pensiero distorto anche io?

Sarei stato in grado di non odiare la polizia, o lo Stato? E se sì, sarei stato in grado di spiegarlo a Giancarlo? Di dirgli che a Piazza Alimonda la ragione non stava, proprio tutta, dalla nostra parte, anzi? Di raccontargli che quello che gli era successo era un caso isolato? Che non poteva dire «l’Italia è una dittatura» perché un giorno, una notte, quelli che rappresentevano quello stato si erano comportati da polizia politica?
E soprattutto, sarei stato in grado di chiedergli di avere fiducia nella Giustizia? Che coloro che l’avevano picchiato, dileggiato, insultato, ferito, sarebbero stati condannati, e più importante: che sarebbero stati riconosciuti colpevoli? Loro e i responsabili di quello che era successo, come succede nelle democrazie liberali.

Ecco, mi sono domandato tutto questo ieri, quando mi sono reso conto che se anche ci fossi riuscito – a rassicurarlo – avrei avuto torto.

Rissa fra preti a Gerusalemme

Quando ve lo dicevo io non ci credevate…  eh?
È l’ennesima volta che la polizia israeliana interviene per faide come queste, fra preti, monaci, etc. Si litiga sugli spazi, sulle ristrutturazioni, sull’orario delle preghiere, sul possesso degli oggetti sacri; lo stesso avviene a Betlemme alla Natività.
Per questa ragione, perché altrimenti nessuno si metterebbe d’accordo, è da lungo tempo che le chiavi del Santo Sepolcro sono custodite da un mussulmano!

Su Repubblica.it addirittura le foto.

Il concession speech di McCain

Non riesco ancora a dormire, così mi son messo a tradurre il concession speech di McCain, il discorso fatto dal candidato perdente alla presidenza. Al di là delle reazioni del pubblico, ma forse ancora di più per esse (non si diceva – appunto – che chi guida deve essere meglio di chi è guidato?), un discorso bellissimo che mi dispiacerebbe qualcuno poco avvezzo all’inglese perdesse. Mi raccomando, iniziate a dargli un’occhiata, se iniziate non smettete.

Questo non fa che dar ancora più lustro alla vittoria di Obama:

***

Grazie, grazie amici miei. Grazie per essere venuti, in questa bellissima serata dell’Arizona.
Amici miei, siamo arrivati alla fine di un lungo viaggio. Il popolo americano ha parlato, e ha parlato chiaramente.
Poco fa ho avuto l’onore di telefonare al senatore Barack Obama per congratularmi con lui. Per congratularmi con lui di essere stato eletto come nuovo presidente della nazione che entrambi amiamo.

In una competizione così lunga e così difficile come è stata questa campagna, il suo successo – da solo – esige il mio rispetto per la sua abilità e perseveranza. Ma il fatto che ci sia riuscito dando ispirazione alla speranza di così tanti milioni di americani, che credevano erroneamente di essere così poco in gioco o di avere una influenza minima sull’elezione di un presidente americano, è qualcosa che io ammiro profondamente e la cui riuscita merita il mio encomio. Questa è una elezione storica, e io riconosco lo speciale significato che ha per i neri e lo speciale orgoglio che deve essere il loro questa notte.

Ho sempre pensato che l’America offra un’opportunità a chiunque abbia l’industriosità per afferarla. Il senatore Obama crede lo stesso.
Ma entrambi riconosciamo, a dispetto del lungo tratto percorso dalle vecchie ingiustizie che un tempo macchiavano la reputazione della nostra nazione e che negavano ad alcuni americani la completa benedizione della cittadinanza americana, che la memoria di ciò ha ancora il potere di ferire.

Un secolo fa l’invito per una cena alla Casa Bianca del presidente Theodore Roosevelt a Booker T. fu considerato come oltraggioso da molti ambienti.
L’America oggi è lontana un mondo, dalla crudele e spaventosa bigotteria di quel tempo. Non c’è migliore evidenza di questo che l’elezione di un nero alla presidenza degli Stati Uniti.

Che non ci siano più ragioni che impediscano a nessun americano di onorare la propria cittadinanza in questa, la più grande nazione sulla Terra.

Il senatore Obama ha ottenuto una cosa grandiosa per sé e per la sua nazione. Lo applaudo per questo e gli offro la mia più sincera compassione per il fatto che la sua amata nonna non sia vissuta a sufficienza per vedere questo giorno. Però la nostra fede ci assicura che ella riposa in presenza del nostro creatore così orgogliosa del buon uomo che ha aiutato a crescere.

Il senatore Obama e io abbiamo le nostre differenze e le abbiamo dibattute; e lui ha prevalso. Non c’è dubbio che queste differenze rimangano. Questi sono momenti difficili per il nostro paese. E io questa notte prometto a lui di fare tutti ciò che è in mio potere per aiutarlo a guidarci attraverso le molte sfide che andremo a incontrare.

Raccomando a tutti gli americani che mi hanno sostenuto non solo di unirsi a me nel congratularsi con lui, ma di offrire al nostro prossimo presidente la nostra buona volonta e i più onesti sforzi per scoprire le strade che ci aiutino a trovare i necessari compromessi per stabilire dei contatti fra le nostre differenze, così da aiutarci a ripristinare la nostra prosperità, difendere la nostra sicurezza in un mondo pericoloso, e lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti un paese migliore di quello che abbiamo ereditato.
Qualunque siano le nostre differenze, siamo tutti (compagni) americani. E per favore credetemi quando dico che nessuna comunanza ha avuto un significato maggiore per me, di essa.

È normale. È normale, questa notte, essere delusi. Ma domani dobbiamo superare la delusione e lavorare insieme per fare sì che il nostro paese ricominci a progredire.

Abbiamo lottato, abbiamo lottato con tutta la nostra forza. E anche se non ce l’abbiamo fatta, il fallimento è mio, non vostro.
Sono così profondamente grato a tutti voi per il grande onore del vostro sostegno e per tutto ciò che avete fatto per me. Avrei sperato in un risultato diverso, amici.
La strada era difficile sin dall’inizio, ma il vostro sostegno e la vostra amicizia non è mai venuta a mancare: non posso esprimere in modo adeguato il mio profondo debito per voi.

Sono grato in particolare a mia moglie Cindy, ai miei figli, alla mia cara madre e a tutta la mia famiglia, e ai tanti vecchi e cari amici che mi hanno accompagnato attraverso i tanti alti e bassi di questa lunga campagna.
Sono sempre stato un uomo fortunato, ma mai così tanto che per l’amore e l’incoraggiamento che mi avete dato.
Sapete, le campagne elettorali sono spesso più dure per le famiglie dei candidati che per il candidato stesso, ed è stato vero in questa campagna.
Tutto ciò che posso offrire come compensazione è il mio amore e la mia gratitudine, e la promessa che i prossimi anni saranno più tranquilli…

Ovviamente sono anche molto grato alla governatrice Sarah Palin, una delle migliori attiviste (elettorali) che abbia mai visto, e una impressionante nuova voce nel nostro partito al servizio delle riforme e dei principi che sono sempre stati la nostra forza; suo marito Todd e i loro stupendi cinque figli per la loro instancabile dedizione alla nostra causa, e per il coraggio e la generosità mostrate nella durezza e nella confusione di una campagna presidenziale.
Guardiamo con estremo interesse al suo futuro servizio per l’Alaska, per il Partito Repubblicano, e per il nostro paese.

A tutti i compagni della mia campagna, da Rick Davis, Steve Schmidt e Mark Salter, fino all’ultimo volontario che ha lottato duramente e valentemente mese dopo mese, in quella che in alcune circostanze è sembrata la campagna più combattuta dei tempi moderni, grazie davvero. Un’elezione persa non conterà mai, più del privilegio della vostra fede e amicizia.

Non so, non so, cosa avremmo potuto fare di più per provare a vincere questa elezione. Lascerò questa valutazione ad altri. Tutti i candidati fanno degli errori, e io sicuramente ho fatto la mia parte di essi. Ma non passerò un solo momento in futuro per rimpiangere ciò che sarebbe potuto essere.

Questa campagna è stata e sarà il più grande onore della mia vita, e il mio cuore è pieno di nient’altro che gratitudine per questa esperienza, e per il popolo americano che mi ha concesso questa tribuna prima di decidere che il senatore Obama e il mio vecchio amico Joe Biden avrebbero avuto l’onore di guidarci per i prossimi quattro anni.
Non sarei un americano degno di questo nome se mi lamentassi con la sorte che mi ha concesso lo straordinario privilegio di servire questo paese per mezzo secolo.

Oggi ero candidato per il più alto ufficio della nazione che amo così tanto. E stanotte rimango al servizio di essa. Ciò è un benedizione sufficiente per chiunque, e ringrazio il popolo dell’Arizona per avermi accordato questa possibilità.
Questa notte, più che in ogni altra notte, conservo nel cuore nient’altro che amore per questo paese e per tutti i suoi cittadini, che abbiano sostenuto me o il senatore Obama. Che abbiano sostenuto me o Obama.

Auguro le migliori cose all’uomo che era il mio avversario e che sarà il mio presidente. E chiedo a tutti gli americani, come ho spesso fatto durante questa campagna, di non disperare delle nostre presenti difficoltà, ma di credere – sempre – nella promessa della grandezza dell’America. Perché niente è inevitabile, qui.

Gli americani non si dànno mai per vinti. Noi non ci arrendiamo mai.

Noi non ci nascondiamo mai alla storia. Facciamo la storia.

Grazie, Dio vi benedica e Dio benedica l’America.
Grazie, grazie davvero.

A blog unificati

FINITA!!!

5.06
CNN e Fox annunciano. Fatta. La diretta chiude, e tutti se ne vanno. Si festeggia in Piazza Navona fra 5 ore.

5.01
Il povero Luca (Peretti) mi telefona da Londra: gli hanno staccato internet nel momento culminante dell’attimo suadente e non ha altra scelta che chiamare l’Italia… l’ho rassicurato!

4.49
E Virginia. Si vocifera che McCain stia per andare a annunciare la sconfitta.

4.44
Se siete svegli e online, guardate ll’apertura di Drudge Report.

4.38
Qui più d’uno s’è addormentato sulla sedia: è un bel vedere, se ci pensate.

4.22
Che è tutta ‘sta gente che se ne va? Nono, qui si sta svegli, e poi alle 10 in Piazza Navona a festeggiare con gli americani in Italia.

4.16
Questa cosa va bene solo se non è una scusa vigliacca per andare a dormire.

4.02
Mi scrive Fabio da Chicago: “Mi e’ passata davanti la carovana di obama”, credo traspaia l’emozione.

4.00
Prende la parola Veltroni, applauditissimo.

3.57
New Mexico, era un altro swing state.

3.38
Poi dicono la scaramanzia, qui dietro, un poco infrattati dietro a dei pacchi e una porta a vetri, ho intravvisto i cannoni sparacarta, quelli che usano quando le squadre di calcio vincono i mondiali o la Champions League…

3.32
Ohi-o.

3.16
A proposito di Walter Veltroni, Daniele Mazzini è andato via (vile!) dicendo che qualcuno gli aveva rubato la giacca, e ce l’ha descritta nel caso l’avessimo trovata: è stranamente identica a quella che ha ora indosso Veltroni…

3.13
Ma perché Veltroni saluta tutti, stringe la mano a tutti, abbraccia tutti, chiama per nome tutti, conosce tutti… tranne me?

3.07
La CNN ha chiamato la vittoria di Obama in Pennsylvania e New Hampshire che, come dicevano tutti, sono gli unici stati che 4 anni fa erano democratici e potevano essere repubblicani. Ora si passa all’attacco! Ohio, Virginia e Florida. Due di questi e è praticamente fatta.

3.00
Alle 3 in punto, 2% scrutinato, in Pennsylvania è 70 – 30 per noi.

2.58
La cosa più stupefacente qui al quartier generale del PD per una notte, è che c’è un Cheese Cake decent, che è molto più che decente, e gratis.

2.46
Sulla CNN fanno vedere Grand Park a Chicago, Fabio è lì, ed è gasatissimo.

2.39
Davanti a me c’è una maglietta di spalle con scritto “Anglosassi: gente che andava nuda a caccia di marmotte mentre noi già si accoltellava un Giulio Cesare”.

2.24
Il Miami Herald, che di Florida dovrebbe intendersene, prevede la vittoria di Obama di 2 punti nello stato.

2.21
Sì, sì, lo so, ma è solo per farci una risata: finissero ora gli scrutini (allo 0.poco %) il Texas sarebbe blu.

2.16
Su tutti i voti scrutinati fino a ora, che sono pochi, Obama è in vantaggio 4 milioni a 3.5 milioni. Una differenza notevole.

2.02
Si è unito a noi anche Sergio, compagno di tante nottate obamiane. Però non scrive nulla, s’è già addormentato come al solito?

1.56
Al 10% degli scrutini, Obama avanti di dieci punti in Florida. La Florida sarebbe un macigno.

1.51
Hanno annunciato l’exit poll CNN favorevole in Pennsylvania, Ohio, e Florida. E’ scattato l’applauso collettivo. Calma, calma!

1.32
Se non avete la smania da click ogni minuto, la cosa migliore è seguire la banda in alto sullla home del NYT. Ma lo so che è inutile e ce l’abbiamo tutti, la smania…

1.26
Francesco aspetta la Florida, e fa bene perché conta tantissimo. Ci sono i primissimi dati che danno in vantaggio McCain, ma è meno dell’uno percento.

1.20
Arrivato Veltroni.

1.16
Infatti purtroppo ora è davanti McCain, in Indiana. Il New Hampshire sembra nettamente in vantaggio Obama: più o meno si sapeva, ma bene.

1.04
Obama davanti nella prima proiezione sulla Virginia: è il primo stato in dubbio. Dài

1.02
Primo vero exit-poll CNN, dà Vermont a Obama e Kentucky a McCain, entrambe cose scontate.

00.52
Paolo Virzì è dei nostri.

00.46
Ci è cascato anche Luca.

00.33
Non esultate, quel dato che vedete sulla CNN a proposito dell’Indiana con Obama in vantaggio di dieci punti, è con l’1% delle sezioni scrutinate. L’Indiana quasi certamente andrà a McCain come diceva il primo exit-poll, e come dicevano tutti all’inizio. C’ero cascato, io.

00.02
Ci ha intervistato Rai 3, Daniele ha parlato di Obama. Ovviamente, da buon bastiancontrario, avrei detto tutt’altre cose. Qui finché non arrivano i dati, monta l’angoscia…

23.33
Mi racconta mio padre che nella circoscrizione dove hanno votato lui e mia nonna (Cambridge, quella di Harvard – Boston), non ci sono nemmeno candidati repubblicani per la Camera dei Rappresentanti o per le entità di governo comunale, tanto è scontata la vittoria democratica. Per sottolineare l’inutilità del suo voto, ha aggiunto:

Non credo nel’Apocalisse, ma comincerei a crederci seriamente se il Massachussetts votasse McCain…

23.25
Valter esulta per la spilletta anche a Franceschini. Forse sarebbe meglio concentrarsi sull’America, ma non ci sono notizie.

22.52
Raccolgo una parola da chiunque sia in maglia arancione, solo loro hanno diritto di parola, una e una sola parola:
Barbara: arancione
Daniele: ammeregani
Corrado: meglio
Valter: casino
Umberto: insieme
Carlo: moscia
Estella: nottata
Tatiana: bello
Gaetano: vittoria
Io: fatica.

22.37
Qui ha parlato l’ombra del ministro ombra degli esteri del PD, quello italiano sempre, a cui è stata poi consegnata la spilletta ufficiale del Circolo Barack Obama: vediamo se la porta a Porta a Porta!

21.58
Siamo provvisti delle magliette di ordinanza cosicché una coppia di americani ci si è avvicinata per chiedere notizie sui primi dati, abbiamo spiegato loro che di tempo ceneddavenì: «oh, the time zone!».

21.46
Siamo qui a Piazza di Pietra con gli effettivi del PD Obama (quello italiano, presto arriveranno le foto), fino a ora facevano vedere Roma-Chelsea; al gol della Roma c’è stato un boato – ho pensato che fosse arrivato il primo exit-poll illegalissimo che dava in vantaggio Obama, invece Panucci…

Qualcuno di noi c’era davvero a scuola, otto anni fa quando sgattaiolò in sala informatica per cercare di capire se avesse vinto Bush o Al Gore, era già mattina inoltrata. Questa volta speriamo che le notizie arrivino prima, e soprattutto che siano belle notizie, notizie nuove. Se non come compagni di classe, viste l’età differenti, come compagni di scuola. Una scuola globale perché quello che succederà stanotte, condizionerà il globo per i prossimi quattro anni, così – chi da Milano chi da Roma, chi da Venezia o da Chicago, chi da Parigi o da Londra, chi dal quartier generale del PD o da una piazza in Illinois – faremo una diretta a blog unificati sin dalle 22 di questa sera.

A rimbalzarci commenti, opinioni, speranze e prospettive su CiwatiDistanti SalutiFrancesco CostaGiuseppe VeltriiMilleIvan ScalfarottoMarta MeoOdisseoil Primo CerchioWittgenstein: come direbbe Obama, una comunità!

Due su due

Un giusto articolo dell’Indipendent, sottolineo due passaggi: uno, come si diceva qui, in cui si celebra la capacità posseduta da Obama di dare il proprio meglio nei momenti più difficili (la dote più importante per un presidente?):

Over the past two gruelling years, we have learnt a great deal about Mr Obama. He is formidably intelligent. Unlike the “tested” Mr McCain, he did not become rash or flustered at difficult moments. The three candidates’ debates showed he is poised and collected under pressure. It was said of Franklin Roosevelt, one of America’s very greatest presidents, that he had a second-rate intellect but a first-rate temperament. On all the available evidence, Mr Obama is top class in both departments.

E quest’altro, la chiusa, che commenta sé stessa:

What is certain is that Mr Obama provides excitement, a desperately needed jolt of political electricity. If he is elected, America will instantly be seen in a new light around the world – not just because the unloved George Bush is gone, but because the country has found it within itself to turn to someone truly new, whose astonishing ascent could have happened nowhere else on earth. Only in America.

Chi ben comincia

Distanti Saluti iniziò dieci mesi fa con un endorsment a Obama, con metafora ciclistica e anche piuttosto timido. Nel frattempo siamo diventati meno timidi, Obama ci ha molto illuso e McCain ci ha deluso, è cosa ovvia che la giornata di oggi sia consacrata all’election day, sperando che il Nostro candidato continui a illuderci.

Saremo mica noi, quelli razzisti?

Io l’ho pensato fin dall’inizio che la “questione razziale”, intesa come americani che non voterebbero Obama perché nero, è tanto sopravvalutata. Ammesso che ci siano persone, in America, che odiano i negri – e quante sarebbero? il 3%? il 5%? esageriamo, il 15%?- quanti di quelli voterebbero, bianco o nero, un candidato democratico?

Mi sembra invece il tipico argomento per dire “lo sapevo io”, se andrà male a Obama. Ho sentito più d’uno dire, dirmi «sì, anche io penso che Obama vincerà, però non siatene così sicuri, perché c’è un fatto che non considerate: è di colore»
Ora, a parte che io non dico di colore perché non mi faccio rubare le parole dai razzisti, ma chi è “così” sicuro? È un’elezione, mica un plebiscito. Ma se Obama perderà, come possibile, sarà per molte e più complesse ragione che non quelle del colore della pelle.

Insomma, lo scrivo altrimenti sembra che anch’io voglia millantare un vaticinio catastrofico con i miei due o tre amici obamiani: il fatto che Obama sia nero, semmai, è un vantaggio.

Io l’ho pensato fin dall’inizio, per fortuna lo vedo scritto da qualcun altro:

The usual objection here is that Mr Obama would be doing much better if there weren’t so many racists in America. That, in his own words, too many Americans have been prodded into worrying that he “doesn’t look like all those other presidents on the dollar bills”.

I’ve been through this argument before. The main problem with it is that it has the question about Mr Obama’s race almost precisely the wrong way round. In fact his skin colour has assisted, not hindered, Mr Obama in making the case that he represents change.

Gerard Barker, Time.