E. E.

Allora, extraterrestre, dallo spazio, la solita storia. Arriva qui, e noi gli spieghiamo.

VITA E MORTE
I cattolici sono (fra) quelli che credono in Dio; credono – in vari e diversi modi – che c’è una vita dopo la morte. Credono anche che questa vita successiva, se meritata, sia mirabilmente migliore di quella che viviamo qui.
Quindi li si dovrebbe ritenere più inclini a considerare prossimo al ridicolo il valore di questa vita, tantopiù che morire prima significa traslocare nel luogo più bello, nei pressi del Creatore.

Muore giovane colui che è caro al Cielo. (Menandro)

I non credenti, al contrario, sono persone che – in genere, si semplifica per l’extraterrestre – credono che la vita finisca dopo la morte. Quindi che abbiamo solo questa, e prima e dopo c’è il niente. Perciò anche una vita brutta terribile e noiosa dovrebbe essere enormemente meglio che niente, il Niente.
Ovviamente si può anche prendere in considerazione l’ipotesi, che il proprio non esistere sia migliore dell’esistere. Condizione rara, inauspicabile, ma non inammissibile, considerato che – qualunque sia il caso – a un certo punto il bus si ferma.

Non prendere la vita come una cosa seria, tanto – comunque vada – non ne esci vivo. (Hubbard)

LIBERO ARBITRIO
I cattolici sono quelli che pensano che siamo al mondo per compiere l’opera del Signore in Terra. Alla fine dei giorni Dio (la Verità) giudicherà tutti in base al modo in cui ognuno ha usufruito del proprio libero arbitrio. Il Libero arbitrio è quello che fa di un uomo una vera persona e non un burattino. Dio potrebbe tutto, ma decide di non mandare in opera la sua onnipotenza, così da mettere alla prova il genere umano, individuo per individuo: questa è la ragione per cui a tutti i farabutti del mondo è permesso di compiere il male che ci circonda, le vittime saranno ricompensate nella vita futura.

Se Dio esiste dovrà chiedermi perdono (Anonimo su un muro di Auschwitz)

I non credenti sono quelli che, assumendo la non presenza di una Verità assoluta, e quindi l’assenza – ora domani o fra due milioni di anni – di un’Entità giudicante, cercano in alcune convenzioni sociali e umane la via per abitare degnamente questo pianeta. Fra queste ci può essere quella di impedire a una persona di commettere il male, in nome del bene comune. Il metro di questo giovamento non può fondarsi su pretese ricompense successive che il non credente non ammette, né sulla paura che la non osservanza di patti sottoscritti con un’entità non riconosciuta (l’Autorità) possa danneggiare una vita alternativa all’unica creduta dal non credente.

Se esiste una specie di Dio capace di condannarmi perché non ci ho stretto un patto: pazienza! Non ci tengo a passare l’eternità in compagnia di uno così. (McCarthy)

COSCIENZA
Per Dio contano le intenzioni: non quello che uno combina, ma la coscienza di chi le commissiona a sé stesso o ad altri. Quindi non ha alcun senso cercare di impedire un peccato, bisognerebbe semmai tentare di cambiare l’idea alla persona in questione: sia a priori che a posteriori (la rivoluzione del perdono). Invece costringerla ad agire, o impedirle di fare ciò che un credente ritiene sbagliato è in contrasto con gli assunti della propria fede per due ragioni: Dio guarda la coscienza e non l’effetto, così si detrae un individuo del proprio libero arbitrio.

È dell’uomo desiderare che anche gli altri gioiscano del bene di cui noi gioiamo, non di costringere gli altri a il nostro modo di pensare. (Spinoza)

QUINDI
Perché sbaglia, il povero extraterrestre, a pensare che – giusto o meno, sacro o meno, mezza vita o morte – sia in contraddizione con ogni cosa dire a una famiglia che la vita della loro figlia appartiene più alla nostra idea di lei che a essa (la famiglia), e – per quelli che ci credono – al giudizio del Signore?

Perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore (Cristo)

E IO
Sai che c’è? A me la vita piace tanto, non perché c’è ma per le persone che ci stanno dentro. Se io ci dovessi capitare, perché dovrebbe decidere la parte rimasta di me, anziché tutti loro? Se dovesse capitare a me, decidano le persone che hanno fatto la mia vita, e non io che l’ho solo vissuta.

La vita è un dono meraviglioso. Vi assicuro che l’ultima cosa che farò sarà morire! (Benigni)

Sono degli stronzi

Non riesco a trovare altre parole. E dei farabutti.

Prima di venire qua in Palestina facevo una piccola cosa, un paio di volte a settimana, che era insegnare italiano agli immigrati. Chi mi conosce sa quanto sia rompipalle sulla lingua, quindi diciamo che insegnarla era la naturale prosecuzione della mia noiosità. E mi divertiva molto. I posti erano pochi, sono pochi, una quarantina che diventavano sempre settanta, con la gente che stava in piedi, solo per seguire queste lezioni gratuite che io – e molti altri bravi insegnanti improvvisati – tenevamo. C’era anche gente che non entrava, perché fisicamente non c’era spazio, e così anche un’ora e mezza prima della lezione (un’ora e mezzo!!!) c’era una fila di persone che stava lì ad aspettare soltanto per riuscire a entrare nella struttura, e poter imparare un po’ d’italiano, primo strumento per cominciare una nuova vita. Vedere quella fila di gente in attesa era il miglior anticorpo a quella scemata secondo cui gli stranieri non hanno voglia di lavorare: io, la voglia di fare un’ora e mezza di fila, non l’avrei avuta.

C’erano molte piccole soddisfazioni, come potete immaginare: quando qualcuno tornava dopo settimane a dirci “ho trovato lavoro come giardiniere”, oppure quando per Natale mi regalarono un sacchettino con qualche caramella e una scatola di gessi. Lì c’erano persone che avevano fatto viaggi incredibili, avevano bevuto la benzina per non morire disidratati, avevano rischiato di esser ammazzati per la loro fuga, in giro per tutto il mondo. Eppure, nonostante avessero visto (o forse proprio per questo) tutto il male del mondo, coprivano l’insegnante di una gratitudine per quel paio d’ore spese per loro, davvero commovente.”Grazie maestro”, la prima cosa che tutti volevano saper dire.

C’era una cosa molto importante che ricordavamo sempre, a ogni lezione: «mi raccomando, se state male potete andare in ospedale, anche se non avete i documenti». E se vedevamo qualche faccia dubitosa, si rimarcava il concetto: «le cure mediche – in Italia – sono assicurate a tutti, e nessuno può chiedervi nulla né tantomento rispedirvi al vostro paese».
Molti degli studenti, quando dicevo questa cosa, si stupivano e gli si leggeva sul sorriso la contentezza per essere arrivati in questo Grande Paese civile.

Ecco, uscivo di lì e – come pochissime volte mi è capitato – ero davvero orgoglioso di essere italiano.

L’ateismo NON è una religione

Mi sapete un tipo piuttosto equilibrato, credo, sulla gran parte delle questioni. Permettetemene una, quindi, e cioè di bandire da questo blog una fesserìa che proprio non riesco a reggere: quella storia per cui l’ateismo sarebbe «un’altra religione». Arrivo fino a capire, con tanti distinguo, che si possa estendere la definizione di “religione” a un’ideologia, il comunismo è l’esempio più comune, perché può portare con sé un’adesione fideistica propria delle religioni. Ma l’ateismo è, per definizione, valido fino a prova contraria.

Ancor più inspiegabile è che spesso arrivino a definire l’ateismo come una religione, coloro che in Dio ci credono davvero, e che quindi dovrebbero avere un’alta opinione del concetto di religione, e non usarlo come categoria screditante il pensiero altrui.

Secondo me, come ascoltai una volta: «definire l’ateismo una religione è come definire il non collezionare francobolli un hobby». Non so se era sua, ma aveva ragione.

Della differenza fra stelle e strisce, e stivali

p.s. Ma davvero il traduttore della Rai ha detto “perseguire una piena misura di felicità”? Cioè, capisco che il lavoro di traduttore simultaneo è un compito ingrato, e che sul momento venga più automatica una traduzione letterale. Ma cavolo, la Dichiarazione d’Indipendenza l’avrai studiata un milione di volte.

Se non ho capito male

Mi era stato rimproverato, e mi ero rimproverato, di non aver parlato della politica italiana. Meglio dice, non è quella l’emergenza, è qui, lì dove stai tu. E sì, difatti è qui l’emergenza della laicità, e del sorriso di tante donne. Però, proprio su Eluana Englaro, sulla vicenda della quale mi ero intestardito a non cercar le parole per scrivere, Adriano Sofri ne ha scritte di molto migliori di quelle che avrei potuto scrivere io, impegnandomi:

Gentile Davide Rondoni, un suo fondo sull’Avvenire di sabato addebita a me e ad altri, a proposito del destino di Eluana e dei pronunciamenti del ministro Sacconi e del cardinal Poletto, d’esser mossi dal “livore”. Ci ho pensato, e non mi riconosco affatto in questo pessimo risentimento. Né in genere, né in particolare. Apprezzai convintamente il cardinal Poletto quando disse cose che mi sembrarono, oltre che giuste, coraggiose. Dissento da lui in questa. Non provo livore verso i credenti e la chiesa, i suoi uomini e le sue donne. Nemmeno verso di lei, che pure impiega parole molto spinte. Provo a illustrarle una differenza incisiva fra noi due, se non mi sbaglio. Se io incorressi in una condizione come quella di Eluana e di tante altre persone, vorrei con tutto me stesso essere esentato, ed esentare le persone che amo, dall’alimentazione forzata. Questa mia rigorosa convinzione non mi potrebbe mai indurre a esigere e neanche a suggerire un desiderio e una scelta analoga a chicchessia. Per esempio a lei, se dovesse un giorno trovarsi in quella condizione. Invece lei, se non ho capito male, non si accontenta di difendere una scelta opposta per sé e per chiunque la condivida, ma vorrebbe estenderla a me. Per questo dissento da lei, e anzi ho un po’ paura. Non livore: un po’ di paura.

Equivicinanze

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Quando l’ho visto m’è preso un colpo: ma la pubblicità del PD in cima alla pagina di Repubblica.it non sembra anche a voi – tutto quel verde, e la striscia in testa – un tizio di Hamas con la classica fascia con scritto “Allahu ahad Muhammad Rasulullah”?

Oltre lo specchio

David Grossman è una persona con cui è difficilissimo, quasi impossibile, essere in disaccordo. Anche se parti dal pensare di avere ragione, e lui torto, alla fine riesce sempre a convincerti del contrario.
Ha scritto un paio di giorni fa un articolo per Haaretz, poi tradotto da Repubblica (il titolo italiano è del tutto inadatto), con il quale sono d’accordo su ogni parola:

Parlare, perché ciò che è avvenuto nelle ultime settimane nella striscia di Gaza ci [agli israeliani NdDS] pone davanti a uno specchio nel quale si riflette un volto per il quale, se lo guardassimo dall’esterno o se fosse quello di un altro popolo, proveremmo orrore.

C’è un altro articolo, di Martin Bright su New Statesman, che ben fotografa quello che penso io, specialmente in questa frase:

But even if you accept, as I do, that Hamas represents a strain of totalitarian Islamist thought akin to fascism, what happened in Gaza cannot be justified. Even if you accept, as I do, that Hamas must be defeated as a military force, this was not the way to go about it. Even if you accept, as I do, that Hamas used women and children as human shields, this does not mean that the terrorist organisation[*] should take the entire blame when Israeli weapons kill innocents.

* Pure io pensavo fosse un errore, invece in Inghilterra – ho imparatoanche se censurato da alcune grammatiche si può scrivere con la “s”.

…and non-believers

Credo che questo sia l’unico video che abbia mai visto in cui il tempo per cui ho riso è stato maggiore del tempo di esecuzione del filmato. È una scemata di 5 secondi, eh. Quello lì è Warren, il pastore scelto (poco pacificamente) da Obama, appena prima del giuramento:

>Source: 1<

Obama

Oggi non ho commentato il discorso, come si faceva da un anno a questa parte per tutti i discorsi, perché in tutta Betlemme è saltato l’unico provider che c’è, quindi dalle 2 di pomeriggio alle 11 locali non c’è stata connessione. Per fortuna una TV amica è stata sintonizzata su un BBC (vi immaginate Obama doppiato in arabo su Jazeera?) pescato chissà dove, così mi sono potuto gustare tutta la cerimonia e tutta l’emozione.

Perciò ho smaltito tutti i commenti internettici solo a notte fonda. La cosa che mi ha colpito è che tutti in rete citano parti diverse, non c’è una parte che non abbia letto da qualcuno, e mi sto domandando se vuoldire che sia stato un discorso tutto bellissimo, o un discorso piuttosto normale in cui ognuno ha ramazzato quello che gli piace di più.

In ogni caso è un bel giorno, di tutti.