SUICIDE BICYCLE – Diario dalla Palestina 135
Preparatevi ad ascoltare la storia più assurda del mondo. Più assurda dell’incidente con il matto + incontro con sanità palestinese? Peggio, molto peggio. Calmi. Tranquilli. Ben adagiati sulla sedia.
Ora lo sto scrivendo, domani lo pubblicherò: ho paura di non crederci più, domani, da quanto è incredibile.
Antecedenti: i miei giorni liberi sono il lunedì e il mercoledì, che sono i giorni in cui non lavoro con i bambini, l’insegnamento dell’italiano non l’ho ancora ricominciato, né ho cominciato il monitoraggio ai check-point. Quindi o di lunedì o di mercoledì, spesso, vado a Gerusalemme. A fare compere, a fare un giro, a prendermi una birra (che a Betlemme è più difficile trovare).
Ho una bici. Avevo una bici. Questa bici multa per aequora è il mio mezzo in Palestina. Ed è anche stata protagonista di varî aneddoti, ma questo supera qualunque cosa: altro che aequora!
Quando vado a Gerusalemme vado con la bicicletta. O meglio, d’estate andavo in bici, ora è troppo freddo, e allora mi faccio quel paio di chilometri che separano casa mia dal check-point in bici, supero il check-point e lego la bici in fondo a una discesetta. Ho chiesto un paio di volte ai soldati dove metterla, una volta mi hanno detto «dove vuoi», un’altra mi hanno detto «lì», indicando una specie di ringhiera. Così è lì che la lego sempre. Faccio così perché superare il check-point in bicicletta anziché a piedi è molto più facile, quando c’è fila. Certo, le macchine impiegano molto più tempo a essere controllate, però quando sei in bici non fanno nessuna perquisizione cosicché posso passare avanti a tutti senza arrecar loro nessun danno, faccio vedere il documento ai soldati, loro di solito manco mi guardano, e delle volte non devo neanche fermarmi. Passarlo a piedi invece è molto più complesso, varî metal detector, e se c’è fila bisogna aspettare.
***
Stasera tornavo a Betlemme dopo la giornata a Gerusalemme, e arrivato a un mezzo chilometro dal check-point vedo una fila bella lunga. E lo spiazzo di fronte al parcheggio completamente libero. Fanno così quando pensano ci sia una bomba. Mi era già capitato una volta in autostrada, si aspetta, e poi si riparte.
Però con me ho la mia macchina fotografica, e decido di scendere per vedere quel che succede, e fare un po’ di foto da lontano (perché i soldati non sono mai contenti che li si fotografi): chissà, mi dico, magari interessa a qualcuno dei miei amici vedere cosa fanno quando pensano ci sia una bomba.
Questo è lo scenario che mi si presenta. Ancora non so a cosa sto andando incontro:
Mi avvicino e vedo dei mezzi militari che non ho mai visto in vita mia, uno è un antimine, si riconosce da degli aggeggi che ha sopra, altri non so. Così mi avvicino, penso: accidenti dovrò aspettare, non posso neanche fare il giro lungo da Beit Jalla perché la mia bici è nella zona bloccata. Così mi avvicino.
Mi avvicino ancora, ora sono quasi al bordo del cordone di polizia dove i curiosi si affacciano, e vedo una cosa stranissima, incredibilmente simile ai robottini che si vedevano in certi cartoni animati; questo robottino sta attorno a un oggetto metallico, in mezzo alla strada, con delle cose che sembrano braccia (poi scoprirò essere bocche di fuoco). In quel momento cerco con gli occhi, in lontananza, la mia bicicletta. Non c’è. Volto lo sguardo di quel poco per focalizzare sull’oggetto metallico e: «oddio… quella è LA MIA BICI!!!».
Per un attimo penso: “Che ho fatto?”. Un dubbio di colpevolezza che potrebbe venire solo in questa maledetta situazione fra israeliani e palestinesi, ché qualunque cosa tu faccia potrebbe essere sbagliata, e tanto basta per farti stare sempre sulle spine: avrò fatto qualcosa di male? Qualcosa che non si può?
Poi penso che no, non c’è nulla che abbia fatto di male, nulla che non abbia fatto le altre volte. No, non era oggi che mi era caduta una penna dalla tasca alla sbarra del check-point. Non era oggi che sono passato e quella al check-point m’ha richiamato per un altro controllo. Ripeto a tutti i soldati che mi dicono «non puoi passare», «that is my bicycle!!!», tutti hanno una faccia stupitissima, e mi lasciano passare. Intanto che mi avvicino alla bicicletta penso: ecco, è la volta buona che qualcuno ha cercato di rubarmela, so che tutti i lucchetti sono “rompibili”, con del tempo da perdere. Ho sempre questa paura quando torno dalla mia bici, di non trovarla più. Mi succede anche con il motorino, a Roma. Eppure non mi hanno mai rubato né la bici, né il motorino. Penso: qualcuno avrà provato a rubarla, sarà arrivato un soldato e quello è scappato. Poi pensando chissà che cosa fosse hanno fatto dei controlli.
Sono sulla bicicletta. I soldati intorno a me non dicono nulla. La vedo, la tiro su, dal mezzo della strada, e mi prende un colpo: la vedo perforata di proiettili. E vedo i proiettili per terra. A quel punto, in un attimo penso davvero di tutto: penso al tassista con cui mi sono lasciato a male parole qualche settimana fa – mia sorella mi aveva domandato «ma non hai paura che si ricordi di te?». Penso a qualunque cosa.
Riappoggio la bici dove stava prima, voglio chiedere ai soldati se hanno visto il lad… in quel momento faccio due più due, vedo la bici, vedo i proiettili per terra, vedo quel robottino che cammina in mezzo alla strada, mi volto verso quello che capirò essere della squadra anti-bombe e con una faccia che doveva essere sconvolta, a mani congiunte, esclamo: «what have you done?!?». Quello mi guarda, non parla inglese, forse è russo, dice solo: “security”.
Questo è l’aspetto che ha la bici quando la riappoggio alla ringhiera: il cerchione è divelto, e la ruota davanti ha un buco largo metà spessore, quello dietro sembra solo scheggiato in punta ma la camera d’aria dentro è come se non ci fosse più. Il telaio ha tre buchi di una larghezza incredibile per dei proiettili, e sembra bucato come fosse gomma. Il lucchetto, mi avevano assicurato fosse resistentissimo, è completamente scardinato (dovevo inventarmi che chi me l’ha venduto abbia detto “resiste anche all’esercito israeliano”, no?):
Queste sono i bossoli dei colpi che raccolgo da per terra, mi domando come un coso del genere possa fare tanto, ma suppongo sia normale:
Tutti quelli che arrivano lì fanno quelli molto incazzati, quando gli dico che un loro collega mi ha detto che la potevo mettere lì, che se lo vedo in faccia so dir loro qual è, che è da quest’estate che metto la bici lì una volta a settimana, si zittiscono e l’unica cosa che riescono a dire è “security”.
La cosa assurda è che la bici non era vicino al check-point, cioè era oltre il parcheggio delle macchine (e mi pare più probabile, o almeno più provata una “autobomba” che una “bicicletta bomba”).
Gli dico che sono completamente matti, e ora che cosa faccio con questa bici? È completamente inutilizzabile. Il tipo russo dell’antimine, sembra Homer Simpson bianco bianco, mi dice che non mi devo preoccupare che mi ridaranno i soldi.
Così mi danno questo foglio, scritto solo in ebraico e in arabo e compilato in ebraico dicendomi che devo portarlo in un posto a Gerusalemme, per farmi ridare i soldi. Un modulo tipo standard, in carta copiativa gialla: certo non è da tutti i giorni avere un modulo dell’antiterrorismo.
C’era poco più in là un soldato che avevo visto un paio di volte, lui mi dice “you can dream”, cioè i soldi te li sogni. Io sono veramente curioso di questa cosa, perché potrebbe essere un buon esempio di come funzionino le cose in Israele. Sono pazzi scatenati con la sicurezza (e per molti versi è comprensibile) e sanno di esserlo, o sono pazzi e non se ne rendono conto? Perché ho avuto racconti in tutti i sensi, cioè persone a cui l’esercito ha detto “per ragioni di sicurezza ti dobbiamo tirare giù la casa, porta fuori la tua roba”, ma poi gli hanno dato il doppio dei soldi, oppure altre volte che se ne sono proprio fregati dicendo solamente “security”.
Certo, si trattasse di una macchina sarei più in pensiero per i soldi, ma così sono proprio curioso di sapere se mi ridaranno ‘sti soldi. Se me li dànno devo organizzare qualcosa, magari una cena offerta con quei soldi solo a chi raggiungerà il risorante in bici. Vi terrò informati.
È finita che ho saputo che avevano chiuso il check-point e tenuto la gente bloccata in fila per due ore (DUE ORE!) dopo che la bici era lì da forse 8 (quindi per 6 ore non aveva costituito un pericolo, poi sì). E non era stata un pericolo tutti gli altri lunedì/mercoledì in cui ero andato a Gerusalemme/Tel Aviv/etc e l’avevo lasciata esattamente nello stesso posto.
L’unica ipotesi che ho fatto è che sia passato di lì un grande capo della sicurezza, e qualcuno animato da uno zelo diverso da quello da quest’estate a qui ha pensato furbescamente: “Facciamogli vedere come siamo efficienti”. Magari mancavano i soldati che mi avranno visto passare mille volte, e così hanno chiamato tutto l’ambaradàn.
Il tassista che mi riaccompagna a casa, con la bicicletta nel bagagliaio (la mia nemesi, proprio ieri facevo ironia sul fatto che i tassisti si fermassero per me anche quando ero in bici: cosa pensano che voglia montare sul taxi con la bici? Ecco, me lo merito), mi ha detto che oggi devo andarlo a raccontare alla TV palestinese.
p.s. Mi è venuto in mente il colmo di tutto ciò: chi mi ha dato la bici, me l’ha data con una catena incastrata sul manubrio perché aveva perso la chiave: è ancora lì, perché non ho mai trovato come toglierla, e me ne ero comprata un’altra. Una volta avevo chiesto a un soldato se potevano tagliarla loro e questo soldato mi aveva risposto: «non abbiamo niente per farlo».
A parte il fucile, s’intende
non ci posso credere!!!
ma questi sono davvero pazzi…
comunque a questo punto mi sa che è meglio che ti arrangi con un monopattino “sempre che non lo scambino per un missile” … stammi bene!!
incredibile.
mi ha fatto venire in mente questa puntata di Scrubs, c’è la sparatoria e un muro, per il resto c’entra poco.
http://www.youtube.com/watch?v=w85HLfbZCHg
Beh, anche Giovanni, se dovesse scegliere fra muro e bicicletta, sceglierebbe la bicicletta. Ne sono sicuro.
Magari non ora
le immagini mi fanno davvero paura. una paura mai provata perché non sono mai stata in territori di guerra.
ti abbraccio, nel ricordo di quando, a Roma, mi portasti dall’ufficio a casa, zigzagando nel traffico prenatalizio di qualche anno fa…
cavolo! mi dispiace e adesso come farai a muoverti..ne prenderai un’altra con il rischio che faccia la stessa fine??
Che brutto mondo! ho una figlia della tua età e mi chiedo come fara tua madre a dormire sonni tranquilli (?) sapendoti lì….
io che ho a che fare con la ‘homeland security’ ti capisco e solidarizzo
hai la piena solidarietà mia, che son un cicilista estremissimo.
povera bici
Onestamente non comprendo cosa ci sia di tanto assurdo e incredibile. Sorvegliare un check-point di questi tempi in Israele non deve essere proprio come lavorare al casello autostradale di Roma-Sud.
Tu racconti che non hai fatto altro che attenerti agli stessi comportamenti ai quali ti attieni da mesi. Non fa alcuna differenza.
Si nota un oggetto (o una persona) e, a differenza di altri giorni o di altre persone, lo si percepisce come “sospetto” quando i nostri sensi sono allertati o “sensibilizzati” a farlo.
Non e’ necessario un grosso capo della sicurezza, basta magari un messaggio dal comando arrivato due ore prima: “In campana!”.
Ognuno di noi e’ in grado di interpretare diversamente la stessa situazione in tempi diversi e di comportarsi in maniera assai diversa. Lo sa bene chi ha un bambino piccolo: quando e’ ancora nella culla basta il minimo presentimento per accorrere a controllare che sia ancora vivo nel suo letto, quando sara’ piu’ cresciuto e le nostre paure ridotte, dovra’ urlare per richiamarci dal sonno.
La risposta poi, in una condizione cosi’ particolare come un check-point in tempi di guerra, sara’ ancor piu’ frutto di un mix di procedure di sicurezza codificate e aggiornate e reinterpretate in ogni momento, ragionamenti personali in condizione di stress psichico, condizionamenti ambientali e via dicendo. Muoiono in questo modo decine di persone ogni anno, in tutto il mondo, pensa se non puo’ farlo una bicicletta … e a Betlemme per giunta!
Auguri per il rimborso.
Saluti
Solidarizzo e a me è mancato poco di far la stessa fine: bicicletta lasciata di fronte alla questura di Lecce, torno e trovo due poliziotti mano sulla fondina che si aggirano intorno. Mi dicono che la prossima volta che trovano la bici a venti metri dall’ingresso me la forano a pistolettate 🙂
Ne approfitto per farti i complimenti per il blog, davvero interessante e ben scritto.
ma perchè non essere più diretti e considerarla come semplice oggetto contundente? (giovanni che preso da rancori improvvisi impugna il manubrio e prende a biciclettate la gente!) oppure… una bicicletta chissà … internamente carica di tritolo, minidinamite o altro? magari un giorno la useranno come arma strategica nel prossimo James Bond. rivenditi la storia.
Caro Giovanni,
adesso dovrai andare all’Ufficio Rimborsi Impossibili a Gerusalemme per risentirti dire, come qualcuno di ha già anticipato in altra occasione:
“…zo vuoi”.
Forse non conosci il detto:
Ubi Bomba, ibi Bamba!
….e ora che non hai più la bici, come fai a pedalare?
Saluti pedonali.
Elio & Maria Grazia
Forse i soldati col robottino avranno letto Il ciclista, di Viken Berberian (Minimumfax). un bel romanzo su un bicibomber…
Storia incredibile!
C’e’ una guerra da quelle parti ? Beh, non e’ una situazione “normale”.
Durante la seconda guerra mondiale, in Lettonia c’erano 2 milioni di abitanti e ci sono state 220.000 vittime, tutte civili.
La guerra e’ una brutta cosa, orrenda. Non e’ una situazione normale.
Ciao Giovanni, che storia incredibile!!! Almeno costano poco le bici lì? 🙂 Un abbraccio!
che storia!! 🙂 ma che senso ha sparare a una bici se la si considera un ordigno esplosivo? Per impedirle di scappare? 😀
Che ci sia una guerra in corso a questo nazista ciclista non gliene frega nulla, l’importante è far credere che gli ebrei sono degli assassini e che i terroristi sono vittime. Ma vergognati tu e il tuo rottame!
Di cose (come minimo) senza senso lì ne capitano tutti i giorni!
Per quel che conta, posso soddisfare la tua curiosità su che cosa abbia potuto ridurre in quello stato la tua povera bici: i bossoli che hai trovato a terra sono quel che resta di normali cartucce calibro 12, caricate, invece che con pallini, con un proiettile unico. Evidentemente, i robot-artificeri sono attrezati con armi di questo tipo.
Mah… speriamo.
Oddio, la rima nazista-ciclista è bellissima.
a me è capitata una cosa simile robottino, antimine e cordoni… centrale degli autobus di Gerusalemme: tutto fermo, io che non trovo mio fratello gemello perchè dall’altro lato della stazione non può spostarsi. Uno sfigato aveva aveva lasciato lo zaino…ed è pure tornato a prenderlo dal robottino!….
ora direte…beh uno zaino è più giustificato… eppure il periodo era quello prima della seconda intifada!
Hai ragione, meglio farsi saltare in aria da un terrorista suicida che disturbare la gente con qualche controllo.