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Quando ho visto quello che ha fatto Delio Rossi, l’allenatore della squadra per cui faccio il tifo, mi sono messo quasi a ridere, archiviando il giudizio etico su una cosa così smaccatamente sbagliata da non doverne neanche parlare. Perciò non riesco davvero a credere che ci sia qualcuno che difende ciò che ha fatto Delio Rossi. Pensavo che “un ceffone non ha mai fatto male a nessuno” fosse rimasto nella testa solo a qualche vecchio fascista che il tempo si porterà presto via. Invece leggo di no, leggo del “padre saggio che educa i figli”, “uno scappellotto ogni tanto, per insegnare la disciplina”, “lo sbarbatello impertinente”, e tutte queste cretinate.
Quindi ora dovrei scrivere un lungo post in cui spiego anche a quel vecchio fascista che non solo è sbagliato, ma non funziona neanche (il che non vuol dire che se funzionasse, diventerebbe giusto). Oppure un post breve, in cui provo a mettere dei punti fermi sacrosanti, quasi ovvî, ma questo l’ha già fatto perfettamente Francesco. Un altra possibilità sarebbe raccontarvi di quando ero in Palestina, e di come – lì dove l’educazione violenta è una costante – fosse così tremendamente ovvio quali fossero i bambini che venivano picchiati dai genitori, perché erano quelli a loro volta più violenti, più bugiardi, più incattiviti. Oppure ancora, siccome l’esperienza personale non è mai un buon metro per giudicare una vicenda, potrei andare a cercare tutti gli studî psicologici e sociologici che dimostrano com’è del tutto assodato che un’educazione violenta rende un bambino più portato alla violenza, alla delinquenza, ai comportamenti antisociali (negli USA fanno molti di questi studî, perché nella Bible Belt ci sono scuole che permettono le punizioni corporali).
Però non c’ho voglia di fare nulla di tutto ciò, e la ragione è che non ce la faccio a discutere con un tavolo della sala da pranzo. Quindi mi limito a postare la cartina delle nazioni dove lo Stato, il saggio padre di famiglia, adotta punizioni corporali nei confronti dei proprî cittadini irriguardosi: devono essere bei posti dove vivere, se adottano questo metodo educativo sano ed efficace. Diciamocelo, non ha mai fatto male a nessuno.
Fra gli Stati nei quali sareste lieti di educare i vostri figli spiccano Paesi come: Afghanistan, Arabia Saudita, Iran, Nigeria, Pakistan, Somalia, Sudan, Tanzania, Yemen.
A singapore non si vive tanto male, e sia te che costa continuate a porre l’esempio del padre e del figlio, mentre ieri in campo erano due adulti.
Una settimana fa, a Pistoia, in una riunione tra genitori di bambini dell’asilo (tra uno e tre anni), tanti hanno allegramente ammesso di ricorrere a qualche ceffone, di quelli “come gesto simbolico” “che mica fanno davvero male”, il tutto confermato dalle maestre e dal sorriso indulgente della psicologa presente. Poi si lamentavano di quanto fossero indisciplinati e irragionevoli i figli. Piccole teste di cazzo crescono.
@ Sonia Picariello: E poi scrivono commenti ai post
“Ho due figlie, ancora molto piccole, ma già vedo che senza qualche sana sculacciata (e in futuro potrà diventare magari un bel ceffone) sarebbe difficile fargli capire alcune cose.”
Di sicuro capiscono che hanno un padre che non riesce a farsi capire solo a parole. Brividi.
(da un commento al post di Francesco)
credo che ci voglia buon senso: un conto è dare un ceffone a un figlio e un altro è adottare le punizioni corporali come metodo educativo. La violenza genera quasi sempre violenza, ma non è detto che la dolcezza generi sempre dolcezza; le persone sono più complicate di così. Detto questo, concordo con il post
Beh, fra la violenza e la dolcezza nel mezzo c’è anche normale severità , eh…
(violenza fisica ma pure verbale: “non capisci nulla” e “imbecille” a un bambino non è severità )
I bambini, specie se piccoli, sono meno complicati delle “persone”. Comprendo che più che complicato sia fare il genitore.
@Dario G.
Immagino che ripetere continuamente al proprio figlio sei un deficente, sei uno scemo, avrei dovuto abortire, sia molto meglio che della sculacciata.
Un giorno capiro tutta questa mistica sottovalutazione della violenza delle parole.
@gino
tutto il contrario, credo di essermi spiegato male: violenza fisica e violenza verbale per me PARI SONO, eh.
La famiglia che abita da 15 anni sotto di me, si è sempre mandata affanculo quotidianamente, a decibel ultrasonici. Con il risultato che se prima erano solo moglie e marito a mandarsi a quel paese, ora lo fanno da anni pure le figlie ormai maggiorenni.
Dario G. scrive::
Sicuro? Dà i, questa è una sciocchezza.
Preciso: su un figlio piccolo.
(sempre secondo me)
Secono me la violenza verbale (che non è tanto l’urlo quanto il sussurrato “non vali nulla, sei stupido”) può essere anche peggio della violenza fisica – il che non condona la violenza fisica, sia ben chiaro.
ci sono situazioni limite in cui il ceffone è necessario, tipo il bimbo abbastanza grande da correre e abbastanza piccolo da buttarsi in strada senza guardare per capriccio verso i genitori. meglio un innocuo ceffone (e soprattutto una sonora ramanzina) che un figlio stirato.
vista la confusione tra ceffoni, picchiare i figli e pestaggi tra adulti preciso che per “ceffone” intendo la sberla a mano aperta che si stampa su una guancia: brucia e inebetisce ma non crea danni fisici.
paragonato ad una sberla, le ripetute offese possono essere molto peggio: ho faticato non poco a convincere un ragazzino che aveva l’intelligenza per prendere bei voti dopo anni che si sentiva ripetere di essere stupido. lo scellerato comportamento della madre avrebbe potuto portare davvero gravi conseguenze.
tutto questo non ha nulla a che vedere con la notizia di cronaca citata all’inizio.
Ecco, io sono in linea generale d’accordo con questo post. Rossi altro che da esonero, è da licenziamento, poiché stiamo parlando di professionisti. Provate voi a malmenare un altro dipendente in un’azienda medio-grande, e vedete che succede. Ci sono dei però, visto che si usa questo paragone padre-figlio.
Pensate al caso in cui un bambino si rifiuta di lasciare un oggetto che potrebbe essere pericoloso per lui: beh, non glielo togliereste via con la forza?
O ancora, c’era chi scriveva del padre che non riesce a farsi capire a parole: ecco, se davvero un genitore con tutta la buona volontà di questo mondo NON RIESCE (perché non è capace, per limiti suoi intellettuali o di espressione) a far capire a parole e col proprio esempio al figlio di fare o non fare una certa cosa dopo numerosi tentativi, che fa, si arrende o può ricorrere al ceffone?
Non dico che sia giusto, bensì che mi sono solo venuti in mente dei casi in cui la violenza non è così irragionevole come sembra.
Corrado scrive::
mi spiace, non è così
Il primo esempio (l’uso della forza per proteggere) non è “violenza”.
IL secondo esempio (il genitore che non riesce) la sua incapacità non costituisce una giustificazione alla violenza, stai solo evidenziando l’autogiustificazione che lui si da e che tu gli concedi.
L’unica regola accettabile deve essere quella di bandire l’uso della violenza e cercare sempre altre strade.
@franco rivera: giusto, sul primo esempio hai ragione.
Sul secondo invece non credo, ma probabilmente mi sono spiegato male: il punto era la tesi secondo cui sia sufficiente spiegare le cose ai bambini, e l’esempio che avevo in mente riguarda il caso di persone – come ce ne sono tante – che per motivi culturali, espressivi, intellettuali, quello che vi pare e che pur armato di tutta la buona volontà del mondo e lontano da qualsiasi desiderio di usare violenza – come ce ne sono tante – ad un certo punto fallisca nel convincere il bambino a fare o non fare qualcosa dopo aver usato qualsiasi stratagemma o qualsiasi tentativo “pacifico” di persuasione. Senza contare il fatto che già mi sembra difficile trovare l’ottima razionalità in un qualsiasi adulto, figuriamoci in un bimbo. Cioè, arrivati a questo punto di questo caso teorico, che deve fare il genitore: lasciare perdere (e magari si tratta di insegnare qualcosa di importante per l’educazine del bambino, addirittura concernente la sua stessa sicurezza) o può ricorrere al ceffone?
Il punto che metto in questione è che non basta dire che la violenza è brutta in sé (discorso che si può ampliare anche ad altri settori del vivere civile), penso si debba cercare un motivo, una spiegazione del perché non vi si debba ricorrere in certi limitatissimi casi SE funziona rispetto al proprio scopo (e ripeto: SE funziona, ma qui penso che psicologi ed educatori ne sappiano molto più di me) – è un po’ la storia del male minore, più o meno.
Per tornare all’esempio calcistico: il giocatore del Pescara che negli anni ’80 prese il ceffone dal proprio mister sostiene che quell’episodio lo aiutò a crescere (parole sue). E se avesse ragione lui? E se domani Ljaijc fosse una persona migliore (tra l’altro, girano versioni delle sue parole che, se fossero vere, gli farebbero poco onore) e non fosse esistito un altro modo?
Non sono domande retoriche, credo.
Non è una giustifica a Delio Rossi, ma in giro si legge che le parole di Ljaijc siano state:
“Sei più handicappato di tuo figlio”. Delio Rossi ha un figlio down. Ho detto tutto.
@ Pax:
Delio Rossi non ha un figlio down né disabile: suo figlio lavora, o ha lavorato, nel suo staff tecnico. È una bufala.
Detto ciò, immagino che Ljajic abbia detto comunque cose offensive, ma questo non cambia la valutazione su un atteggiamento simile.
per quanto riguarda l’educazione dei figli ti do pienamente ragione (ne so qualcosa). ma stai andando ot.
per quanto riguarda il gesto di ieri sera: la questione educazione è una “mossa kansas city”.
qua si tratta di provocazioni probabilmente andate avanti per un po’ di tempo. sappiamo na sega noi di quel che 1. gli ha detto ieri sera 2. ha combinato negli ultimi tempi ljajic agli allenamenti.
avrà sbagliato, ma menava alla cieca, come se avesse sbroccato. e quando uno sbrocca, c’è sempre qualche motivo dietro.
La fonte della foto ?
@ Simone:
http://en.wikipedia.org/wiki/Judicial_corporal_punishment
Io credo che questa rivalutazione del ceffone sia significativa da tanti punti di vista.
il riduzionismo: se parliamo del caso di Rossi, non si e’ trattato di un ceffone, ma di un’aggressione. Non un gesto misurato o meditato (e cmq sbagliato), ma uno scatto di ira e di violenza.
la semplificazione: non ha mai fatto male a nessuno, certe volte che altro modo ci sarebbe di farsi capire? Ecco, chi mena non da’ mai risposte altro che retoriche a questa domanda e non ha mai tentato seriamente di trovare altre vie, sicuramente piu’ complesse. Il perche’ mi porta a:
la facilita’: un secondo e via e non devi neanche tanto stare a ragionare. Sfoghi la rabbia senza neanche capire bene perche’, tu figlio, almeno speri, ammutolisce, e fine.
L’autoassoluzione: tutti gli argomenti di chi ritiene che menare sia una buona idea riposano non su ragionamenti o su pratiche educative ponderate e vissute anche con fatica, ma sullo stornare da se’ il dubbio e le critiche. Tant’e’ vero che raramente il discorso verte su frasi come “non sono d’accordo con te, perche'”, ma su “Quanta ipocrisia/perbenismo/buonismo!”.
Il dibattito pubblico in Italia alla fine si riduce a questo: se proponi di introdurre qualcosa di nuovo o anche solo di riesaminare il vecchio, la reazione sara’ sempre quella di stornare la fatica di guardarsi dentro e modificare se’ stessi, operazione cui si e’ disponibili solo se non si pensa di essere perfetti (e noi vogliamo pensarlo, perche’ abbiamo paura non solo di essere imperfetti, ma anche molto carenti, e non puoi concedere neanche un dito…). In un discorso sulla violenza, e sulla violenza ai bambini, tutto cio’ e’ particolarmente odioso.
uqbal scrive::
Vorrei che qualcuno mi desse una alternativa all’esempio che ho fatto sopra, però.
Ricordo che mia sorella, da piccina piccina, amava mettere le manine sul forno: no che ti bruci, no che ti bruci, guarda che ti fai male, senti che è caldo bla bla bla ma era piccola e non c’era niente da fare. La volta che il forno era acceso ha tirato un urlo e non l’ha fatto più.
Ora: col forno la si poteva lasciar fare, ma con le auto? Si aspetta l’incidente e le si dice hai visto ti sei fatta la bua?
Visti alcuni commenti si può dire che non è un caso che in Italia la punizione corporale non sia proibita a casa .
http://en.wikipedia.org/wiki/File:Corporal_punishment_in_Europe.svg
Parti male e non voglio continuare a leggerti. Fascista? che ‘zzo c’entra? io non sono certamente dell’area di destra, ma lo scappellotto non è di destra ne di sinistra, piuttosto fa parte di una vecchia cultura dove tutti menavano i figli.
Se vuoi fare il moralista almeno provaci ad essere super partes
@ dtm:
A 18 anni spero che qualche capacità proiettiva ci sia…
Ciao Giovanni, ci terrei che tu aggiungessi alla cartina anche la Tunisia. In Tunisia, infatti, è ancora pratica comune utilizzare la violenza nelle scuole. Ovviamente nelle scuole elementari e medie perchè nei licei gli studenti sono già alti e avvezzi alla violenza fisica quindi reagiscono con successo.
Sarebbe, SAREBBE, costituzionalmente vietato picchiare gli studenti ma di fatto è una realtà quotidiana. I genitori nella maggior parte approvano i metodi, ma anche coloro che non approverebbero mantengono un atteggiamento cauto e omertoso per paura di ritorsioni che andranno a influenzare negativamente la carriera scolastica dei figli. Quindi anche se di fatto il Padre-Stato predica cambiamenti e libertà , continua a sbrigare le faccende di famiglia nel solito vecchio modo.
uqbal scrive::
il mio esempio si riferiva ai bimbetti che rischiano di finire sotto le auto.
non parlo del ceffone ogni tanto, di quelli che quando ce vo ce vo o, peggio, del deve-imparare-a-portare-rispetto, nemmeno giustifico gli atti di violenza come surrogato della mancanza di autorevolezza, parlo solo dei casi limite.
Non penso che uno schiaffo o uno scappellotto siano gesti fascisti (premetto non sono fascista)
Dare uno schiaffo è diverso dall’educare il ragazzi con botte, che può diventare un gesto anche abitudinario per loro, sfogando poi le loro frustrazioni verso altri(e condivido quanto dicevi).
In quel contesto lo schiaffo di Delio Rossi nei confronti del giocatore dinnanzi a tutti giocatori e tifosi ha fatto sentire quel giocatore piccolo, indifeso, innocuo e non violento, infatti aveva quasi le lacrime agli occhi per quello che aveva fatto.
La prossima volta ci penserà su due volte prima di rifarlo.
@ dtm:
Ho capito meglio. Guarda, se una persona generalmente mite in una situazione del tutto eccezionale frutto di un’esasperazione estrema mollasse un ceffone al figlio, forse questo penserebbe “Devo averla fatta grossa se l’ho fatto uscire dai gangheri”. Ma già la seconda volta sarebbe di troppo.
Poi: per quel che posso sapere, i bambini reagiscono non alla violenza, ma all’emotività , e allo spavento, dei genitori. Un bambino piccolo, quando cade per terra, non piange subito: guarda mamma. Se mamma è preoccupata, si preoccupa pure lui. Il ceffone non c’entra.
“Un ragazzino che viene tolto dopo mezz’ora che non corre, che non dimostra amore per la maglia, che non si impegna si permette di applaudire e sbeffeggiare l’allenatore e dopo che gli è stato detto di smetterla continua a prenderlo per il culo. Un allenatore che se perde le partite in campionato e non raggiunge l’obiettivo viene insultato dai tifosi e sgridato se non esonerato dalla società . Non esiste che tu a 19 anni ti permetti di offendere una persona più grande di te, con più esperienza, un uomo vero che non tradisce i suoi giocatori. Ti viene chiesto di praticare per un’ora e mezzo al giorno lo sport più bello del mondo e tu quando giochi cammini. Non esiste, sto tutta la vita con Delio Rossi, non per i cazzotti ma perchè è un uomo vero!”
Michele scrive::
“un uomo vero” “una persona più grande di te”. Non a caso questo obbrobrio l’ha detto un vero fascista.
@ uqbal: appunto una seconda volta…non la prima volta.
Tu prenderesti mai in giro il tuo datore di lavoro?
Il tuo capo?
@ Giovanni Fontana: Si tratta di lavoro, il calcio rispetto ad altri lavori conta l’età come bagaglio di esperienza, se non sei esperto e maturo e ti permetti di deridere una persona più grande e più esperta di te allora sei solo un illuso, non combinerai mai niente…(nel calcio specifico)
@ uqbal: se si tratta di un gesto di esasperazione può essere comprensibile ma è assolutamente condannabile, invece. mi riferisco a situazioni in cui non c’è altra scelta – aspetti che tuo figlio venga stirato? compri una corda, lo leghi e lo tieni al guinzaglio? è perchè? e chi dice che l’accoppiata sberla-ramanzina sia più violenta del guinzaglio?
@ dtm:
Io non ho mai proposto il guinzaglio! E cmq, ti riferisci a situazioni estreme, non direi che è su questo che si basa una relazione educativa.
@ Michele:
Michele…nella frase che hai citato (Di Canio?) e nel commento successivo io rilevo questo: “Non esiste”. Vero, quel giocatore è un imbecille, ma uno che la mette sul “non esiste” è uno che non riesce a capacitarsi di quel che vede. Uno che si sente perso, perché il suo ruolo è stato messo in discussione, perché la ferita che gli è stata inferta nell’orgoglio lo fa impazzire. Non ci puoi credere, è il cielo che ti crolla sulla testa, non puoi accettarlo. E allora meni.
Se vogliamo proprio parlare di “uomo vero”, o di “grande uomo”, quegli secondo me è quello che vede nel 19enne cretino quello che è, un diciannovenne cretino, e poi vede quel che è lui. Non reagisce con violenza, dopodiché lo tiene in panchina per sei mesi, o lo fa cacciare.
@ uqbal: non volevo attribuirti frasi che non hai detto, proponevo assurde alternative per far emergere qualche dubbio sull’argomento.
Il ceffone non è l’alternativa a finire sotto le auto, perché per mollare il ceffone al bimbo devi averlo già acchiappato, quindi non è più in pericolo. Se vuoi che ti ubbidisca e si fermi sul marciapiede quando lo chiami, “addestrarlo” con lodi e premi è più efficace, che ci piaccia o no. Inoltre, non ricorrere alle mani non significa affatto non essere severi: abbassarsi al livello del bambino, guardarlo negli occhi e condannare fermamente lo specifico comportamento cattivo è molto efficace. I bambini che non interrompono un cattivo comportamento a meno che non ricevano un ceffone, sono stati abituati così da chi li ha educati, altri ubbidiscono al tono di voce e allo sguardo, perché così li ha abituati chi li ha educati. Lo schiaffo non ha mai ucciso nessuno, ma non ha mai neanche educato nessuno. È lo sfogo di rabbia e frustrazione dell’adulto e insegna al bambino che quello è il modo di risolvere le tensioni. È molto più faticoso disciplinare e farsi ubbidire senza ricorrere alla maggiore forza fisica che abbiamo rispetto ai bambini. So di aver detto delle ovvietà , ma ho scoperto, nelle ultime settimane, che un sacco di gente pensa davvero che siano i bambini ad aver bisogno dei ceffoni. (mi piace quel che scrive uqbal, concordo) @ dtm:
Non bisogna comunque – io credo – essere troppo rigidi, o deontologici, nel rispondere alle legittime obiezioni di dtm: lui dice che in un caso particolare, quello di un bambino piccolo, e un caso particolare molto particolare, cioè un bambino piccolo piccolo che possiamo salvare dal morire solo con uno schiaffo, allora questo schiaffo va dato.
Non so se possa davvero esistere una situazione simile, ma nel raro caso che essa si presenti è chiaro che uno schiaffo è meno grave della morte del proprio figlio. Ricordandosi che è, comunque, un fallimento, un po’ come il carcere.
Però la mia, e credo di altri, obiezione è che: 1) lo schiaffo non è utile 2) lo schiaffo fa male al bambino.
Poi volevo aggiungere una cosa: il problema non è la cazzata di Rossi, il fatto che gli sia partita la brocca. Capita. A chi di più, a chi di meno. Il punto è riconoscere che si è fatta una cazzata, e non celebrarlo come un metodo educativo.
E’ un caldo pomeriggio di agosto, una mamma è andata a far la spesa coi due figli, una bimba di meno di un anno e l’altro di due e mezzo. I bimbi sono stanchi ma la madre non ha potuto far altro che portarli con sè. Un po’ per noia, un po’ per sfida e un po’ per vendetta per non aver potuto continuare a dormire (giustamente, porello) il grandicello comincia a correre qui e lì, salendo e scendendo dalla grande strada trafficata vicino al supermercato. Acchiapparlo non è semplice, con le borse e la bella addormentata sul passeggino, e comunque è inutile, come sono inutili i richiami della madre – strano però, di solito la sua voce è sinonimo di autorevolezza, e il bimbo lo sa che si deve comportare bene, e anche il perchè. Eppure, durante questo caldo pomeriggio, la cosa non funziona. Che fare?
Lo schiaffo significa “adesso la pianti e mi ascolti” e, purtroppo, è efficace.
Certo, se la cosa non è seguita da una ramanzina sul perchè e il percome il suo comportmento fosse grave lo schiaffo ha funzionato al momento ma avrà lasciato il bimbo solo più incattivito di prima.
Non metto nemmeno in dubbio che l’autorevolezza sia una cosa che nulla ha a che vedere con l’autorità (per inciso: do ripetizioni a ragazzini perlopiù svogliati quindi ne ho la riprova costante). Trovo incredibilmente stupido pensare che i bimbi abbiano bisogno di ceffoni, pensare che Rossi abbia fatto bene o quelle robe fasciste del porta rispetto e dell’uomo vero, come trovo cretini i genitori che eseguono l’equazione bambino = stupido.
Sono d’accordo anche sul fatto che il ceffone sia un fallimento, ma senza un’alternativa credibile resto dell’idea che in rari casi sia necessario.