Per favore, “sproporzionato” no

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In questo avvilente eterno ritorno che ci ripropone, a distanza di anni, le stesse azioni, le stesse reazioni, gli stessi commenti, gli stessi controcommenti, vado a rileggere quello che avevo scritto quand’ero lì, in Palestina, e poi arrivò la guerra. E ci ritrovo tutte le cose che ci sono ora, uguali ad allora come a ogni altra volta, e mi annoio da solo a pensare di ripetere le stesse cose inutili, una volta ancora, pronto a riripeterle stancamente fra qualche anno. E vedendo le reazioni degli uni e degli altri, rendendomi conto di come il pubblico in platea sia spesso peggiore degli attori (che già, di per loro, sono pessimi attori), viene quasi da pensare che la soluzione migliore sarebbe che tutti voltassero lo sguardo dall’altra parte, tifosi degli uni e tifosi degli altri, e smettessero di concentrarsi su questo conflitto piccolo e infinito, in cui si combatte per il possesso di un territorio grande quando la Puglia e di uno grande quanto la Liguria, evitando le proprie venefiche attenzioni a quella striscia di terra già abbastanza gonfia di bombe e di bugie.

Come sempre, nessuno di noi sa rispondere alle domande su cui è imperniato quel conflitto, però alcuni – che in realtà hanno chiara solo una cosa: qual è il loro nemico – sono sicuri di saperle, quelle risposte. E la domanda di oggi, come di molte altre volte, è «cosa dovrebbe fare Israele quando gli piovono i razzi in casa?». Una domanda a cui qualunque persona per bene trova solo delle risposte orrende. E fra tutte le orrende risposte che si possono dare a questa domanda, l’orrenda risposta che forse sembra la meno peggio è «nulla», perché qualunque altra risposta appare ancora più orrenda.

Però ci sono quelli – quelli molto sicuri del loro nemico – che, per dire la stessa cosa, dicono con convinzione che l’attacco israeliano è stato “sproporzionato”, e in realtà stanno dicendo che Israele non dovrebbe fare nulla. Che è anche quello che penso io, che non dovrebbe fare nulla. Solo che è brutto dirlo, e allora si dice “sproporzionato”. Ma la cosa più proporzionata di tutte, che in italiano si chiama “vendetta”, sarebbe che Israele facesse la stessa cosa, uguale e contraria: montare batterie di razzi a Ashqelon e Sderot, e farli partire con l’obiettivo di uccidere il maggior numero di civili a Rafah e Jabalia. Però detta così si vede che è una cosa criminale, più criminale d’ogni altra cosa, e allora si dice “sproporzionata”, che non vuol dire nulla, ma fa sentire più in pace con la propria coscienza.

28 Replies to “Per favore, “sproporzionato” no”

  1. Non esiste simmetria in questi attacchi reciproci. Da Gaza sono partiti circa 250 razzi, tutti su obiettivi civili, da Israele circa 250 attacchi aerei, tutti su obiettivi militari. Questo non serve a distinguere i buoni dai cattivi, le ragioni dai torti, per i quali occorrono analisi politiche più specifiche e non emozionali, ma stabilisce solo quale è la realtà dei comportamenti al di là delle ricostruzioni più fantasiose e incredibili, tipo che Jabari fosse sul libro paga di Israele (fonte: Ha’aretz).
    A chi si indigna per la reazione israeliana non si può che ribadire che gli ebrei che si lasciano condurre docili al macello non esistono più, ora si difendono. Fatevene una ragione.

  2. @ ormazad:
    Sì, hai letto bene. Io non ragiono con una bandiera, e per me la vita di un palestinese vale quella di un israeliano che vale quella di un palestinese.

    E perciò, rendendomi conto che qualunque azione d’Israele causa più morti civili di quanti non ne facciano i razzi di Hamas e gruppo minori, penso che Israele dovrebbe usare in tutto i modi la propria superiorità tecnologica per bloccare quei razzi, ma che se ciò deve comportare un numero di morti, feriti, sfollati, palestinesi maggiore del numero di israeliani, la soluzione migliore – la meno peggio – è non farlo.

    Mi rendo perfettamente conto che, ragionando così, i tuoi scrupoli diventano un’arma nelle mani di chi non ce l’ha, quegli scrupoli: ma questo non cambia le cose, se Hamas mette i depositi di munizioni nelle scuole, tu cosa fai?, li colpisci oppure no? Ecco, è la stessa cosa.

  3. @Giovanni
    Anche io penso che durante la II Guerra Mondiale la vita di un civile inglese avesse lo stesso valore di quella di un civile tedesco, ma penso anche che lasciare solo a Hitler la possibilità di bombardare le città non sarebbe stata una buona idea, e d’altra parte i bombardamenti chirurgici non esistevano. La guerra ci richiede sempre di schierarci, far finta che il male non esiste o che tutto si può risolvere senza violenza è una illusione che fa solo il gioco del più violento. Ricordati che quando Theo Van Gogh ha capito le intenzioni del suo killer le sue ultime parole sono state: “fermati, possiamo ancora parlare”

  4. dovreste vergognarvi. prima di parlare informatevi sulla vera storia.guardatevi The Law in these part, documentario storico, girato peraltro da un regista ebreo sulla storia del conflitto.è un’occupazione militare che va avanti dal 67 quella di Israele, che ha anche il coraggio di definirsi una democrazia! vorrei vedere se domani arrivano a casa vostra e vi dicono che siete sotto occupazione, che casa vostra non è più vostra ma loro e vi fanno la concessione di restarci ma senza più alcun tipo di diritto. informatevi prima di parlare

  5. Giovanni Fontana scrive::

    @ ormazad:
    Sì, hai letto bene. Io non ragiono con una bandiera, e per me la vita di un palestinese vale quella di un israeliano che vale quella di un palestinese.

    Diciamo che in astratto sono d’accordo con te .
    In pratica però un uomo politico “deve” ragionare con la bandiera di chi lo elegge .
    Un operaio italiano è in tutto uguale a un operaio serbo , ma mi pare giusto che Passera si adoperi perché la Fiat apra una fabbrica in Italia e non in Serbia .
    Un governo deve garantire la sicurezza innanzitutto dei SUOI cittadini , non fare calcoli numerici .

  6. Nota a margine: la Striscia di Gaza ha una superficie di 360 Km2, la Liguria di 5420 (fonte Wikipedia). Ossia 15 volte più grande. Forse ti riferivi alla Palestina tutta. Ma comunque sono dati che ci fanno rendere conto che si rischia una guerra globale per un pezzo di terra davvero minuscolo.

  7. Piero Schiavoni scrive::

    La guerra ci richiede sempre di schierarci, far finta che il male non esiste o che tutto si può risolvere senza violenza è una illusione che fa solo il gioco del più violento.

    A me sembra che tu non stia rispondendo alla questione che ho sollevato. Io non ho alcuna stima della nonviolenza come principio fideistico, ma non vedo questo cosa c’entri: ho posto la questione, e qui rispondo anche a Ormazad che dice che

    ormazad scrive::

    un uomo politico “deve” ragionare con la bandiera di chi lo elegge .

    Certamente, difatti il mio è un discorso etico, non elettorale: cosa è giusto (o meno sbagliato) fare, e non cosa permette a Netanyahu di essere rieletto.

    Alema scrive::

    informatevi prima di parlare

    A giudicare dalle sciocchezze che hai scritto, sei tu a non avere la minima idea di ciò di cui parli, evidentemente avendo come unica fonte un piccolo documentario, e non anni e anni di letture e studi. Come dici tu, informati prima di parlare.

  8. mi pare pero’ che sbagli pure tu a creare sta dicotomia etica:

    tra la vendetta stile Dresden e il far nulla c’e’ un sacco di risposte militari perfettamente etiche per Israele da intraprendere.

    stai in pratica assumendo che qualsiasi risposta militare israeliana, comunque disegnata o definita tatticamente, sia sempre peggio del danno psicologico, economico e fisico di vivere sotto una pioggia random di razzi teoricamente per anni a venire. non mi sembra self-evident. puoi elaborare?

  9. ah, vedo solo ora pero nelle risposte che hai modulato già il tono: in pratica sei aperto ad una risposta militare, se disegnata in modo diverso e con un certo bilancio costi-benefici.

  10. @Giovanni
    Riparto dal tuo post: “come sempre, nessuno conosce le cause del conflitto”. Io sono abbastanza sicuro che le cause non risiedono nella disputa territoriale e neanche nel nazionalismo. Basti pensare all’enorme estensione della Giordania come terra per i palestinesi per capire che il territorio non è che un falso problema, buono solo per irretire i seguaci della sinistra nel mondo. Il nazionalismo arabo è nato in contrapposizione alla immigrazione ebraica iniziata dopo la fine dell’impero ottomano nel 1918, a sua volta dovuta alla nascita del sionismo come reazione ai pogrom antiebraici in Europa nell’800. La vera causa del conflitto è di natura religiosa, ed è il motivo per cui – a parte l’ANP e solo a parole – nessuna delle organizzazioni arabe (Hamas, Jihad Islamica, ecc.) si sogna di appoggiare la soluzione dei due stati, mentre propugnano la eliminazione – o al massimo la sottomissione (i dhimmi dell’800) – della presenza ebraica. La differenza sostanziale rispetto alla situazione di quasi un secolo fa sta nella enorme capacità di autodifesa acquisita dagli ebrei, oltre naturalmente al fatto fondamentale di aver fondato il loro stato per volontà della comunità internazionale. Da qui nasce l’escalation spaventosa dell’aggressività da parte dell’islam, rappresentato in prima fila dall’Iran, con il formidabile arsenale bellico messo a disposizione delle organizzazioni satelliti, principalmente Hezbollah e Jihad Islamica. Israele non ha molte possibilità di scelta per sopravvivere, se non riaffermare la propria superiorità sul campo e quindi ripristinare la deterrenza.

  11. Max scrive::

    ah, vedo solo ora pero nelle risposte che hai modulato già il tono: in pratica sei aperto ad una risposta militare, se disegnata in modo diverso e con un certo bilancio costi-benefici.

    Sì. Penso che, nel momento in cui il potere distruttivo e stragista delle armi di Hamas dovesse aumentare di diverse entità, Israele farebbe bene a intervenire.

  12. @ Piero Schiavoni:
    Piero, sono d’accordo con tutto ciò che hai scritto nel tuo ultimo intervento, e molto più di quanto lo sia di solito con l’opinione media sul conflitto arabo-israeliano, in particolare lo sono sulla matrice religiosa dello scontro.

    Credo che tu abbia equivocato il “Come sempre, nessuno di noi sa rispondere alle domande su cui è imperniato quel conflitto”, esemplificato dal “cosa fare in risposta ai razzi”: io non parlavo di cause, ma di soluzioni. Nessuno sa quale strada prendere. O meglio: tutti sappiamo quale strada prendere http://www.ilpost.it/2010/08/23/pace-israele-palestina/ quello che non si sa è come convincerne le parti in causa.

  13. Piero Schiavoni scrive::

    La vera causa del conflitto è di natura religiosa,

    mah. quando posso bash religion I’m always more than happy, ma in sto caso a me questa pare piu una evoluzione relativamente recente, una conseguenza piu che una causa. a meno di non fermarsi all’ovvio (gli israeliani sono li perche e’ la terra biblica del popolo di abramo, e gli arabi musulmani non tollerano gli ebrei perche’ la loro teologia rifiuta gesu e maometto quali profeti….)

    c’e’ infatti un continuum di governi socialisti e socialdemocratici fino al 1977 in Israele, con abbondante numero di atei e pure PLO, a cominciara da Fatah, era ed e’ piena di comunisti ed atei tuttora. se l’origine del conflitto a mano (Gaza-Cisgiordania nello specifico) e’ l’invasione preventiva del 1968, la dinamica ha radici territoriali, strategico-militari e nazionalistiche che precedono l’estremizzazione religiosa delle parti.

    l’estremismo religioso sia palestinese, con Hamas, che israeliano, con i coloni, e’ diventato un cofattore aggravante, un collante identitario che emerge come conseguenza del prolungato conflitto, ma in tempi piu recenti. che la componente religiosa si sia aggiunta complica si’ tutto, perche’ la razionalita rimane fuori dalla porta.

    c’e’ comunque in Israele un count down demografico che rimane l’elefante nella stanza e che rischia di essere l’unico disinnesco del conflitto per morte naturale dell’esperimento Israeliano…not with a bang, but with a whimper…

    for now the bangs prevail, but honestly I have trouble blaming the Israeli.

  14. Io sono arciconvinto che la risposta militare, se usata con il solo scopo della deterrenza è sempre la peggior risposta possibile.

    Aperta parentesi (Io sono per principio contro la violenza) chiusa parentesi.

    Se e quando, ci si trova con le spalle al muro e non c’è alternativa alla violenza, occorre usarla per perseguire obiettivi reali, concreti e raggiungibili.

    Un decennio di bombardamenti a tappeto su Hanoi, uso massiccio di defolianti e napalm non piegarono il popolo (o regime fate voi) vietnamita, non vedo perchè in palestina qualche bombardamento in più o in meno dovrebbe risolvere qualcosa

    La reazione militare di Israele così come concepita e effettuata è inutile e controproducente.

  15. Non ho granché da aggiungere alla discussione di mio, non essendo un esperto, ma i due articoli linkati in questo post di Andrew Sullivan mi sembrano dei buoni spunti:

    What is Isael’s plan?.

    Come opinione personale, anch’io come questi autori mi interrogo su quale sia il piano di Israele. Posso “sopportare” eticamente che le azioni militari conducano a delle perdite di vite umane, se sono parte di una strategia volta a ottenere risultati tangibili sulla strada per la soluzione del conflitto. Non vedo questa strategia.

  16. Ci si arrovella molto in questi interventi per cercare di capire le intenzioni di Israele, e soprattutto se tali intenzioni seguano una condotta morale accettabile e degna di solidarietà. A me pare che le intenzioni che stanno muovendo le decisioni del governo sono essenzialmente due. La prima, come è ovvio, è quella di difendere concretamente la parte di popolazione minacciata dal lancio indiscriminato dei razzi (il conto attuale parla di circa 750 razzi sparati da Gaza contro circa 1000 obbiettivi militari colpiti dagli israeliani). Il compito strettamente di difesa è anche svolto, con discreto successo, dal sistema iron dome, che ha neutralizzato una buona percentuale di questi lanci, ma l’eliminazione delle postazioni di lancio appare comunque una scelta fondamentale. La seconda è che quello a cui stiamo assistendo è l’inizio del conflitto vero tra Iran e Israele, in cui Gaza non è che una postazione avanzata iraniana. Israele sa che in futuro neanche tanto remoto dovrà confrontarsi direttamente con gli ayatollah, e probabilmente ha scelto come strategia migliore quella degli “Orazi/Curiazi”, cioè battere prima gli anelli più deboli (Hamas e Hezbollah), che però sono anche quelli che si ritrova sui confini. Riguardo alle possibili soluzioni di questa campagna di Gaza, io sono certo che se Hamas cessasse i lanci non ci sarebbe neanche il ground attack, che Israele vuole comprensibilmente evitare. Molto dipenderà dalla triangolazione Obama/Morsi/Erdogan e dalle pressioni che gli Stati Uniti riusciranno a fare.

  17. @ Piero Schiavoni:

    un popolo che vota (o acclama) come sua guida un duce/partito non condivide la responsabilità delle scelte di quel duce/partito ? O, essendo “civili”, sono per questo innocenti ? Quanta responsabilità hanno avuto i tedeschi nell’affermazione del nazismo ? Quanta gli ebrei israeliani nella vittoria del Likud alle ultime elezioni (e alle prossime) ? E quanta i gazeni nella vittoria di Hamas ? E perché un popolo che sceglie non dovrebbe avere colpe ? e perché un popolo che sceglie A dovrebbe essere equiparato a quello che ha scelto B ?

  18. Ma siamo sicuri che davvero esista un conflitto tra le religioni ebraica e islamica ? Ebraismo e Islam sono molto, molto più simili fra loro che non ebraismo e cristianesimo, nonostante quell’insulsa etichetta che definisce la nostra storia come “giudaico-cristiana”.

    Nei fatti ebrei e islamici hanno convissuto mediamente molto meglio che non ebrei e cristiani, nella storia. Perché un conflitto territoriale si vuole caricare di valenze religiose (ed è indiscutibile che stia accadendo) ?
    Forse perché così se ne può affermare l’insolubilità una volta per tutte ? Un conflitto territoriale una volta definiti i confini al km o al mt o al cm o anche al mm, alla fine ci arriva, ma un conflitto religioso mai. Una deriva demenziale e pericolosa e siano maledetti gli dei di ogni olimpo…

  19. Sono d’accordo con te, Giovanni

    Il termine sproporzionato è ambiguo, come le vignette che paragonano i crateri aperti dai missili israeliani alle crepe nel muro fatte dai qassam.

    Non esiste che il termine “proporzione” sia inteso paragonando la tecnologia militare di cui i due paesi dispongono, altrimenti diamo ragione a prescindere ad Hamas fino a quando anche lui non avrà una tecnologia almeno pari a quella di Israele.

    L’ unica proporzionalità la deve esercitare Israele nel cercare di ammazzare meno civili possibile.

  20. @ Fabio:

    Fabio, ma così possiamo ammazzare tutti. Ogni popolo sceglie il suo tiranno e può ammazzare i cittadini conniventi col tiranno allora. A sto punto, con questa logica, legittimiamo qualsiasi attentato terroristico, intendendo ogni attacco a civili

  21. @ Giovanni Fontana:
    E’ la prima volta che intervengo su questo blog, che ammetto di aver scoperto troppo tardi. Scrivo perché si parla di “natura religiosa” del conflitto. Non è la prima volta che lo sento, ma ogni volta mi tornano in mente le parole del mio professore di sociologia, esperto in islam, “Ebrei e Cristiani per i mussulmani sono le “, che vanno protetti.”Infedeli sarebbero gli indù e gli altri. Che alla base non ci sia solo la religiosità, ma anche l’ignoranza?

  22. Ben scrive::

    “Ebrei e Cristiani per i mussulmani vanno protetti.

    Sai, è sempre difficile definire queste cose. La lettera di quel libro, che per chi è un fervente credente è “la perfetta parola del Creatore”, dice diversamente: che tutti gli altri debbano essere uccisi, e che i popoli del libro possono essere tenuti in vita se pagano una tassa, ma non si possono avere come amici, etc.

    Del resto il famoso articolo dello statuto di Hamas, quello dei famoso “il giorno non verrà fino a quando i mussulmani non rincorreranno ogni ebreo che si nasconderà dietro a ogni albero e pietra per ucciderlo”, è preso appunto dalle parole di Maometto in un hadith (più o meno i vangeli islamici).

    Poi, come sempre, c’è sempre il modo di interpretare meglio il significato di un testo religioso, come si è fatto per Cristianesimo ed Ebraismo: ma non sono i testi a essere belli, e gli esseri umani stronzi che li interpretano male. Sono i testi che sono pessimi, e gli esseri umani – si spera – che sono un poco migliori.

    Come diceva Hitch, sulle ingiustizie causate dalle religioni: “Not something that happens because people misinterpret the texts, it is because they believe in them, that’s the problem”.

  23. Ora che questa breve “guerra di Gaza” sta volgendo – come tutti speriamo – al termine, le prime considerazioni che mi vengono in mente sono queste:
    1) l’Iran ha miseramente fallito in questo test dell’arsenale missilistico fornito ai palestinesi. Il sistema di difesa israeliano è fondamentalmente impenetrabile. Se volevano aumentare la loro deterrenza in vista di una risposta allo strike antinucleare non hanno centrato questo obiettivo.
    2) Israele all’opposto ha ottenuto il risultato di aumentare il senso di sicurezza dei suoi cittadini e di aumentare ovviamente la sua deterrenza verso l’Iran, suo vero nemico. La sua precisione negli attacchi è spaventosamente aumentata, basta confrontare il numero dei morti palestinesi (un centinaio, metà dei quali civili) rispetto ai 1400 dell’operazione cast lead di 4 anni fa, mettendola in relazione con la distruzione quasi totale delle infrastrutture di Hamas.
    3) L’Egitto esce vittorioso rispetto al competitor turco nel stabilire la sua influenza regionale, diventando così la nazione di riferimento sul piano internazionale per le questioni mediorientali.
    4) A Gaza potrebbero esserci anche dei cambiamenti significativi. I palestinesi potrebbero anche essersi stufati di un regime corrotto che, cercando deliberatamente lo scontro con il nemico storico, fallisce clamorosamente qualsiasi obbiettivo militare, e riesce anche a fare vittime civili nella sua popolazione con il centinaio di razzi loro che gli sono ricaduti sulla testa.

  24. @ Giovanni Fontana:
    Non saprei che fare se fossi al loro posto invece di essere qui in casa mia a leggere le vostre considerazioni tutte comprensibili a seconda del punto di partenza; mi pare che si possa ritornare a Caino ed Abele, in realtà qualcuno dovrebbe provare a porgerle l’altra guancia. Mi vergogno, non credo ne sarei capace ma non si può mai dire. Comunque chi più sa ha il dovere di provarci, onore a chi ci prova con i fatti e non con le chiacchiere.

  25. Sinceramente non si capisce nulla di questo articolo, se non la sterile volontà polemica di stare antipatico ad entrambe le parti. Mah.

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