Un saluto al Ballero

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Come ogni inizio d’estate è venuto il giorno della Firenze-Vangile, la classica del ciclismo calmo che facciamo – con mio zio, mio cugino e aggregati – da casa di mio zio a casa dei miei nonni. Non si vince nulla, ma per premio si ha il pranzone preparato da mia nonna che tutti considerano un riscatto degno per il mal di culo accumulato – e per fortuna che ci sono delle forchette migliori della mia!!

Questa volta eravamo in otto, Pietrino, Nicco, Gogo, Claudia e Marco, oltre a noi tre, e l’anno di nascita dei partecipanti andava dal 1959 al 1995, con una predominanza dei più giovani. Il percorso, ‘stavolta sui 65 chilometri, tende ogni anno a variare e ad allungarsi di qualche decina di chilometri, più perché si sbaglia strada, che per una scelta ben precisa.

Uno dei diversivi di quest’anno è stato ispirato dalla fantasia di una vecchina che ci ha indicato una strada che lei «eccome, qualche anno fa la facevo anche io in bici», ma che probabilmente quel “qualche anno fa” risaliva ai tempi della guerra, e ora era tanto sterrata e in mezzo ai campi da far invidia alla peggiore Parigi-Roubaix.

L’altro diversivo è stato invece capitanato da Marco – che è fondatore e presidente del Viola Club Kathmandu, e che di mestiere porta la propria Ballero-bike nel Sahara o sull’Himalaya – e che, appunto, conosceva Franco Ballerini. Così siamo passati dal cimitero di Casalguidi, dov’è sepolto il Ballero, e l’abbiamo fatto nel modo più consono: in bici, dopo aver fatto una mini-rubé.

Ecco, il cimitero dov’è sepolto Ballerini è l’unico che abbia mai visto dove – prima ancora del parcheggio per le macchine – c’è la rastrelliera per le bici. Come dire: amen.

3 Replies to “Un saluto al Ballero”

  1. Per amor di precisione, e, soprattutto, perchè mi toglie il titolo di “più anziano del gruppo”, Marco è del 1956 (anno del primo scudetto)!

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