Giustizia e libertà

Interesse 3 su 5

Generalmente sono più antiberlusconiano, se così si può dire, delle persone con cui vado d’accordo – di solito – su altri temi. Ultimamente – per fare un esempio – mi ha colpito una cosa: a me le idee politiche di Vianello, nella valutazione dell’uomo, interessavano.

È chiaro, nessun individuo dotato di buon senso può ammirare l’operato di Berlusconi come Presidente del Consiglio, ma la malsopportazione che ho io va oltre la categoria politica: risiede in quell’elaborato dell’italianità peggiore che Berlusconi è, e rappresenta, con il suo atteggiamento verso le donne; la sua pretesa d’essere invidiato per degli atteggiamenti che in qualunque occhio critico generano soltanto desolazione. L’autocompiacimento di quello che – in un post quasi liberatorio – avevo definito un millantatore in punta di cazzo mi genera una ben poco ragionata rabbia: non sono in disaccordo, mi fa proprio imbestialire.

C’è, però, una cosa che mi ha sempre allontanato dalle più folte schiere degli oppositori monocratici di Berlusconi, un sinuoso atteggiamento di fondo che arrivo a presagire dalle prime frasi lette o ascoltate. Si tratta del furore punitivo, della gioia per interposta incarcerazione, dell’odio metodico, che molte persone – oserei dire “insospettabili” – hanno maturato. È come se un cruccio livido si fosse riuscito a insinuare in persone onestamente di sinistra – come un riflesso sciocco all’autoconcessa improcessabilità di Berlusconi – e questo rivoltamento avesse trovato una misura precisa, e neanche troppo nascosta, di disprezzo nei confronti dei detenuti, di presunzione di colpevolezza e coazione alla punizione che, ho paura, sarà davvero il peggior lascito di questi vent’anni di scena politica di Berlusconi.

Ricordo il mio costernato stupore, in una discussione che ebbi tanto tempo fa, sull’indulto: una mia interlocutrice, indiscutibilmente attenta alle cause dei più deboli del mondo, che affermava – con queste parole – di preferire 67 persone in carcere, fra cui Previti, al costo della violazione dello Stato di Diritto di 14.000 individui. Penso che quasi tutti i peggiori vizî della sinistra attuale vengano a cascata da lì: la violenza punitiva, l’atteggiamento inquisitorio, la professionale e clinica mancanza di fiducia. Quella compulsione al trovare un lato oscuro anche quando non c’è – e quindi anche al complottismo – che, da che mondo e mondo, era tutto ciò che non apparteneva al progressismo (tutte cose che, in realtà, aveva immortalato Staino in una splendida vignetta qualche anno fa).

Ci ho ripensato ieri, quando ho ascoltato questa intensa storia. È una puntata di una trasmissione – This American Life – che mi ha consigliato Max, e che è sempre fatta molto bene. Questo qui è un racconto bellissimo di un ragazzo – non più ragazzo – che ha ucciso un uomo durante una rapina. Da quel momento ha fatto 27 anni di carcere e comportamento esemplare: si è laureato, è diventato assistente carcerario per le questioni di droga, non ha mai fumato una sigaretta dove non si può. La sua voce, quello che dice, infonde di umanità tutto il contorno: è assolutamente ovvio che non abbia alcun senso ch’egli sia, ancora, privato della libertà.

La trasmissione – purtroppo – è in inglese, ma è un inglese piuttosto scandito. Ho tagliato il file in modo che ci fosse solo questa storia, cosicché sia più facile ascoltarla seguendo il filo conduttore del racconto: il file è qui, potete scaricarvela sull’ipod e ascoltarla in metropolitana, oppure basta premere “Play” in fondo al post.

Se non vi commuovete, se non sperate ardentemente per tutto il tempo che questa persona sia liberata – perché la giustizia! – se non vivete la sofferenza di quest’uomo, e non la percepite nella stessa metà del cielo – e non come contraltare – a quella della povera persona che ha ucciso, beh, penso che – uscito di scena quel Silvio Berlusconi – dovrete fare una lunga dieta.

This American Life

P.s. La prigione di cui si parla nel racconto è San Quentin.

7 Replies to “Giustizia e libertà”

  1. La vignetta di Staino e’ fenomenale. E risale al 2006. Secondo me, basterebbe adattare il nome del pterodattilo – ieri era Travaglio, potremo chiamarlo anche Grillo e forse pure Tonino, provocando un pochino – e sarebbe piu’ istruttiva di cento post.

  2. Caro Giovanni, io il tuo post l’ho letto, ma non ci trovo niente da obiettare. Infatti tu prendi in esempio un caso meraviglioso: un uomo commette un crimine, è fermato, subisce un processo, viene provato colpevole, va in galera, sconta la bellezza di 27 anni di galera e in quegli anni si redime. E’ del tutto ovvio che, allo scadere dei 27 anni (e aggiungo io: magari anche qualche anno prima, perché la buona condotta è un premio che va riconosciuto a chi lo merita) debba tornare a godere degli stessi diritti civili di cui godeva prima. Se dovesse essere candidato ed eletto al governo, può andar bene, se trova una maggioranza di persone che lo eleggono. Chiaro: più il crimine commesso è terribile e odioso e meno sarà pacifico una sua elezione al governo della cosa pubblica (poniamo se è uno stragista che ha ammazzato centinaia di persone innocenti per denaro: una persona del genere sarà cambiata dopo 20 anni di galera? Può darsi. Però, nell’incertezza, io voto il suo avversario politico).

    Il punto è che di solito si dà a sproposito del “giustizialista” a chi ti dice che vorrebbe che tutto ciò accadesse per chi commette un crimine. I garantisti pelosi sono dunque quelli che ti dicono: sì, ok, ha ucciso una persona, però le carceri scoppiano, i detenuti si uccidono, DUNQUE tutti fuori con un bel condono, o ancor meglio una bella amnistia.

    Per me il problema delle carceri che scoppiano è un problema. Che va risolto costruendo nuove carcerci, spaziose, accoglienti, post-moderne, dotate di wi-fi, di tv, di palestra, di biblioteca, di corsi serali di italiano e altro. Perché la pena è la privazione della libertà, non lo spingerti al suicidio per mancanza di spazio o per noia. Io nel carcere miro a RICOSTRUIRE il mio detenuto, rieducandolo alla vita civile e sociale, mantenendolo non solo con tre pasti al giorno e un letto alla notte, ma anche insegnandogli che nella vita è possibile anche non essere criminali, non uccidere, fare chessò, i programmatori o del volontariato.

    INsomma, per me il problema delle carceri che scoppiano NON si risolve mettendo fuori i carcerati in eccesso. Gli stolti e gli ottusi dicono, per ciò, che sono giustizialista. Questo a prescindere dal fatto che per me chi è assolto in primo grado è assolto punto e basta e il processo finisce lì. A prescindere dal fatto che secondo me in appello ci si deve andare solo se la difesa lo ritiene necessario, sapendo però che a parità di prove la nuova sentenza potrà essere anche più severa di quella di I grado. E magari prevedendo che al III grado di giudizio ci si arrivi solo se Difesa e Accusa sono d’accordo, o magari lasciando decidere a un organo terzo, che potrebbe essere un giudice di pace, o chi per lui.

  3. @ marco:
    Conoscendo bene Marco Travaglio, so che lui era ben contento della reazione grintosa di Bersani. Lo ha anche reso evidente dal suo rimanere a bocca aperta e nel non controbattere.

    Questa idea per la quale Marco debba essere in lotta armato contro Bersani e il PD a me fa sbellicare. Significa non aver capito proprio nulla di come la pensa Marco. Lui fa le pulci alle parti politiche che si rendono ridicole o incomprensibili o che commettono azioni contrarie al bene comune, così come lo definisce il codice civile o quello penale. Marco se la prende con tutti, anche con IDV che è il partito che probabilmente vota. Basta scorrere i suoi editoriali per trovare strali lanciati a 360° proprio come fanno i giornalisti americani nei confronti di tutti i politici del loro paese.

    Questo comportamento può destare fastidio giusto in chi è illiberale e ritiene che se un giornalista ti attacca perché non riesci a comunicare politicamente o perché uno dei tuoi è stato colto con le mani nel sacco, sia lesa maestà.

  4. Sulla vignetta di Staino: a me non piace perché non riconosco un profilo veritiero su “Beriatravaglio”. In ogni caso, molto meglio questa tavola di Staino su “Beriatravaglio” che quella sul Turpolev che ha ammazzato mezza classe dirigente polacca. Almeno stavolta se la prende con un uomo vivo, che può controbattere e che può difendersi. Inoltre, fa riflettere perché magari un eccesso di sospetto c’è in ciò che dice Travaglio. Faccio solo notare che se proprio escludiamo l’ipotesi che fra D’Alema e Berlusconi ci sia un inciucio, allora la classe dirigente del PD è proprio mediocre di suo, avendo perso così tante volte contro un uomo che politicamente è morto e risorto almeno tre o quattro volte.

  5. stimo travaglio e non comprendo nè il termine giustizialista nè la vignetta di staino. parliamoci chiaro: travaglio non ha mai messo alla berlina nessuno perchè “prende un caffè con d’alema”, tutte le volte che ricorda le frequentazioni di qualche politico la cosa è lungi dall’essere ininfluente. sull’indulto poi mai travaglio ha messo in secondo piano le condizioni di 14mila detenuti, solo si ricordava che l’indulto serviva solo a tenere fuori previti (ricordo a tutti, infatti, che le condizioni ora sono identiche a 4 anni fa). da subito si chiedeva una riforma e nuove carceri e solo in seguito un eventuale indulto, e senza includere i reati della pubblica amministrazione. non è colpa mia nè di travaglio nè di grillo nè di altri se c’è gente forcaiola che metterebbe in galera tanto per.
    comunque giro la domanda: gente che si arricchisce rubando voi dove la mettereste? i forcaioli sono i leghisti che vogliono la galera per i clandestini.

  6. Forcaiolismo sinistrorso, Travaglismo e una storia, quella di “This is american life” opportunamente decontestualizzata. Mischiare il tutto in maniera un po’ confusa per dimostrare che e’ il “garantismo di maniera” l’unico ad avere il bollino DOCG della sinistra.
    La sinistra?
    Si, la sinistra, quell’argomento che va sempre bene per tutto quando non se ne hanno altri. La sinistra che ci torna utile per denunciare le derive ideologiche o per riscoprirle, quando non sappiamo come arrivare dove vogliamo. La sinistra della quale condanniamo i conservatorismi ottusi e alla quale chiediamo in prestito le identita’ che non abbiamo piu’. La sinistra sentimentale di Staino dal quale prendiamo distanza il giorno prima e che riscopriamo il girno dopo. La sinistra di Costa insomma: quella che c’era ma non c’e’ mai stata!
    Saluti.

Leave a Reply to dtm Cancel reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *