Talk show metropolitano

Questa cosa della polizia che mi manda via, a dire il vero, mi deprime proprio. Non mi arrabbio neanche, è proprio il concetto dell’utilizzare il proprio piccolo spazio di potere per fare qualcosa che non produce nessun giovamento alla comunità.

L’idea che le regole non servano per rendere vivibile e bella la vita delle persone, ma per essere applicate, anche quando quest’applicazione non sia di alcun beneficio. È una cosa di cui, ogni volta, non mi capacito: ma non faccio nulla di male. Le persone si divertono. Mi metto in un angolo, non infastidisco nessuno, e non c’è nessun fine di lucro.

Anche un sacco di gente che mi legge, e che mi ha scritto non se ne capacita: i più combattivi, Max e Fabio – che non a caso vivono lontano dall’Italia da più di qualche anno – non se ne capacitavamo: «lo sai che qui in America non potrebbe succedere?» «quello è un diritto garantito dalla Costituzione» «certo, ci sono divieti specifici: non si può fare davanti a un ospedale, o a un ufficio postale, per non intralciare. Ma sono divieti sensati. Per il bene di tutti».

E va bene, dunque, avete capito: l’autorizzazione della questura per le manifestazioni non serve a nulla perché è il Comune di Roma a doverla dare, per occupazione di suolo pubblico. E quella si deve pagare. Io trovo inconcepibile che si debba pagare, anche pochi euro, per mettersi in strada a parlare con la gente. E allora, sulla scorta della giornata dell’altro ieri in cui era stata la pioggia e non la polizia a mandarmi via, ieri ci ho riprovato.

Però con più caparbietà, ogni volta che mi dicevano «qui non ci puoi stare» «perché?» «perché qui non ci puoi stare» io insistevo un po’ nel chiedere le ragioni, e alla fine mi dicevano «vai più in là che non è di mia competenza». Anche perché molte delle persone che stavano parlando con me s’arrabbiavano, talvolta lasciandosi andare a improperî anche un po’ demagogici: «ma andate ad arrestare chi ruba invece di dare fastidio alla gente!» e così via.
E così io mi spostavo un po’ più in là da Piazza del Popolo a risalire in Via del Corso.

Perciò, così facendo, ho accumulato varie chiacchierate e varie facce, che – allora – vi racconto e vi faccio vedere:

Per primi sono arrivati Leonardo, Giulia e Claudia. Leonardo non si era ancora seduto, ha appoggiato i gomiti sullo stendino, e mi ha chiesto: «beh, allora tu credi in Dio?». Come se fosse un discorso che avevamo lasciato in sospeso quella mattina. Io gli dico: «sei tu Dio?». Dice «ho paura di no». «E allora mi sa che non mi si è ancora manifestato», gli ho detto. Allora Giulia e Claudia hanno iniziato a parlare dei misteri. Bell’argomento i misteri, peccato che ci abbia interrotto la polizia venuta a cacciarmi. Abbiamo fatto in tempo a fare una foto, però (Claudia non ha ancora diciottanni):

È arrivata Francesca, poi, appena riposizionatomi. Mi ha detto «di che si parla?» e io le ho detto «lo chiedo io a te, di qualunque cosa!» E lei, «raccontami una barzelletta, ché mi ci vuole proprio». Le ho raccontato quella di quello con tre palle, che chiunque mi conosca avrà sentito – è uno dei miei pezzi forti – Francesca ha riso tanto, mi ha ringraziato ed è andata. Ecco Francesca (ero di corsa, ho fatto la foto col cellulare):

È arrivato poi Claudio, che mi ha chiesto della mia famiglia, e di dove sono: gli ho detto che è difficile da dire perché tutti, mia madre, mio padre, mio nonno, mia nonna, mio nonno, mia nonna, sono di posti diversi, e io sono nato in un altro posto ancora. Mi ha chiesto della mia nonna materna, e allora gli ho detto che è nata a Sovicille (SI) ed è della contrada dell’istrice. Poi mi ha chiesto della legge sulla par condicio televisiva, ma è arrivato un nuovo allontanamento da parte della politiz – menomale – ché non ero molto preparato! Però così mi son dimenticato di fare la foto, e allora ci metto quella di Gabriele, con cui avevo parlato (taaanto) ieri e non l’avevo messa:

Già su Via del Corso sono arrivati Emanuela e Andrea: Emanuela mi ha detto che la mia iniziativa le ricordava un video-musicale-di-un -cantante-americano che andava in giro con scritto “free hugs”. Le ho detto che un abbraccio, se voleva, potevo darglielo anche io. Ma che c’erano altre persone che lo facevano, di abbracciare gratis.
Poi, proprio mentre stavano lì, si è affacciato un ex-collega di Andrea, che abita a Napoli e capitava per caso a Roma! Il collega ci ha fatto la foto:

Con Jacopo e Christian abbiamo cominciato a parlare di Israele e Palestina, perché mi avevano chiesto cos’avevo fatto negli ultimi due anni. Poi però siamo passati alle crociate. La mia personale crociata contro gli spremi agrumi elettrici. Ho spiegato loro che spremere le arance è l’unica cosa al mondo che, mentre la fai, pensi solo a quello. Mentre leggi, giochi al computer, guidi, pensi sempre a qualcos’altro: ma se spremi un’arancia no! Pensi solo a quello. Mi hanno detto che non ci avevano mai fatto caso e che la prossima volta ce lo avrebbero fatto. «Allora la prossima volta che spremerete le arance penserete a me?» «Sì», mi hanno detto, sciagurati: «ma allora non avete capito niente: mentre si spremono le arance non si deve pensare a nulla!».

Poi sono arrivati Leone e Mattia, a Mattia ho chiesto immediatamente una foto: e sapete perché? Altro che mondo piccolo, lui s’era già fermato a parlare con me quest’estate! Quella che vedete qui sotto non è una “V” di vittoria, ma un 2! Come le due volte che ci siamo incontrati:

A Leone, invece, ho detto che avrei potuto parlargli di qualunque cosa. Ma non solo, tenendo qualunque posizione. Lui mi ha chiesto, allora, di convincerlo che “Berlusconi è bravo”. Niente di più facile. Gli ho raccontato di come Berlusconi avesse eluso il divieto di trasmissione su scala nazionale per le TV private con un espediente: facendo trasmettere a un bastione di televisioni locali lo stesso programma alla stessa ora.
Poi Leone era talmente tanto bravo a parlare che gli ho offerto il mio posto, sono andato di là, e mi sono fatto dare un po’ di consigli sulla mia vita. Vedremo quando li metto in pratica:

Un sacco di gente passava, come al solito, e si metteva a ridere, o commentava: «grande!»: ma il commento più bello è stato di un ragazzo che è passato insieme alla fidanzata, e mi ha fatto «guarda, questa nun parla manco a me, figurati».
Uno che invece parlava troppo era Michele, talmente tanto, che per allenarlo ad ascoltare i suoi amici, un altro Michele e Giovanni, mi hanno chiesto il rotolo di scotch e l’hanno piazzato così davanti a me:

Con gli altri suoi amici ci siamo messi a parlare di tag, e di scritte sulle metropolitane. Ho detto loro che i disegni mi piacciono, ma le scritte no. Poi hanno fatto battute omofobiche sul “rompere il culo” e abbiamo iniziato a parlare di omosessualità, di froci. Mi hanno detto che i gay sono contronatura. Forse avete anche ragione, ho detto loro, anche se ci sono un sacco di scimmie omosessuali. Ma anche il matrimonio è contronatura: avete mai visto due scimmie sposarsi? Eppure nessuno dice niente. Giocare alla Playstation è contronatura: però ci gioco. E così via.
Peccato che l’altro Michele e Giovanni non si siano voluti far fotografare: solo la mano:

Poi è venuta questa signora spagnola, mi ha chiesto se parlavo di qualunque cosa solo in italiano. Le ho detto che lo facevo anche in inglese, ma lei mi ha chiesto se lo facevo anche in spagnolo. Le ho detto: beh, proviamo, e mi son messo a provare a rispolverare i miei due esami universitarî di lingua spagnola, rendendomi conto che non mi ricordavo NULLA. Si chiamava Suzana, la signora, e nel nostro comunicare maccheronico ci siamo capiti un po’. Mi ha detto che fa l’insegnante di sostegno, e io le ho detto che anche mia madre è stata insegnante di sostegno per tanti anni, e poi che non crede in Dio. Neanche io ci credo, le ho detto. Mia madre invece sì, pure troppo.

Intanto si era creata una folla di persone che si erano messe ad aspettare per parlare con me, saranno state venti. A un certo punto erano talmente tante che ho fatto una foto. Così sembrano passanti, ma in realtà erano lì ad aspettare!

Sono poi venute Livia e Selene, entrambe piccoline, sedici anni. Mi hanno iniziato a spiegare come i loro coetanei sono stupidi perché seguono i Tokio Hotel anziché i Green Day. Accidenti, i Green Day, ho pensato. E gliel’ho detto: all’età loro andai a un concerto a Marino che fecero. Esistono ancora, dunque.

Selene mi ha detto che si faceva la foto ma con la mano davanti, perché non voleva che sua madre la vedesse (che poi dubito che la mamma di Selene legga questo blog). Livia invece, alla sua, ha voluto fare la linguaccia:

Alla fine sono venute Sabina, Pamela, Giovanna e Andreia, avevamo iniziato a parlare in quel momento quando sono arrivati di nuovo e definitivamente a cacciarci. Ci siamo fatti la foto quando, ancora ignari, pensavamo di farci una bella chiacchierata: invece sullo sfondo si vede la poliziotta che verrà a mandarci via. Il colmo è che accanto a noi c’erano due o tre macchine parcheggiate in stradivieto di sosta che occupavano molto più “suolo pubblico” su Via del Corso.
Avevamo iniziato a parlare del volontariato, tre di loro erano delle volontarie che aiutavano la quarta, sulla sedia a rotelle. Sarebbe stata una bella chiacchierata, anche a giudicare dalle facce:

Poi basta, sono andato via. Ero un po’ stufo di sparaccare e ribaraccare, e poi stava venendo il freddo.

Quanto al titolo, beh, grazie a Davide: questo sì che è un Talk Show – tanto talk, e un po’ di show – mica Bruno Vespa!

12 Replies to “Talk show metropolitano”

  1. Ma leggendo pensavo (non stavo mica spremendo arance, dopotutto): ma se la prossima volta, al posto dello stendino che “occupa” suolo, vai in giro solo con un cartello a sandwitch e un cadreghino? Nessuno potrebbe più cacciarti, no?

  2. @ Giovanni Fontana:
    “L’idea che le regole non servano per dare rendere vivibile e bella la vita delle persone, ma per essere applicate, anche quando quest’applicazione non sia di alcun giovamento.”

    Secondo me non è solo quello. Penso che in quella situazione il vigile/poliziotto intervenga di fronte a violazioni _vistose_ e suscettibili d’intervento-cazziatone da parte di un’autorità superiore: il suo capo, un politico di passaggio, le Iene, Striscia (in ordine gerarchico crescente).

  3. Bellissimo Giovanni!
    i miei sinceri complimenti per questa originale iniziativa..veramente bello..non smettere di farlo e fallo sempre meglio!

    e anche il racconto che ne hai fatto..sembrava di stare li con te quel pomeriggio.
    proprio bello!

  4. Se ti venisse voglia di parlare con chiunque di qualunque cosa ad Amstedam fammelo sapere.
    Vista la quantità di artisti di strada che c’è in giro, dubito che ci siano problemi con il suolo pubblico. Caso mai portati lo stendino, ché non credo si trovi facilmente, qui.

  5. Così sbarbato assomigli molto a un ragazzo della mia età che andava alle medie in una sezione parallela della mia scuola. L’ho rivisto vent’anni dopo, perchè mia figlia e suo figlio andavano allo stesso asilo nido. E sua moglie è sorella di una mia collega. E la signora di Pola che viene a fare le pulizie una volta alla settimana a casa mia e ci porta le uova delle sue galline è stata per tanti anni in gioventù la babysitter di questa mia collega e della sorella, moglie del mio vecchio amico, quando erano bambine. A Trieste le vite di solito si ingarbugliano così l’una con l’altra.

  6. Grande! bella idea che spezza la coerenza quotidiana ed automatica di molte persone e premia il valore della comunicazione e della relazione fuori da ogni sistema, in un luogo accessibile a tutti, la strada!
    ps- lo stendino dà all’occhio, basterebbe un cartello sul petto e sedersi per terra (pioggia permettendo!)

  7. Sono lontano da Roma e purtroppo non penso ci potremo mai parlare di persona, però vorrei chiederti un parere sulla condizione delle donne messicane e mi riferisco in particolare alle donne delle maquilladores di Ciudad Juarez.
    Ti consiglio, probabilmente l’avrai già visto, il documentario “ni una ni mas”.
    Ogni volta che ripenso a queste vicende cado nello sconforto più totale…

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