Quante volte mi è capitato

Come sapete mi sto impegnando in dei progetti contro alle mutilazioni genitali femminili nell’Africa Occidentale, e spesso mi trovo ad avere a che fare con un atteggiamento – che mi rammarico di dover riconoscere come tipicamente di un certo tipo di sinistra – che nega ogni possibile critica o ogni possibile addebito all’Islam, ma più in generale alle religioni.

Nessuno si stupisce se critichi il liberalismo, se critichi il socialismo, se critichi il nazismo, se critichi qualunque tipo di sistema di idee. Ma le religioni – che potranno essere anche tutte ugualmente fasulle, ma non sono tutte uguali negli effetti sulle persone – beh, quelle non si possono criticare. Ovviamente non parlo di persone – o non direttamente – ma di sistemi di idee: la questione è che dire che il sistema di idee dell’Islam è pericoloso per le donne, o che la società cristiana garantisce meno la felicità delle persone che ci vivono dentro rispetto a un qualche altro culto meno sessuofobico, beh ciò desta scandalo.

Ma questo non è un approccio laico. Questo è considerare le religioni dal punto di vista religioso, e non da quello esterno. Dov’è l’affezionata sinistra anticlericale di una volta?
Il problema non è l’essere d’accordo o no: si può discutere di tutto, possiamo parlare: una società liberale o una socialista garantiscano maggiormente la felicità delle persone? Non so, parliamone. Ma nessuno si sognerebbe mai di invocare la lesa maestà.
Il problema, insomma, è proprio affrontare la questione: perché questo tipo di domanda non è legittima?

Il meccanismo è esattamente questo:

Questo modo di ragionare annichilisce deliberatamente qualunque azione che possa essere messa in pratica a nome delle vittime dell’Islam. Se provi a fare qualcosa a nome delle vittime, cominciando con l’onestà di ammettere chi sta perpetrando il crimine e perché, i critici vengono fuori e dicono: «Hey, ma non sono solo i mussulmani a farlo». Dopodiché questi critici si sentono veramente buoni per aver fatto presente che l’Islam non c’entra nulla e, sì, vanno a casa con l’anima in pace e non fanno nulla per l’argomento in questione. Così nel caso delle mutilazioni genitali femminili, il sinistroide si sente soddisfatto di aver tirato fuori il fatto che non è solo l’Islam a perpetrare questa pratica, e non si imbarca in nessuna azione concreta per aiutare le vittime, e le mutilazioni delle bambine nell’Islam continuano.

La cosa ovvia, che però è così faticoso dire in pubblico è che:

Naturalmente i mussulmani non sono gli unici che perpetrano le MGF. Ovviamente le MGF sono praticate fuori dall’Islam, incluse molte tribù africane non-mussulmane (e anche molti cristiani egiziani, eritrei, etiopi, aggiunge il traduttore). […] Ma il punto chiave è che quello mussulmano è il principale gruppo religioso che pratica questa violenza di genere sulle donne. E la verità è che se sei vittima delle MGF, allora le possibilità che tu viva in una società mussulmana sono molto alte.

16 Replies to “Quante volte mi è capitato”

  1. Per carità, se c’è da parlare male della religione sfondi una porta aperta. 🙂

    Ma una correlazione statistica non fa rapporto causa-effetto. E’ come dire che, siccome fra i cattolici praticanti ci sono molti bigotti, il cattolicesimo è la causa del bigottismo. E i cattolici non bigotti cosa sono? Dei geni incompresi?

    ciao
    nicola.

  2. Conoscere le migliori teorie sull’esistenza e scegliere le migliori fra esse (cioè, secondo la migliore tra le convinzioni consolidate) a noi sembra il modo appropriato per non essere né bigotti né fanatici, ma qualcosa di più saldo di un bigotto e ancora più terribile di un fanatico, ovvero, un uomo con un’opinione precisa. Ma quell’opinione precisa, in questa ottica, deve cominciare con le questioni fondamentali del pensiero umano, e queste non possono essere accantonate come irrilevanti, al modo in cui la religione, per esempio, viene troppo spesso accantonata, di questi tempi, come irrilevante. Anche se pensiamo che la religione sia un problema insolubile, non possiamo pensare che sia irrilevante. Anche se non abbiamo una visione personale delle verità ultime, dobbiamo sentire che una simile visione, ovunque esista in un uomo, deve essere più importante di qualsiasi altra cosa entro di lui. Nel momento in cui cessa di essere inconoscibile, essa diventa l’indispensabile.
    E’ indubbio, io credo, che nel nostro tempo esista l’idea secondo cui c’è qualcosa di angusto o di futile o, perfino, di meschino nell’attaccare la religione di una persona, o discutere in base a quella di questioni di politica o di etica. Egualmente indubbio è che una simile accusa di anguste vedute sia di per sé angusta in modo quasi grottesco. Per prendere un esempio da vicende relativamente recenti; noi tutti sappiamo che non era raro, per una persona, vedersi considerare uno spauracchio di bigotteria e di oscurantismo perché diffidava dei giapponesi, o si doleva per l’ascesa dei giapponesi in quanto i giapponesi erano pagani. Nessuno penserebbe che ci sia qualcosa di antiquato o fanatico nel diffidare di un popolo per via di qualche divergenza tra quello e il nostro nella prassi o nell’ingegneria politica. Nessuno avrebbe considerato sintomo di bigotteria dire di un popolo:”Diffido della sua influenza perché ha un orientamento protezionista.” Nessuno considerebbe sintomo di angustia mentale dire:”Mi duole la sua ascesa perché segue il socialismo, o l’individualismo manchesteriano, o crede fermamente nel militarismo o nella coscrizione obbligatoria”. Una divergenza di opinione sulla natura delle questioni parlamentari ha grande importanza; ma una divergenza di opinione sulla natura del peccato non ha alcuna importanza. Una divergenza di opinione sullo scopo della tassazione ha grande importanza; ma una divergenza di opinione sullo scopo dell’esistenza umana non ha alcuna importanza. Noi abbiamo il diritto di diffidare dell’uomo che vive in un’altra sorta di municipalità; ma non abbiamo alcun diritto di diffidare di uomo che vive in un’altra sorta di cosmo. Questo genere di atteggiamento illuminato è di sicuro il meno illuminato che sia possibile immaginare. Per ricorrere alla frase che ho usato in precedenza, questo equivale a dire che tutto è importante a eccezione di tutto. La religione è esattamente la cosa che non può essere lasciata fuori, perché include tutto. La persona più distratta non può preparare la sua valigia a soffietto e lasciare fuori la valigia. Noi abbiamo una visione generale dell’esistenza, che lo vogliamo o no; essa àltera, o per essere più precisi, crea e coinvolge tutto ciò che facciamo o diciamo, che lo vogliamo o no. Se consideriamo il cosmo come un sogno, consideriamo la questione fiscale come un sogno. Se consideriamo il cosmo come uno scherzo, consideriamo la cattedrale di St. Paul come uno scherzo. Se tutto è male, dobbiamo credere (se mai è possibile) che la birra sia un male; se tutto è bene, siamo ridotti alla conclusione piuttosto fantastica che la filantropia scientifica sia un bene. Ogni uomo della strada deve serbare un sistema metafisico, e serbarlo con fermezza. L’estrema possibilità ammisibile è che l’abbia serbato con tanta fermezza e così a lungo, da dimenticare della sua esistenza.
    Questa situazione è certamente possibile; di fatto, è la situazione dell’intero mondo moderno. Il mondo moderno è pieno di uomini che serbano i loro dogmi con tanta forza che non sanno neppure che si tratta di dogmi. Si può perfino dire che il mondo moderno, come un’unica entità, serbi certi dogmi con tanta forza da non sapere che si tratta di dogmi. In taluni circoli progressisti, per esempio, può apparire “dogmatico” presumere la perfezione o il miglioramenteo dell’uomo in un altro mondo. Ma non appare “dogmatico” presumere la perfezione o il miglioramento dell’uomo in questo mondo: benché quell’idea di progresso sia indimostrata esattamente come l’idea di immortalità e, da un punto di vista razionalista, egualmente improbabile. Accade che il progresso sia uno dei nostri dogmi, e un dogma corrisponde a qualcosa che non è ritenuto dogmatico. O, ancora, noi non vediamo nulla di “dogmatico” nella stimolante, ma certo assai sorprendente, teoria della scienza fisica, per cui dovremmo raccogliere i fatti per amore dei fatti i sé, anche se sembrano inutili come fondi di bottiglie. Questa è un’idea grande e suggestiva, e la sua utilità, se volete, forse si sta rilevando in concreto, ma la sua utilità, in astratto, è discutible quanto l’utilità di quel ricorso agli oracoli o ai santuari dispensatori di consigli, che, a quanto si dice, si rivela egualmente in concreto. Così, poiché noi viviamo in una civiltà che creda con forza negli oracoli e nei luoghi sacri, vediamo la compiuta pazzia di quanti andarono a morire per trovare il sepolcro di Cristo. Ma vivendo in una civiltà che crede, invece, nel dogma del fatto in sé per sé, non vediamo la compiuta pazzia di quanti vanno a morire per trovare il polo nord. Non sto parlando di un’ultima utilità sostenibile che è vera sia per le crociate sia per le esplorazioni polari. Voglio solo dire che vediamo la singolarità superficiale ed estetica, il lato sorprendente, nell’idea di uomini che attraversano un continente con gli eserciti per conquistare il luogo dove è morto un uomo. Ma non vediamo la singolarità estestica e il lato soprendente propri di uomini che muoiono fra i tormenti per scoprire un luogo dove nessun uomo può vivere, un luogo unicamente interessante perché, a quanto si suppone, è il punto d’incontro di linee che non esistono.
    Intraprendiamo, dunque, un lungo viaggio e iniziamo una terribile ricerca. Scaviamo, perlomeno, e cerchiamo fino a che abbiamo scoperto le nostre opinioni. I dogmi che in realtà serbiamo sono assai più fantastici e, forse, assai più belli di quanto pensiamo. In questi saggi, temo di aver parlato, di tanto in tanto, di razionalisti e razionalismo, e in un senso dispregiativo. Essendo pieno di quella gentilezza che dovrebbe sopravvenire alla fine di ogni cosa, e finanche di un libro, mi scuso con i razionalisti perfino di averli chiamati razionalisti. Non ci sono razionalisti. Noi tutti crediamo nelle fiabe, e vi abitiamo. Alcuni, con una sontuosa tendenza letteraria, credono nell’esistenza della signora vestita di sole. Altri, con un più rustico istinto di elfi, come il signor McCabe, credono soltanto nell’impossibile sole. Alcuni serbano il dogma indimostrabile dell’esistenza di Dio; altri, l’egualmente indimostrabile dogma dell’esistenza dell’uomo alla porta accanto.
    Le verità si mutano in dogmi nel momento in cui sono discusse. Così, ogni uomo che esprime un dubbio definisce una religione. E lo scetticismo del nostro tempo non distrugge realmente le credenze, piuttosto, le crea; conferisce a esse i loro limiti e la loro forma chiara e ardita. Noi che siamo liberali, una volta serbavamo al liberalismo una considerazione distratta, come a un’ovvietà. Ora, è stato messo in discussione, e noi lo serbiamo ferocemente come una fede. Noi che crediamo nel patriottismo, una volta pensavamo che il patriottismo fosse ragionevole e non pensavamo granché d’altro. Ora sappiamo che é irragionevole e sappiamo che è giusto. Noi che siamo cristiani non conoscevamo il grande buon senso filosofico che inerisce a quel mistero, fino a che gli scrittori anticristiani non ce l’hanno indicato. La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. E’ una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. E’ una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assenata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

    (G.K.Chesterton – “Eretici” – 1908)

  3. franco scrive::

    Anche se pensiamo che la religione sia un problema insolubile, non possiamo pensare che sia irrilevante.

    Nono, noi non pensiamo minimamente che la religione sia un problema insolubile, e quindi irrilevante. Sarebbe un non sequitur non da poco.
    Noi pensiamo che la religione sia irrilevante proprio perché è un problema solubilissimo, se solo usassimo lo stesso criterio che usiamo per tutte le altre manifestazioni del mondo.

    Sul resto, non è indifferente la data, le questioni riguardo al relativismo etico hanno ricevuto risposta – filosofica – oramai cent’anni fa.

  4. Giovanni Fontana scrive::

    Sul resto, non è indifferente la data, le questioni riguardo al relativismo etico hanno ricevuto risposta – filosofica – oramai cent’anni fa.

    Mi è sfuggita, e forse non solo a me.

  5. @ franco:
    ahah, hai ragione, non era molto chiaro: che non c’è bisogno di una divinità per dire che, per come la dice il mio amico Marco, che due più due fa quattro.

    Se puoi dire che due più due fa quattro, puoi dire che esista una verità, rispetto a quanti chicchi di sabbia ci siano in una spiaggia, che anche se non sai – e magari non potrai saperlo, o forse sì – ma comunque, il numero questo numero c’è.

    Se assumi questi presupposti, e non vedo come tu possa non assumerli, si può stabilire che esista una società che garantisce la felicità del maggior numero di persone – e cercare di lavorare per ottenerla.

    In altre parole, ciò che si può – e si deve, e si fa – è quale sia il metodo per avere una società più giusta, non che questa battaglia per una società più giusta vada combattuta o no.

  6. Ok, non c’è bisogno di postulare una divinità per affermare che 2+2 fa quattro, ed invece per affermare che torturare un bambino è sbagliato?

    Con ciò non intendo dimostrare l’esistenza di Dio ma soltanto affermare che tutti hanno degli assiomi etici indimostrabili (se non in termini di altri assiomi), dogmi che ognuno serba spesso senza pensare che siano tali.

  7. @ franco:
    Ok, diciamo che basta il buon senso, poi ci sono cose più specifiche che devono necessariamente riferirsi a Dio, premetto però che la normativa cristiana in fatto di morale è molto vicina a tante morali, come tu ben sai, noi ci differenziamo su quello che Gesù dice “amatevi COME io vi ho amati” e qui sta tutta la differenza nel provare ad amare come ha amato lui ha amato

  8. @ fra Alberto:
    No, il buon senso non basta per nulla.
    Ci si potrebbe avvicinare il common sense in inglese, ma non è neanche quello il mio punto, ovviamente.

    franco scrive::

    Ok, non c’è bisogno di postulare una divinità per affermare che 2+2 fa quattro, ed invece per affermare che torturare un bambino è sbagliato

    franco scrive::

    ma soltanto affermare che tutti hanno degli assiomi etici indimostrabili (se non in termini di altri assiomi), dogmi che ognuno serba spesso senza pensare che siano tali.

    Ho capito cosa dici. Ti ho dato una risposta, spiegami perché non ti convince.
    Secondo te c’è una ragione per non piantarsi un coltello nella mano?

  9. @ Giovanni Fontana:
    hai mai provato a piantarti un coltello nella mano? Tu proponi una visione individuale-soggettivista (insomma un’impostazione sostanzialmente relativista dove la felicità del singolo sommata a quella degli altri) allora poniamo il caso che ti trovi davanti un bambino affetto da masochismo cronico, gli pianti il coltello e lui è felice, nel vero senso della parola, che famo? Continui ad affondare la lama? Il buon senso in molti casi, non in tutti, risolve i problemi, non lo svaluterei del tutto.

  10. Beh, un bambino è un esempio sciocco. Non faccio neanche guidare una macchina a un bambino, diciamo persone capaci di intendere e di volere.

    Un adulto. Sì, posto che cerco di spiegare a lui perché questo fa male, e cerco di abbattere l’indottrinamento per cui ha fatto questa scelta (è una cosa fisica il dolore che proviamo).

    Ma se rendiamo l’esempio un caso limite, sì, per quanto consideri la vita una cosa fichissima, sono a favore dell’eutanasia.

  11. Il caso è abbastanza limite, sarebbe interessante che cercassi di esplicitare dei principi che non sono così chiari (lo dico perchè mi interessa la tua impostazione), ad esempio credo che sarebbe importante affrontare il tema male-bene, ovvero se tutto ciò che mi rende felice in quella situazione e in quel periodo sia veramente un bene, come dicevamo “in gelateria” sul tema del “alla lunga è un bene?” non sottovalutare la cosa perchè credo sia importante

  12. Giovanni Fontana scrive:

    Sì, posto che cerco di spiegare a lui perché questo fa male, e cerco di abbattere l’indottrinamento per cui ha fatto questa scelta (è una cosa fisica il dolore che proviamo).

    L’adulto potrebbe non lasciarti abbattere l’indottrinamento per cui ha fatto questa scelta. Se poi “quell’indottrinamento” lo ha portato ad una convinzione, il suo “credo” lo porterà anche ad accettare con serenità il dolore fisico che può provare.
    E allora?

    Giovanni Fontana scrive::

    per quanto consideri la vita una cosa fichissima, sono a favore dell’eutanasia.

    Ok, sei a favore dell’eutanasia perchè vedi la sofferenza fisica e desideri la felicità delle persone.
    Ci sono persone che soffrono molto anche psicologicamente, questa è un tipo di sofferenza che non sempre si vede e che non sempre si può alleviare e, in certi casi, può diventare più pesante di quella fisica. Che fare?
    Appena vieni a conoscenza del loro stato, eutanasia anche per loro?

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