Settembre Undici

Io me lo ricordo perfettamente dov’ero otto anni fa, come tutti noi. Al mercatino di San Lorenzo, a Firenze, cercando una maglia del Chievo neopromosso, con Marco e Angela.
Quest’anno è il primo anno, non so perché, in cui lo sento un momento lontano, storico, dopo aver capito quel giorno che la Storia ero – anche – io.

E tutti
ci ricorderemo dove eravamo in quel
momento. Seduti in macchina a
cercar parcheggio, con la testa
tra i surgelati a cercar la
paella, davanti al computer a
cercare la frase giusta. Poi uno
squillo di telefonino, e
l’amico, il parente, il collega
che ti staccano una storia
inverosimile di aerei e
grattacieli, ma và via, dai,
lasciami perdere che oggi è già
una giornata difficile, ma lui
non ride e dice: ti giuro che è
vero. Ricorderemo l’istante
passato a cercare in quella voce
una qualunque sfumatura di
ironia, senza trovarla. Ti giuro
che è vero. E non dimenticheremo
la prima persona a cui abbiamo
telefonato, subito dopo, e
nemmeno quel pensiero –
immediato, sciocco ma
incredibilmente reale – “Dov’è
mio figlio? “, i miei figli, la
mamma, la fidanzata, domanda
inutile, perfino comica, lo
capisci subito dopo, ma intanto
è scattata – la Storia siamo
noi, è solo un verso di una
canzone di De Gregori, ma adesso
ho capito cosa voleva dire –
risvegliarsi con la Storia
addosso. Che vertigine.

Questo lo scrisse Baricco il giorno dopo.

6 Replies to “Settembre Undici”

  1. parole sante. Io ero in giro per l’Eur con Manuel e Valerio, due miei amici. Ero andata a Roma apposta per vederli. Torno a casa mia (ardea) in concomitanza con il primo schianto del primo aereo sul grattacielo. Mi si gelò il sangue: avevo un caro amico negli USA e la paura matta che gli succedesse qualcosa. Non lo dimenticherò mai, seriamente. Ore ed ore di angoscia. Ed il pensiero di tutte quelle persone rimaste uccise.

  2. Più o meno verso quest’ora arrivavo con mio marito a Loreto. Ci colpì il fatto che si stavano ingrossando gruppetti di persone intorno ai televisori. Lì per lì non si capiva… addirittura si pensava ad uno scherzo… per attirare l’attenzione… magari!

  3. Io stavo facendo i compiti delle vacanze a pochi giorni dal rientro a scuola, come al solito mi ero ridotto all’ultimo. Il giorno dopo mia mamma mi rimproverò perché stavo giocando a Counterstrike: “ma cosa fai con questi giochi con quello che è successo ieri?”.

    È vero, anch’io quel giorno tremendo lo ricordo come qualcosa che -anche se da poco- è ormai passato, più o meno come la Lira. Se questo sia un bene o un male io non lo so, nè riesco a capire se stiamo sperimentando una fisiologica rimozione o un rigetto forzato, dovuto all’abuso della nostra paura compiuto da certo Occidente. Mi basterebbe che fosse semplicemente un pericolo scampato.

  4. it was a bright morning of September in Ohio. My wife and I were pulling over the parking lot of our University. NPR was on the radio: “a plane, maybe a small Cessna hit one of the WTC towers”. That’s the most vivid memory I have. “Weird” I thought “The weather is awesome in NYC this time of the year”. We all knew it wasn’t a Cessna the moment we logged into CNN and the website was frozen on the breaking news ticker and that unforgettable frame of the NYC skyline.

    but the most eerie and surreal moment was on late afternoon that day. we already new that that same morning Flight 93 had done a big U-turn right above our heads for later crashing in Shanksville, PA: Those bright blue and big mid-western skies, all the time so annoyingly filled with airplane tracks,… that evening they were empty and silent, as the streets below. The first no-fly day of US history. it was the dawn of a new dark era and I just cuddled my wife tight.

  5. Mio dio. Non soltanto odio Baricco, e questa squallidissima imitazione in brevi versi sciolti del poeta civil-scettico per antonomasia, Tony Harrison (è proprio vero che noi italiani non abbiamo idea di come veicolare il senso della tragedia; anche quando imitiamo platealmente gli americani – neanche gli inglesi) mi rafforza nell’astio; ma, inoltre, il fatto che scelga di scrivere “và via” anziché “va’ via” genera in me istinti di soffocamento in culla.

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