Una costola della Lega

Il cerchio si chiude. Ora che anche il ministro più truculento della storia della Repubblica ha reiterato il concetto più bieco che abbia mai allignato fra le file della sinistra, l’indegno ragionamento sotteso a quel concetto è restituito al suo tenutario naturale.

Calderoli ha detto che “la democrazia non si può espostare”, perché “non tutti sono pronti per la democrazia”: argomenti tanto razzisti, quanto in voga ai tempi della guerra in Iraq.
Ci sono due equivoci qui: il primo è che ci sia qualcuno che, appunto, sia meno pronto di altri per la democrazia. Come se, davvero, in qualche parte del mondo fosse meglio vivere senza le libertà; come se noi – in qualità di Occidente – fossimo i possessori di quei valori, che sono invece universali.
Il secondo equivoco è che la democrazia si può esportare eccome, in tutte le parti del mondo si è stata esportata: in Italia, in Giappone. Le buone idee sono contagiose: una donna vede un’altra donna che può votare e si domanda «perché io no?».
Ciò che non si può fare è imporre la democrazia, ma questo non si può fare per definizione, perché la democrazia è un metodo, non un fine. Ed è libertà di scelta. Sarebbe come dire che «prendi la pizza che preferisci» è una frase che ti impone un tipo di pizza.

È un caso che tali parole vengano dal partito più incivile dell’intero emiciclo? Da quello che – in maniera molto poco latente – odia gli immigrati? Non lo è per nulla, è la naturale prosecuzione di quell’idea.
Forse dovrebbe essere chi, a sinistra, ha sostenuto per tanto tempo che ci siano degli individui che, endemicamente, non sono in grado di governarsi da soli e hanno bisogno del dittatore di turno, a scartare di lato è togliersi da quella cattiva compagnia.

43 Replies to “Una costola della Lega”

  1. La democrazia non si impone, hai perfettamente ragione. Però neanche la si può solo esportare per contagio. Alla democrazia qui ci si è arrivati passo passo dopo innumerevoli errori e dopo aver stabilito quali sono le più calibrate definizioni di libertà, uguaglianza, giustizia e così via.

    Ma al di là di questo, è divertente pensare che la Lega oggi sta ripetendo le stesse cose che Diliberto e soci dicevano ai tempi del Governo Prodi II. Solo che un paio di anni fa sembravano idee fuori da ogni grazia di Dio, oggi sono opinioni discutibili ma legittime.

  2. Io la penso diametralmente all’opposto. Anzi, alla democrazia qui ci si è arrivati calibrando molto poco, ci si è arrivati con i carri armati degli americani. In Giappone ci si è arrivati dopo due bombe atomiche, prima c’era una forma di dittatura-divinità assoluta.

    Trovo che invece, al tempo, fossero considerate opinioni discutibili ma legittime – anzi della fortissima opinione pubblica contraria all’internvento in Iraq erano in moltissimi a tirare fuori anche l’argomento razzista.

  3. Dire che in Italia si è arrivati alla democrazia con i carri armati americani è secondo me troppo semplicistico. Prima del fascismo abbiamo avuto lo sviluppo di un pensiero illuminista (che implica la separazione dei poteri), di una teoria politica repubblicana e di uno stato liberal-borghese che ha fatto i suoi primi timidi passi democratici, ad esempio introducendo il suffragio universale maschile.

    Se non avessimo avuto questo background di pensiero, i carri armati americani non sarebbero bastati a diffondere la democrazia. Semplicemente non l’avremmo capita.

    Attenzione, non voglio dire che chi non ha il nostro background è stupido o inferiore, ma solo diverso. Magari potrebbe arrivare a soluzioni migliori delle nostre facendo un percorso diverso. Però alle spalle c’è sempre un percorso, non un imposizione nè un’esportazione.

    Non conosco il Giappone e quindi non posso dare una mia opinione su come possono essere andate le cose lì; anzi, mi hai messo curiosità.

    Riguardo alle opinioni sul ritiro dall’Afghanistan, mi spiego meglio raccontandoti un aneddoto (d’altronde è lunedì). Un paio di anni fa discutevo degli attentati in Afghanistan con un mio amico forte simpatizzante di Forza Italia. Lui si indignava e infuriava ogni volta che sentiva parlare di ritiro da parte della sinistra comunista. È da un po’ che non lo sento, ma sarei curioso di sapere cosa ne pensa delle opinioni dei suoi alleati di governo.

  4. @ Giovanni Fontana:
    Che mi dici della democrazia in Africa? Dove il popolo non è “maturo”, non si rischia forse che i clan diventino padroni e non ministri della cosa pubblica?

  5. Andrea Privitera ha scritto:

    Dire che in Italia si è arrivati alla democrazia con i carri armati americani è secondo me troppo semplicistico.

    dilla bene, è proprio una cavolata

    Attenzione, non voglio dire che chi non ha il nostro background è stupido o inferiore, ma solo diverso

    invece secondo me è proprio inferiore, peggiore
    però mi domando che caspita c’entrerà la razza… Juan che cosa c’entra la razza?

  6. Andrea Privitera ha scritto:

    Dire che in Italia si è arrivati alla democrazia con i carri armati americani è secondo me troppo semplicistico

    Non la pensavano così gli americani stessi che, al tempo, dicevano appunto “l’Italia non è pronta per la democrazia, è un paese terribilmente arretrato, c’è bisogno dell’uomo forte”, e così via. Esattamente le cose che, ora, si dicono dei paesi arabi.
    Per fortuna Truman non gli diede retta.

    In Italia ci si arrivò eccome, con i carri armati. E, per quanto riguarda il Giappone, la cosa è ancora più evidente. Se non ne sai molto, non c’è moltissimo da sapere in effetti, prova a dare un’occhiata alle informazioni più superficiali: qual era la forma di governo, che tipo di stato era, che considerazione c’era delle donne, come veniva considerato l’imperatore, eccetera.
    Un paese del tutto isolato, senza contatti con tutto il resto del mondo, che fino a pochissimo tempo che condannava a morte per tentata emigrazione, o per immigrazione.
    E non solo con le atomiche. Dopo la guerra gli americani ci piazzarono MacArthur, un generale, a comandare tutto lui.
    Se c’è qualcosa di più brusco di questo, io non la conosco.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Attenzione, non voglio dire che chi non ha il nostro background è stupido o inferiore, ma solo diverso.

    Beh, in un modo lo dici. Delle due l’una, o pensi che i diritti delle donne non siano migliori delle donne senza diritto – e lo sono certo di poterlo escludere – o pensi che, appunto, siano inferiori.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Lui si indignava e infuriava ogni volta che sentiva parlare di ritiro da parte della sinistra comunista. È da un po’ che non lo sento, ma sarei curioso di sapere cosa ne pensa delle opinioni dei suoi alleati di governo.

    Quindi tu trovi che l’appoggio della Lega a un’idea sia una prova del buon senso di essa?
    Io, dovessi, direi proprio l’opposto.

  7. Giovanni Fontana ha scritto:

    “l’Italia non è pronta per la democrazia, è un paese terribilmente arretrato, c’è bisogno dell’uomo forte”, e così via. Esattamente le cose che, ora, si dicono dei paesi arabi.
    Per fortuna Truman non gli diede retta.

    In Italia ci si arrivò eccome, con i carri armati.

    Qui però tu non consideri quello che ho scritto. Non nego che gli USA usino o giustifichino i carri armati qualora lo ritengano necessario (vedi la Spagna franchista o, come dici tu, i paesi arabi) però che cosa pensi che possa aver impedito agli USA di instaurare in Italia o in Germania una dittatura filoamericana nel dopoguerra? Io posso supporre che qui debbano essere considerate anche ragioni legate al pensiero politico, visto che USA e Europa si sono sviluppate all’interno dello stesso ambito di pensiero e che Italia e Germania avevano già maturato elementi costitutivi della democrazia moderna (partiti, progressiva espansione del diritto di voto).

    Giovanni Fontana ha scritto:

    Delle due l’una, o pensi che i diritti delle donne non siano migliori delle donne senza diritto – e lo sono certo di poterlo escludere – o pensi che, appunto, siano inferiori.

    Il mio punto è che non credo esistano culture che hanno sempre ragione e culture che hanno sempre torto. Dal mio punto di vista le culture che negano i diritti alle donne sbagliano, ma allo stesso tempo non credo che la cultura di cui faccio parte abbia ragione in ogni campo e per sempre. Ad esempio chissà quali comportamenti ai nostri occhi civilissimi verranno considerati barbari dai nostri pronipoti.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    Quindi tu trovi che l’appoggio della Lega a un’idea sia una prova del buon senso di essa?

    Non sto dicendo questo. Mi premeva sottolineare l’incoerenza interna a questa maggioranza, per cui una questione passa da scandalosa a poco condivisibilie a seconda che la dica un avversario politico o un alleato di governo.

  8. @ fra Alberto:
    Africa? sure you are not talking about Italy? 😉

    more seriously, Ghana is e’ wonderful example of how democracy can take root in Africa as well..

  9. Andrea Privitera ha scritto:

    Qui però tu non consideri quello che ho scritto.

    No, perdonami, non bypasso i tuoi argomenti, ma c’è una dissimmetria nelle nsotre posizioni: io dico che la democrazia può anche essere esportata, non che lo debba necessariamente essere (sarei uno scemo), né tantomeno che debba necessariamente esserlo con le armi (mi preme però sottolineare, storicamente, come anche questo funzioni).
    Tu dici esplicitamente, invece, che la democrazia non può essere esportata, quindi basta un solo esempio per inficiare la tua ipotesi.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Il mio punto è che non credo esistano culture che hanno sempre ragione e culture che hanno sempre torto.

    Al di là del fatto che l’uso del termine “culture” in questo contesto, lo so che è oramai invalso, mi scoccia sempre un po’: l’idea che una donna debba essere lapidata non è una cultura, è una barbarie.

    In ogni caso: qual è il modo per affermare quello che dici? Dicendo che i valori migliori – la democrazia, la libertà delle persone, l’intangibilità degli individui – sono occidentali, o dire che sono di tutti e incidentalmente ora hanno attecchito più in Occidente?
    Io dico, senza indugio, il secondo.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Dal mio punto di vista le culture che negano i diritti alle donne sbagliano

    Dal tuo punto di vista, o sbagliano e basta?
    Questo mi preoccupa.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Ad esempio chissà quali comportamenti ai nostri occhi civilissimi verranno considerati barbari dai nostri pronipoti.

    Ci si può provare a ragionare, basandosi sui fatti e non sui tabù – per esempio sul tema della prostituzione che avevo levato nell’altro post – ma, sì, è chiaro che ci rimarrà sempre il filtro dell’essere parte del nostro tempo.
    Questo, però, non deve impedirci di continuare a cercare il metodo migliore per garantire la felicità al maggior numero possibile di persone.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Mi premeva sottolineare l’incoerenza interna a questa maggioranza,

    Ah beh, è una cosa che mi stupisce meno del constatare che fa caldo il 28 di luglio. Ma, appunto, la questione si può – forse più interessantemente – rivoltare.
    Fondamentalmente penso che ci siano pochissimi simil-Berlusconi in buona fede, e molti di più simil-Diliberto in buona fede: persone che dicono, pensando di dire una cosa molto altruista, “quella è la loro cultura”.

  10. Giovanni Fontana ha scritto:

    Tu dici esplicitamente, invece, che la democrazia non può essere esportata, quindi basta un solo esempio per inficiare la tua ipotesi.

    Nel mio primo commento ho detto esplicitamente che non la si può esportare solo per contagio. Nella circolazione delle idee è coinvolta ovviamente anche l’idea di democrazia. Però l’idea di democrazia occidentale non può prescindere, ad esempio, dall’idea di separazione del potere spirituale da quello temporale o dall’idea di uguaglianza di tutti gli esseri umani. Se l’idea di democrazia viene accolta senza questo tipo di basi, allora non verrà capita e sarà solo una democrazia di facciata.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    In ogni caso: qual è il modo per affermare quello che dici? Dicendo che i valori migliori – la democrazia, la libertà delle persone, l’intangibilità degli individui – sono occidentali, o dire che sono di tutti e incidentalmente ora hanno attecchito più in Occidente?

    Io dico che nel corso dello sviluppo -non nell’incidentalità– dei vari penseri sono sorte in ogni civiltà idee più efficaci di altre, e questo non solo a livello giuridico. Forse noi possiamo parlare bene della nostra democrazia, ma possiamo parlare meno bene di come gestiamo le nostre sofferenze rispetto a un buddhista.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    Dal tuo punto di vista, o sbagliano e basta?
    Questo mi preoccupa.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    Fondamentalmente penso che ci siano pochissimi simil-Berlusconi in buona fede, e molti di più simil-Diliberto in buona fede: persone che dicono, pensando di dire una cosa molto altruista, “quella è la loro cultura”.

    Perché credi che io mi scandalizzi meno di te quando una donna viene lapidata?

    Dato che non contribuisce a fare giustizia nè a rendere felici le persone, io contesto la lapidazione proprio come te; non sto sospendendo il mio giudizio. Casomai sei tu che stai dimenticando che il nostro è comunque un punto di vista maturato nel corso del tempo dopo numerose riflessioni, non certo “incidentalmente”.

    Chiamandolo “punto di vista” io non voglio dire che un giorno da noi si potranno lapidare le donne, ma casomai lascio spazio ad uno sviluppo ulteriore del nostro pensiero riguardo alle donne. Non è forse più pericoloso dire che noi siamo arrivati all’apice dei diritti garantiti alle donne? E chi non ci dice che idee migliori non possano arrivare dall’incontro tra pensieri che oggi consideriamo distanti tra loro?

    Inoltre, il fatto che noi non condanniamo una donna alla lapidazione ma al carcere non significa che è la cosa più giusta in assoluto, ma la cosa più conveniente oggi da un punto di vista del rapporto tra stabilità del potere e dirtti dell’individuo (in questo caso, le donne). E questo l’abbiamo capito dopo secoli di pensieri filosofici.

    Infine, tu non sopporti l’uso di culture in questi contesti per i nostri occhi barbari.
    Atti per noi deprecabili si devono condannare, ma questi comunque fanno parte di una cultura. Sarebbe più sbagliato non considerarli come tali, dato che si escluderebbero le loro origini e le loro implicazioni sociali.

    Se l’Olocausto venisse considerato una tragedia fine a se stessa e non un evento che trae le sue cause dal concetto nazista di “popolo”, non si rischierebbe di minimizzarlo?

  11. > E chi non ci dice che idee migliori non possano >arrivare dall’incontro tra pensieri che oggi >consideriamo distanti tra loro?

    I guess, common sense tells you that. do you really believe you can find a “superior” synthesis, say, between western liberalism and Taliban ideology? I may be wrong, but isn’t yours a strain of trite thesis-antithesis dialectic? isn’t this very delusion dangerous per se, in that it ultimately leads to appeasement? isn’t that a major source of confusion of the “modern” Left?

    if a dialectic exists it does so within western liberalism different orientations, there is no much to compromise. Either you believe in free men with all that that entails, or you don’t…

  12. @ Giovanni Fontana:
    fra Alberto ha scritto:

    @ Giovanni Fontana:
    Che mi dici della democrazia in Africa? Dove il popolo non è “maturo”, non si rischia forse che i clan diventino padroni e non ministri della cosa pubblica?

    Gradirei leggere una risposta, da parte di Giovanni naturalmente! 🙂

  13. @ tenkiu:
    Ma non fa niente, forse l’interrogativo per Giovanni, viste le dimensioni dell’Africa, è un po’ troppo generico.

  14. @ Max:
    In effetti la mia domanda era molto generica, conosco solo alcune situazioni come il Mozambico o la Guinea Bissau, che è disastrosa. Sicuramente dipende dal tipo di colonialismo precedente all’insediamento dei governi democratici.
    L’Italia? Mah, non la vedo mica bene, incomincerò a credere ai politici solo quando si abbasseranno gli stipendi e diminuiranno il numero di parlamentari… (sono proprio polemico!!!)

  15. ” Anzi, alla democrazia qui ci si è arrivati calibrando molto poco, ci si è arrivati con i carri armati degli americani.”

    infatti ci sono foto d’epoca in cui si vedono i carri armati americani che discutono in parlamento se far votare o meno le donne, se fare un referendum per monarchia o repubblica etc.

  16. lucap ha scritto:

    infatti ci sono foto d’epoca in cui si vedono i carri armati americani che discutono in parlamento se far votare o meno le donne, se fare un referendum per monarchia o repubblica etc.

    Li hai visti “discutere in parlamento” ora in Afghanistan o in Iraq?

  17. Andrea Privitera ha scritto:

    Nel mio primo commento ho detto esplicitamente che non la si può esportare solo per contagio

    Mi sembra di averti dato un esempio in cui questo è successo, e questo dovrebbe far cadere il tuo argomento.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Però l’idea di democrazia occidentale non può prescindere, ad esempio, dall’idea di separazione del potere spirituale da quello temporale o dall’idea di uguaglianza di tutti gli esseri umani

    Sono d’accordissimo con te.
    Andrea Privitera ha scritto:

    Forse noi possiamo parlare bene della nostra democrazia, ma possiamo parlare meno bene di come gestiamo le nostre sofferenze rispetto a un buddhista.

    Per il poco che ne so del buddismo, credo proprio tu abbia ragione.
    Non avrei nulla in contrario, del resto, a che un buddista volesse insegnarmi questa sua conquista.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Dato che non contribuisce a fare giustizia nè a rendere felici le persone, io contesto la lapidazione proprio come te; non sto sospendendo il mio giudizio.

    Allora mi sembri contraddittorio: lapidare una donna è una pratica sbagliata in assoluto, o limitatamente a questo tempo e spazio?
    Se è una cosa sbagliata in assoluto, possiamo tranquillamente dire che una “cultura” che lapida le donne è inferiore a una che non lo fa.
    Dirai: ci sono altri aspetti. Certo, ma è irrilevante: basta allora “mediare” fra i varî elementi.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Non è forse più pericoloso dire che noi siamo arrivati all’apice dei diritti garantiti alle donne?

    Sì, e chi lo dice?

    Andrea Privitera ha scritto:

    E chi non ci dice che idee migliori non possano arrivare dall’incontro tra pensieri che oggi consideriamo distanti tra loro?

    Ovviamente vale ciò che ti dice Max, ma considerando l’obiezione in senso più profondo non ho nulla da dire.
    Enunci un principio che è sacrosanto, ed è precisamente quello che è alla base dell’esportazione della democrazia: le buone idee sono contagiose, appunto.
    Direi, però, più scontro che incontro.
    Dallo scontro dialettico con un talebano non possiamo guadagnare nulla, da quello con uno svedese, molto probabilmente sì.
    E questo perché?
    Non perché ci sia un magico processo per cui alcune idee si affermano, ma proprio perché alcune idee sono giuste (o più giuste di altre) e altre sbagliate, nel garantire la felicità delle persone (non accetto altro tipo di morale): discutere, se lo si fa con la ragione e non con la fede (di qualunque tipo, anche politica), mette in luce chi ha la ricetta migliore.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Inoltre, il fatto che noi non condanniamo una donna alla lapidazione ma al carcere non significa che è la cosa più giusta in assoluto

    No, al di là che non la condanniamo più neanche al carcere, ma comunque mi pare di aver argomentato proprio contro questa prospettiva.

    Andrea Privitera ha scritto:

    la cosa più conveniente oggi da un punto di vista del rapporto tra stabilità del potere e dirtti dell’individuo (in questo caso, le donne).

    Io non ho così in alta opinione la stabilità.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Atti per noi deprecabili si devono condannare, ma questi comunque fanno parte di una cultura. Sarebbe più sbagliato non considerarli come tali, dato che si escluderebbero le loro origini e le loro implicazioni sociali.

    Beh, la mia è più una battaglia semantica per ridare dignità alla parola “cultura”.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Se l’Olocausto venisse considerato una tragedia fine a se stessa e non un evento che trae le sue cause dal concetto nazista di “popolo”, non si rischierebbe di minimizzarlo?

    No, credo proprio che dire che l’Olocausto fosse l’espressione della “cultura” tedesca sia la peggior cosa che si possa fare.

  18. lucap ha scritto:

    “Li hai visti “discutere in parlamento” ora in Afghanistan o in Iraq?”
    che c’entra?

    Argomento Calderoli: Andiamocene dall’Afghanistan, la democrazia non si può esportare.
    Obiezione Giovanni: la democrazia si può esportare, è successo anche in Italia.
    Controbiezione Luca: in Italia non ho visto carriarmati in Parlamento.
    Domanda Giovanni: li hai visti in Afghanistan?

  19. Giovanni Fontana ha scritto:

    In Italia ci si arrivò eccome con i carri armati

    illuminismo, risorgimento, politica di massa.
    ergo i carri servono se ci son le condizioni.

    per quanto riguarda il Giappone […] prova a dare un’occhiata alle informazioni più superficiali: qual era la forma di governo, che tipo di stato era, che considerazione c’era delle donne, come veniva considerato l’imperatore, eccetera.
    Un paese del tutto isolato, senza contatti con tutto il resto del mondo, che fino a pochissimo tempo che condannava a morte per tentata emigrazione, o per immigrazione.

    come i talibbban
    http://en.wikipedia.org/wiki/Meiji_Restoration
    http://en.wikipedia.org/wiki/Taish%C5%8D_period

    Dopo la guerra gli americani ci piazzarono MacArthur, un generale, a comandare tutto lui.
    Se c’è qualcosa di più brusco di questo, io non la conosco.

    allora sei daccordo con me, gli americani non hanno dato al popolo giapponese modo di decidere, sovranità popolare (no democrazia) perchè, in qualche modo, non pronti… leggiti i links, abbastanza pronti

  20. Giovanni Fontana ha scritto:

    Allora mi sembri contraddittorio: lapidare una donna è una pratica sbagliata in assoluto, o limitatamente a questo tempo e spazio?

    Non mi piace ragionare sull’asse giusto – sbagliato, ma su quello di convenienza – non convenienza nel rapporto tra stabilità del potere e libertà/felicità dell’individuo. Dato che non credo che in futuro e in altri luoghi la lapidazione delle donne possa essere conveniente da questo punto di vista, allora la condanno. Ma la condanno non perché è sbagliata in assoluto, ma perché è generalmente inutile.

    Non vorrei che questo venisse scambiato per un discorso disumano: in fin dei conti anche la mia è una battaglia semantica, nonché un tentativo di ragionare anche sul nostro punto di vista occidentale, non solo su quello di altre culture. In ogni caso mi pare che tutti arriviamo alla stessa valutazione pur seguendo strade diverse.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    Dirai: ci sono altri aspetti. Certo, ma è irrilevante: basta allora “mediare” fra i varî elementi.

    Esatto. Senza questo presupposto sarebbe impossibile qualsiasi dialogo.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    Enunci un principio che è sacrosanto, ed è precisamente quello che è alla base dell’esportazione della democrazia: le buone idee sono contagiose, appunto.

    Certo che sono contagiose, ma devono prima di tutto essere capite. Come si può insegnare il valore della rappresentanza democratica se a priori non si conosce il valore dell’uguaglianza di tutti gli esseri umani? In altri termini, come si fa a insegnare l’equitazione se il nostro allievo non ha mai visto un cavallo?

    Giovanni Fontana ha scritto:

    Argomento Calderoli: Andiamocene dall’Afghanistan, la democrazia non si può esportare.
    Obiezione Giovanni: la democrazia si può esportare, è successo anche in Italia.
    Controbiezione Luca: in Italia non ho visto carriarmati in Parlamento.
    Domanda Giovanni: li hai visti in Afghanistan?

    Però non mi pare neanche che in Afghanistan il problema sia completaemente risolto. La sicurezza non è garantita, nè la completa libertà di espressione e nemmeno i basilari diritti delle donne. Gli USA saranno risuciti a esportare la democrazia come forma di governo, ma non certo i concetti che stanno alla base di essa.

    Ovviamente io penso e spero che il popolo afghano possa un giorno raggiungere la piena democrazia, anzi glielo auguro il prima possibile. Però l’Afghanistan di oggi è uno degli esempi in cui abbiamo insegnato cos’è l’equitazione senza aver spiegato cos’è un cavallo.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    Io non ho così in alta opinione la stabilità.

    Tu sei liberissimo di non averla, però è una variabile con cui qualsiasi civiltà umana ha dovuto e deve fare i conti. Temo che il giorno in cui potremo ignorare la questione della stabilità sia ancora molto lontano.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    Beh, la mia è più una battaglia semantica per ridare dignità alla parola “cultura”.

    È una battaglia che però rischia di farci uscire di strada. Io parlo “cultura”, in senso neutro, come l’insieme di elementi materiali e immateriali che caratterizzano un certo popolo. Tra questi posso citare il vestiario, la letteratura, la cucina e anche il sistema di giustizia. Possiamo anche considerare sbagliati (o, nel mio caso, poco convenienti) alcuni tratti culturali. Però è innegabile che questi siano parte di una cultura.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    No, credo proprio che dire che l’Olocausto fosse l’espressione della “cultura” tedesca sia la peggior cosa che si possa fare.

    Non l’espressione, ma una espressione di tale cultura, e in quanto tale parte di un rapporto di implicazioni e di conseguenze culturali. Lo sterminio degli ebrei è nato dall’estremizzazione del concetto di “popolo” -non credo che lo si possa negare- quindi le implicazioni culturali ci sono eccome. Se isoliamo l’Olocausto al di fuori dal suo sistema culturale rischiamo di non capire il perché sia nato e le tragiche conseguenze che ha provocato; senza queste coordinate storico-culturali si potrebbe anche rischiare di ripeterlo.

  21. @ Lorenzo Panichi:
    ma a grande linee su Wiki ci sono cose giuste, poi nel dettaglio bisogna confrontare con la letteratura cartacea o siti garantiti.
    PS
    Klikkate il mio nome?

  22. Lorenzo Panichi ha scritto:

    come i talibbban
    http://en.wikipedia.org/wiki/Meiji_Restoration
    http://en.wikipedia.org/wiki/Taish%C5%8D_period

    Sì, certo: anche l’età d’oro dell’Impero Romano, ma c’era la schiavitù.
    Ovviamente si trova in Afghanistan lo stesso e di più: addirittura due repubbliche!
    http://en.wikipedia.org/wiki/Daoud%27s_Republic_of_Afghanistan
    http://en.wikipedia.org/wiki/Democratic_Republic_of_Afghanistan

    La situazione in Giappone nel 1945 è tutto ciò che si può definire contrario all’idea di democrazia. La parola stessa, “democrazia”, non esisteva in giapponese. Fu coniata in quella circostanza.
    Tutt’ora è una società molto arretrata sotto alcuni aspetti: ricordi (il giusto) scandalo per la legge pro-stupro che i Taliban volevano per obbligare le mogli ad avere rapporti sessuali con i mariti?
    Ecco, in Giappone, il concetto di stupro fu introdotto poco tempo fa, e in quell’occasione una percentuale enorme di donne disse, «ah, io l’ho subita questa cosa».

    Sulla razza: come dice Amartya Sen: «voi occidentali dite che gli altri non sono pronti per la democrazia, ma sapete bene che la democrazia, le libertà, i diritti, sono migliori del non averli. E pensate di possederli voi, mentre non siete voi né – in molti casi – ad averli inventati, né a possederli»
    Sono diritti di tutti, dire che – chessò – i diritti delle donne sono un “concetto occidentale” è razzista, perché significa che un, chessò, thailandese non potrebbe aspirare agli stessi diritti.

  23. Andrea Privitera ha scritto:

    Ma la condanno non perché è sbagliata in assoluto, ma perché è generalmente inutile.

    Eh? Quindi lo stupro, che in determinati casi potrebbe essere “utile” alla prosecuzione della specie non lo condanni?
    Se non c’è niente di giusto o di sbagliato cosa c’è a fare la parola “giusto”?
    Giusto significa: che fa la felicità/il bene/la soddisfazione del maggior numero delle persone.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Però non mi pare neanche che in Afghanistan il problema sia completaemente risolto.

    Non lo è, anche per la condotta di Bush e Rumsfeld, che sanno fare poco la guerra e per nulla la ricostruzione.
    La situazione, nonostante Bush e Rumsfeld, è comunque enormemente migliore di quella che era 8 anni fa.

    Credo, comunque, che dovresti chiarire molto meglio il tuo concetto di utilità, perché detto così tutto potrebbe essere utile, e potrebbe sembrare che tu stia facendo una battaglia, sostanzialmente pensierodebolista, di due secoli fa.

  24. Giovanni Fontana ha scritto:

    Eh? Quindi lo stupro, che in determinati casi potrebbe essere “utile” alla prosecuzione della specie non lo condanni?

    All’utilità è legata sia la stabilità collettiva (in questo caso, la sopravvivenza della specie) sia le libertà individuali (la felicità della donna). Lo stupro non è utile perché, pur garantendo la riproduzione della specie, non è fonte di felicità per il numero maggiore di individui. Come prima, arriviamo alla stessa conclusione da percorsi diversi.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    detto così tutto potrebbe essere utile

    Dire che tutto è utile sarebbe un pò, dal tuo punto di vista, come dire che tutto è giusto. C’è pur sempre una dicotomia tra utilità e inutilità.

    La mia critica all’asse giusto – sbagliato è legata al fatto che se qualcosa è effettivamente giusto, allora è considerato giusto per sempre e per ogni luogo (sono parole tue). Smettiamo per un momento di ragionare per esempi deprecabili in generale e passiamo a questioni con maggiori sfumature: per la nostra società è giusto che la prostituzione sia proibita, e quindi la nostra società auspica che la prostituzione sia fuorilegge in ogni luogo e nel tempo futuro. Però qui anche tu sei d’accordo che la prostituzione è un tabù che potrebbe cadere. Dato che ne hai fatto un’apologia, dubito che tu consideri sbagliata la prostituzione. Ma davvero la consideri giusta?

    Qui direi che si vede il limite dell’asse giusto – sbagliato. Parlare di utilità e inutilità serve appunto ad elevarsi rispetto alla nostra società e al nostro tempo evitando qualsiasi sospensione di giudizio.

    Poi, se preferisci al posto di utile Рinutile possiamo usare le parole efficace Рinefficace. Il concetto non cambia, e magari ̬ anche meno ambiguo.

  25. Giovanni Fontana ha scritto:

    Ovviamente si trova in Afghanistan lo stesso e di più: addirittura due repubbliche!
    http://en.wikipedia.org/wiki/Daoud%27s_Republic_of_Afghanistan
    http://en.wikipedia.org/wiki/Democratic_Republic_of_Afghanistan

    johnbonjohn, 5 anni una e l’altra una dittatura comunista nei 1970s? il mio piatto è più peso, aggiungi qualcosa, buttabutta

    La situazione in Giappone nel 1945 è tutto ciò che si può definire contrario all’idea di democrazia.

    no, se hai letto i link, non è tutto ciò che si può definire il contrario, è evidente

    in Giappone il concetto di stupro fu introdotto poco tempo fa, e in quell’occasione una percentuale enorme di donne disse, «ah, io l’ho subita questa cosa».

    non ho capito cosa c’entra

    voi occidentali dite che gli altri non sono pronti per la democrazia, ma sapete bene che la democrazia, le libertà, i diritti, sono migliori del non averli.

    questo è interessante, perchè prima dice -non sono pronti per la democrazia- che è il sistema per produrre leggi a sovranità popolare, poi continua -sapete bene che democrazia e diritti- e qui a tradimento aggiunge il prodotto; se vai a mischiare i due elementi ci incantiamo.
    non direi mai qualcuno non è pronto per la libertà, ma che qualcuno non sia pronto a riprodurla si. quindi non si da sovranità al popolo e si impongono i diritti. siamo daccordo?

    dire che i diritti delle donne sono un “concetto occidentale” è razzista, perché significa che un, chessò, thailandese non potrebbe aspirare agli stessi diritti.

    non potrebbe no, non vorrebbe forse si, di nuovo non è per un motivo biologico, ma per motivo di educazione/culturale.
    non penso fossero biologicamente inferiori i contadini di sta cippa che andarono a votare per bonaparte sacrificando il sitema democratico
    tenkiu ha scritto:

    Cosa c’entra?

    no, è che non perdi occasione per dirci quanto sia oscena, mi chiedevo perchè

  26. Andrea Privitera ha scritto:

    La mia critica all’asse giusto – sbagliato è legata al fatto che se qualcosa è effettivamente giusto, allora è considerato giusto per sempre e per ogni luogo (sono parole tue).

    Sì, difatti è così: ci sono cose giuste – cioè che garantiscono la felicità del maggior numero di persone – in ogni tempo e in ogni luogo. La cosa difficile è capire quale sono, ma che ci siano non v’è dubbio.
    E su alcuni esempî possiamo dire con una approssimazione irrilevante che siamo sicuri che qualcosa, come l’abolizione della schiavitù, sia giusto.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Smettiamo per un momento di ragionare per esempi deprecabili in generale

    Perché farlo? Se tu sostieni che non ci siano cose giuste diatopicamente e diacronicamente non dovresti avere problemi con gli esempî deprecabili.

    Andrea Privitera ha scritto:

    per la nostra società è giusto che la prostituzione sia proibita,

    Beh, potremmo rivoltare la questione: la società ritiene “utile” che sia proibita.
    Quanto al giusto, beh, sì, ma è un giusto non fondato sul bene delle persone ma fortemente condizionato da argomenti fideistici.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Però qui anche tu sei d’accordo che la prostituzione è un tabù che potrebbe cadere. Dato che ne hai fatto un’apologia, dubito che tu consideri sbagliata la prostituzione. Ma davvero la consideri giusta?

    Considero giusto, sì nello spazio e nel tempo, che sia permesso fare quel mestiere senza conseguenze né legali, né culturali.
    Non considero “giusto” un mestiere, lo scalpellista. Ma se qualcuno volesse impedire agli scalpellisti di fare il proprio lavoro, lo considerei sì, sbagliato.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Qui direi che si vede il limite dell’asse giusto – sbagliato. Parlare di utilità e inutilità serve appunto ad elevarsi rispetto alla nostra società e al nostro tempo evitando qualsiasi sospensione di giudizio.

    Eh no, Andrea, perdonami: qui è l’esatto opposto. COnsiderare una cosa utile per una società è esattamente ciò che la ancora all’immanenza di un gudizio condizionato da quella società, è considerarla giusta – o sbagliata – a elevarla rispetto a qualunque tempo e qualunque spazio, e così a non permettere la sospensione del giudizio.

  27. Giovanni Fontana ha scritto:

    La cosa difficile è capire quale sono, ma che ci siano non v’è dubbio.

    Anche tu qui parli di un cammino, di una ricerca. Le mie obiezioni però sono due: la prima è che dubito che raggiungeremo mai la perfezione totale nelle nostre culture, dato che la natura umana si è finora sempre dimostrata imperfetta, il che è anche un bene, dato che altrimenti non ci sarebbe affatto una ricerca; la seconda è che se parliamo di istituzioni “giuste”, rischiamo di rallentare lo sviluppo di tale istituzione in qualcosa di ulteriore. Se diciamo che tale istituzione è “efficace”, il cammino lo proseguiamo più facilmente.

    Tu hai paura che le mie coordiante portino a un relativismo assoluto. Io questo pericolo non lo vedo: una volta assodato che qualcosa è inefficace, lo eviteremo, però comunque proseguiremo nella la nostra ricerca. Più che timore per le inversioni a U, io ho grande speranza per ulteriori passi avanti.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    Perché farlo? Se tu sostieni che non ci siano cose giuste diatopicamente e diacronicamente non dovresti avere problemi con gli esempî deprecabili.

    E infatti ho risposto coerentemente a tutti i tuoi esempi precedenti. Non volevo cambiare discorso, ma solo ampliarlo.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    Beh, potremmo rivoltare la questione: la società ritiene “utile” che sia proibita.

    Appunto, quando si renderà conto che non c’è alcuna utilità in questa proibizione, allora tale divieto cesserà di esistere.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    COnsiderare una cosa utile per una società è esattamente ciò che la ancora all’immanenza di un gudizio condizionato da quella società, è considerarla giusta – o sbagliata – a elevarla rispetto a qualunque tempo e qualunque spazio, e così a non permettere la sospensione del giudizio.

    Però anche “giusto” o “sbagliato” sono parametri ancorati a un certo tempo e a un certo spazio, anche se implicitamente. Lo dimostra il fatto che il tuo “giusto” non è il “giusto” di uno schiavista, come hai notato prima.

    Si, ammetto che hai ragione quando dici che lo sono anche “utile” e “inutile”. Però resta comunque un approccio più neutro, più “laico” (nel senso esteso del termine) a questioni morali. Vorrei che, oltre a giudicare comportamenti altrui, fossimo anche consapevoli di che cosa guida il nostro giudizio e, più in generale, il nostro sistema culturale; e questo può avvenire esplicitando l’efficacia del nostro sistema.

  28. Andrea Privitera ha scritto:

    Come si può insegnare il valore della rappresentanza democratica se a priori non si conosce il valore dell’uguaglianza di tutti gli esseri umani? In altri termini, come si fa a insegnare l’equitazione se il nostro allievo non ha mai visto un cavallo?

    gli si presenta un cavallo!

    @giovanni… «prendi la pizza che preferisci» è una frase che ti impone un tipo di pizza: quella che preferisci!

  29. Lorenzo Panichi ha scritto:

    tenkiu ha scritto:
    Cosa c’entra?
    no, è che non perdi occasione per dirci quanto sia oscena, mi chiedevo perchè

    Ho scritto: “E’ una Repubblica” e tu, hai pensato al quotidiano!

    P.s. Рdove ho scritto che il quotidiano Repubblica ̬ un giornale osceno?

  30. @ Andrea Privitera:
    Stiamo andando oramai fuori tema, ma è un bello scambio, credo molto interessante: avanti così!

    Andrea Privitera ha scritto:

    la prima è che dubito che raggiungeremo mai la perfezione totale nelle nostre culture, dato che la natura umana si è finora sempre dimostrata imperfetta, il che è anche un bene, dato che altrimenti non ci sarebbe affatto una ricerca;

    Un bene??? Questo è un luogo comune duro a morire, mi stupisce che ci incappi anche tu. Noi celebriamo i diversi punti di vista nella ricerca di ciò che è vero, perché essi sono il modo migliore – facendosi concorrenza – per raggiungere questo vero. Ma non celebriamo le diverse conclusioni.
    Questa ricerca è un bene a servizio della felicità delle persone, eusarendola in un fine la espropri di qualunque connotato positivo.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Più che timore per le inversioni a U, io ho grande speranza per ulteriori passi avanti.

    Anche io sono molto ottimista, perché credo che – nei grandi numeri – la tendenza dell’uomo è all’invidia della libertà altrui, il che è un bene.
    Tuttavia so che niente ci garantisce un progresso incondizionato: l’Islam di 10 secoli fa era molto meglio dell’Islam di 7 secoli fa, e per alcuni versi meglio di quello di ora.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Appunto, quando si renderà conto che non c’è alcuna utilità in questa proibizione, allora tale divieto cesserà di esistere.

    Beh, questa è una prospettiva molto fatalista, e sì: relativista nel senso più ampio del termine. Quello in cui non puoi muovere un solo passo (confronta la citazione in incipit qui http://www.distantisaluti.com/la-fiera-delle-banalita/).
    Se non c’è giusto o sbagliato, le coordinate dell’utile cambiano di molto: può esserci un Dio che ti premierà se indossi un Burqua, come credono in molti. A quel punto l’espropriazione dei diritti delle donne sì che è “utile”.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Però anche “giusto” o “sbagliato” sono parametri ancorati a un certo tempo e a un certo spazio, anche se implicitamente. Lo dimostra il fatto che il tuo “giusto” non è il “giusto” di uno schiavista, come hai notato prima.

    No. Falso. Quello che ritiene giusto lo schiavista e quello che ritengo giusto io si contraddicono, solo uno dei due, quindi, può avere ragione.
    Io credo di avere ottime prove per dire che l’abolizione della schiavitù vada nella direzione della felicità delle persone, perché – appunto – mi baso su delle evidenze, e uso come strumento il ragionamento.
    Se qualcuno mi contraddicesse, dovrei cambiare idea.

    L’unico modo per tentare di astrarsi, il possibile, dallo spirito del tempo è appunto quello di non basare nulla di ciò che si pensa su delle fedi, su ciò per cui non si hanno delle prove.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Però resta comunque un approccio più neutro, più “laico” (nel senso esteso del termine) a questioni morali.

    Ecco, su questo farei un’altra… ehm, crociata.
    Un approccio laico non è un approccio acritico. Al contrario, è l’approccio più critico che c’è: è un metodo di discernere basato sui fatti.
    Es. Persona A: Gli omosessuali non devono adottare i figli!
    Persona B: Questi studî dimostrano che avere i genitori omosessuali non arreca nessun danno alla crescita
    La Persona C, con approccio laico, non terrà una posizione di neutralità fra le due posizioni, ma valuterà se le prove portare da B sono veridiche.

    Così come l’approccio laico fra 2+2=5 e 2+2=4 non è la neutralità, ma la prima risposta, lì’approccio laico a genocidio->giusto(sempre felicità del maggior numero delle persone) e genocidio->ingiusto è optare per la seconda.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Vorrei che, oltre a giudicare comportamenti altrui, fossimo anche consapevoli di che cosa guida il nostro giudizio

    Proviamoci: dimmi cosa guida il mio giudizio, quali componenti fideistiche o condizionate dal tempo, tenterò in tutti i modi di astrarmene.

  31. Giovanni Fontana ha scritto:

    Noi celebriamo i diversi punti di vista nella ricerca di ciò che è vero, perché essi sono il modo migliore – facendosi concorrenza – per raggiungere questo vero. Ma non celebriamo le diverse conclusioni.

    Al di là da tutte le sbobinature che abbiamo fatto finora dei nostri discorso, credo che qui ci sia il nocciolo della questione.

    I nostri ragionamenti, in fin dei conti, sono abbastanza simili. Sono entrambi approcci critici, anche se partono da presupposti diversi. Entrambi puntiamo al meglio che l’umanità possa offrire sul piano della salute individuale e collettiva: tu lo chiami “giusto”, io lo chiamo “utile” o “efficace”, ma di eccellenza sempre si tratta. Entrambi, insomma, abbiamo a cuore l’umanità.

    La fondamentale differenza sta nel fatto che tu credi in un principio giusto in assoluto. Questo forse è il principale condizionamento del nostro tempo.

    Io dubito che nel corso della sua esistenza l’umanità troverà mai un principio valido sempre e comunque; questo lo deduco dal cammino percorso finora dalla nostra specie, che ormai è abbastanza considerevole. Qui sta il tentativo di uscire dal mio tempo.

    Il primo pericolo della tua speranza l’ho già citato: si potrebbe far passare come assolutamente giusta un’idea estremamente dannosa sia per l’individuo che per la collettività. In quanto considerata giusta in assoluto, risulterebbe difficile lasciarsela alle spalle, un fatto che è già capitato e che potrebbe capitare ancora. Parlando di efficacia, invece, ci si lascia aperta una porta in avanti, non all’indietro.

    Certo, su previsioni di così ampio respiro è facile sbagliarsi: magari un giorno davvero scopriremo di vivere in un’isola chiamata Utopia. Ma allo stesso tempo fatico a capire -e credo che sia difficile anche per te- come sarebbe un’umanità regolata da leggi immutabili (che a questo punto potrebbero essere non solo morali, ma anche scientifiche, estetiche, e così via).

    Ad oggi l’umanità trae senso dal suo cammino; senza un cammino, saremmo qualcosa che io non riesco a definire.

  32. giovanni, mi fa piacere che qualcuno abbia sintetizzato (piu’ o meno) in questo ultimo commento quello che cerco di dirti da almeno tre anni.

  33. lucap ha scritto:

    giovanni, mi fa piacere che qualcuno abbia sintetizzato (piu’ o meno) in questo ultimo commento quello che cerco di dirti da almeno tre anni.

    Curioso, visto che due anni fa la pensavo esattamente come la pensa Andrea ora.

  34. @ Andrea Privitera:
    Ovviamente tu ignora ciò che ho scritto a Luca, non l’ho scritto prima perché so che è un argomento scorretto e sembra ammantare il mio punto di vista di una saggezza, senza alcun motivo: comunque per la cronaca sì, anche io un paio d’anni fa avrei detto esattamente quelle cose.
    Poi ho cambiato idea proprio per gli argomenti che ora sto provando a portare a te.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Sono entrambi approcci critici,

    Ecco, no, io ciò che ti contesto è proprio che il tuo non è un approccio critico fino in fondo. Non nel senso che non loè, ma proprio letteralmente “non fino in fondo”, che arriva un punto oltre il quale non vuoi, acriticamente, andare.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Entrambi puntiamo al meglio che l’umanità possa offrire sul piano della salute individuale e collettiva: tu lo chiami “giusto”, io lo chiamo “utile” o “efficace”, ma di eccellenza sempre si tratta.

    Ecco, su questo secondo me sei ambiguo, e sarei portato a non permettertelo: alcune volte assimili il tuo concetto di utilità a ciò che io chiamo giustizia (cioè la felicità del maggior numero di persone), altre volte lo consideri un concetto quasi descrittivo che non valuta in alcun modo, ma registra soltanto le modifiche in base alla “stabilità“, che le società fanno.
    Le due cose non possono per nulla andare assieme, e secondo me dovresti specificare quale delle due è il tuo concetto di utilità: una società che abolisca la pena di morte sta facendo una cosa giusta, o sta facendo una cosa utile alla stabilità di quella società? E una società che introducesse la pena di morte per i minorenni, perché un minorenne ha ucciso tutte le vecchiette del quartiere, starebbe facendo una cosa ingiusta, oppure starebbe facendo una cosa utile perché atta a venire in contro alla stabilità?
    Vorrei che tu rispondessi molto precisamente su questo.

    Andrea Privitera ha scritto:

    La fondamentale differenza sta nel fatto che tu credi in un principio giusto in assoluto. Questo forse è il principale condizionamento del nostro tempo.

    Beh, questo lo dovresti argomentare: per quel poco che ne so, quindi in letteratura, un poco di filosofia, un briciolo di arte, il nostro tempo non è molto quello del giusto assoluto.

    Andrea Privitera ha scritto:

    La fondamentale differenza sta nel fatto che tu credi in un principio giusto in assoluto. (…)
    Io dubito che nel corso della sua esistenza l’umanità troverà mai un principio valido sempre e comunque

    Questo è un ragionamento surrettizio. Il fatto che l’umanità non riuscirà mai a raggiungere il modo migliore per cui tutta l’umanità viva meglio non vuoldire che questo modo non ci sia.
    Io non sto dicendo che noi arriveremo a stabilire perfettamente quanti chicchi di sabbia ci sono in un barattolo, ma che in quel barattolo c’è un numero preciso, con l’onniscienza (che non è nostra) conoscibile.

    Andrea Privitera ha scritto:

    questo lo deduco dal cammino percorso finora dalla nostra specie, che ormai è abbastanza considerevole. Qui sta il tentativo di uscire dal mio tempo.

    No, beh, perdonami: potrei rivoltare l’accusa, e credo anche con più argomenti. CHe tu sia, nelle tue analisi, ancoratissimo al tempo.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Il primo pericolo della tua speranza l’ho già citato: si potrebbe far passare come assolutamente giusta un’idea estremamente dannosa sia per l’individuo che per la collettività. In quanto considerata giusta in assoluto, risulterebbe difficile lasciarsela alle spalle, un fatto che è già capitato e che potrebbe capitare ancora. Parlando di efficacia, invece, ci si lascia aperta una porta in avanti, non all’indietro.

    E perché mai? Anzi a me sembra tutto l’opposto. Si potrebbe far passare per utile un’idea dannosissima, tornando di fatto indietro (è successo mille volte nelle varie società). È affermando che la lapidazione di una donna stuprata è sbagliata, che si impedisce di tornare indietro. Se è soltanto per utilità, quando questo potrà essere utile, torneremo sui nostri passi.

    Inoltre trascuri una cosa ancora più pericolosa: NON far passare come estremamente dannosa un’idea che lo è. Dal mio presupposto io dico che l’infibulazione è sbagliata. Tu non lo puoi dire. Io credo che la mia sia una migliore descrizione della realtà che la tua – ovviamente fino a prova contraria – non penso che l’infibulazione sia un dispositivo che genera la felicità del maggior numero di persone, e mi pare di avere argomenti inoppugnabili per questo. Se non genera la felicità delle persone, ma l’infelicità, è una cosa sola (se siamo laici): sbagliato.

    Andrea Privitera ha scritto:

    Ad oggi l’umanità trae senso dal suo cammino; senza un cammino, saremmo qualcosa che io non riesco a definire.

    Questo è quello che mi fa infuriare: il valore per te è nel cammino o nella ricerca sottesa a quel cammino? E se è nella ricerca, la consideri importante come strumento per il risultato, o è il tuo fine?
    Se il tuo fine è ricercare non dovresti mai augurarti che si arrivi a una risoluzione mondiale sul problema della schiavitù.
    Dovresti augurarti che ci sia sempre al mondo qualcuno che è razzista, perché anche questo fa parte della strada, del percorso che tu valorizzi.

    La ricerca è il migliore mezzo che abbiamo noi per raggiungere il fine della felicità delle persone, ma non è il fine stesso. Quando non sia più al servizio del bene delle persone, ma soltanto un riflesso condizionato.

    Io posso trarre senso dal lottare contro l’uccisione degli omosessuali in Iran, ma se mi venisse tolto quell’oggetto – se domani l’Iran annullasse tutte le esecuzioni – sarei privato del senso conferitomi da tale lotta, ma non sarei altro che contento.

  35. Giovanni Fontana ha scritto:

    alcune volte assimili il tuo concetto di utilità a ciò che io chiamo giustizia (cioè la felicità del maggior numero di persone), altre volte lo consideri un concetto quasi descrittivo che non valuta in alcun modo, ma registra soltanto le modifiche in base alla “stabilità”, che le società fanno.

    Ma io non parlo di utile come se fossi un positivista ottocentesco! Lo ripeto: il mio concetto di utile si riferisce sia all’individuo sia alla collettività. Per essere efficace, un’istituzione deve servire ad entrambi, mentre tu continui a pensare che io tenga in considerazione solo la collettività. Se il mio concetto è anche descrittivo, lo è però per entrambi questi aspetti, non solo per quello di stabilità collettiva. Poi è vero il mio concetto di utile coincide in parte al tuo di giustizia (felicità del maggior numero di individui), ma se non fosse così seguirei davvero una dottrina antiquata.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    una società che abolisca la pena di morte sta facendo una cosa giusta, o sta facendo una cosa utile alla stabilità di quella società? E una società che introducesse la pena di morte per i minorenni, perché un minorenne ha ucciso tutte le vecchiette del quartiere, starebbe facendo una cosa ingiusta, oppure starebbe facendo una cosa utile perché atta a venire in contro alla stabilità?

    La riabilitazione nella società di un criminale è più utile per lui e per la società in cui vive rispetto all’eliminazione di tale condannato. Quindi la pena di morte è meno efficace dell’assistenza sociale per i carcerati.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    Il fatto che l’umanità non riuscirà mai a raggiungere il modo migliore per cui tutta l’umanità viva meglio non vuoldire che questo modo non ci sia.

    Però le istituzioni sociali non crescono sugli alberi, sono una autoregolamentazione che l’uomo impone a se stesso, quindi nascono e crescono con l’uomo. Il suffragio universale non esisteva finché non è stato “creato” dall’uomo. Anche il cosiddetto stato di natura è una serie di condizioni stabilite dall’uomo, così come l’assenza di regole è una macroregola creata dall’uomo.
    A meno che tu non parli di una modalità creata da qualcuno esterno all’umanità, ma qui sfociamo nella religione o nel Paradosso di Fermi.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    Se è soltanto per utilità, quando questo potrà essere utile, torneremo sui nostri passi.

    Se ti accorgi che è più utile mangiare la carne cotta difficilmente tornerai a mangiarla cruda. Se ti accorgi che lapidare una donna è meno utile (per lei e per la collettività) rispetto a reintegrarla nella società, difficilmente tornerai a lapidarla.

    Giovanni Fontana ha scritto:

    La ricerca è il migliore mezzo che abbiamo noi per raggiungere il fine della felicità delle persone, ma non è il fine stesso.

    Agli occhi delle nuove generazioni ci sarà sempre qualcosa di più giusto rispetto alle generazioni precedenti (nella mia ottica, ci saranno sempre problemi da risolvere) e per quanto riesce a concepire la mia mente, sarà un processo che andrà avanti finché l’umanità sarà in grado di riprodursi. Ovvio che l’umanità ha sempre obiettivi, altrimenti non avrebbe un percorso. Quello che dico è che sono gli obiettivi a cambiare col tempo, un cambiamento che imprime una connotazione relativa al concetto di “giusto”.

    Comunque Giovanni, io credo che abbiamo raggiunto un momento di stallo; non lo dico per avere l’ultima parola, anche perché non voglio convincere nessuno di avere ragione. Lo dico perché abbiamo dato entrambi coerenza e solidità ai nostri discorsi, e credo che nessuno dei due farà cambiare idea all’altro. Inoltre, io nei prossimi giorni sarò lontano dal computer, quindi dubito che potrò rispondere rapidamente!

  36. Andrea Privitera ha scritto:

    La riabilitazione nella società di un criminale è più utile per lui e per la società in cui vive rispetto all’eliminazione di tale condannato. Quindi la pena di morte è meno efficace dell’assistenza sociale per i carcerati.

    Vedi, questo è esattamente l’esempio in cui giochi su entrambi i tavoli. No, se si dovesse considerare la stabilità della società, che valuti come il valore capitale, non c’è dubbio che frenerebbe i tumulti molto meglio l’imposizione della pena di morte.
    È invece giusto riabilitarlo.

    Andrea Privitera ha scritto:

    non voglio convincere nessuno di avere ragione

    Ahia, così egoista?

    Andrea Privitera ha scritto:

    io credo che abbiamo raggiunto un momento di stallo;

    Secondo me c’è un modo molto facile per arrivare a una conclusione comune, alla fine credo che convergeremmo sull’assimilazione della tua definizione di utilità a quella mia di giustizia: ovvero, noi chiaramente stiamo valutando – come tu, giustamente, dicevi – non ciò che succede alla luce di un’etica fuori del mondo, ma del mondo stesso. Quindi il ragionamento mio o il tuo debbono essere le migliori descrizioni della realtà: una teoria che fosse “etica” ma non una perfetta descrizione di ciò che succede, sarebbe solamente un wishful thinking.
    Ora, siamo d’accordo che Giovanni (immagino) è più alto di Andrea, è una questione misurabile. È vero. Chi dicesse che no, Andrea è più alto, darebbe una pessima descrizione della realtà. Sulle azioni si può fare il medesimo ragionamento: Andrea che viene torturato a morte è meno felice di Andrea che mangia una fetta di cocomero.
    Anche questa è una descrizione della realtà.
    Quindi una società in cui gli Andrea torturati sono il meno possibile è una società più “buona/utile/xxx” di un’altra. Non c’è dubbio su questo.
    Anche questa è una descrizione della realtà.
    Infine, come sulla questione delle torture, non c’è dubbio che su tutte le questioni ci sia una soluzione – ovviamente a livello personale, ogni persona può essere resa felice in modi diversi – che renda felice più persone di altre.
    Data la complessità del mondo questa strada, la più breve fra milioni di strade, è difficilissima da trovare, ma non c’è dubbio che ci sia.

    Qualunque strada trovata che sia un pochino più breve è meglio di una po’ più lunga.

    A questo punto rimane solamente il problema di definizione, fra utile e giusto: io trovo che, visto che abbiamo una parola che vuoldire proprio quello, dovremmo usarla, e mi sembra che usarne un’altra (utile, motocicletta, comune denuclearizzato) sia meno accurato, e in qualche modo dimostrazione di una subalternità ai sistemi religiosi (“solo loro possono avere un giusto assoluto!”, questo il ragionamento sotteso. Però, se definiamo bene cos’è giusto, non è così.

  37. non ho letto i commenti di tutti, in effetti capito per caso.

    io credo nelle persone. sciocca o no, non credo nei governi o nelle istituzioni. Quindi io non credo di avere dei diritti inalienabili perchè lo dice l’ONU o il mio stato o il mio parentado. credo che ce li ho punto. sono una persona, quindi ce li ho.

    ma perchè io ho questa consapevolezza? perchè mio padre non mi ha mai detto “stai zitta”, perchè alle medie avevo compagni terribile che mi hanno fatto piangere, perchè le mie amiche mi fanno coraggio, perchè al primo che tentò di dirmi “sfigata” ho spaccato gli occhiali. forse un gesto poco carino, ma non l’ha fatto più. e blabla

    io rispetto me stessa, e rispetto chi ho attorno a me. come posso rispettare chi è lontano? non posso, non lo conosco neanche!

    ora, la domanda qui è: la demoscrazia è esportabile? o non è forse “l’autocoscienza del Diritto è contagiosa-imponibile-trasmettibile”?

    si. ma non dall’esercito.servono dai Pari. non maestre, nè bulletti che fanno un giocone.

    ipotizzo. Come posso convincere una mia compagna che passare tutte le sere a imbottirsi di antidolorifici è male?
    1.io che sono SUA PARI le parlo.
    2.trovo qualcosa d’altro da farle fare. Io, non cerco qualcuno a cui scaricare il barile
    3.cerco di buttarle via una pillolina alla volta tutta la scatola.

    parliamo Macro, il Diritto non corrisponde per forza alla nostra idea Hegeliana di Stato incarnazione della ragione. C’è stato altro, modi diversi per organizzare la società: i Comuni, i Clan, le Corporazioni, e blabla.

    In Italia c’era la guerra civile dopo vent’anni di regime. ma anche sessanta di monarchia oligarchica. ma anche attorniata da stati che hanno fatto pensare “lei vota perchè io no”.
    In Giappone, il terremoto del 1923 aveva già cominciato il lavoro finito da Macarthur, che lo finì anche perchè tante giapponesi sposarono americani. Le persone si sono cambiate a vicenda.

    E perciò, visto che ho vagamente perso il filo, io non credo che la Consapevolezza del Diritto – che io ho messo come base sottointesa di Democrazia- sia passabile attraverso la forza armata. ma neanche l’elemosina, il volantinaggio, Internet, la moda, e robe varie.
    Io credo che solo a contatto pelle, pelle, da pari, in modo serio si possa combiare qualcosa. non cambiare il modo di pensare delle persone – tendelziamente è impossibile dai 4 anni in poi – ma può aumentare la autostima. e autostima crea consapevolezza, che crea bisogno di meglio.

    Non è solo una questione di voto. è più la libertà in generale.

    ciao

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