Viva Israele

Oggi Ahmadinejad è andato all’ONU e ha definito Israele come paese “razzista”.

La gran parte dei delegati si è immediatamente alzata, e ha lasciato l’aula fra applausi scroscianti. Altri sono entrati in sala vestiti da pagliacci. È stata una scena quasi commovente, e qualunque umiliazione che quel cane maschilista e omofobo subisca, fa sentire meglio, come quella – ormai celebre – della generale risata degli studenti della Columbia University quando affermò che «in Iran non esistono omosessuali».

Basterebbe pensare alla condizione delle donne in Iran, sarebbe sufficiente uno qualsiasi dei racconti di come vive la sua vita da fondamentalista religioso, per far schierare qualunque persona per bene, di riflesso – anche senza pensarci – dalla parte opposta.
Ed è ancora più facile schierarsi dalla parte opposta quando la parte opposta è Israele, vittima indomita degli urlacci atomici e delle promesse di distruzione da parte di quel signore lì.

Però non dimentichiamoci una cosa: Israele è un paese razzista. Probabilmente – certamente – è meno razzista di tanti altri stati del mondo che ricevono un centesimo – anzi non ne ricevono – delle critiche rivolte a Israele; ma questo non toglie che molte cose, alcuni provvedimenti, alcune leggi, alcune abitudini, vigenti in Israele siano definibili, e non possano sfuggire a nessuna delle tante accezioni con cui usiamo la parola “razzista”.
Perché un ebreo russo ha il diritto di andare a vivere in Israele e un induista no? Questo è o non è un fondamento razziale? Perché nei quartieri arabi non vengono rifatte le strade, non si può ricevere la posta, non arriva il certificato elettorale, e in quelli ebrei sì? Per una ragione specifica, che fonda queste e tante altre piccole discriminazioni che potrei elencare: perché gli uni sono arabi, gli altri ebrei.
Perché, come ebbi a dire con una definizione che raccolse una qualche fortuna, Israele – com’è ora – non è lo Stato degli ebrei, ma lo Stato per gli ebrei.

Ci sono tante ragioni che possono spiegare questi fatti, ma si può spiegare tutto, questo non lo giustifica: la decennale ossessione israeliana, ovvero l’ebraizzazione d’Israele è o non è fondativamente, endemicamente, un concetto razzista? Oltre che un concetto infame.
Di solito sento rispondere: «eh, ma un ebreo in Palestina vivrebbe molto peggio di come vivono gli arabi-israeliani». Bene, e dunque? Il fatto che un ipotetico Stato palestinese sarebbe altrettanto, o più, razzista, sconta di qualcosa l’ingiustizia israeliana? Questo è tifo, non è pensare.

Capisco bene che Ahmadinejad, sia in malafede e strumentalizzi la potenza evocativa di quell’espressione. Capisco anche, come ho già detto, quanto infastidisca lo squilibrio argomentativo, l’incoerenza sincronica (che è il principio di non contraddizione, non il non cambiare idea) di tanti censori d’Israele e dell’Occidente.

Capisco ancora di più l’obiezione – che immagino – di tanti benintenzionati: “non conviene” dirlo.
Però io vorrei che la smettessimo, e magari cominciassimo a combattere le immense menzogne in malafede, non con delle piccole menzogne in buona fede (che poi dov’è che il mezzo diventa fine?), ma con la genuina, semplice – perfino noiosa – nonimplicante verità.

23 Replies to “Viva Israele”

  1. ho letto forse un po’ troppo rapidamente… (la rabbia)
    ma chi gli ha dato il permesso di parlare?
    Dico solo questo: la questione di Israele è una delle 3 trattate, sul NY TIMES online non c’era scritto niente (!!!) ma l’ONU dove sta andando? serve ancora a qualcosa?
    Aspetto riscontri

  2. il link postato da alberto è del 2006.
    anch’io sto aspettando di leggere il discorso integrale…quello del 2006 già che c’ero l’ho letto velocemente e mi è sembrato tutto sommato ineccepibile.

  3. Mah. Mi pare ci sia da giocare con cautela con la potenza evocativa di quell’espressione, e non mi riferisco solo ad Ahmadinejad.

    Ogni stato disciplina come crede i criteri per ottenere la cittadinanza. Ad esempio, fra gli altri, negli USA basta nascerci, in Italia bisogna essere figli di almeno un italiano, in Canada pare che adesso basti essere anche discendenti di canadesi ed a Cuba si puo’ essere cittadini se si e’ combattuto per la rivoluzione nel 1959.

    In Israele i criteri sono: o essere ebreo, o essere residente nel territorio del mandato britannico da prima del 1948, o essere figlio di un israeliano, o essere naturalizzato. Non mi sembrano criteri razzisti. La particolarita’ e’ che, visto che Israele non esisteva prima del 1948, non esistevano all’epoca discendenti di cittadini Israeliani; peraltro il Popolo Ebraico si considera, per l’appunto, un popolo seppure senza terra fino al ’48 (fatto non molto comune fra le nazioni), e quindi la legge del ritorno non mi pare molto piu’ razzista della legge – ad esempio – canadese.

    Che poi nei fatti le istituzioni israeliane si comportino con i propri cittadini musulmani, o con i palestinesi, in modo peggiore che con i cittadini ebrei (secondo quello che ha raccontato molte volte il tenutario di questo blog) e’ un’altra questione. Non e’ giustificabile moralmente, pero’ non mi pare neanche tanto incomprensibile.

    Penso che ci si dovrebbe immaginare, che so, che tutti gli altoatesini, appoggiati da Austria e Germania, proclamassero sin dal 1918 di non riconoscere lo Stato Italiano e di puntare alla sua distruzione, o quanto meno al recupero di tutti i territori che nel tempo sono stati dominati da potenze germanofone (un bel pezzo del Paese). Se gli altoatesini si mettessero a seminar bombe, far saltare autobus a Roma e Milano, accoltellare gente a Napoli, fare attentati a Bologna, e se questa situazione durasse fino ad oggi, sarebbe sicuramente sbagliato che un dipendente dele poste italiano, vedendosi di fronte un altoatesino, lo trattasse male, ma non sarebbe incomprensibile.

    Ecco, questo secondo me uno dovrebbe avere in mente quando parla di razzismo di Israele.

    Detto questo, non intendo dire che va bene cosi’. C’e’ sicuramentre da lavorare per eliminare le discriminazioni compiute all’interno di Israele. Pero’ bisogna pesare le parole.

    Peche’ “razzismo” evoca una dottrina per cui ci sono esseri umani appartenenti ad una razza fisiologicmente inferiore tanto da giustificare il fatto di non considerarli nostri simili, esattamente come nostro simile non e’ una mucca (e la si puo’ quindi macellare o incatenare ad una mungitrice automatica) o una foca (e la si puo’ quindi abbattere a randellate per scuoiarla e farne pellicce).

    Certe cose non si possono dire neanche per provocazione, perche’ le parole hanno un peso e poi si va a finire con “israeliani nazisti”, il che e’ una bestialita’ autoevidente che pero’ continua a tornar fuori ogni volta. E da “israeliani nazisti” a “porci ebrei” il passo e’ breve, e da “porci ebrei” al resto il passo l’abbiamo gia’ visto.

  4. @ luzmic:
    io penso che chi voglia il bene per Israele e per i suoi abitanti (siano ebrei o arabi) debba dire quello che è evidente, che è sotto gli occhi di tutti. C’è che è in malafede, è vero, ciò non toglie che la classe politica israeliana sta governando con la “pancia”, ma andando avanti così sarà sempre più difficile uscire fuori da quella situazione che invece richiederebbe lucidità e lungimiranza politica. Questo lo dicono anche gli intellettuali israeliani, magari bisognerebbe pensarci un po’ su. Dire “israeliani nazisti” è da stupidi, chi lo fa dimostra la sua malafede.

  5. @ angia:

    Sono d’accordo con te sul fatto che non ci si debba nascondere la realta’. Anche se non sempre – anzi, in situazioni come queste, quasi mai – la realta’ e’ cosi’ facile da decifrare da poter dire che e’ condivisibile da chiunque.

    Per questo, fra l’altro, mi piace questo blog: perche’, soprattutto nel periodo palestinese, raccontava, senza voler dimostrare una tesi, quello che vedeva da una parte e dall’altra della barricata, dando degli scemi agli uni e agli altri quando a suo avviso se lo meritavano (poi, ovvio, ognuno vede le cose attraverso i propri occhi e cercare di leggere il mondo attraverso i racconti altrui significa rendersi conto di questo, non negarlo o pretendere che non sia cosi’).

    Ma sto divagando. Quel che volevo dire e’ che io ho a cuore il destino di Israele e dei suoi abitanti, ma ho anche a cuore, e mi preoccupa molto cio’ che succede qui da noi. E’ ormai una banalita’ (perche’ e’ vero) dire che il mondo e’ sempre piu’ collegato, e Israele (come per altri versi gli USA) ha profondi legami con l’Europa e con l’Italia. Quello che succede li’, e le discusssioni su quello che succede li’, hanno profondi riflessi su quello che succede qui.

    Ecco perche’ mi preoccupano tanto le parole.

    Ed allora, che in Israele ci siano delle discriminazioni probabilmente e’ vero. Che questo problema (che c’e’ stato per esempio, e in parte c’e’ ancora, nella mia Trieste verso gli sloveni, nel Nord Italia verso i meridionali, in Italia verso gli Albanesi, in Svizzera verso gli Italiani ecc.) sia oggi in Israele piu’ drammatico che altrove e’ probabilmente anche vero. Che Israele sia uno stato razzista, non lo credo proprio.

  6. @ luzmic:
    capisco cosa intendi quando dici che ti preoccupa quello che succede qui.
    L’antisemitismo è duro a morire, il razzismo è duro a morire, io ho provato sdegno quando in Italia si è tentato di far passare per buona e giusta l’idea di prendere le impronte digitali ai bimbi rom, ma qui si parla di una nazione che, per tanti motivi, farebbe meglio a cambiare rotta, diciamo così. Ritengo che provare a risolvere il conflitto tra Israele e palestinesi/paesi arabi sia un dovere che riguarda tutto il mondo, e non lo si può fare appoggiando le politiche sbagliate e ottuse del governo israeliano. Speriamo in Obama.
    Israele non è uno Stato razzista? Bisogna pesare bene le parole, hai ragione, ma affamare milioni di persona a Gaza, e bombardarli oltre ogni ragionevole misura, non ha certo contribuito a migliorare la reputazione del governo israeliano agli occhi del mondo. Io distinguo, assolutamente, il governo israeliano dagli israeliani, che sicuramente sono stanchi della guerra, almeno così spero.

  7. Faccio mie le obiezioni della prima Angia, rifiuto quelle della seconda Angia.

    Luzmic, ti chiedo: uno che dice “i negri mi fanno schifo”, è razzista anche se non li considera come una mucca?

    Proprio perch̩ hai, perch̩ abbiamo, a cuore quello che succede in Israele Рo in qualunque altra parte del mondo Рdovremmo cercare di batterci perch̩ quelle discriminazioni (su base razziale) non avvengono. E il modo per incominciare a farlo ̬ dire che ci sono.

  8. Avviso preventivo: non credo proprio che riusciro’ a rispondere in modo conciso, illuminante e divertente (ecco, appunto, gia’ adesso il “pippone mode” mi si e’ attivato).

    Allora.

    Uno che dice “i negri mi fanno schifo” e’ sostanzialmente un cretino per definire il quale non e’ stata ancora creata (o io non la conosco) una categoria linguistica piu’ adeguata. Cosi’ come uno che dice “odio i froci” o “prenderei a sberle tutti i furlani”. Uno che dice “i negri mi fanno schifo perche’ sono delle bestie” o “i negri sono sostanzialmente piu’ stupidi dei bianchi” e’ un razzista.

    “Razzista” significa una cosa ben definita, anche se si sente a volte usare il termine “razzismo” come sinonimo di “pregiudizio”.

    Il razzismo aggiunge invece un grado ulteriore (anzi, diversi gradi) d’infamia al pregiudizio, perche’ da un lato collega il pregiudizio a qualcosa di pretesamente biologico e quindi inevitabile e irreversibile, dall’altro – e questo e’ il punto fondamentale – nello stabilire una gerarchia fra razze toglie agli appartenenti alla razza ritenuta inferiore l’elemento indispensabile e fondamentale per far parte della societa’ degli uomini: quello, appunto, di essere uomini.

    Inoltre il nazismo ha colorato il terimne “razzista” di una tinta ben definita e, almeno per noi che viviamo da questa parte del mondo, credo definitiva. Se infatti il razzismo potrebbe anche avere in teoria – anche se non mi pare sia mai successo – connotazioni neutre (del tipo: ci sono differenze biologiche che consentono di distinguere fra razze umane ma tutte hanno assolutamente pari dignita’), il nazismo ha invece esaltato il germe negativo e pericoloso che c’e’ nel razzismo utizzandolo per “disumanizzare” le presunte razze inferiori e riservare alle stesse il trattamento che noi usiamo verso gli animali: vivisezione, lavoro forzato, segregazione, prigionia, disinfestazione (nel senso di eliminare fisica una razza indesiderata da un dato luogo) ecc.

    C’e’ una scala del male? Credo proprio di si’, ed il razzismo sta bene in fondo (o in alto, a seconda dei punti di vista) a questa scala, e cosi’, oggi, l’attributo “razzista” diventa una specie di marchio di Caino: chi se lo ritrova addosso diventa una specie di reietto della societa’ (o, se si tratta di uno stato, di reietto dalla comunita’ internazionale).

    Quindi mi pare si debba essere molto prudenti a darlo, questo marchio.

    E non mi pare proprio, per i contatti che ho, che Israele sia uno stato razzista e neppure che la sua societa’ sia una societa’ razzista (anche se ci sono aree di pregiudizio e intolleranza).

    Israele e’ uno stato in guerra. In guerra si fanno cose atroci ai propri simili, cose che non hanno nessuna giustifiacazione morale, ma e’ diverso dall’essere razzista. La guerra che combatte Israele e’ inoltre una guerra anche di propaganda, con tempi e luoghi di diffusione assolutamente inediti (almeno a mia memoria), e marchiare l’avversario con il termine “razzista” fa parte di questa guerra (ovviamente non mi riferisco a te, ma ad esempio ad Ahmadinejad).

    Dire le cose come sono, su questo ti do perfettamente ragione, e’ essenziale per affrontare i problemi.

  9. Contributo davvero interessante.
    Sicuramente sai che in linguistica dove non c’è una definizione precisa (tu la definisci una categoria lingusitica) per un’area semantica, quella viene coperta da altre definizioni.
    Mi pare questo il caso: anche perché, dunque, tu definiresti il 99% degli antisemiti come non razzisti (pochissimissimi li considerano alla stregua di animali).

    Sono convinto che impedire agli arabi-israeliani di avere una cassetta postale sia un modo per (fare un passo avanti nel) vincere la guerra. Lo stesso, voglio che Israele vinca questa guerra per la sopravvivenza.
    Ché gli estremi rimedi, per i mali estremi sono sempre stati il manto sotto al quale nascondere le peggiori nefandezze

  10. Sicuramente non so nulla di linguistica dal momento che la linguistica non ho mai studiato.

    Penso di sapere invece qualcosa della lingua italiana, sia per quanto riguarda il significato delle parole sia per quanto riguarda l’uso che ne viene fatto (niente di particolarmente approfondito eh, nozioni da liceo classico tipo figure retoriche ecc., ma sono temi su cui cerco di riflettere).

    In effetti, non tutti gli antisemiti (a voler essere pignoli si dovrebbe parlare di “antigiudaismo”, ma vabbe’, tutti dicono “antisemitismo”, me compreso) sono razzisti, nel senso che non tutti, anzi per (misera) fortuna credo che ben pochi oggi fondino il loro pregiudizio su basi razziali. La maggior parte credo che si basi su convinzioni prevalentemente religiose, economiche, politiche. Fondamentalmente, al nocciolo, si tratta del semplice fatto che gli ebrei sono un gruppo sufficientemente differenziato (per usi, abitudini, a volte modi di vestire) da essere percepito come “altro” e sufficientemente piccolo da essere stato soggetto alle angherie (se andava bene) della maggioranza. Tipo prendere un capro, dirgli “sei tu l’origine di tutti i mali perche’ e’ tutta colpa tua” e poi buttarlo giu’ da un dirupo. Questo tuttavia non significa automaticamente degradare un gruppo di persone ad animali o comunque non-uomini (o sotto-uomini), il che e’ invece una conseguenza del razzismo.

    Quindi io definirei la maggior parte degli antisemiti limitati, ottusi e pericolosi, fra le altre cose, ma non razzisti. A meno che non volessi bollarli con un marchio infamante, nel qual caso userei anche altri epiteti.

    Non credo poi che impedire agli arabi-israeliani di avere una cassetta postale sia un modo per fare un passo avanti nel vincere la guerra. Se questo e’ quello che succede, credo che sia un modo per fare incazzare di piu’ la gente e quindi farla incattivire ulteriormente, ottenendo quindi l’effetto opposto. Ma non e’ questo quello che volevo dire: quello che volevo dire e’ che si deve stare doppiamente, anzi triplamente attenti ad usare il termine “razzismo” in questi casi perche’ 1) non e’ vero, 2) ci si allinea con chi usa lo stesso termine non per foga oratoria ma per precisa scelta strategica di squalificare l’avversario, 3) si accendono gli animi anche qui ottenendo contraccolpi in ogni caso indesiderati e nocivi.

    In conclusione, non ho capito se tu consideri effettivamente interessante il mio contributo oppure no. Io comunque, come ho gia’ scritto, trovo il tuo blog interessante sul serio, e, avendo delle cose da dire, ci tenevo a commentare il tuo post anche a rischio di trollizzarmi (visto che sapevo in partenza, come ho gia’ scritto, che non ce l’avrei fatta a limitarmi ad una battuta e sarei scivolato nel pippone)

  11. Ecco, quando parlavo di antisemitismo pensavo a quello di cui ha parlato luzmic, quei pregiudizi sugli ebrei.
    A volte li ho sentiti, certi giudizi tremendi, detti da gente che mai aveva incontrato un solo ebreo o israeliano in vita sua, detti con un livore e un odio per me inspiegabili.
    Io lo chiamo antisemistismo, perché non so quale altro nome dare.
    Come una ragazza “di sinistra” che mi disse di odiare l’America e la sua cultura, ma quando le chiesi se avesse mai letto Whitman, o Kerouac (per fare due nomi noti), mi rispose con un imbecille aria di sfida. “No!”

  12. @ luzmic:
    Troll? Maccheddici!

    Penso che il tuo commento offra un buono spunto, ma in definitiva – ci ho ripensato – non sono d’accordo.

    La parola Ciao, come saprai, viene da “tuo schiavo” in veneziano. Ogni volta che dici “ciao”, stai affermando la tua condizione di servitù nei suoi confronti? No. Il linguaggio si è evoluto. Ha fatto di sé stesso, quindi di quella parola, quello che era più utile.
    Così antisemita vuoldire, in tutte le lingue, anti-ebreo, anche se semita è anche un mussulmano.
    Così razzismo, se guardi sul demauro http://old.demauroparavia.it/91749, nella definizione di razzismo non si cita neanche la parola “animale”, che tu definivi termine di paragone privilegiato.

    E poi c’è un discorso più grande: credo che bisogni usarle le parole, nonostante quello che fanno i nostri nemici. Come dire negro, senza considerarlo un insulto, dire frocio, eccetera.

  13. 🙂

    Nenach’io sono convinto. Pero’ mi fermo qui perche’ altrimenti si finisce in una di quelle discussioni da 4 del mattino nelle quali si puo’ pretendere che resistano solo i vecchi amici (e anche quelli spesso considerano seriamente, alla fine, di cambiare numero di cellulare e darsi alla macchia).

    Ciao

    Luzmic

    P.S. comunque sul discorso del dire “negri” e “froci”, e ci metto anche il dire “ebrei”, sono perfetttamente d’accordo con te.

  14. Mi associo a Luzmic, ma ringrazio Angia per l’equilibrio dimostrato.

    Anch’io mi fermo qui (esattamente dove ho iniziato 🙂 ),perché credo che ormai sia stato detto tutto, e a proseguire si finirebbe col rigirare attorno agli stessi argomenti, al punto che alla fine avrebbero la meglio le abilità verbali più che le questioni in essere.

  15. Credo che l’affermazione “Israele è un paese razzista” sia comprensibile solo affrontando le 4 ore che occorrono per entrare nel maxi lager della striscia di Gaza e le 6 necessarie per uscirne. Credo che sia comprensibile camminando sotto le grate delle vie del centro storico di Hebron. Che sia comprensibile solo quando un soldato ti punta in faccia un mitragliatore perché hai una kefiah al collo, e ti chiede cortesemente i documenti. Credo che la comprensione di quanto sta succedendo in Israele e in Palestina (e non è una guerra, purtroppo è qualcosa di molto più grande) sia possibile solo andandoci. Stai facendo quello che voglio fare anche io. E lo stai facendo bene. Ciao

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