Empatìa – Diario dalla Palestina 148
Oggi pomeriggio girovagavo per il centro di Gerusalemme ovest, la parte ebraica, irritandomi a ogni manifesto di Netanyahu di cui la città è tappezzata. Indisposto dalle schiere di ebrei ortodossi che cercavano di fare proselitismo all’interno della comunità. Poi ho visto un ragazzo europeo con il kufiah al collo, quello rosso per di più (che nasce come quello del FPLP, ma ha assunto il senso di quello di chi supporta il terrorismo, in opposizione a quello nero – di Fatah – dei più pacifisti) l’ho fissato e m’è presa paura: “cosa gli succederà?”, mi sono chiesto.
Non gli è successo nulla, ovviamente: ci saranno abituati forse, e comunque la gente non l’ha neppure considerato. Mi sono domandato se quel ragazzo ignorasse tutto questo, o se magari avesse pianificato quella bravata: chissà se ci ha pensato a quale sarebbe la reazione, a parti invertite, se andasse in giro per la Palestina con uno dei vari tratti distintivi dei coloni o degli ebrei ortodossi, come le treccine e il nastro arancione qualche anno fa. Ma oramai era passato avanti, ed era troppo tardi per chiederlo a lui.
Ciao Giovanni.
Al mio paese (Guidonia, vicino Roma) la gente si è scoperta candidamente anti rumena. E’ tragico come alla fine ci si riduca alla guerra tra pezzenti, come lo sport più partecipato e vissuto sia sempre quello della diffidenza e dell’odio, dell’inolleranza e del menefreghismo: quanto è facile prendersela con quelli più in difficoltà invece che con i veri responsabili. Giovanni, la coscienza del percorso del bene è ormai a fruizione popolare, ma allora perché la sua strada non è la più battuta?
Non è più battuta? Forse non lo è stato mai, e ora lo è soltanto un pochino. Io confido che il mondo stia migliorando. Sai, leggevo qualche tempo fa che il volontariato non esisteva vent’anni fa. E aumenta a cifre esponenziali.
Sull’immigrazione io penso che non ci sia alcuna ragione, se non l’egoismo più becero, per non aprire le frontiere.