Sabato 10 gennaio

I miei giorni – Diario dalla Palestina 130

È un po’ che non aggiorno sulle mie attività qui.

In questi giorni ho veramente pochissimo tempo, e alcune delle attività che avevo pianificato di fare sono state rimandate. L’attività principale, quella a cui non tolgo mai tempo, è l’incontro con i bambini di Amal. Per questione di correttezza, perché senza di loro questa bellissima avventura non sarebbe cominciata (e mi rimborsano buona parte delle mie spese qui), ma soprattutto perché vedo che il contributo che posso dare, assieme ad Ahlam, ai nostri bambini fa veramente fruttare qualcosa, mentre le altre iniziative hanno qualcosa di estemporaneo che delle volte me le fanno sembrare molto più che una goccia nel mare.

È qui che vedo quanto conta l’educazione, ma non quella statale – qui molti si laureano – ma quella durante l’infanzia, qui pochissimi bambini si trovano dei pastelli in mano, dei giochi che stimolino la fantasia, e – mi aspettavo d’essere più cinico anche io – basta confrontare i bambini di Amal con quelli che vedo fuori, per vedere l’abisso che li separa. Ovviamente questo non porta soltanto un sentimento di autocompiacimento, purtroppo inevitabile nel volontariato, ma anche una solida costernazione per non essere in grado di aiutare tanti altri.

Sto rincorrendo il mio tempo, e ieri è stato il primo giorno in cui sono riuscito a rientrare a casa prima delle 11 di sera, così tutte le attività che avevo programmato di fare sono state rimandate: sia quelle di un giorno – da dicembre non ho ancora mai fatto un salto a Ramallah, Hebron o in altre città della Palestina – sia quelle più strutturate, come l’insegnamento dell’italiano, che feci quest’estate per tre mesi, o il monitoraggio ai check point per il quale avevo un accordo di massima per dare una mano a un’associazione scandinava che lo fa.

Intanto, Ahlam e Mahdi (il fratello che la viene a prendere) mi hanno chiesto di insegnar loro l’italiano. Il cartellone c’è già, così ogni tanto dopo gli incontri con i bambini ci tratteniamo un’oretta a incartarci sui vari gl, sc, gn. Se riusciamo a strutturare un po’ questa abitudine, e li porto a un livello un pochino più avanzato, posso cominciare a ricoinvolgere i miei vecchi studenti che ogni tanto mi fanno telefonate minatorie chiedendomi: «quando ricominciamo?».

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