Lo so, non muóre nisciune

Guia Soncini fa un post che mi è quasi liberatorio (e per il quale mia sorella vorrebbe farla ministro dell’istruzione) domandandosi perché nelle scuole non si insegni un po’ di dizione. Dice Soncini – dopo la tenace visione di mezz’ora d’intervista a Villari: ma non è importante distinguere una e chiusa da una e aperta?

Ecco, io me lo sono sempre chiesto come mai la dizione sia così trascurata in confronto all’ortografia: non vedo nessun motivo logico, che non valga per entrambe.
Certo, si potrebbe dire che mi siedo sull’essere fiorentino (che poi, quanto aiuti e quanto danneggi, è tutto da vedere…), però dicevo cortese con la “s” sorda, ho imparato che si dice con la “s” sonora, e l’ho corretto. Dicevo “bigné”, e ora provo a ricordarmi di dire “bignè”. E così via. Non si tratta, ovviamente, di stare lì a cavillare su ogni cosa detta da chiunque, ma di provare a parlare correttamente. Di errori se ne fanno, se ne faranno. E poi l’importante non è farlo, l’errore, ma non sapere che lo è.

Di più, l’importante non è neanche parlare correttamente – potrei negare la leggiardia ruvida del romanesco, usato con gli interlocutori familiari? – ma saperlo fare quando serva: come appunto in un’intervista, o in qualsiasi altra sede più “neutra”.
E non è la solita storia per cui, specie in Italia, la correzione è un’offesa piuttosto che un aiuto: perché se spiego che, essendo toscano, confondevo “tu” e “te” ma ora ho imparato a non farlo, vengo encomiato; se invece considero rilevante la differenza fra dire “bène” e “béne” sono pedante. Io na’a vedo tutta ‘staddifferenza.

Eppure tante persone che hanno una prosa ineccepibile e un’acribia invidiabile (anzi, invidiata) nell’uso dei vocaboli, trascurano completamente quest’altro aspetto: ce ne sono moltissimi, ma il primo che mi viene in mente è lui, ché l’ho letto appassionarsi a disquisizioni linguistiche (una così valevole da essere finita negli scritti altrui) e inorridire al raddoppio di un plurale straniero; ma che ascolto – alla radio – trascurare completamente le “e” e le “o” che si dovrebbero dire aperte o chiuse.

Credete che sia questione di non essere troppo giustizialisti? Ci ho pensato, io credo di no: il giustizialismo è un metodo, non un’applicazione di esso, e basta essere un po’ consapevoli dei rischi del precisismo pirla, sempre per usare le parole di quell’altro, per non fare la fine dei maniaci.

Detto questo, vale il titolo.

18 Replies to “Lo so, non muóre nisciune”

  1. A naso, dipende dal fatto che l’alfabetico fonetico (come il nostro) è un’astrazione, un’astrazione dei suoni in cammino dai millenni, dagli antichi sillabari semitici (che in fatti non avevano le vocali). In realtà, le lettere (consonanti e vocali) letteralmente non esistono ma sono una griglia potentissima con cui inquadriamo quella roba li’ che e’ il suono.

    In quanto massimamente astratto, l’alfabeto permette una orto-grafia. Al contrario, per quanto l’afabeto stia imprimendo il suo calco normativo, la voce è ancora non proprio normalizzabile. L’orto-fonia è ancora da venire.

  2. no, ma perché io non vengo citata in questo post!sono offesissima. (si lo so perché non mi citi, perché nn leggi mai un cavolo di quel che scrivo quindi non puoi parlare anche per me di prosa ineccepibile)
    la risposta, amara e drastica al quesito, é una sola: perché non gliene fotte a nessuno. perché io ancora non so distinguere una o chiusa da una aperta?perché a scuola non gliene fotteva a nessuno, perché ai miei non gliene fotteva niente, perché ai miei amici non gliene fotteva niente, ma sopratutto, aggiungerei un dato rilevante: perché manca un’educazione sonora, proprio perché la maggior parte parla come viene; per cui se a furia di legger libri riesco a ricordarmi del congiuntivo e compari belli, parlando con la gente non trattengo il ricordo delle pronunce se non al massimo gli accenti acuti. difatti, se tu riesci a notare un mio errore fonetico, io nemmeno Riconoscendolo (perché mancano elementi di paragoni) ti guardo stralunata e penso ma che vuole questo qui?

  3. Quest post è musica per le mie orecchie.
    E’ verissimo soprattutto quando dici che il “suggerimento” sussurrato per un errore viene visto come offesa invece che interpratato come aiuto. Così le persone continuano con le loro oscenità fino alla fine dei loro giorni.
    Ma il guaio non è tanto (solo) la dizione: ci sono giovani – anche diplomati – che riescono a “stenderti” senza possibilità di ripresa dicendoti: “Se l’AVREI saputo …”
    Purtroppo è vero!

  4. GiovannI, secondo il tuo ragionamento io posso continuare a dire gonna chiusa perché so che è sbagliato.
    in ogni caso non capisco chi trova scuse dicendo che a scuola ed in famiglia non hanno fatto abbastanza.
    non dico una dizione perfetta, ma una standard si può facilmente acquisire per imitazione, anche con la televisione dove non è vero che si parla sempre male. c’è aldo biscardi ma c’è anche, che ne so, la voce dei documentari( grazie ad un documentario da un paio d’anni ho scoperto che la colonna si pronuncia con la o chiusa).

  5. e aggiungo: il problema non é acquisire lo standard, ma piuttosto decidere/capire che é una priorità.il concetto é stato travisato: non é dire “non mi hanno insegnato”, quanto dire ” non mi é mai stato fatto capire che era importante”. una segnalazione dell’errore ogni migliaia che vengono trascurati porta a trascurare da sé la cosa. ma se volessimo dire echeimportadelmondo mi miglioro da solo per piacermi di più, beh, personalmente manca anche quel compiacimento dato dalla consapevolezza di migliorarsi, visto che non si riesce a riconoscere né l’errore né la dizione giusta, per cui le proprie orecchie non squillano orgogliose al suono della propria esemplare eloquenza.qua si parla proprio di minimi termini: dove sono i punti di riferimento?io non riconosco una o aperta da una chiusa, quindi o me la si pronuncia costantemente sottolineando questa é aperta questa é chiusa o da sola non so riconoscerla in alberto angela.chi si vuol prendere la responsabilità di farlo, mi contatti pure.

  6. che scrittura pesante!
    fa proprio primo laureato della famiglia!
    come sarebbe imitazione di cosa?
    imitazione del buon esempio.
    non ci si può lamentare sempre.
    non si può dire nessuno mi ha spiegato che bisogna parlare a modo, nessuno mi ha detto come si sta al mondo.
    lo devi capire da sola se nessuno te lo dice.
    si può fare molto anche partendo da poco, ma con l’attitudine giusta.
    hai capito solo ora che la dizione è importante?
    datti da fare, niente piagnisteri.
    a fare la vittima si perde solo tempo.

  7. ma io non imparo perché per me la dizione non E’ importante.non hai proprio capito il senso del mio commento eh?non stavo dicendo “aiuto” stavo dicendo che non me ne frega niente,con tutta l’onestà possibile, e visto che il post si interrogava sul perché la dizione é trascurata, come perfetto oggetto della cosa lasciavo una testimonianza su cosa porta a trascurare la cosa.perché se mi interessasse sicuramente vedrei tutto da un altro punto di vista, ovvero il tuo.
    sul come stare al mondo, ti faccio i complimenti che tu lo abbia capito, voglio dire, é meraviglioso! anche se probabilmente hai un concetto di “avere le idee chiare” e di “capire come si sta al mondo” molto diverso dal mio.
    (si, la mia scrittura é davvero barocca.tento di infilarci tutto,periodi lunghissimi, scrivo così da sempre.sapessi le email che mando.)

  8. dalla scrittura che tu chiami barocca io indovino le tue origini: modestissime.
    hai frequentato un ambiente grezzo ed pensi di essertene emancipata con subordinate e parole poco usate, che ti suonano colte.
    il tuo linguaggio è la pelliccia e le macchine care dei burini arricchiti, che pure ti diverti a prendere in giro, pensando si essere molto diversa.
    a volte capisci che c’è qualcosa che ti manca, che ci sono delle grosse lacune, ma ti dici che di certo non è colpa tua, è la scuola, è il sistema e poi non sono cose che ti importano…
    non ti riconoscerai in questo ritratto perché manchi di quella autoconsapevolezza indispensabile per il riscatto.
    p.s. “non hai capito proprio niente di quello che ho detto” è la frase tipica di chi sta perdendo.
    il vincente, magnanimo, viene cavallerescamente incontro all’altro: “forse mi sono spiegato male”.
    sa benissimo che non si è spiegato male, va da sé.

  9. giovanna, mi verrebbe da dire, non ti rispondo nemmeno.col tono del tuo commento non c’è nemmeno più da controbattere.o forse nemmeno mi interessi tanto da provare ancora a spiegarti.che tu viva nel tuo mondo mi va benissimo, ma allora non provare a inventarti anche il mondo in cui vivono le altre persone con i 3 triti e ritriti luoghi comuni che sai pompare fino all’inverosimile. mettersi a parlare delle origini….ficchiamoci anche le classi sociali..sono nata borghese o proletaria?e poi non ho capito, sono “arricchita” o no? centocelle o parioli?è davvero una cosa ridicola, dio santo. io provo a spiegare come vedo le cose dal mio punto di vista, tu puoi pensarla come ti pare e puoi non essere d’accordo, ma una cosa è spiegarmelo in toni pacati e sopratutto verosimili e una cosa è sputare sentenze e aggredirmi.dio come sei aggressiva! come pensi di aver contribuito onestamente al dialogo dopo questa tua ultima splendida uscita? come pensi di riuscire a farmi capire, a insegnarmi qualcosa in questi modi? non è fattibile, e ci perdiamo entrambe.

  10. e sopratutto: io non credo mai che nel dialogo esistano “vincenti” e “perdenti”. non è una guerra, nè una lotta dio santo! probabilmente invece tu la vedi proprio in questo modo, visto le tue modalità di ragionamento.

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