Martedì 23 settembre

Oggi tocca a voi – Diario dalla Palestina 64

Oggi tocca a voi consolarmi. Il problema è che qui nessuno, anche quelli che sembrano i più illuminati, vuole la pace. Non la vuole concretamente, non la vuole nei fatti. Sì, certo, piacerebbe a tutti, ma per chiunque qualunque prezzo è troppo alto. C’è una tale sproporzione fra il desiderio di giustizia (così astratto, così partigiano), e il desiderio di pace – che dovrebbe essere più immediato, genuino: un istinto primario, come il mangiare e il bere.

E invece no. Meglio aspettare 100, 200 anni, magari millenni, con un’occupazione militare, senza uno stato, etc., piuttosto che vivere accanto a un paese che si chiama Israele. Non chiedo neanche un bagno di realismo (magari!), domando attenzione alla propria vita, avere a cuore i propri figli e i propri cari, non domandare un tale sacrificio per un pezzo di terra in più, per uno sciocco ideale.

Quanto mi piace quella frase di Russel che diceva così: «non morirei mai per le mie idee: potrei avere torto».

Ciò non vuoldire che la gente sia dalla parte del terrorismo, non ho incontrato nessuno che sia a favore dei kamikaze – ovviamente qualcuno ci sarà, ma la percentuale è residuale – ma allo stesso tempo sembra che tutti preferiscano perpetuare questa condizione, piuttosto che accettare la convivenza con Israele: è come un tabù, lo percepisco proprio, dirlo sarebbe tradire la propria gente, il proprio ideale, i propri morti.

È in questi momenti che penso che l’unica possibilità sia costruire un muro indistruttibile, alto 50 chilometri – qualunque sia il percorso – e, forse, fra duecento anni i nipoti dei nipoti dei nipoti di questa generazione torneranno a parlarsi.
Che l’unica pace possibile, è una pace imposta.

Com’era? Domani è un altro giorno.

19 Replies to “Martedì 23 settembre”

  1. Boh, io continuo a intromettermi. E’ proprio il volerli separare a tutti i costi che accentuerà il problema. E con un muro illegale che fa più marcata e fastidiosa l’occupazione, l’umiliazione e che nemmeno rispetta un criterio logico (poiché non corre nemmeno lungo la cosiddetta “green line”).
    Guarda un po’ com’è dalle parti di Qalqilia e poi dimmi se è accettabile una cosa così.

    Non a caso, una parte sempre maggiore dei palestinesi è propensa ad accettare la soluzione dell’Unico stato binazionale piuttosto di un improbabile classica soluzione “2 popoli – 2 stati” che non sarà mai realizzabile vista la presenza delle colonie (quasi 1/2 milione di settlers) e la debolezza endemica dell’autorità palestinese che tutto è fuorché uno Stato.
    Il problema è principalmente uno: finché c’è l’occupazione non ci può essere pace. Su questo devi essere d’accordo altrimenti mi domando che cosa tu abbia capito della Palestina…

  2. P.s.: la storia insegna che la “pace imposta” è sempre destinata a fracassare e a portare a nuove guerre. Vedi, come esempio saliente, la Germania dopo la 1° Guerra Mondiale e il termine “revanscismo”. Credi ancora che sia l’unica soluzione?

  3. Macché intromissione, ahlan wa sahlan.
    Forse è questo che ci divide, Toni, per te il problema è – principalmente – uno. Per me sono tanti, fra cui anche e certamente l’occupazione, anche e certamente un muro che crea situazioni come quelle di Qalqilya.
    Però io vedo anche con l’altro occhio.

    Per quanto riguarda l’Unico stato (con la maiuscola su Unico e non su stato, come hai fatto tu), io non so rispondere alla donna israeliana che mi dice: «Io non voglio vivere in uno stato in cui se mio marito mi picchia a sangue, non posso chiamare la polizia», se tu lo sai fare – e non è retorica, te lo domando profondamente – aiutami.

  4. Se avessi delle soluzioni concrete e spendibili subito, non le terrei certo per me. Purtroppo non ne ho e capisco che i problemi siano tantissimi e che la situazione del conflitto israeliano-palestinese sia una delle cose più intricate al mondo, con tutto un corollario di problemi interni che nemmeno ci immaginiamo…

    La pace è un lungo processo di cambiamento che si può ottenere solo se le parti accettano in prima istanza di riconoscersi e di conoscersi. Suppongo che gli uni e gli altri vivano di pregiudizi: il muro e l’occupazione li rafforza da entrambi i lati.
    Francia e Germania, che per secoli si sono scannate mandando al macello milioni di vite, ad un certo punto capirono che se avessero collaborato ci avrebbero guadagnato entrambe e soprattutto avrebbero risolto una volta per tutte i problemi di sicurezza.
    Quella volta furono il carbone e l’acciaio (una delle tante fonti del conflitto) a creare la pace.
    Insomma: con la teoria dei giochi, trovarono quella soluzione “win-win” che accontentava tutti.
    Credo che uno dei nodi gordiani da districare per iniziare a costruire una pace duratura tra Israele e Palestina sia lo status di Gerusalemme, col successivo smantellamento di tutte le colonie.
    Come ci riusciranno? me lo domando anch’io (e purtroppo sto diventando sempre più pessimista).

    Per la donna israeliana: credo che non sposerebbe mai un palestinese e quindi non avrebbe timori nel chiamare la polizia. “Stato Unico” non significa per forza uno stato centralizzato dove si applica la sharia.

    Putroppo, ripeto, la principale causa (e non unica, come giustamente sottolinei) del problema resta l’occupazione israeliana. Il resto è tutto un suo prodotto diretto o indiretto. A questo punto, però, non so quanto sia compromessa la situazione.
    Voglio illudermi che, puntando tutte le carte sull’educazione, si riuscirà pian piano a costruire una mentalità nuova. E il lavoro che fate con i bambini è lo strumento migliore per cominciare.

  5. “..allo stesso tempo sembra che tutti preferiscano perpetuare questa condizione…” forse sta proprio nelle tue parole la non-voglia di pace. L’abitudine del vivere in una certa condizione, la paura mentale della pace che è cambiamento, proprio perchè non la si conosce..può sembrare/suonare assurdo, ma essere così.

    Penso comunque, com’è già stato scritto da Toni, che l’educazione dei bambini possa fare la differenza ed essere un inizio di cambiamento.

  6. GRAZIE TONI forse davvero sei riuscito a capire quale il problema ti parlo da palestinese, perdonami giovanni intrpretare le cose secondo il proprio punto di vista non è sempre giusto… la sofferenza grande in arabo abbimao un provervio che dice che …chi conta i bastonate non come chi li subisce .. scusate il mio italiano

  7. sono disgustata dalla stupità di questo qua.
    il problema è la mancanza di diritti delle donne nella società palestinese che potrebbero condizionare le leggi di un ipotetico stato unico, non se l’israeliana si fa problemi a denunciare un marito palestinese.
    me lo immagino proprio, tutto compiaciuto che si rilegge ‘sta rispostona.
    ora siamo tutti più tranquilli: il problema delle violenze familiari non esiste se non sposi un arabo(detta così, potrei quasi essere d’accordo).

  8. L’attuale muro non è legale perchè annette terre palestinesi. Io sarei, eccome, per un muro, una muraglia cinese costruita lungo la frontiera su territorio israeliano. Tra cento, duecento anni di separazione assoluta, ne riparliamo. Gli errori non sono unilaterali, in un conflitto così lungo e complesso raramente la colpa è da una sola parte, come si dice qui da noi, bisogna essere in due per ballare il tango.

  9. mamma mia come ogniuno capisce le cose a modo suo , AIUTOOOO toni non sei stupido tranquillo… i problemi della donna e della violenza non ci sono solo qui ma in tutto il mondo l’unica cosa che per il palestinese il problema principale e quella della situazione politica,….e dunque sà una donna palestinese che denunciare significa passare al piano della vergogna davanti a tutta la società, in palestina esiste la pena di morte per la violenza lo sapevate.. allora vi invito a leggere lo statuto della autorità palestinese, e sè non viene messo in esicuzione la quistione di onore, una famiglia preferisce che la propria figlia tace anzi che rovinare le sorelle o tutti quelle che aprtengono a quella famiglia o tribù, la quistione del onore molto sentita….e per difendere la proprio reputazione tace, che non condivido questa scelta delle donne del mio popolo ma capiscoe scuso una scelta del genere…. per giudicare una situazione bisogna capire tante cose ragazzi , usanze, mentalità cultura…ecc e rispettarle in israele ormai la separazione e prostituzione sono quasi il 40% dei casi e lo stato di israele inconraggia la corrozione , a questi donne che fanno la bella vita li paga li considera donne degni di assisitenza,e anche a quelle separate…..insomma mai vito una corrozione del genere al livello sociale israele prende il primo posto secondo me ma anche in quello della corrozione…

  10. Cara Anna, attenta perche’ rischi di tirarti la zappa sui piedi in questo modo.
    Uno dei grossi problemi causati dall’occupazione israeliana e’ che mina la forza di una qualsiasi autorita’ centrale palestinese. Uno Stato che non e’ uno stato non riuscira’ mai a imporre il rispetto degli obblighi ne’ a garantire pieni diritti ai suoi cittadini. Cominciando dall’educazione (di qualita’), che e’ lo strumento fondamentale attraverso cui si costruisce il cittadino.

    In questo momento, a causa dell’occupazione israeliana (ma non solo, perche’ anche la corruzione delle alte sfere palestinesi -Fatah in primis- contribuisce a creare un danno enorme), la societa’ e’ quasi in balia di se’ stessa. Avendo i movimenti politici per la liberazione fallito, ora la gente si sta riversando sull’Islam. Problema secolare dell’Islam e’ che non c’e’ una specie di “chiesa” che stabilisca le linee-guida e contribuisca in qualche modo a separare le sfere di influenza religione-politica. Pertanto bene o male tutti si sentono autorizzati a rappresentare l’Islam pur senza conoscerlo bene. E’ un grosso problema il fatto che molti sheikh (i preti, per semplificare) e imam siano scarsamente istruiti e legati piu’ ad una visione tradizionale e arcaica della societa’. Per cui trasmettono e rafforzano un’idea errata. Come quella della segregazione femminile o della questione d’onore (che, ricordatevelo bene tutti, c’era anche nell’ordinamento giuridico italiano fino a non molti anni fa).
    Io non sono musulmano ma qualche cosa di Islam la conosco. So, ad esempio, che nel Corano non c’e’ scritto da nessuna parte che le donne devono essere relegate, come effettivamente lo sono. Questo, quindi, e’ un problema sociale legato alla tradizione e non alla religione.
    E la tradizione, a volte, sopperisce erroneamente ad una scarsa educazione.
    Come risolvere il problema?
    Nel caso palestinese: finire l’occupazione, creare un’autorita’ credibile e riconosciuta da tutti (anche all’interno di un probabile stato unico, perche’ no). E cominciare fin da subito (anche prima di subito!) a rafforzare l’educazione. Quella civica per cominciare. Ma direi anche quella religiosa, a questo punto, dato che la gente sta “ritornando” all’Islam ma senza veramente capire cosa sta facendo. Un po’ come i cristiani che pensano che per essere fedeli basti andare in chiesa la domenica e mettere crocefissi ovunque, come i Leghisti o quelli di Forza Nuova. Quella e’ solo forma: la sostanza, quella vera, dove la mettiamo?

    Per la situazione delle donne e’ lo stesso: bisogna che si rafforzino quelle correnti modernizzatrici dell’Islam che spiegano quanto la visione dell’Islam -che e’ minoritaria ma crea molti danni- che circola sia tra i cristiani che tra i musulmani (per diversi aspetti) e’ lontana dalla realta’.
    Il problema e’ serio: e’ come se passasse il concetto -come sta passando nel mondo arabo- che il cristianesimo e’ quello dei “cristiani rinati”. ovvero quella setta fondamentalista di cui fanno parte Bush e tutto il suo entourage…

    E tutto questo e’ anche per rispondere a chi mi insulta chiamandomi stupido senza neanche avermi mai chiesto quali siano le mie posizioni. (complimenti).
    La mia era una risposta ironica ad una preoccupazione legittima che pero’ e’ sempre se solo usata come scusa per evitare l’integrazione. A casa mia quelle domande le fa solo la Lega Nord…

  11. Toni, mi ero illuso che avessi una soluzione, e invece – come vedo – non ce l’hai.

    Si vede che abbiamo priorità diverse, per me i diritti delle donne e degli omosessuali sono – forse – LA priorità. Come la laicità, garanzia di equanimità. Per questo lo capisco il disgusto di Giovanna di fronte alla tua evidente trascurazione del problema.

    Dopodiché il fatto che tu dica che tutti i problemi derivino dall’occupazione è un orrore per l’intelletto. Nel ’48 c’era l’occupazione? No, eppure i problemi che elenchiamo, c’erano anche di più. In Giordania, Siria, A.Saudita, Iran, l’occupazione c’è? No, eppure questi problemi ci sono di più.

    Anzi, applicando il tuo sillogismo (perdonami, ma è tale) sciatto, dovremmo sostenere che l’occupazione aiuti. Insomma, come i colonialisti dell’800.

    P.s. Mi sa che devo fare le prese4ntazioni: lei è Sr. Anna Salwa, anche chiamata – dal nostro Umberto – La Suora Hizballah; che magari non scrive l’italiano perfettamente, ma lo parla meglio di tanti di noi.

  12. Nel Corano c’è scritto eccome che le donne debbano vivere della propria onorabilità, e in base a quella valutate. Che valgano metà degli uomini. Che sono fatte inferiori da Dio, che gli uomini possono avere 4 mogli (e Maometto 13, di cui una di nove anni), che debbano coprirsi per uscire, etc.
    Ti darei tutti i riferimenti ma li sai già, suppongo.

    Ovviamente, è financo stupido dirlo, questo non vuoldire che tutti coloro che si dicono mussulmani la pensino così, ma che il Corano dice esattamente questo: è un libro, come per lo più l’antico testamento e in parte il nuovo, enormemente violento.

    Ma la cosa principale è che è tutto incentrato sulla segregazione sessuale, ovunque si esalti la verginità si dà campo al maschilismo, questa è un’ovvietà tanto logica da essere inoppugnabile: non c’è libertà dove non c’è libertà sessuale.

  13. Certo che vi aggrappate sempre a dei dettagli…
    Vabbe’.
    La soluzione non ce l’ho come non ce l’ha nessuno. Pensavo che dal confronto, dal dialogo, si potesse tirarne fuori qualche cosa. Ho certo delle basi solide ma non significa che non sia pronto a discutere e a mettere in discussione tutto il resto.
    Di solito riesco benissimo ad evitare ogni tentativo di etichettatura. Qui sono stato marchiato -peraltro su argomenti in cui mai avevo avuto dei problemi, femminista come sono- e non ne vengo fuori. Ho la sensazione che vi siate messi un paraocchi e cosi’ non e’ per nulla facile.
    Pero’ se le vostre soluzioni sono soltanto l’erigere muri, allora capisco che per me proprio posto non ce n’e’.
    Scusate per quello che ora so essere stato un disturbo e vi lascio alle vostre certezze (preferisco tenermi i miei dubbi e le mie speranze ed essere criticato da altri ma non su pregiudizi).
    Se qualcuno avesse mai qualche cosa da dire, c’e’ l’indirizzo e-mail…

  14. …cambio l’ultima frase.
    Se qualcuno avesse qualcosa da dirmi (insulti esclusi) o volesse comunicarmi qualche cosa (si accetta solo critica costruttiva), c’e’ l’indirizzo e-mail…

  15. Leggo la definizione di pregiudizio, e mi sembra esattamente quello che ricalca la tua posizione: “opinione fondata su convinzioni personali che non si basano sulla conoscenza diretta di fatti, persone, cose, ma su semplici supposizioni o convinzioni correnti che possono indurre in errore”.

    Innamorato come sei dei palestinesi, trascuri completamente tutte le cose che potrebbero nuocere alla tua idea, in qualunque modo ti vengano fatte notare.
    Il fatto che tu – autoqualificatoti femminista – sia accusato di trascurare le donne, appena si esce dall’Italia, dovrebbe farti riflettere, anziché avere una tale reazione.

    Non dire che sei di disturbo solo perché qualcuno non condivide le tue idee, e ti contesta il fatto che – ecco chi ha non si pone alcun dubbio, che ha pregudizi – l’occupazione non è l’origine di tutti i mali qui.

    E poi, per favore, non usare il voi.

  16. Sai, Giovanni, perchè non è possibile un dialogo? Perchè quando una parte si apre ad un dialogo vero e l’altra spara cazzate del genere, cadono le braccia. Ma dove la trovano tanta fantasia?
    “…ecc e rispettarle in israele ormai la separazione e prostituzione sono quasi il 40% dei casi e lo stato di israele inconraggia la corrozione , a questi donne che fanno la bella vita li paga li considera donne degni di assisitenza,e anche a quelle separate…..”.
    Credo che non valga neanche la spesa di dialogare.

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