Venerdì 1 agosto

Potere alla parola – Diario dalla Palestina 24

Oramai ho imparato quelle poche parole dell’arabo parlato (se parli arabo classico ti guardano male) che servono per avere prezzi da locali, e non da turisti.

Sì, dell’arabo parlato, o meglio dell’arabo “di strada” nella vecchia Palestina mandataria pre spartizione franco-britannica, insomma l’arabo che si parla anche in Libano, Siria e Giordania: in Egitto no, quello è un altro continente. Questo che è sempre stato un argomento dei sionisti per sostenere che non ci fosse mai stato un popolo “palestinese” e una nazione chiamata Palestina. Che il nome “Palestina” sia stato inventato dai romani in spregio agli ebrei, etc. Ovviamente la verità è nel mezzo, ma è curioso che in conversazioni informali questo dato sia sempre raccontato (quando dico che voglio imparare il palestinese, mi dicono sempre «non esiste un palestinese, è l’arabo di strada!»), ma poi negato quando la discussione si faccia politica.

Hai imparato l’arabo dunque, anzi l’arabo di strada? No, in due settimane e con quel tanto di pigrizia, figuriamoci: ho imparato quelle poche parole utili. Una cosa che mi piace molto, ed è un po’ strana per un europeo è che qui, ovunque tu vada, non soltanto saluti (cosa scontata in Francia almeno nei negozi, ma non in Italia) ma chiunque ti chiede come stai: entri in una farmacia per comprare un ciuccio? il farmacista ti chiederà «come stai?». Ovviamente immagino che le risposte siano abbastanza standardizzate, e difficilmente si dirà al farmacista che va male perché la tua fidanzata guarda troppo nuur – la telenovela – e non si dedica a voi (ma non ci giurerei), però il concetto non mi dispiace.

Questo fatto ha poi un effetto collaterale abbastanza divertente, ovvero che basta imparare come si dice e come si risponde a «come stai?», per essere creduto uno che parlicchia l’arabo. Anche se sai soltanto quelle due parole.

Conversazione tipo:
Io – Marhaba (ciao) ((anvedi, te saluto n’arabbo))
Negoziante – Masa el kheir (buona sera) ((certo che a me me pari proprio’n turista))
Negoziante – Kif halak (come stai?) ((vedemo se ce lo sai parlà davero l’arabbo))
Io – Quays/variantegaggiahamdulillah (bene/nacifrabene) ((tiè, hai visto come j’ammollo n’arabbo?))
Negoziante – – (-) ((‘mazza sto qua l’arabbo ce lo sa))
Negoziante – Hal taarfi lloha al arabìa? (ah, parli arabo) ((ah vabbè sei di’i nostri?))
Io – Shuai Shuai (un pochetto) ((in realtà so solo ste du’ parole ma tu nun ce lo sai))
Io – Khadish ada (quanto costa questo) ((mo me devi fa er prezzo de li ‘bboni)
Negoziante – talata shekel (3 shekel) ((vabbè, se sei dei nostri mica te posso fregà))

Dice, e com’è questo prezzo de li ‘bboni, ecco, ho scoperto che qui non esiste assolutamente economia di mercato, i prezzi sono assolutamente fissati, che sia un supermercato o un chioschetto di periferia qualsiasi alimento o oggetto costa lo stesso, quelli che vengono da israele costano un po’ di più, ma ovunque li si compri il prezzo è il medesimo, senza alcuna concorrenza.
Anche per i turisti il prezzo è lo stesso, ed è la cifra che arrotondata si avvicina di più al 250%, se una cosa costa 3, 4 o 5 shekel, ai turisti costerà 10 shekel.

Shekel, sì: scontato per chi c’è stato, non per gli altri – lo sapete che in Palestina, perfino a Gaza, si usa la moneta israeliana con tanto di magen david su essa?

5 Replies to “Venerdì 1 agosto”

  1. Tutti i giorni leggo con grande piacere il tuo diario e guardo (quando ci sono) le fotografie.
    E’ veramente bello condividere, anche se da lontano,la tua esperienza in Palestina.
    Molto istruttiva, per una che in giovinezza aveva studiato arabo classico, la prima lezione di “arabo di strada”.
    Oggi arriveranno Angela e Davide e sicuramente per loro sarà un grande solievo averti lì.
    Salutoni a te, Ahlam e bambini.

    Ciao
    Maria Grazia

  2. Marhaba si dice anche da noi come tante altre parole che ho riconosciuto.
    Difficile l’arabo, come l’ebraico. Sempre semiti siamo.
    Buona domenica, ciao.

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