Rei confessi

Magari, sicuramente, sono sciocco io, ma non capisco cosa possa comportare che lo status di clandestino diventi reato. Qualche giurista mi venga in soccorso: se uno è clandestino non può stare nel posto in cui, allora viene mandato via. Se invece è reato cosa succede? Che viene incarcerato? Cioè quello che succederebbe a un italiano che ruba una mela? Non è già una disdetta per i leghisti che noicontribuenti si paghi per un immigrato in carcere? Non è un modo per dirgli surrettiziamente «sì, avete diritto di stare in Italia»?

Impara la storia

Oggi c’è stata la prima tappa vera. Ha vinto Bosisio. Di Luca, Piepoli, Riccò e Contador hanno guadagnato un minuto: ma tutto questo non conta.

Quello che conta è che quest’uomo qui è un grande:

di-spalla.JPGQuesto qui, proprio qui accanto, di spalla, oggi non ha vinto. Non è andato in fuga. Non ha fatto uno scatto. Non ha neanche forato né è caduto-e-ha-continuato-pervicacemente, le solite cose che piacciono tanto a noi sadici amanti del ciclismo, e masochisti amanti della fatica dell’andare in bicicletta.

Anzi, si è staccato. Anzi ancora, si è staccato più di una volta.

A dire la verità, oggi, Bettini non ha fatto neanche il capitano. Oggi, come qui accanto, ha fatto da spalla: ed è questo il punto. Per voi non sadomasochisti quella maglia lì, quella così semplice e così bella, quella così bianca eppure così colorata, è la maglia di campione del mondo. La vinci a settembre/ottobre, e la tieni tutto l’anno: è un po’ come l’iPhone o un link del Guardian per i blogger. Ce l’hai, è indiscutibile, sei arrivato primo e sei il più forte (anche se poi non sei il più forte – già negli scritti altrui). Tutti ti invidiano, e per quel periodo vali di più. Bettini non avrebbe bisogno di valere di più per valere di più, ma sta il fatto che ha vinto due volte il mondiale, una di quelle cose che riescono a pochi; ne avrei voluto scrivere, avevo iniziato a farlo quando ancora n’aveva vinto uno solo, poi ho smesso, chissà se un giorno…

Insomma, lui con questa maglia sul dorso è stato tutta la giornata davanti Visconti, che per una bella fuga è andato con astuzia e perizia e anche con un poco di furbizia (cit.) in maglia rosa. Tutti dicevano che oggi l’avrebbe persa, le prime salite vere (leggasi più lunghe di 5 km) Visconti non è uno che tiene. E infatti non ha tenuto, però ha tenuto la maglia. Invece di dieci minuti, ne ha persi due. E questo è – anche, in gran parte – merito del gregario Paolo Bettini.

A me Visconti sta simpatico, ha l’età mia (sono almeno un paio d’anni che ho deciso che non farò il calciatore, né il ciclista, né l’astronauta, quindi metto da parte l’invidia), è siciliano ed è andato a vivere in Toscana (la perfetta trafila dei poeti), dove ho passato parte della mia infanzia, fra l’altro: dicono che sia l’erede di Bettini, le caratteristiche ci sono, di chilometri e successi da battere ce ne sono tanti anch’essi. E poi è simpatico lui: l’urlo liberatorio che ha lanciato ieri quando Di Stefano gli ha detto che la maglia rosa era proprio sua, è il più bello spot per il ciclismo. Per la genuinità.

Oggi nella conferenza stampa ha encomiato il bicampione del mondo e ha spiegato che oltre alle gambe, alla fatica alla forza, gli è servita anche tutta la saggezza del suo capitano: la testa. Quella che spesso si dice che Bettini non abbia (salvo poi dare spettacolo nella peggiore ipotesi, far saltare il banco nelle altre). Non andare ora, aspetta. Dài, su ora. Forza.

Visconti ha aggiunto anche che il suo sogno – domani o poi – è «lanciarlo in una tappa, ma così lanciato, in modo che i giornalisti scrivano ‘l’ha fatto vincere Visconti’». Domani, effettivamente, potrebbe essere la tappa per Bettini che solitamente è sfortunato, e ultimamente più che solitamente: quindi domani più che sempre “forza Paolo Bettini!”.

Ah, Bettini è arrivato al traguardo con una trentina di secondi di ritardo su Visconti, perché alla fine – stremato dopo aver completato il lavoro da gregario – si è staccato. Gli hanno fatto chiesto del suo lavoro: «Che c’è? C’era Giovanni in maglia rosa, no?»

Altre parole? Quelle scritte su questo muro:

storia.JPG

Alleanza di Pietra

Il gioco è questo, e me l’ha stimolato la lettura di questa intervista e delle solite sparate di quell’altro, affinità e divergenze con i seguenti due personaggi politici su cinque temi – voto 5 è il più alto, voto 1 è il più basso:

Diritti civili: Vendola 5 – Di Pietro 2

Mercato del lavoro: Vendola 1 – Di Pietro 3

Politica estera: Vendola 2 – Di Pietro 3

Immigrazione: Vendola 5 – Di Pietro 2

Giustizia: Vendola 4 – Di Pietro 1

Risultato: Vendola 17 – Di Pietro 11

Il Partito Democratico si è alleato con Di Pietro.

Fuori categoria, conoscenza dell’italiano: Vendola 5 Di Pietro 1

L’udienza è tolta

Oggi che ha perso la maglia lo si può dire, così è deciso: qui si tifa Pellizzotti.

(Sempre che Di Luca non si prenda una gastroenterite, nel qual caso il solito grande amore: forza Paolino!)
Sì, qui si tifa per gente che non vincerà mai.

La tirannìa dei bradipi /2 – Birmania

Mentre in Cina il conto dei morti per il terremoto raggiunge i 50.000, la giunta birmana si rifiuta di far entrare gli aiuti umanitari per i vicini dei 100.000 morti ciclone; l’ONU – come sempre – non fa nulla.
L’inappuntabile e feroce editoriale del WSJ, Kick out Burma of the U.N.

It’s time to kick Burma out of the United Nations. If the U.N. does not put in motion a process to suspend Burma from its U.N. membership, then, clearly, nothing is forbidden.

(via JimMomo)

Lo stato delle notizie

La cartina del mondo fatta in base al numero di secondi dedicati a ogni stato dai media americani:
la grande chiazza viola sono gli USA stessi, quella verde l’Iraq.
mondonotizie.JPG
(Il mese in esame è il febbraio 2007 – l’intero video qui)

La tirannìa dei bradipi

Francesco Cundari fa un post perfetto, nel senso che su tutto quello che ha detto la penso esattamente all’opposto. Non solo su come bisogna che vada il mondo, penso che sbagli, ma anche su come pensa che vada.

Io ho esattamente il forte sospetto che la storia dell’umanità sarebbe stata molto diversa, e ci saremmo risparmiati un bel po’ di massacri, tragedie e trasmissioni inutili, se solo ci fossero state in giro un po’ più di persone capaci, al momento buono, di dire semplicemente: “Io, per prima cosa, proporrei di non stare fermi, che mi pare già un buon inizio”

La tirannìa che viviamo è quella dei pigri. È quella che se uno non interviene non è colpa sua. Che l’immobilismo non è mai colpevole. Che la neutralità di fronte a un’ingiustizia esiste. Che se uno critica qualcosa – appunto – non deve confrontarsi con quello che già c’è, e quindi non è necessario che proponga un’alternativa.

È la tirannìa che rende possibile quel solito studio per cui sei su un treno che sta andando a spiaccicare 5 persone, e potresti andare lì e fargli cambiare di binario – eh sì, perché il mondo è crudele, l’autista s’è preso un colpo – ma vedi che sull’altro binario c’è una persona, e allora non fai nulla: perché è peggio essere responsabile con le proprie mani per la morte di una persona, che essere responsabile senza le proprie mani per la morte di cinque. E altre otto persone su dieci farebbero come te.

Perché se si chiude fuori casa il “tu cosa proponi in cambio?” si spalanca la porta al “tanto peggio, tanto meglio”.