Giovedì 7 agosto

Umorismo palestinese /2 – Diario dalla Palestina 31

Altri tre racconti di umorismo palestinese, stavolta in salsa agrodolce.

Uno degli amici qui mi stava raccontando del cibo palestinese che – devo ammettere – è meno peggio di quanto pensassi, anzi c’è sto Za’atar che è una polverina che mi piace un sacco. E mi stava raccontando della pizza, appunto, con lo Za’atar: alla mia faccia un po’ stranita, come per garantirmene la bontà mi ha raccontato che durante la seconda intifada lui e suo zio si mangiavano quattro pizze giganti. Gli ho chiesto allora, perché proprio durante l’intifada, e mi ha risposto: «you know, throwing stones is tiring» – Sai, lanciare sassi è stancante…

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Oggi ho incontrato anche un cristiano di Betlemme che ce l’ha a morte con i francescani. Non so cosa gli abbiano fatto, mi ha raccontato qualcosa, e qualche storia triste, di corruzione, della moglie malata di sclerosi, e dell’ostilità che incontra ogni volta che prova a chiedere un visto per andarla a curare all’estero: sono gli stessi palestinesi cristiani a cercare di ostracizzare le partenze degli altri cristiani, visto che vivono una sindrome da accerchiamento – un tempo erano il 20% nell’intera Palestina, ora sono il 2,5%. In questa storia disperata, ha trovato la voglia di scherzarci su: dice di voler essere il primo kamikaze cristiano, ma di non voler andare a farsi esplodere in Israele, ma negli stessi Territori occupati, a Betlemme, nel convento dei francescani…

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Io soffro il caldo di notte, solitamente, e qui non è caldissimo, anzi è abbastanza freschino con tutte le finestre aperte la notte: non fosse per la chiamata del Muezzin alle 4 di notte si dormirebbe relativamente bene. Di giorno però è un caldo balordo, ci vorrebbe un bel venticello, «ci vorrebbe un uragano» diceva uno dei palestinesi che ho conosciuto «Così poi ci buttiamo in mezzo e magari ci ritroviamo al di là del muro, e possiamo fare una girata». «Per fare una girata o carichi di bombe? sarebbe una trovata per evitare i check-point», dico io. Lui: «No, ma non serve andarci, in quel caso, basta tirar le bombe in mezzo all’uragano e ci vanno da sole di là» Io domando: «E se invece di andare in Israele atterrano a Ramallah o Jenin?». E lui: «Beh, in quel caso sono martiri…».

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