Rispondere in coscienza

jiminey-cricket-722558.jpgLeggere questa ulteriore stroncatura di Beppe Grillo mi ha fatto venire alla mente alcune riflessioni collaterali, che metto qui in piazza: nel constatare e nell’avere sempre nuove prove che Grillo sia uno di loro, ovvero un fenomeno finto, che tradisce la buona fede dei suoi fan (non sempre, buona fede), proviamo una sinuosa linea di piacere.

A ogni intervista rifiutata, rivelazione sui fini di lucro del suo blog, mancata risposta a civili obiezioni, autoriduzione a luogo comune, palesamento della sua indole reazionaria, o – appunto – dimostrazione della sua plastica strategia dell’isolamento, oltrepassiamo spesso la giusta considerazione che un vaffanculo non sia la risposta, andando a strusciare pericolosamente l’idea che gli altri “sono tutti uguali”, anche i sedicenti campioni dell’Italia pulita.

Parlo per me principalmente, ma parlo anche al plurale, perché mi sembra di aver intravisto un atteggiamento simile in molti di coloro che mi hanno manifestato le stesse perplessità nei riguardi del comico genovese, e con cui è come se avessi fatto schieramento (ecco, appunto).
Per continuare a cambiare qualcosa, e fare sì che non ci siano campioni dell’Italia pulita, ma un’Italia pulita e basta, bisognerebbe anche – oltre a molto e ben altro, certo – toglierci queste pigrizie ideologiche.
Probabilmente ho sbagliato quando ho detto che delle volte bisogna armarsi della stessa dietrologia, per smascherarlo.

Che importa se non è Beppe Grillo a scrivere il suo blog, ma un’azienda? Che importa se la Casaleggio Associati fa del tandem Grillo-Di Pietro una chiara macchina del profitto? E che importa se Beppe Grillo ha la sua condanna per omicidio colposo, e vagheggia di fedina penale linda?

Questi sono argomenti melliflui, più propriamente non sono argomenti, non è sostanza. Sono obiezioni che, da una parte stuzzicano quell’insano moto alla compiacenza laddove gli altri siano peggiori di noi, e dall’altra sembrano darci un credito di onestà da spendere per continuare a essere un po’ migliori degli altri, accontentandoci di questo.

È come se facessimo i Beppe Grillo con Beppe Grillo, o in altre parole i Beppe Grillo con noi stessi.

Bepperò…

Credo che questa vicenda non sia di una gravità inautida come dipinta da molti malspopportanti Beppe Grillo: anche coloro a cui ho sentito dire “nulla di nuovo” lo facevano col tono del peggior insulto. È una cosa che non mi stupirebbe sentir raccontare a proposito di molte persone che per altri versi stimo, ma d’altra parte è una cosa sicuramente esecrabile; ne rimarrei deluso.
E qui è il punto – secondo me l’utilità di questo episodio sta nel fornire un argomento inoppugnabile per distinguere fra i sostenitori di Grillo in buona, e in mala fede: coloro che sono persuasi dalle idee del comico e dalle sue istanze politiche, i quali diranno «che peccato, stavolta si è malcomportato, mi ha deluso», e coloro che invece si schierano pregiudizialmente dalla sua parte (ed è questa l’impressione più inquietante che mi ha sempre suscitato il fenomeno), che diranno che… le domande erano indegne.

Io non credo che le domande di Gilioli fossero fuori posto, anzi, mi sembravano utili e pertinenti, ma la cosa è irrilevante: mi sono domandato se ci siano domande che mi offenderebbero a tal punto da farmi rifiutare il benché minimo confronto, e no, non ce ne sono. Se mi assicurano di pubblicare integralmente i miei virgolettati, posso rispondere anche a una domanda sui miei legami con la mafia. Anzi, voglio.

Grillo si è comportato in una brutta maniera, e ha fatto ciò per cui lui si dimostrerebbe torvamente scandalizzato, e per cui chi – come il sottoscritto – non condivide né i toni né gli argomenti, direbbe «io non mi comporterei così» (o meglio, voglio sperare che non farei così).

Certo, ogni cosa ha le sue attenuanti e ognuno è naturalmente attaccato alla propria idea; io, per gioco, mi son dato una regola di condotta: qualunque idea che io propugno deve avere un fatto, un episodio, uno scenario che – se realizzato – mi faccia cambiare idea, qualcosa che in definitiva mi renda inevitabile proferire un «beh, però…».

E allora ho pensato che se c’è qualcuno che manchi ancora di un bepperò sul personaggio – anche stentato, anche parziale, anche lontano da coloro con cui si è sostenuta l’idea contraria – ecco, questo è il caso.