Impara la storia

Oggi c’è stata la prima tappa vera. Ha vinto Bosisio. Di Luca, Piepoli, Riccò e Contador hanno guadagnato un minuto: ma tutto questo non conta.

Quello che conta è che quest’uomo qui è un grande:

di-spalla.JPGQuesto qui, proprio qui accanto, di spalla, oggi non ha vinto. Non è andato in fuga. Non ha fatto uno scatto. Non ha neanche forato né è caduto-e-ha-continuato-pervicacemente, le solite cose che piacciono tanto a noi sadici amanti del ciclismo, e masochisti amanti della fatica dell’andare in bicicletta.

Anzi, si è staccato. Anzi ancora, si è staccato più di una volta.

A dire la verità, oggi, Bettini non ha fatto neanche il capitano. Oggi, come qui accanto, ha fatto da spalla: ed è questo il punto. Per voi non sadomasochisti quella maglia lì, quella così semplice e così bella, quella così bianca eppure così colorata, è la maglia di campione del mondo. La vinci a settembre/ottobre, e la tieni tutto l’anno: è un po’ come l’iPhone o un link del Guardian per i blogger. Ce l’hai, è indiscutibile, sei arrivato primo e sei il più forte (anche se poi non sei il più forte – già negli scritti altrui). Tutti ti invidiano, e per quel periodo vali di più. Bettini non avrebbe bisogno di valere di più per valere di più, ma sta il fatto che ha vinto due volte il mondiale, una di quelle cose che riescono a pochi; ne avrei voluto scrivere, avevo iniziato a farlo quando ancora n’aveva vinto uno solo, poi ho smesso, chissà se un giorno…

Insomma, lui con questa maglia sul dorso è stato tutta la giornata davanti Visconti, che per una bella fuga è andato con astuzia e perizia e anche con un poco di furbizia (cit.) in maglia rosa. Tutti dicevano che oggi l’avrebbe persa, le prime salite vere (leggasi più lunghe di 5 km) Visconti non è uno che tiene. E infatti non ha tenuto, però ha tenuto la maglia. Invece di dieci minuti, ne ha persi due. E questo è – anche, in gran parte – merito del gregario Paolo Bettini.

A me Visconti sta simpatico, ha l’età mia (sono almeno un paio d’anni che ho deciso che non farò il calciatore, né il ciclista, né l’astronauta, quindi metto da parte l’invidia), è siciliano ed è andato a vivere in Toscana (la perfetta trafila dei poeti), dove ho passato parte della mia infanzia, fra l’altro: dicono che sia l’erede di Bettini, le caratteristiche ci sono, di chilometri e successi da battere ce ne sono tanti anch’essi. E poi è simpatico lui: l’urlo liberatorio che ha lanciato ieri quando Di Stefano gli ha detto che la maglia rosa era proprio sua, è il più bello spot per il ciclismo. Per la genuinità.

Oggi nella conferenza stampa ha encomiato il bicampione del mondo e ha spiegato che oltre alle gambe, alla fatica alla forza, gli è servita anche tutta la saggezza del suo capitano: la testa. Quella che spesso si dice che Bettini non abbia (salvo poi dare spettacolo nella peggiore ipotesi, far saltare il banco nelle altre). Non andare ora, aspetta. Dài, su ora. Forza.

Visconti ha aggiunto anche che il suo sogno – domani o poi – è «lanciarlo in una tappa, ma così lanciato, in modo che i giornalisti scrivano ‘l’ha fatto vincere Visconti’». Domani, effettivamente, potrebbe essere la tappa per Bettini che solitamente è sfortunato, e ultimamente più che solitamente: quindi domani più che sempre “forza Paolo Bettini!”.

Ah, Bettini è arrivato al traguardo con una trentina di secondi di ritardo su Visconti, perché alla fine – stremato dopo aver completato il lavoro da gregario – si è staccato. Gli hanno fatto chiesto del suo lavoro: «Che c’è? C’era Giovanni in maglia rosa, no?»

Altre parole? Quelle scritte su questo muro:

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