Oggi sono stato a contatto con una celebrità, uno che ha ospitato Mentana in televisione. Uno di quelli che quando lo incontri te lo ricordi. E te lo ricordi perché sai che lo potrai raccontare ai nipoti. Incidentalmente sul palco c’era Al Gore in versione Beppe Grillo (insiemeabbatteremoilsistema), e proprio davanti a me sedeva il numero due del PD, Franceschini. Ma la vera star era lui, così umile da sedersi in mezzo a noi; accanto a sé aveva due bravi d’eccezione, lui e lui: come se le guardie del corpo di Batistuta fossero Toni e Vieri (quello di un tempo, non questo). Ma ovviamente a stagliarsi in mezzo alla folla, a sbrilluccicare di luce propria era lui: Zoro.
Tutti si fermavano a salutarlo, inchinandosi, qualcuno ostentava familiarità («ehi Diego»), qualcun altro mostrava deferenza, altri sembravano Saccà con Berlusconi. Al di là dei due della security, c’era solo un numero imprecisato di donne che evidentemente bramavano una sua parola, una sua attenzione.
La dea bendata mi fece regalo di un posto così prossimo a lui da aver potuto apprezzare tutte le sue risate (e quando rideva lui, tutti lo seguivano), i suoi applausi (e quando applaudiva lui, applaudivano tutti). Franceschini ha cercato in tutti i modi di di rubargli la scena, di attirare le attenzioni su sé stesso, alzandosi in piedi, arrivando in ritardo, fingendo di telefonare, agitando la mano per salutare qualcuno (che inevitabilmente non gli ha risposto): ovviamente il risultato è stato senza esito – in realtà c’era qualcuno che mi diceva sempre che “senza esito” non si deve dire, perché in realtà c’è sempre un esito, anche se negativo, ma in questo caso e unico caso era proprio senza esito.
Io, per me, non ho trovato il coraggio di proferire alcuna parola nella sua direzione, di chiedergli di poter toccare il santino come avrei tanto voluto: agogno di avere una nuova possibilità, e spero che per quel giorno avrò acquisito la necessaria temerarietà