Berlusconi è ‘na chiavica

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Mi sono scoperto nuclearista qualche giorno fa. Dopo averne letto il più possibile in giro, e aver confrontato varie opinioni e dati. Bisogna sempre ricordarsi che le opinioni seguono i ragionamenti, e non viceversa, perciò – trovatomi davanti a delle ragioni migliori delle mie – non ho potuto fare altro che una cosa: cambiare idea. La declinazione più precisa è che sono per il nucleare dopo le rinnovabili, cioè preferisco il nucleare agli idrocarburi perché questi ultimi fanno più male e inquinano di più. Dove sole, acqua e vento non riescono (per ora) ad arrivare voglio che arrivi il nucleare e non petrolio gas e carbone. So di saperne sempre poco, e so che è possibile che ricambi idea di fronte ad altri e migliori ragionamenti. Questo qui, però, non è un post sul nucleare, ma su Silvio Berlusconi.

Oggi l’Economist esce con questa copertina: una che dice sostanzialmente che Berlusconi è una chiavica, e ha mandato a puttane un Paese. La scelta dell’immagine è perfetta, secondo me. È la più classica di quelle facce che conosciamo bene, quando Berlusconi è impegnato nelle sue eroiche imprese da piazzista. Sta facendo una battuta, probabilmente c’entra qualche eterosessuale che è stato sodomizzato (ah-ah-ah, risate registrate), quasi sicuramente qualche donna che è stata circuita a fare del sesso (ih-ih-ih, risate registrate). È una trovata quasi dantesca, quella dell’Economist: parlare di Berlusconi con il linguaggio di Berlusconi. È proprio la sua nemesi che abbiano scelto una parola volgare, una parola berlusconiana –  a memoria direi che è la prima volta che viene usata in copertina –, un’espressione che si rifà a un gergo chiaramente sessuale e cameratesco per far passare il concetto del mandare in malora.

Con la mia nuova coscienza di nuclearista, ho fatto una nuova (vecchissima) considerazione sul fatto che – forse – la più grande colpa di Berlusconi, prima ancora che l’aver fatto cento cose indegne, è di non averne fatta una meritevole – neanche per sbaglio. Pensateci, per voi antinuclearisti la sua rinuncia al nucleare è stata una grande vittoria, per alcuni anche un sotterfugio, ma comunque il verdetto – sul campo – che una battaglia era stata vinta. Pensate cosa voglia dire per una persona, come me, che si è scoperta favorevole al nucleare, e poteva riporre qualche speranza che – almeno questo – un governo che sosteneva questa politica da ben prima di me, prendesse la propria strada.

Invece, se c’era bisogno di un’ulteriore prova – lo so, non ce n’era bisogno –, Berlusconi ha dimostrato di non avere nessun piglio politico, nessuna posizione, niente di niente che non sia il proprio interesse personale. Sei un liberale? Credi nel nucleare? Sono cose impopolari, in Italia, ma tu sei lì per questo: ti prepari, e fai la tua onesta battaglia per guadagnare il consenso. Credi nelle tue idee, e le cerchi di spiegare alle persone, provando a convincerle delle tue motivazioni. Rischi qualcosa. Sfidi anche l’impopolarità. Ripeto, sei lì per quello. Invece basta una manifestazione, come era stato per l’Articolo 18, un confronto con un qualunque rischio, che qualsivoglia iniziativa che non sia strettamente legata al suo personale interesse svanisca come un riflesso automatico. Il capitale politico speso esclusivamente per il proprio approvvigionamento.

Quando Margaret Thatcher andò al potere nel Paese in cui vivo, fece praticamente tutte le cose che chi non la voleva lì aveva temuto: liberalizzò tutto ciò che c’era da liberalizzare, affrontò i sindacati con un’aggressività indefessa e li annientò, andò in guerra contro l’Argentina – confermando tutti i timori dei suoi avversarî. Sfidò l’impopolarità, perché pensava che quelle cose fossero giuste, e in parte la storia ha dimostrato che avevamo torto noi e aveva ragione lei. Con Berlusconi non può succedere niente di simile, non potrà mai accadere che ti dimostri che aveva ragione, perché – nei fatti – non ci crede nemmeno lui nelle cose che sostiene.

Per questo trovo che la definizione dell’Economist sia perfetta, che molto più che diabolico sia un quadro ridicolo. Più grottesco che maligno. Berlusconi è ‘na chiavica. Un furbetto del quartierino assurto a furbetto del quartierone, e chissà per quanti anni – quando la nottata sarà passata – ci chiederemo come sia stato possibile. Una volta Thomas Friedman scrisse di Saddam Hussein la definizione più azzeccata: “un incrocio fra Don Corleone e Paperino”. Ci ho messo un po’ di tempo, ma ho finalmente capito che Berlusconi non è nient’altro che un incrocio fra Paperino e Paperino.

Deberlusconizer

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Una cretinata divertente, da usare una volta. Deberlusconizer. Introduci un sito, ed espunge – in un bel giallo fosforescente – tutte le volte che viene citato Berlusconi o addentellati. È un modo scemo per contarle. Io ne ho solo una negli ultimi venti post (anche se questo post alzerà il numero!).

Per fare un giochino, ho confrontato le homepage di un po’ di quotidiani:

Il Post 1 occorrenza (il vero giornale deberlusconizzato)
Il Sole 24 ore 3 occorrenze
Il Manifesto 4 occorrenze
La Stampa 5 occorrenze
Corriere della Sera
6 occorrenze
Il Foglio 8 occorrenze
Il Giornale
9 occorrenze
L’Unità 12 occorrenze
La Repubblica
13 occorrenze
Il Fatto quotidiano 34 occorrenze

Le regole del gioco

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Tutte le persone per bene avrebbero preferito battere la Francia con Zidane in campo. Ed è vero, senza di lui in quegli ultimi dieci minuti, e per i rigori, è stata tutta un’altra partita. Per diverse ragioni: Zidane se l’era conquistata quella finale. Di più: era stato votato ed eletto il miglior giocatore dei mondiali. Era il leader della squadra, e senza Zidane quella compagine valeva molto meno. Tantopiù che, per un giocatore così anziano, voleva dire finire la sua carriera così.

È chiaro, tanti di noi – e, anche io, lo ammetto – hanno  avuto un moto di gioia quando l’arbitro ha tirato fuori il cartellino rosso. Però, almeno un po’, ce ne siamo pentiti. Sappiamo tutti che sarebbe stato più bello, più pieno, vincere regolarmente contro Zidane. Ma non è che abbiamo fatto nulla di irregolare. Noi. D’altronde, l’arbitro mica ha espulso tutta la squadra avversaria, soltanto un giocatore che aveva tirato una testata.

Mica è colpa nostra: lo sai come funziona questo gioco, se decidi di giocare. E una testata a Materazzi – che, te lo dico, non è che stesse così simpatico a tutti – non la puoi dare. Ci sono delle regole, e vanno rispettate. Puoi essere il miglior giocatore del mondo, anche Maradona quando diede una pedata ai mondiali dell’82 fu espulso (e, comunque, Zinedine: checché tu ne dica, non sei mai stato Maradona). Niente di più: sono le regole del gioco.

Perciò sì: il 6 aprile c’è la prova TV, per appurare se la testata l’hai data. Vai, e fatti processare.

Che di berlusconismo ne ho già abbastanza

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Quando il fumo di questa guerra civile si sarà abbassato, e torneremo a vedere le cose più lontane del nostro naso, ci ricorderemo – spero – che non c’è nulla di male nella prostituzione, che due persone consenzienti possono fare del sesso quando vogliono soldi o non soldi, che il limite della maggiore età per stabilire quando una persona è consenziente è un limite necessario ma artificiale, che – come uno non impara di botto a guidare a 18 anni e un secondo – c’è una differenza fra una bambina di undici anni e una ragazza di diciassette e tre quarti.

Ci ricorderemo – spero – che la rispettabilità di quella ragazza non è stata offesa da questa vicenda («andate a marchiare qualcun altro», vi risponderebbe!); che né la dignità sua né quella delle mille altre coinvolte può essere intaccata dall’aver fatto sesso con un anziano per soldi, perché non c’è nessun concetto di dignità che possa essere associato al sesso. Non c’è nessun legame, come ce n’era soltanto nei giorni bui del castigo dei costumi, i giorni che si vivono tutt’oggi nei Paesi dove la dignità di una donna è fondata sulla sua castità e adempienza all’immaginario del maschio patriarcale di cui Berlusconi e il suo “piacere per la conquista” è il primo e il più rivoltante esempio.

Ci ricorderemo – spero – che quella ragazza non è indecente, come penserebbe Berlusconi, per aver ricevuto soldi in cambio di sesso, ma per averne ricevuti in cambio di bugie. Che, come scriveva Bordone, “il corpo è suo, può fare intravedere le tette a chi vuole. E se siamo davvero dei progressisti, in questa vicenda dobbiamo difendere con fermezza un solo diritto fondamentale: quello di Ruby a fare quello che le pare con chi desidera. Qualunque valutazione sul suo comportamento, qualunque giudizio in merito, è moralista, colonialista, peloso, pretesco, maschilista”.

Ci ricorderemo – spero – che il motivo (che ne racchiude i mille altri) per cui è triste sporco e disarmante che Berlusconi sia alla guida del Paese non è nell’aver commesso un reato, peraltro piuttosto veniale, in nome di una legge introdotta al tempo da questa maggioranza bacchettona e che tutti noi avevamo giustamente criticato. Ma che l’oscenità è quella delle espressioni più luride, del meglio donnaiolo che frocio, delle donne nel carnet come titolo di merito; dell’idea ridicola per cui dovremmo essere invidiosi di questa miseria, delle menzogne continue a cui aggiunge sempre un implicito “e se anche fosse… sono un figo perché ho scopato”, neanche avesse tredici anni.

Ci ricorderemo – spero – che Silvio Berlusconi è un personaggio disgustoso perché è l’incarnazione perfetta di quella mentalità fatta di una simile “concezione dozzinale e meschina del rapporto uomo-donna, dell’ironia da caserma fascista. Del suo essere portatore insano e orgoglioso di quell’insieme di sessuofobia e sessuomania che è quella malintesa virilità, il latin lover nella peggiore delle accezioni di questo concetto: quello che ha paura del sesso e se ne vergogna, la considera una cosa insana, ma al tempo stesso ha un’ossessione; la mente sempre puntata lì all’infrazione della norma – ovviamente soltanto nelle orecchie degli amici al bar, che ascoltano le tronfie spacconerie di un millantatore in punta di cazzo”.

Spero tutte queste cose, perché altrimenti l’inesorabile giorno in cui finalmente Berlusconi sarà finito, lascerà un’Italia plasmata dalla sua immagine, come temo che accadrà sulla giustizia. E non parlo delle televisioni, ma di un Paese uniformemente reazionario, dove i progressisti sono diventati codini conservatori, lasciando i codini conservatori tali e quali, abituati come sono alla loro doppia morale. Qualcuno ce ne scampi, ché non voglio vivere con le conseguenze – contrarie e uguali – del berlusconismo per altri cinquant’anni.

Le differenze fra WikiLeaks e il lettone di Putin

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Con il disorientamento ch’è proprio delle cose nuove, non mi sono ancora fatto un’idea su WikiLeaks. Messi da parte i personalismi un po’ grilleschi e paranoici del suo fondatore, ho sempre avuto simpatia per l’idea e per l’efficacia: in fondo era un piccolo Davide di periferia che la faceva al grosso e potente Golia dell’esercito e della diplomazia statunitense.

In più c’è la questione del beneficio al mondo: sapere che le tue malefatte potrebbero essere scoperte è effettivamente un bel deterrente. Può darsi che già ora l’operato dei soldati in Afghanistan sia in qualche misura condizionato per il meglio, come probabilmente lo era stato dopo la pubblicazione delle foto di Abu Ghraib: non possiamo essere certi che non ci siano stati altri carceri come quelli, in Iraq, ma possiamo essere ragionevolmente sicuri che quella fuga di notizie abbia reso l’eventualità più improbabile.

Così, anche ora, vago con curiosità e attesa fra le varie indiscrezioni e i primi blocchi di documenti già pubblicati dai varî giornali. Sentendomi, in fondo, legittimato a farlo: è quello di cui parlano tutti. Però non riesco a setacciare fino in fondo quello stordimento di cui parlavo all’inizio senza che mi sorga qualche dubbio: son qui che aspetto di leggere cosa dirà la diplomazia americana dei “festini selvaggi” di Berlusconi. Qualunque cosa ne verrà fuori, sicuramente, mi farà fare una risata, ma poi mi domando: la pubblicazione di intercettazioni private è tutt’altra cosa? Perché leggere delle prostitute di Vittorio Emanuele sui giornali è una cosa disdicevole, mentre stare qui ad aspettare le opinioni della diplomazia americana su quelle di Berlusconi è diverso? Perché leggere di Berlusconi che viene definito il portavoce di Putin è tanto diverso da leggere Naomi Letizia che lo chiama papi?

Naturalmente ho preso due esempi in cui c’è una notevole differenza di rilevanza politica e interesse pubblico fra i due fatti – è fuor di dubbio – ma più che parti di due scale diverse, mi sembrano diverse gradazioni della stessa scala. E, se è così, è tanto facile stabilire il limite? Quanto c’è del nostro gusto di spiare del buco della serratura – e magari avere conferma delle nostre opinioni – e quanto di interesse per le sorti del mondo? È una considerazione alla quale non ho risposta, e che contempla anche l’ipotesi che al contrario non ci sia nulla di male a pubblicare robe private, perché in fondo ti dovresti comportare col mondo come se tutto il mondo ti vedesse.

Se nei commenti mi scrivete qualche considerazione utile a orientarmi meglio, sono contento.

Il principale esponente dello schieramento a me avverso

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Ieri notte ho sentito il discorso di Fini, e ho realizzato – una volta di più, ce ne fosse il bisogno – che io il mio Paese non lo capisco: perché non è soltanto il fatto che l’Italia è un Paese conservatore, come ho cercato di spiegarmi diverse volte, non basta.

Voglio dire: io sono una persona di sinistra, almeno nel senso in cui la sinistra è sempre stata intesa, e perciò è naturale che un discorso profondamente di destra – onorepatriaeffamiglia – come quello che ha fatto Fini a Mirabello non mi piaccia, per quanto ne risconosca la dignità politica: su immigrazione, legalità, ordem e conservação, dice cose completamente all’opposto di quella che è la mia cultura ideale di progressismo e vicinanza ai senza diritti.

Perciò io mi aspetterei che – dài, è ovvio – chi dice cose di sinistra dovrebbe piacere alla gente come me, Gianfranco Fini dovrebbe piacere alla gente di destra, e Silvio Berlusconi – per le ragioni che sappiamo tutti – non dovrebbe piacere a nessuno.

Invece Berlusconi piace a quelli di destra. Fini piace a quelli di sinistra. E la sinistra non piace a nessuno.

Per essemplo di lui

blair-e-berlusconi.jpgIn giro si dice che David Cameron abbia vinto le elezioni perché si è blairizzato e ha blairizzato il proprio partito. Che era ovvio, perché Blair aveva introdotto un altro tipo di comunicazione e un altro messaggio. Blair aveva dominato la politica dell’ultimo decennio, con un paio d’anni un po’ più opachi: per battere il, New, Labour non si poteva essere, Old, Tories.

In giro si dice che Veltroni abbia perso perché si è berlusconizzato, che se uno fa il verso a quell’altro è chiaro che la gente vota l’originale. Che le persone non sono stupide, e non si fanno fregare da uno che scimmiotta l’altro. Che Berlusconi aveva dominato la politica dell’ultimo decennio (tranne un paio d’anni un po’ più opachi), e la gente voleva qualcosa di diverso. Di fortemente diverso.

Ora, io Blair lo copierei pure per comprare una squadra di calcio, e Berlusconi solo per quello, però mi sa che il ragionamento è un po’ farlocco.

P.S. Che poi io non penso che Veltroni si sia troppo Berlusconizzato, e che fosse veramente molto meno vecchio, e non (solo) in senso anagrafico: sarà mica quello? che bisognava essere più berlusconizzati?