Tenerlo in considerazione

Dico la mia sull’argomento caldo: innanzitutto penso che Matteo Bordone abbia ragione quando spiega che Moratoria non è una parola azzeccata, e anche col resto che dice. Penso che abbia torto chi accusa Ferrara di aver voluto tirare in ballo la 194 in modo surrettizio (e anche se fosse, chissene); se sostenesse la modifica della 194, farebbe una cosa semplice: lo direbbe.
E invece ha più volte detto il contrario, deludendo – anche – molti del suo novello schieramento.
Poi – peggio di quelli che è in gioco il corpo della donna (il corpo delle donne è in gioco in altri luoghi, spesso ignorati da chi ora s’indigna) ci sono solo quelli che “non c’è ombra di dubbio che la vita cominci con l’embrione”. Ora, io non penso che cominci con l’embrione, ma ho molti dubbi al riguardo, e un’unica certezza: non si può dire “senza ombra di dubbio”.
È anche un po’ come dire che un bambino diventa adulto a 18 anni: e a 8 anni è la stessa cosa che a 14? beh no, però un giorno la patente bisogna dargliela.
Considero la legge attualmente in vigore un ottimo dispositivo, come in genere tutte le cose che mirino alla riduzione del danno; gioca però soltanto al paradosso chi dice che la 194 riduce il numero gli aborti. Ovviamente è un discorso ridicolo: qualche decennio fa in Germania ci fu un boom demografico, insieme a una possente migrazione di cicogne. Continuo tuttavia a pensare che non siano le cicogne a portare i bambini.
Anzi, sarebbe anche un pericoloso argomento, perché quasi sottintenderebbe che qualora gli aborti aumentassero (come è ovvio che un giorno o l’altro in un luogo o l’altro succeda), questo toglierebbe legittimità alla norma.
Quello che la 194 ha ridotto sono i bastoni infilati negli uteri, e – per quel che mi riguarda – questo è un argomento pigliatutto.

Per tante ragioni culturali/sociali che sappiamo tutti, fra cui un tasso di natalità bassissimo – per fortuna – dal ’78 si sono ridotti anche gli aborti, con un pericoloso anti-dato negli immigrati.
Eh sì, per fortuna. Cerchiamo di ridurre insieme il numero degli aborti, questo mi sembra l’appello di Ferrara: da una parte un tentativo di parlare alla coscienza di ogni donna (e stavolta non ha introdotto crudeltà argomentativa), dall’altro una richiesta di applicazione totale della legge 194.
Io ho paura dell’applicazione totale, ho paura delle agguerrite truppe dei movimenti per la vita, figuriamoci quanta ne ha una ragazza con una condizione psicologica inevitabilmente precaria.
Sostegno, dialogo, anche qualche invito, ma non sensi di colpa (che fra l’altro, se insenati, rimarrebbero vita natural durante per il solo fatto che la futura madre abbia pensato all’aborto), e soprattutto: «Vuole vedere la signora B per parlare della sua condizione?» «No». Se è no, è no, inappellabile.

Ricopio qui una parte della lettera (in archivio, 29 dicembre, pagina 3, in pdf)che Giovanni Lindo Ferretti ha scritto a Ferrara all’indomani dell’annuncio della “dieta liquida”:

A proposito dell’aborto sottoscrivo ogni sua parola, ogni considerazione, ne percepisco la tensione. È una questione privata, anche. Quando mio padre morì, d’improvviso, e mia madre si trovò gravida di nuova vita, qualcuno, per buoni sentimenti tra cui la sua salute psicofisica, il rischio per la salute del nascituro, la situazione economica più che precaria, le consigliò di abortire. Qualcuno per meno nobili sentimenti di cui uno coercitivo: – non si deve è peccato mortale – si raccomandò che non lo facesse. Molti le mostrarono compassione. Mia nonna condivise la sua pena e sono nato io. Abortire è uccidere. Un’uccisione di cui non saprei commisurare la pena. Voglio pensare che avrei perdonato mia madre, nel caso. Non vorrei mai, per questo motivo, vedere una donna, che coadiuva il Creatore nel generare la vita, in tribunale tra avvocati e codicilli, ma considerare l’aborto un diritto sanitario mutuabile, questa è la realtà, comporta organizzazione e ottimizzazione scientifica burocratica economica di un crimine consumato quotidianamente nella rispettabilità del sistema sanitario pubblico e la cui colpa ricade sull’intera società.

Con la precisazione che anche schiacciare una zanzara è ‘uccidere’, sottoscrivo ogni parola.

Questo mi dà il destro per sconfessare un altro luogo comune: dice, ci sono tanti bambini – fra cui Lindo Ferretti, imparo, e me – le cui madri erano sul punto di abortire e non l’hanno fatto. Embè? Dice ancora, non sei contento di vivere? Sì, certo che sono contento, come magari lo è un bambino nato da un profilattico rotto (aboliamo i contraccettivi?), o lo sarebbe uno che non è nato perché quella sera i genitori hanno deciso all’ultimo di andare a vedere l’ultimo di Woody Allen (aboliamo il cinema?).
Alla vita ci aggrappiamo sempre, specie se crediamo che sia l’unica che abbiamo, e così lei a noi. Nel giorno in cui sono nato io sarebbero potuti nascere reggimenti di nuovi individui, magari al posto mio: sono stato fortunato. Voglio pensare che avrei perdonato mia madre, nel caso.

P.s. questo anche per dire che “la 194 non si discute” è una vaccata, tutto si discute, anche la costituzione.
P.p.s Ho fatto anche una considerazione su quanto sia in contrasto la grammatica della famiglia indissolubile uomodonna (nell’ordine), con la pratica di tante ragazze madri che – altro che famiglia – non hanno neanche un compagno. Forse se s’insegnasse che un bambino può crescere anche senza un padre, senza una madre, senza due Sposi, il numero di giovani donne che vedono nell’aborto l’unico appiglio di salvezza sociale diminuirebbe, e con l’idea gli aborti stessi. Ma questa, magari, la svilupperò un’altra volta.

La fiera delle banalità

Under 21: Ogni tanto ritrovo cose che ho scritto da teen-ager, un po’ sono imbarazzanti, un po’ mi piaccion: mi sono inventato questa categoria per poterle – vigliaccamente – pubblicare, con tanto di disclaimer.

Tenendo così accuratamente scostato da sé ogni criterio storico o classificatorio o ideologico o comunque di propria scelta e proposta, e pressione etica o ideologica, l’operazione conoscitiva si trasforma in operazione mistica, di rivelazione, di comunione cosmica. Anche qui è il mare del tutto che dilaga, e la poesia non può essere che mimesi extrasoggettiva della totalità come la critica mimesi della poesia.
Se il tutto diventa metro e ragione dell’uno, se la ragione dell’universo trionfa su quella dell’uomo, è la fine del fare, della Storia.
Il barbaglio della ragione dell’universo è luce quando giunge a illuminare la vicenda limitata e ostinata del fare umano; ma se si sotituisce ad essa, è ritorno all’indisto crogiuolo originario.”
Italo Calvino

Continue reading “La fiera delle banalità”