Altre segnalazioni

Un lettore mi segnala la lunga lettera di un rabbino, Michael Lerner, che elenca una dozzina di punti che potrebbero portare alla pace in mediooriente. È talmente vero, che ognuno che ne leggevo pensavo: sì, giusto, ma non succederà mai. Uno per uno, la stessa identica reazione. Se volete sapere come si potrebbe raggiungere la pace, ma non succederà mai, leggetela.

Israel’s attempt to wipe out Hamas is understandable, but dumb.

Da Malvino, invece, scopro alcune considerazioni di Gianni Pardo che mi hanno fatto riflettere. Per quanto trascurino le responsabilità israeliane nella faccenda, hanno fatto vacillare quella che è una mia convinzione da tempo, ovvero che Arafat fosse il peggior nemico delle persone palestinesi (ma amico del popolopalestinese):

Se non si vuole essere pessimisti senza speranza, rimane lecito sperare che le ferite inferte ad Hamas siano tali da indurre a più miti consigli la dirigenza di questa gang: dopo tutto, è ciò che è avvenuto nel Libano meridionale, con Hezbollah. Ma questa vicenda fa venire in mente una terribile battuta di Voltaire: “Non è vero che tutti gli uomini agiscono per egoismo. Se fosse vero, ci sarebbe modo di mettersi d’accordo”. I fanatici non sono sensibili all’egoismo e non ascoltano nemmeno l’istinto di conservazione.
Si è quasi tentati di rimpiangere Yassir Arafat che era corrotto, sì, ma egoista e amante della vita.

Lo stesso sull’amore per la causa più che per la vita – talvolta schietto amore per la morte – di Hamas, il sempre un pensiero più avanti Adriano Sofri.

I carri armati dovranno decidere che cosa fare quando si troveranno davanti una folla di bambini. Poi, comunque vada, dovranno chiedersi ancora una volta come tornare indietro.

Pensieri raccolti: considerazioni sulla guerra a Gaza

Alcune cose che penso, che ho letto, che ho rimuginato, e che spesso mi sembrano mancare – almeno linguisticamente – nel dibattito sulla guerra in corso:

Israele uccide civili: ci sono tre comportamenti, nei riguardi dei civili, in guerra.
Il primo è quello di cercare di ridurre al minimo le vittime civili, anche a costo di fare operazioni militari meno efficaci.
Il secondo è quello di ignorare la quantità di vittime civili che un’operazione militare possa comportare.
Il terzo è quello di cercare di fare più morti civili possibile.
Israele si comporta in un modo che rientra nello spettro fra il primo e il secondo, a seconda dell’opinione che se ne ha.
Hamas si comporta inequivocabilmente nel terzo modo.
Israele vuole uccidere il meno possibile/se ne frega. Hamas vuole uccidere il più possibile.
Non tenere conto di questo è disonesto.

Hamas ha rotto la tregua: questo è vero a metà. Il governo israeliano ha sempre più stretto le maglie di un embargo che non aveva nulla a che vedere con la sicurezza. Il 90% dei camion di viveri che dovevano sfamare Gaza, venivano bloccati al confine senza alcun motivo. In questa situazione Hamas non aveva nessun modo di attirare l’attenzione su di sé, di far cambiare questa politica, se non con i lanci di razzi. Questo giustifica il lancio sui civili? No (ho detto “no”), però Israele ha fatto molto di quello che poteva perché Hamas ricominciasse.
Il video che gira in questi giorni su internet è della solita faziosità di questi video, com’è per gli stessi video dalla parte opposta: Israele aveva tolto l’embargo due giorni prima dell’inizio della guerra, e proprio questa mossa – che alleviasse l’immagine israeliani agli occhi internazionali – era stato considerata dagli esperti la prova evidente che ci sarebbe stato di lì a giorni l’attacco: come difatti è stato.
Ignorare le responsabilità israeliane è disonesto.

L’attacco è stato sproporzionato: il termine “sproporzione” non può essere usato in maniera ambigua, per giocare su più tavoli; dunque chiariamoci, sproporzionato non si intende rispetto alle vittime che faceva Hamas, perché richiedere una risposta proporzionata in questo senso (Israele che lancia razzi Kassam su civili da Ashquelon, Ahsdod, Beer Sheeba, etc???) significherebbe colpevolizzare Israele perché è più forte, e non perché usa in maniera sbagliata tale forza (questa è il surplus di responsabilità).
Si parla di sproporzione per sostenere che Israele poteva fare qualcosa di più proporzionato rispetto a sé stesso, cioè rispetto a ciò che ha fatto. Davvero chi usa questo argomento avrebbe considerato accettabile un attacco che non facesse 500 morti, ma – diciamo – 200? Che avesse lanciato la metà (o un quarto) dei missili? Ve lo dico io, no. Chi dice che l’attacco è sproporzionato dice che Israele non avrebbe dovuto rispondere, che è una posizione difficile – e per inciso, è la mia – ma che bisogna avere l’onestà di sostenere con tutto il peso della sua difficoltà, senza nascondersi dietro a perifrasi in cui non si crede. Bisogna dire: Israele ha fatto male a reagire, punto.
Definire ‘sproporzionato’ l’attacco è disonesto.

I palestinesi hanno votato Hamas: qui mi è sembrato di intravedere della malafede da entrambe le parti.
Da una parte c’è chi è filo-palestinese e dice che essendo Hamas un partito eletto democraticamente (c’è poi da domandarsi se l’uccisione di un centinaio di avversari politici rientri nel “democraticamente”), bisogna confrontarsi con esso e accreditarlo in quanto tale, perché queste sono le regole della democrazia: sono gli-occidentali che amano la democrazia solo quando piace a loro. Non è così, le regole della democrazia sono esattamente queste: le persone fanno una scelta consapevole, e assumono le conseguenze di ciò. Se invece di Obama gli americani avessero votato Charles Manson come presidente degli Stati Uniti, qualcuno avrebbe parlato di antidemocraticità se il primo ministro inglese, francese o italiano si fosse rifiutato di intrattenerci rapporti commerciali? Se un palestinese vota Hamas si assume le conseguenze di quel voto, che vuoldire non solo “voglio ricacciare fino all’ultimo israeliano in mare”, come da statuto (la qual cosa non deve essere legalmente perseguibile), ma anche “voglio/sono-consapevole-del-mio-voto-per i missili su Israele” (la qual cosa sì).
Dall’altra parte ci sono i filo-israeliani che usano questo argomento, senza specificare quali siano le conseguenze di tale ragionamento. Perché il pensiero sotteso è “se la sono voluta”, ma quello un pochino più sotteso è “se lo meritano”. E include in questo merito, di morire, anche coloro che non hanno votato Hamas che la pensano in altro modo, ma che sono chiusi in quella gabbia umana che è Gaza. Se uno davvero pensa che aver votato Hamas, o vivere accanto a chi ha votato Hamas (quindi Gramsci deve morire, Edoardo d’Inghilterra no), sia sufficiente per meritare la morte, o meglio il rischio di morire, deve dirlo chiaramente: “I palestinesi hanno votato Hamas… quindi si meritano di essere bombardati”. Anche chi vorrebbe andare in America e aprire una pizzeria.
Dire: “i palestinesi hanno votato Hamas” senza specificarne le conseguenze è disonesto.

Su Gaza

Ho avuto finalmente un po’ di tempo per leggere vari articoli arretrati di questa settimana, da leggere se si vuole capire dove si è andati, dove si sta andando, e dove si andrà:

  • Gaza: the rights and wrongsEconomist – non ho nulla da obiettare. Si parla dell’embargo che Gaza stava subendo da Israele, argomento che mi sembra latitare altrove. Se avete il tempo di leggerne solo uno, per capire cosa è successo in questi giorni, leggete questo.
  • Don’t overlook Israel’s vulnerabilityIndependent – Fa due domande molto importanti a coloro che, come me, pensano che l’attacco a Gaza sia stato sbagliato. Se si risponde a quelle due domande, la propria posizione non è pregiudiziale.
  • What victimology does not account forGuardian – Qui si elencano vari, storici, errori dei palestinesi: manca la controparte. Però quanto è vero che i palestinesi “non hanno mai perso un’occasione di perdere un’occasione”
  • That’s enough pointlessTimes – Questo lo linko solo perché finisce dicendo che “tutto il resto è fuffa”: devo chiedere scusa a Francesco?

Domenica 28 dicembre

E poi arrivò la guerra – Diario dalla Palestina 114

Non è vero che se Israele non ammazzasse 200 persone a Gaza i palestinesi accetterebbero lo Stato altrui; non è vero che queste azioni rendano Hamas più forte, non è vero che l’odio arabo è nato per la violenza israeliana. Non è vero che se si incontrassero le parole e non gli eserciti, la pace sarebbe più vicina.
Tutte queste cose sono le cose che penserebbero persone normali in un conflitto normale, ma qui è tutto incomprensibile, impossibile da prevedere. Tutte queste, sono cose che vorrei tanto pensare.

Ma tante volte è stato addirittura il contrario: spesso sono state le dimostrazioni di forza a portare la pace. Spesso sono stati i peggiori uomini, ex-terroristi come Begin, a fare passi da gigante; e da entrambe le parti. L’Egitto non avrebbe mai riconosciuto Israele senza la disfatta – e le devastazioni e i morti e i profughi – del ’67. Israele non avrebbe mai accettato di rinunciare alla conquista del Sinai, quantomeno a Sharm el-Sheik, se non fosse stata per la dimostrazione – nel ’73 – che gli arabi non sarebbero stati disorganizzati per sempre. Quando Israele si ritirò da Gaza, sulle macerie delle sinagoghe ci furono canti, balli, Allah Akbar: non era la prima mano tesa dopo tanti anni, era la prova della debolezza israeliana, il primo passo verso la salvifica distruzione dell’intruso.

***

Oggi, dopo questo eccidio, la pace è più lontana di ieri? L’odio per Israele è maggiore di ieri? Beato chi lo pensa.

In Palestina c’è un odio per Israele e per gli ebrei che non so descrivere, che si respira quotidianamente: che non è ingigantito dalle crudeltà dell’esercito – come potrebbe essere peggiore di com’è? Tassisti, i tassisti più cordiali al mondo, si congratulano con un mio amico tedesco perché “Hitler era tedesco!”. Pregiudizî peggiori, che mi vergogno a riferire alle persone che tengono a me – in Italia – per non sentirmi dire «ma che ci sei andato a fare?». Non conosco un palestinese – o forse soltanto uno – che mi abbia detto che accetterebbe l’esistenza di uno stato chiamato Israele.

E la cosa è tanto più assurda perché in tutti gli altri campi ho incontrato un’umanità quasi sacrale, persone che mi vogliono – davvero – bene, nonostante non condividano nulla di quello che penso, credo, non credo, mangio, mi vesto, vado in bici.
Il trionfo dell’umanità che io amo, e professo. Which I worship.

***

Ma, mi dico da solo, questo che c’entra?

Sento sempre soltanto quelle argomentazioni, nella voce dei benintenzionati: ma non si può pensare che l’unica ragione per non abbandonarsi alla ferocia sia una considerazione strategica, che sul tavolo delle decisioni conti soltanto la tattica di bandiera.
C’è una bella differenza fra uno stato-etico che decide sulla giustizia di ogni azione, e uno stato che decida di non abdicare all’etica, nell’applicare le decisioni della maggioranza.

Quello che i malvolenterosi chiamano idealismo, le persone di volontà buona lo chiamano politica.

La democrazia non si può arrendere a essere soltanto il trionfo della maggioranza, di un’opinione pubblica indifferente e egoista, come oggi quella israeliana, che avrebbe richesto azioni persino più incisive. Il concetto filosofico di democrazia, da almeno vent’anni, comprende un’attenzione all’altro, ai diritti umani, allo straniero, per il diverso: se lo andiamo – giustamente – ripetendo per l’Iran, per l’Iraq, vale anche per Israele.

Bisogna riconoscere che non abbiamo una risposta alla domanda “cos’altro può fare, Israele?”. E avere la forza di dire che Israele non deve fare niente. Non deve fare quello che ha fatto ieri, e visto che nessuno ha un’alternativa credibile, moltissime volte, non deve fare nulla. Che a un lancio di razzi non ci deve essere risposta: non perché questo inasprirebbe il conflitto, ma tanto di più perché è sbagliato.

Israele è molto più potente, e questo non è un dato indifferente: ha l’onere e la responsabilità del potere. Perciò deve cominciare ad assomigliare a quell’oasi di libertà e di giustizia che millanta di essere. Deve considerare i morti altrui come propri, valutare l’uccisione di un estremista mussulmano come verrebbe valutata quella di un estremista ebreo (è vero, questi ultimi sono molti meno: embè?). Quello di oggi dovrebbe essere un giorno di lutto per la morte di 200 connazionali.

Ed è questa malafede, quella che hanno reiterato tutti i governi israeliani, l’enorme scarto che passa fra l’essere così, e l’essere “i buoni”.

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E so che ho scontentato tutti.

Logica stringente

Nel frattempo la Siria ha obiettato alla prima risoluzione dell’ONU in materia di diritti degli omosessuali che, se approvata, “farebbe aumentare i casi di pedofilia”.

Bush matrix

Di questi giorni è questa la foto che ha più successo, in Medio Oriente:

bushshoe.jpg

Mostrare la suola della scarpa è considerata un’offesa enorme, figuriatevi lanciarne due.