Martedì 16 dicembre / mattina

E luce fu – Diario dalla Palestina 103

Ieri sera c’è stata l’accensione dell’albero di Natale, sulla piazza davanti alla Natività.

C’erano tante bandiere, e vari personaggi che parlavano di pace in un modo un po’ ambiguo. Le bandiere che ho riconosciuto sono state, Palestina, Vaticano, Betlemme.

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Ecco l’albero, ancora non acceso:

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La piazza è tutta addobbata di luci, anche davanti alla moschea:

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E poi, all’accensione dell’albero, i fuochi d’artificio!

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A cuor leggero

Nei giornali anglosassoni e nel nord europa in genere, gli obituaries sono un genere. Non sono i soliti annunci funebri (ne dànno il triste annuncio etc.), ma sono storie o pezzi di storie. Il tono è meno formale, e più leggero. Certo, ci sono le persone famose, ma anche quelli un po’ meno. L’Economist, che è una rivista di non tantissime pagine, ne ha una dedicata esclusivamente a essi, e molti giornali li hanno anche online – qui qualche esempio illustre: NYT, Guardian, WP.

Questa premessa per spiegare bene l’immagine qui sotto, scovata da River, di una bella e molto azzeccata campagna per la donazione degli organi: “un donatore di organi può salvare otto vite”, recita il messaggio in basso.
Al centro della pagina l’obituary di un donatore, intorno a esso otto riquadri vuoti.

Otto vivi un morto

Lunedì 3 novembre

Refugee camp – Diario dalla Palestina 95

I campi profughi in Palestina non sono quello che si aspetta l’occhio occidentale abituato agli spezzoni di TG sui paesi africani con le tende e le mosche che ronzano intorno a quei visi smagriti. I campi profughi sono agglomerati di persone, qualche volta grandi quanto una città di provincia, che hanno (o più spesso hanno ereditato) lo status di profugo.

Per fortuna la situazione è molto meno peggio di quanto saremmo abituati a pensare: non ci sono tende, ma case. Ci sono negozi, mezzi pubblici di linea, connessione a internet. C’è più poverta che nella Palestina in genere, ma non così tanta di più. Spesso si vive sugli aiuti dall’estero, e numerosissimi edifici sono intitolati a uno stato o a quell’altro, in virtù delle donazioni ricevute per la costruzione. Dà un grande aiuto l’UNRWA, l’agenzia dell’ONU che fornisce ai “profughi” sussidi, gas, luce, acqua, raccolta della spazzatura. Più di un palestinese mi ha anche confesato un po’ di risentimento verso chi può vantare dello status di profugo: «certo che io ti faccio pagare il falafel 4 shekel e a Aida lo paghi 2 shekel: lì le Nazioni Unite gli pagano l’affitto e tutte le bollette!», mi ha detto il venditore di falafel più buono di Betlemme.

In Europa se ne parla tanto – le considerazioni politiche al riguardo le rimando a un altro post – questo qui solo per mostrare quello che mi sembra più interessante: come è effettivamente un campo profughi.

Di campi profughi ne ho visti una decina, e devo dire che non sono troppo diversi l’uno dall’altro; quello a cui ho fatto più foto è quello di Jenin, celebre per il massacro/battaglia divenuto tristemente celebre nel 2001. Le foto che seguono sono di lì.

Non c’è una vera e propria entrata al campo profughi di Jenin, come quasi sempre accade non c’è soluzione di continuità con la città, questa è più o meno l’entrata:

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Qualche casa:

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L’unico vero modo per riconoscere quando inizia un campo profughi sono i cassonetti dell’ONU, che sono grandissimi e tutti blu con scritto “UN”. Qui la foto è venuta male, ma potete intravvederlo sulla sinistra, accanto a dei normali cassonetti.

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Una sala da biliardo ingegnosamente ricavata in un garage, purtroppo tutti fumano, quindi io non ci posso entrare:

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Ecco la sede dell’UNRWA l’agenzia dell’ONU per i profughi palestinesi. Ce n’è una, oltre a scuole, e altre infrastrutture, in ogni campo. Per quanto ci siano contestazioni in entrambi i sensi (dicono di essere contro, ma non fermano le azioni degli israeliani! I palestinesi sono privilegiati rispetto a tutti gli altri profughi al mondo! Cose entrambe vere), l’UNRWA è l’unica che fa veramente qualcosa:

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Gli onnipresenti festoni con le bandierine palestinesi, anche a Jenin non possono certo mancare:

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Un negozietto della compagnia telefonica (di cellulari) palestinese, Jawwal:

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In Palestina, e ancor più nei campi profughi Saddam Hussein è molto amato. La cosa risale al tempo in cui mandava un assegno di mille dollari a ogni famiglia di uno Shaeed, un martire, uccisosi esplodendo in Israele. Di cartelloni come questo sono piene le strade, le case:

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Una foto alle strade, dall’automobile:

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Un altro Saddam. Ogni volta che li vedo penso al mezzo milione di persone, arabi, mussulmani, uccise in Iraq da Saddam Hussein, e – come ho detto a qualcuno – it makes me cringe.

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Come in ogni paese che si rispetti, anche i campi profughi hanno la loro moschea:

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Venerdì 31 ottobre

Non chiametela bomba – Diario dalla Palestina 94

Conoscerete in molti l’esperimento Diet Coke + Mentos, ma voglio scommettere che nessuno di voi conosce l’esperimento Bimbi Palestinesi + Diet Coke + Mentos: il risultato è ancora più entusiasmante!

Loro non ne sapevamo nulla… potete immaginare cosa abbiano pensato quando mi hanno visto arrivare al centro con tre bottiglie di Coca Cola, e due pacchetti di Mentos…

Della prima bottiglia non abbiamo riprese, sulla seconda addirittura una foto in posa:

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Ahmed e Yazan vogliono collaborare:

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Yazan il coraggioso:

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Un lavoro da artificiere (al contrario):

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Un attimo prima di fuggire:

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Tina dove scappi?

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Attenzione, sta per esplodere!

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Martedì 28 ottobre

Ma chi sono? – Diario dalla Palestina 93

Macchissono?

Ve lo sareste chiesti anche voi, se andando in giro per un piccolo villaggetto della Palestina aveste incontrato questi due personaggi, completamente identici, vestiti nello stesso modo, con lo stesso identico passo. Uguale taglio di capelli, stessi occhiali, medesimo look. Spiccicati. Sembrava qualcosa come una candid camera o un flash mob. Oppure tipo Matrix. Fosse successo alla Stazione Termini a Roma, sì, ma in un villaggio di contadini della West Bank?
Un mistero.

Considerata l’impreparazione nella quale sono stato còlto, i pochi momenti che ho avuto per aprilozzainoprendilamacchinafotograficaescattalafoto queste due istantantanee – una davanti e una dietro – sono un bottino discreto:

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Voi c’avete capito qualcosa?