Durante le vacanze di Natale, mia madre – maestra, oltre che cattolica molto osservante – e mia sorella – studentessa, oltre che mangiapreti professionale – mi sono venute a trovare.
Così mia madre ci ha messo a disposizione tutta la sua maestria da maestra, per costruire un albero di Natale fatto di cartone, stoffa, filamenti, fiocchi, colla e bottoni. Ecco qualche foto:
Mia madre ormeggia con la punta, mentre Lana e Ghaida costuiscono i fiocchi:
Mentre anche Ahlam e mia sorella si industriano, e Antonio scruta il campo fotografico, Rowan fa la linguaccia all’obiettivo:
Qui uno zoom su Lana e Ghaida:
Particolare dell’albeto:
E infine una foto collettiva, assieme all’albero terminato con tanto di stella:
Oggi non lavoro, oggi non mi vesto – Diario dalla Palestina 115
Oggi è lutto nazionale in Palestina, e le manifestazioni di protesta fioccano quasi spontanee. Tutti i negozi sono chiusi, tutto è chiuso, i mezzi di trasporto, bus, taxi o service non corrono.
Ovviamente con la disorganizzazione tipica di qua, alcuni dei bambini non sono venuti, molti altri sono venuti ugualmente (magari a piedi, da casa loro). Qualche foto della manifestazione di oggi:
Ci sono incitazioni alla guerra santa, una bandiera di Hamas, molte Palestinesi, un paio di Fatah, ma soprattutto, tantissime, del FPLP che sarebbe il partito più o meno comunista di palestina, che un tempo era molto più forte, ma che nei campi profughi intorno a Betlemme è ancora molto presente.
Altre foto – il retro del corteo:
All’incrocio della strada per Beit Jala:
Salendo per Cinema:
Si sbandiera:
Grida e balli:
Il cordone di apertura, una specie di servizio d’ordine:
Macchine manifestose:
(la data – per giunta sbagliata – sulle foto è perché i bimbi avevano aggeggiato sulla macchina fotografica)
Il pallone è la più bella cosa – Diario dalla Palestina 113
Una cosa che ho portato dall’Italia è un sacchettone con tutte le maglie da calcio che ho comprato negli anni: molte, si vede, sono della Fiorentina o hanno a che fare con la Fiorentina, mentre altre vengono da viaggi di parenti o amici che mi portavano indietro una maglia della squadra locale. Mi ricordavo quanto i bambini, specie i maschi, si fossero divertiti una volta che avevo attaccato una targhetta sulla loro schiena con un nome di un calciatore italiano per loro impronunciabile: c’era Quagliarella, c’era Zaccardo, c’era Ambrosini, e così via.
Così ho pensato che sì, avere le maglie d’ordinanza sarebbe stato molto meglio, e con mia somma sorpresa le femmine sono state persino più voraci ad accaparrarsene: siamo andati a giocare nel giardino di un convento, posto in cima alla collina di Beit Jalla, che si chiama Cremisan, dove producono anche il (pessimo) vino palestinese più conosciuto:
Si va in taxi, un po’ “schiacciati”:
L’uscita dal taxi è particolarmente festosa:
Mentre la distribuzione delle maglie è, altrettanto particolarmente, concitata:
Con le maglie indosso si fa un giro del giardino:
Ma ora si è pronti per giocare, ecco una squadra, con regolare foto di gruppo:
Ma poi il dramma – il pallone scavalca la recinzione e crolla di terrazzamento in terrazzamento, giù in fondo in fondo.
Il sottoscritto si offre per andare a recuperare il pallone, intanto tutti i bambini seguono la spedizione arrampicati sulla recinzione:
L’operazione riesce! Ecco il tanto bramato pallone:
Come succede in tutti i paesini d’origine dei personaggi celebri, arrivato il giorno del compleanno del VIP in questione, sono tutti a festeggiare: succede a Corigliano per Gattuso, a Pacentro per Madonna, e a Betlemme… per Gesù Cristo!
Oggi Betlemme è una città blindata, c’è un soldato per ogni incrocio, anche il più piccolo. Blindata e ripulita, di manifesti dei martiri se ne distinguono pochi, e ho visto un paio di bandiere con Arafat ammainate; del solitamente onnipresente Saddam neanche uno. Sulle strade più celebri sono comparsi un sacco di sigilli USAID, che oltre a certificare un investimento americano (che però fuori dalle feste è circoscritto a una sola struttura), dovrebbe rassicurare i turisti, credo.
Stamattina c’è stata la marcia degli scout. In una società così ordinata (nel senso di ordinamento, non di ordine) come quella palestinese tutti i cristiani fanno il cursus honorum cristiano: battesimo, scuola cristiana, scout, comunione, cresima, etc. C’erano anche vari dei miei bambini, o di quelli a cui ho fatto lezione d’italiano, ma c’erano anche tanti bambini da scuole cristiane (quindi non vedrete donne velate) di tutta la Palestina: chissà da quanto tempo preparavano l’avvenimento – per certo, passando nei pressi delle scuole in questi giorni sentivi il rullare dei tamburi…
Intanto un bel video, mentre passava la marcia sulla piazza della mangiatoia, è giunto il momento della preghiera del muezzin, e dagli altoparlanti della moschea lì davanti, sono cominciati a uscire gli “Allah akbar”, ed è come se si sfidassero a chi faceva più rumore:
Poi alcune foto:
I neri, greci:
Le bimbe tamburano:
Secondo me hanno anche freddo:
Ci sono tutte le confessioni, con vari cortei da varie città; e poi ci sono pochini gli armeni, con la bandiera armena un po’ ovunque:
Varie bandiere:
Altri tamburi:
Per una volta sono gli uomini a portare il “velo”, e non le donne:
Qualcuno meno fine lo definirebbe il “lato b” della marcia:
Loro sono mussulmane, le uniche: approfittano dell’occasione mediatica per mostrare le foto dei propri mariti o figli morti. Susciterebbero tutta la mia compassione, se non avessi visto le stesse foto – in occasioni meno “occidentali” – con il mitra in pugno:
Voglio indietro il mio pallone! – Diario dalla Palestina 106
Ricordate quando da bambini si giocava in piazzetta, o nelle stradine e il pallone andava inevitabilmente a finire nel giardino del vicino cattivo cattivo, e c’era sempre un coraggioso che scavalcava il muretto o la recinzione – sfidando l’ira funesta del proprietario – per andare a riprendere il pallone prima che fosse troppo tardi?
E le volte che questa operazione non riusciva e quello minacciava di bucare il pallone, oppure di tenerlo lì senza ridarlo?