Non hai capito davvero una cosa fino a quando non sei in grado di spiegarla a tua nonna

Questa è una bella storia: quando la nonna di Josh Sullivan ha saputo che il figlio non credeva (più) in Dio, ha deciso di scrivergli una lunghissima e molto articolata (la nonna è laureata in biologia) lettera, mettendolo in guardia dai pericoli del credere che Dio non ci sia, dall’essere tentato dal Diavolo:

Nonna

Josh le ha scritto una risposta molto bella e densa, con figure e note, che vi consiglio di leggere, una domenica:

Ho messo sul tavolo ciò in cui credo, in modo che fosse soggetto a uno sguardo onesto. E qui è dove quello sguardo mi ha portato. Ancora più importante, ciò che credo rimane sul tavolo, sempre soggetto a critiche e rivalutazioni. Unisciti a me in questa operazione. Mettiamo le nostre credenze sul tavolo. Confrontiamole, opponiamole, e usiamo la luce della ragione per valutarne onestamente le evidenze che tengono in piedi ciò in cui crediamo. Sant’Agostino disse “tutta la verità è verità di Dio”. Questa frase e altre come queste mi hanno permesso di superare la paura di scrutare dentro a quei dubbi lancinanti negli anni, per fronteggiare la possibilità che alcune delle mie credenze non fossero valide, e per lasciarmi indietro quelle credenze che – semplicemente – non sono rimaste in piedi

>Sources: 1 2<

Andava a cento all’ora di religione

Io sono contrario all’insegnamento della religione islamica – e a quella cristiana, ebraica, induista – a scuola come sono contrario all’insegnamento di qualunque impostura della realtà cristallizzata dalla storia.
Sono ancor più contrario all’inoculamento, da parte dei genitori, di frottole basate su “fedi” fondate solo sul caso di essere nati in un posto anziché un altro.

Ma una volta che, nel Paese, si manifesta la necessità di avere l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, non capisco dove sia tutto questo scandalo nel volerne proporre anche una di religione islamica.

Dare fuoco alla Bibbia

Uno dice, oh finalmente: finalmente qualche ateo che fa una bella cazzata come bruciare i libri altrui. Uno di questi miscredenti che in nome del suo scetticismo si manifesta in tutta la sua arroganza. Qualche bruto scienziato che, invece di studiare i libri, gli dà fuoco!

E invece no, pure stavolta, pure a bruciare le Bibbie, son sempre gli stessi credenti in quel libro perché non è la traduzione che piace a loro.

Vabbè dice, i non-credenti non bruciano libri altrui, ma è uno sporco lavoro e qualcuno dovrà pur farlo…

[oh, caro lettore occasionale di Distanti Saluti, e che stai per tirare fuori l’argomentum ad hominem Stalin/Mao/miozioaldo, sappi che a tale fallacia logica è stato qui risposto 30 volte: Stalin, Mao e forse anche tuo zio Aldo condividevano anche i capelli neri – ma non era perché provvisti di capelli neri che facevano del male al prossimo]

Quante volte mi è capitato

Come sapete mi sto impegnando in dei progetti contro alle mutilazioni genitali femminili nell’Africa Occidentale, e spesso mi trovo ad avere a che fare con un atteggiamento – che mi rammarico di dover riconoscere come tipicamente di un certo tipo di sinistra – che nega ogni possibile critica o ogni possibile addebito all’Islam, ma più in generale alle religioni.

Nessuno si stupisce se critichi il liberalismo, se critichi il socialismo, se critichi il nazismo, se critichi qualunque tipo di sistema di idee. Ma le religioni – che potranno essere anche tutte ugualmente fasulle, ma non sono tutte uguali negli effetti sulle persone – beh, quelle non si possono criticare. Ovviamente non parlo di persone – o non direttamente – ma di sistemi di idee: la questione è che dire che il sistema di idee dell’Islam è pericoloso per le donne, o che la società cristiana garantisce meno la felicità delle persone che ci vivono dentro rispetto a un qualche altro culto meno sessuofobico, beh ciò desta scandalo.

Ma questo non è un approccio laico. Questo è considerare le religioni dal punto di vista religioso, e non da quello esterno. Dov’è l’affezionata sinistra anticlericale di una volta?
Il problema non è l’essere d’accordo o no: si può discutere di tutto, possiamo parlare: una società liberale o una socialista garantiscano maggiormente la felicità delle persone? Non so, parliamone. Ma nessuno si sognerebbe mai di invocare la lesa maestà.
Il problema, insomma, è proprio affrontare la questione: perché questo tipo di domanda non è legittima?

Il meccanismo è esattamente questo:

Questo modo di ragionare annichilisce deliberatamente qualunque azione che possa essere messa in pratica a nome delle vittime dell’Islam. Se provi a fare qualcosa a nome delle vittime, cominciando con l’onestà di ammettere chi sta perpetrando il crimine e perché, i critici vengono fuori e dicono: «Hey, ma non sono solo i mussulmani a farlo». Dopodiché questi critici si sentono veramente buoni per aver fatto presente che l’Islam non c’entra nulla e, sì, vanno a casa con l’anima in pace e non fanno nulla per l’argomento in questione. Così nel caso delle mutilazioni genitali femminili, il sinistroide si sente soddisfatto di aver tirato fuori il fatto che non è solo l’Islam a perpetrare questa pratica, e non si imbarca in nessuna azione concreta per aiutare le vittime, e le mutilazioni delle bambine nell’Islam continuano.

La cosa ovvia, che però è così faticoso dire in pubblico è che:

Naturalmente i mussulmani non sono gli unici che perpetrano le MGF. Ovviamente le MGF sono praticate fuori dall’Islam, incluse molte tribù africane non-mussulmane (e anche molti cristiani egiziani, eritrei, etiopi, aggiunge il traduttore). […] Ma il punto chiave è che quello mussulmano è il principale gruppo religioso che pratica questa violenza di genere sulle donne. E la verità è che se sei vittima delle MGF, allora le possibilità che tu viva in una società mussulmana sono molto alte.

Scoprire il Burqa: egoisti, menefreghisti e gli altri

Secondo me questo sondaggio di Repubblica sulla proposta leghista di condannare al carcere chi indossi il Burqa traduce nella pratica ne varie posizioni, schierandole. Disinnesca e – mi sembra – smascheri ogni pretesto ammantato d’interesse, con una semplice divisione in tre – anzi in quattro.

Detto che quello dell’ordine pubblico è – davvero, ammettiamolo – un pretesto. Certo, ci sono molte più complessità di una realtà a quattro (o tre) fattispecie, ma credo che alcune generalizzazioni siano utili quando si discute, e questa sia una di quelle che limita al minimo questi equivoci – ecco quelle che sono le posizioni:

La Lega presenta una proposta di legge che prevede pene fino a due anni per chi indossa il burqa. Siete d’accordo?

Inizio dal non so, che sembrerebbe la più vigliacca, ma non lo è. Quante volte capiterà di non sapere quale sia il mezzo migliore per affrontare i problemi e arrivare a quello che – indubbiamente – è meglio. D’altra parte, se “non sai” perché clicchi sulla pagina del sondaggio per votare?

Poi il. Questa è la posizione sporca di una certa destra virante all’identitarismo (Lega, molti del PDL, i fascisti), ma non mi stupirei che accogliesse anche molti di coloro che son dentro a questa nuova e inedita avventura della sinistra legalitaria (Di Pietro, ma anche alcune frange del PD). shhIl concetto è: siamo meglio noi (che poi dovremmo parlare di chi è questo “noi”) quindi combattiamo loro. L’intento di chi risponda sì a questa domanda è quello di tutelarsi, che sia per ‘sta storia che una sotto al burqa possa portare una bomba (aboliamo i giacconi!) o per tutelare sé tutelando la propria società: insomma chi vota “sì” non è contrario al Burqa perché è un sopruso per quella donna, non pensa di essere contro al Burqa per stare dalla parte di quella donna. E difatti la vuole sbattere il carcere. Insomma, non ce l’ha con la pratica – scandalosa, vergognosa – ma con la persona che la vive. È anche un’ulteriore estensione di quel concetto doppiamente disgustoso per cui «a casa tua fai quello che ti pare, ma a casa nostra comandiamo noi».
Mi domando se costoro non vorrebbero sbattere in carcere anche le donne che hanno subito, consenzienti, l’infibulazione.

freedom for grantedCi sono tanti motivi per rispondere no a questo quesito, la più nobile delle quali è quella che in uno Stato libero ognuno di noi deve poter fare ciò che vuole. Ma, in questo contesto, un “no” di questo tipo fa passare un solo messaggio: «chi se ne strafrega». È questa la vera risposta vigliacca, i problemi degli altri non sono nostri problemi – e in ciò si avvicina pericolosamente al concetto sotteso a chi vota “sì” – o peggio, il burqa non è un problema. Molte di queste persone, se vedessero una scena simile per strada, dovrebbero – cioè non dovrebbero assolutamente, ma questa è la prosecuzione logica del loro sragionamento – ignorare la violenza di un marito che picchia una moglie del sud che se l’è sposato. In fondo quella, di picchiare la moglie, è una loro tradizione.
Sapete che c’è? La mia tradizione, la mia cultura, è quella che mi spinge a provare a impegnarmi per donne e omosessuali – e ogni discriminato – in tutto il mondo. Ora che avete da dire?

C’è poi il sono d’accordo sul divieto ma non sul carcere che è la posizione più facile da prendere. Ma mica che le posizioni più facili siano sempre sbagliate. È la più facile perché, effettivamente, non specifica un’alternativa al carcere: ma di cose formalmente “vietate” in cui non ci si accanisce su chi ne è primo attore e vittima ce ne sono: burkal’aborto, la prostituzione (poi non è detto che in questi altri casi io sia d’accordo con il divieto, ma è un altro post e un’altra storia). A che serve? Probabilmente a poco, ma poco è sempre meglio di niente. “Poco” è mandare un messaggio, per quanto flebile – ma non sottovalutiamo mai, e ascoltate questo mai con tutta la intensità, i messaggi. È un voler dire, che qui, in questo Paese e in questo momento storico, tante persone si sono riunite e hanno deciso che sì, la donna e l’uomo devono avere gli stessi diritti. Che sì, la sede dell’autocontrollo sessuale maschile è nel fottuto corpo dell’uomo e non in quello della donna che non deve “provocare”.
È dire, in una parola: «questa è la cosa giusta, venite con noi».

Mi ha stupito – almeno per ora, con il 39%, vincono i buoni:

Si (158 voti) 32%

(158 voti) - 32%
No (140 voti) 29%

(140 voti) - 29%
Sono d’accordo sul divieto ma non sul carcere (189 voti) 39%

(189 voti) - 39%
Non so (2 voti) 0%

(2 voti) - 0%

Un ateo non le avrebbe tagliato la gola

Ancora una volta, qui in Italia, un uomo mussulmano ha ucciso la propria figlia per questioni “d’onore”. Ancora una volta si rincorrono articoli come questo che, in maniera spericolata, arguiscono che quell’omicidio sia soltanto un-brutale-atto-infame, e che la religione creduta e professata da questo padre non abbia in alcun modo condizionato il suo agire.

Eppure in ogni parte del mondo centinaia e centinaia di delitti di questo genere sono perpetrati, e la larga maggioranza sono commessi nell’Islam: in Giordania, quello che dicono essere il paese arabo più moderato – e in cui, fra l’altro, la regina ha promosso una forte campagna contro questi crimini – se ne contano venticinque all’anno. Chi commette questi omicidî rimane quasi sempre impunito – nella migliore delle ipotesi ha pene non superiori ai 6 mesi di carcere – e viene accolto come un eroe dalla propria comunità.

Perché succede questo? Per povertà o descolarizzazione? Di quanti delitti d’onore abbiamo notizia in  Zimbabwe, Birmania, Malawi, Haiti, tutti paesi enormemente più poveri e meno istruiti di quelli del Golfo? Perché quelle persone sono nate geneticamente inferiori?

4188bd2bd3d2a_bigNo. Per un’ideologia. Tutte le religioni – fuori dalla loro Rivelazione – sono ideologie: sono sistemi di pensiero fondati su alcuni assi. E non sono tutte uguali. Per quale ragione dovrebbero esserlo? Come le idee di un nazista, di un leghista e di un liberale non sono uguali, anche quelle alla base di ciascuna religione corrispondono a una diversa idea di mondo.

La giornalista del Sole cita il Corano “la misericordia che precede la giustizia”, non cita le centinaia di versi che incitano alla guerra santa, all’odio degli infedeli, all’uccisione di chi non si sottomette ad Allah. Non cita la considerazione della donna a cui Allah preferisce l’uomo (4,34) che vale metà dell’uomo (2,282) (4,11), che è inferiore all’uomo (2,228), non cita gli Hadith – i racconti della vita del Profeta da cui i mussulmani devono prendere esempio – in cui Maometto comanda espressamente l’uccisione delle donne adultere.

Tutta la teologia, e quindi l’ideologia, islamica si fonda su un’ossessione sessuofobica a carico della donna. Non è l’uomo a essere padrone delle proprie pulsioni, ma è la donna che lo “provoca”. È quel dispositivo per cui se una ragazza va in giro in minigonna e viene stuprata, la colpa è solo sua.

Ovviamente il punto non è che tutti i mussulmani odino le donne  ma che dai fondamenti dell’Islam è molto, molto facile, ricavarne l’insegnamento che le donne vadano sottomesse: e questo non è colpa delle interpretazioni dei fondamentalisti (più precisamente non solo). Ma dell’ideologia stessa. Perché quello che uno pensa, ovviamente, influenza ciò che uno fa: un giainista, per quanto fondamentalista, non ucciderà mai nessuno. Non si può dire lo stesso di un fondamentalista islamico.

Invece continua a esserci un’inaudita quantità di persone che – per travisata bontà, risultante invece in identitarismo razzista* – dice che il problema è nelle interpretazioni fallaci, che il Vero messaggio è stato inteso male. Che a ogni osservazione tira in ballo l’obiezione fanfarona presente nell’articolo: anche in Occidente non siamo messi così bene. Embè? Il fatto che altre religioni o ideologie causino o abbiano causato delle ingiustizie sconta in qualche modo le responsabilità islamiche?

Cos’è, se non quell’ideologia nefasta, che fa – a questa donna – assolvere il comportamento del proprio marito-assassino e dare la colpa alla figlia, rea di essere innamorata?

*Un giorno poi ne parliamo, anche di questo: di come credere che il problema sia in una “cultura”, cioè in un popolo anziché in un’ideologia sia – in sostanza e in aspetto – razzismo.