You need it

C’è una cosa che accomuna casi e circostanze diversissime come quella della copertura offerta dal Vaticano ai preti pedofili, e quella delle vignette su Maometto per cui ogni tre mesi si scopre un nuovo piano per ucciderne i disegnatori, ed è precisamente questa forma di – insano – rispetto per delle cattive idee:

What can make tens of millions of people – who are in their daily lives peaceful and compassionate and caring – suddenly want to physically dismember a man for drawing a cartoon, or make excuses for an international criminal conspiracy to protect child-rapists? Not reason. Not evidence. No. But it can happen when people choose their polar opposite – religion. (…)

In 2005, 12 men in a small secular European democracy decided to draw a quasi-mythical figure who has been dead for 1400 years. They were trying to make a point. They knew that in many Muslim cultures, it is considered offensive to draw Mohamed. But they have a culture too – a European culture that believes it is important to be allowed to mock and tease and ridicule religion. It is because Europeans have been doing this for centuries now that we can no longer be tyrannised into feeling bad about perfectly natural impulses, like masturbation, or pre-marital sex, or homosexuality. When priests offer those old arguments, we now laugh in their faces – a great liberating moment. It will be a shining day for Muslims when they can do the same. (…)

Let’s state some principles that – if religion wasn’t involved – would be so obvious it would seem ludicrous to have to say them out loud. Drawing a cartoon is not an act of aggression. Trying to kill somebody with an axe is. There is no moral equivalence between peacefully expressing your disagreement with an idea – any idea – and trying to kill somebody for it. Yet we have to say this because we have allowed religious people to claim their ideas belong to a different, exalted category, and it is abusive or violent merely to verbally question them. Nobody says I should “respect” conservatism or communism and keep my opposition to them to myself – but that’s exactly what is routinely said about Islam or Christianity or Buddhism. What’s the difference?
This enforced “respect” is a creeping vine. It soon extends beyond religious ideas to religious institutions – even when they commit the worst crimes imaginable. (…)

It has emerged this week that when Ratzinger was Archbishop of Munich in the 1980s, one of his paedophile priests was “reassigned” in this way. He claims he didn’t know. Yet a few years later he was put in charge of the Vatican’s response to this kind of abuse and demanded every case had to be referred directly to him for 20 years. (…)

Far from changing this paedophile-protecting model, Ratzinger reinforced it. In 2001 he issued a strict secret order demanding that charges of child-rape should be investigated by the Church “in the most secretive way… restrained by a perpetual silence… and everyone… is to observe the strictest secret.” (ATTENZIONE: come mi segnala Marco, qui Hari confonde questo con questo) (…)

Imagine if this happened at The Independent. Imagine I discovered there was a paedophile ring running our crèche, and the Editor issued a stern order that it should be investigated internally with “the strictest secrecy”. Imagine he merely shuffled the paedophiles to work in another crèche at another newspaper, and I agreed, and made the kids sign a pledge of secrecy. We would both – rightly – go to prison. Yet because the word “religion” is whispered, the rules change. (…)

Everyone has ideas they hold precious. Only you, the religious, demand to be protected from debate or scrutiny that might discomfort you. The fact you believe an invisible supernatural being approves of – or even commands – your behaviour doesn’t mean it deserves more respect, or sensitive handling. It means it deserves less. If you base your behaviour on such a preposterous fantasy, you should expect to be checked by criticism and mockery. You need it.

If you can’t bear to hear your religious figures criticised – if you think Ratzinger is somehow above the law, or Mohamed should be defended with an axe – a sane society should have only one sentence for you. Tell it to the judge.

(Per una volta vengo meno al proposito di scrivere tutto in italiano su questo blog, ma questo è troppo lungo per essere tradotto: scuse ai non anglofoni)

Pansessualismo un cazzo

Negli angoli dei dibattitoi che frequento io si è molto discusso di questa intervista a Monsignor Girotti: la cosa che ha destato scandalo è che il monsignore in questione abbia ribadito il concetto che sia più facile assolvere un pedofilo (quindi anche un prete pedofilo), rispetto a una donna che abbia abortito.

Mi sono venute in mente varie cose, e sono spunti che ricollego a discussioni fatte in passato con persone con cui avevo fruttuosamente dibattuto temi vicini:

  1. La cosa che mi ha colpito subito è come sia, invece, passato in sordina un concetto orribile, al quale però siamo abituati e che quindi non desta scandalo. Girotti dice che un confessore a cui vengano raccontati i peggiori atti di pedofilia non solo non possa, ma non debba (pena la scomunica ispo facto) né denunciare all’autorità giudiziaria né, neanche!, imporre in coscienza l’autodenuncia. In questo c’è tutto un retroterra di cose spregevoli che, un giorno, dovremo anche voltare: la superiorità del potere spirituale su quello temporale, ma soprattutto l’idea che la delazione sia offesa all’individuo e tradimento, anziché dovere civico nei confronti della società. Per quanto mi riguarda l’omessa denuncia dovrebbe valere, quasi e quanto, la connivenza con il reato.
  2. Sul tema pedofilia/aborto, Marco ha detto due cose, la prima – trovo – un po’ sciocca, ovvero che i non credenti non dovrebbero preoccuparsi delle questioni interne alla Chiesa. Criterio davvero inusuale: valutiamo tutte le cose, sia quelle a cui apparteniamo che quelle a cui non apparteniamo. Se leggo che un’istituzione considera più grave il furto dell’omicidio, peggioro la mia opinione di quell’istituzione, anche se non vi appartengo. Così valuto, nel bene o nel male, la Chiesa esattamente in base a chi e come sceglie di scomunicare, o punire, per quanto la scomunica stessa – a me non credente – non faccia alcun effetto.
  3. La seconda cosa che ha fatto notare Marco, e qui sono più vicino al suo pensiero, è “dove sta la notizia?”. La prassi della Chiesa è in gran parte una questione politica e diacronica. Il fatto che l’aborto sia considerato fra i peccati da cui non ci si può lavare, e non lo sia la pedofilia, è dato da una serie di concause più storiconaturali che dottrinarie – per quanto le due cose siano necessariamente intrecciate – e che quindi saranno probabilmente emendate, se la questione della pedofilia assumerà, nel mondo, l’importanza che sta assumendo. In altre parole, queste mie e non di Marco, la Chiesa correrà ai ripari per difendere la propria sopravvivenza, come ha fatto tante altre volte nel corso dei secoli.
  4. Questa considerazione mi ha fatto ripensare a uno scambio di battute che avevamo avuto con Rosa, per altri versi, in cui lei aveva sostenuto che la pedofilia fosse il nuovo simulacro del Male della nostra società. Che ovviamente è una cosa grave, da contrastare e da punire, ma che il tic mentale per cui – attualmente – quando si pensa all’esempio di “cattivone, cattivone, cattivone” viene subito in mente un pedofilo – diceva Rosa – dimostra un accanimento quasi morboso e monotematico. Non ha torto, ho pensato. È un discorso lunghissimo che non mi sento in grado di affrontare ora, ma credo che affondi nella stessa concezione del sesso che costituisce il mio quinto spunto di riflessione: si è portati a pensare in qualche modo che siccome il sesso è male, farlo su di un bambino è ancora più grave. Credo, invece, che bisognerebbe spostare l’inaudita gravità dell’atto di pedofilia sul bambino, e non sul sesso. Invertendone l’ordine e la causa: la gravità non può essere situata nell’atto, nella libido, ma nell’impossibilità che un bambino sia consenziente.

Infine, e questo è il pensiero che più mi sta cuore, una cosa squilibrata che ha detto il mio amico Fra’ Alberto nel tentativo di contestualizzare le pulsioni pedofile dei membri del clero: “potremmo provare a ripensare l’educazione, la società e il pansessualismo che c’è nei media, sarebbe un inizio“. Sono certo che Alberto non abbia alcuna simpatia – né desiderio di concedere attenuanti – ai suoi colleghi sporcaccioni, non penso quindi che abbia espresso quel pensiero per difesa della categoria: sono persuaso, e potrei scommetterci una grigliata, che – parlandone in privato – ad Alberto verrebbe meno anche la carità cristiana “io, quelli lì, li appenderei per le palle”, mi direbbe.
È però, e invece, per una concezione deviata del sesso – quella che imputa al “pansessualismo” le perversioni, che vede nella liberazione sessuale un disordine e una tentazione – che Alberto ragiona così. È per l’idea che l’uomo sia un tumulto d’istinti orribili, e che l’unica possibile risposta sia la costipazione. È per la frase con cui lo stesso Alberto mi spiegò la sua risposta – che già citai qui, con il suo permesso – a una mia domanda sul celibato e alle pulsioni: «bisogna contenersi, bisogna trattenersi», mi disse, quasi orgogliosamente.
Ecco, è esattamente – con la precisione di un bersaglio centrato – per questa idea ingloriosa, questo concentrato di odio verso il terreno e il gioioso, per questo morboso fascino per il divieto e la costrizione, che il tasso di incidenza della pedofilia all’interno del clero è spropositato.
È l’esatto opposto di quello che dice il Vaticano, non è la possibilità di vedere e praticare il sesso che favorisce la pedofilia. È, al contrario, quell’atmosfera di costrizione patologica, di pelosa vergogna, a cui viene sempre accostato il piacere sessuale, a coltivare il terreno dei turbamenti e delle perversioni, dei divieti e della depravazione.
Se la Chiesa smettesse di dire, ogni volta che si distribuiscono dei profilattici nelle scuole, la frase più stupida del mondo “così si banalizza la sessualità”, farebbe sì un pubblico servigio alla società, e a sé stessa. Se iniziasse a capire che dire che il sesso fra due adulti consenzienti è banale, è come dire che lo è una mangiata in compagnia di amici, e mille altre cose che nessuno si figurerebbe di censurare.
Se, insomma, si mettessero in testa la cosa più elementare (banale?) del mondo, ovvero che non possono esistere dei crimini senza vittime, che il Male (con la “M” maiuscola) può esserci solo dove si fa del male (con la “m” minuscola) a qualcuno, e che quindi una cosa che fa piacere alle uniche due persone implicate non può costituire nessun Male – beh, se ci arrivassero veramente – riuscirebbero davvero a fare ciò che professano: aiutare a lottare contro i veri crimini, quelli con le vittime, quelle non consenzienti.

Diaz

Non so se è più grottesco che un allenatore venga squalificato perché ha bestemmiato, o che un giocatore abbia scampato la stessa pena per le queste ragioni:

Il calciatore uscendo dal terreno di gioco in conseguenza dell’espulsione inflittagli dall’arbitro pochi attimi prima, proferiva apparentemente un’espressione gergale, in uso nel Triveneto e in Lombardia, con becero riferimento a ‘Diaz’ e non a Dio (il diverso movimento delle labbra nelle pronuncia della vocale aperta ‘A’ rispetto alla vocale ‘O’ legittima quanto meno un’incertezza interpretativa).

La cruna di un ago

Max mi segnala questo grafico molto interessante che mostra le condizioni economiche all’interno di ciascuna fede religiosa negli Stati Uniti. I risultati non sono sorprendenti, i cliché si confermano: gli ebrei sono i più ricchi, le chiese nere le più povere. I più equilibrati – intersecanti tutte le fasce sociali – i buddisti. È uno di quei grafici a cui uno sta dietro per un’ora a vedere tutti i particolari, e a cercare i collegamenti fra le verità dottrinarie di ciascuna religione – tipo lo scoraggiamento dello studio per i Testimoni di Geova – e la loro condizione economica. Una cosa che mi ha incuriosito: gli induisti sono dei Paperoni:

Ho caricato l’immagine alla risoluzione massima, se ci cliccate sopra la ingrandite.

Doppî standard anticlericali

Oggi sono stato al Carnevalone di Poggio Mirteto. È conosciuto come il carnevale anticlericale perché festeggia l’autoliberazione del paesino del reatino dallo Stato Pontificio. Così ci sono un sacco di persone vestite da suore e da preti ed è anche divertente. Anche se, dopo un po’, è sempre la stessa cosa. Spesso ci sono allusioni o raffigurazioni esplicite di rapporti sessuali o pornografia nei travestiti membri del clero, così a dimostrare quanto si sia dipendenti e determinati da quell’immaginario – di castigo del sesso, suo flagello e proibizione – da cui  la teoria vorrebbe che una persona laica si emancipasse (se un prete e una suora fanno sesso, e sono consenzienti, a me non frega niente: non c’è nulla di male).

Poi, al centro, c’era una raffigurazione di Calderoli con un minareto nel culo (immagine omofoba, fra l’altro). Sì, un minareto, con intorno diverse scritte in arabo. Sotto si spiegava che quest’anno il carnevale era dedicato agli immigrati – e va bene – e in particolare ai mussulmani offesi da Calderoli. Ai mussulmani. Anzi, di più, c’era scrtto “il popolo islamico”, in pieno gergo fascistoide.

Non ci sono più gli anticlericali di una volta.

Il profumo dello stato teocratico

Oggi sono uscite le motivazioni della sentenza che confermavano i 30 anni di carcere per il padre di Hina, la ragazza uccisa dal genitore perché aveva «uno stile troppo occidentale». Traduzione dottrinaria per dire che voleva essere padrona e felice di sé stessa. La sentenza contiene in sé una doppia contraddizione gigantesca, talmente auto-scontrantesi da renderla quasi sensata. Intanto la sentenza dice che Hina non è stata uccisa dal padre per motivi religiosi.

Invece Hina è stata uccisa per motivi evidentemente religiosi. Che sia stata uccisa per motivi religiosi è evidente quanto è evidente che il velo sia un simbolo di sottomissione della donna. È evidente a chiunque abbia letto una sola pagina del Corano o della Sunna, gli Hadith. È evidente a chiunque abbia letto una qualunque statistica sul delitto d’onore in qualunque paese europeo: più del 90% dei delitti d’onore sono commessi all’interno delle comunità d’immigrati mussulmani. È evidente a chiunque sappia che i dieci paesi al mondo con il più alto tasso d’incidenza di delitti d’onore sono tutti e dieci mussulmani.

Questo non vuoldire che tale pratica spregevole sia totalmente appannaggio dei mussulmani: in Brasile oggi, in Italia qualche decennio fa, la questione è presente. Inoltre questo non vuoldire neanche che – un giorno – l’Islam non possa emanciparsene, passando a ignorare tutte le parti del Corano che comandano la sottomissione della donna – similmente a ciò che i cristiani fanno oggi della Bibbia – ma non c’è dubbio che questo progresso, se avvenisse, dovrebbe passare attraverso una vera e propria deislamizzazione dell’Islam, come in una certa misura si è scristianizzato il Cristianesimo.

Le religioni, se ragioniamo laicamente, e così deve fare un giudice, sono dei fenomeni storico-naturali. Iniziano, finiscono, si evolvono. Ogni religione è un sistema di pensiero, a cui ognuno aderisce in misura diversa, come è un sistema di pensiero un’idea politica. Anzi, persino di più. Ciò che uno pensa su come il mondo sia fatto e su ciò che Dio gli chiede condiziona in maniera cardinale il modo in cui le persone si rapportano al mondo e alle persone che lo abitano.

Chiunque di noi fosse certo che, camminando su un cavo dell’alta tesione, ne venisse folgorato eviterebbe di farlo (salvo i suicidi***). Chiunque di noi fosse certo che Dio lo folgorerebbe nel momento in cui si proferisca la parola “albicocca”, semplicemente, non direbbe «albicocca». Chiunque di noi fosse convinto che gli ebrei, o i negri, siano una razza inferiore e spregevole non stringerebbe la mano a un negro o a un ebreo.

E qui veniamo all’altra questione assurda, ed è quella che mi preme di più, perché è lì che si vede quanto siamo ancora ben radicati nella più retriva irrazionalità. Al padre di Hina non è stato riconosciuto il movente religioso, ma qualora lo fosse stato, sarebbe stato considerato un’attenuante. Non un’aggravante. Un’attenuante. La premeditazione, il movente ideologico o politico, tutte queste costruzioni sono considerate delle aggravanti nel nostro ordinamento: se io sono nazista e ammazzo un ebreo perché ebreo ho una pena più grave che se ammazzo un ebreo in una rissa perché mi ha ammaccato la macchina. In entrambi i casi sono uno stronzo, ma nel primo sono un po’ più stronzo. O, ancora meglio, non sono solo uno stronzo, ma sono uno stronzo pericoloso.

Il fatto che credere in un dogma religioso – e un dogma pernicioso come quello della purezza della donna e del suo possesso da parte dei maschi della famiglia – sia considerato una possibile linea difensiva da usare in sede giudiziaria, e non un integralismo del quale cercare di allontanare il sospetto da sé, dà una valutazione spietata dell’effettiva laicità – e quindi uguaglianza – della nostre leggi.

***Faccio notare ai contestatori dei circonflesso la diacriticità, qui, fra “suicida”->”suicidi” e “suicidio”-> “suicidî”.

Grazie a Pietrino