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La distinzione fra destra e sinistra ha, tutt’ora, un senso. È vero che alcuni hanno la tendenza a considerare «di sinistra» ciò che apprezzano, e squalificare come «di destra» ciò che non condividono; è altrettanto vero, però, che la tassonomia su cui questa distinzione si appoggia – progressisti e conservatori – ha significato e lo avrà sempre. Esisterà sempre un progressismo e un conservatorismo, e non è un caso che la legittimità di questa distinzione sia contestata solamente da conservatori (veraci o postmoderni che siano), dimostrandone la subalternità ideologica.
Poi si parla di economia e c’è la caciara. Una caciara che è direttamente figlia della Guerra Fredda: l’Unione Sovietica è la sinistra, gli USA sono la destra, quindi il socialismo è la sinistra, il liberalismo è la destra. Altri rispondono cercando di ribaltare questo assunto, «il liberismo è di sinistra»: sono sciocchezze. Socialismo e liberalismo sono le due grandi ideologie progressiste degli ultimi due secoli, e infatti si combinano, in forme diverse, in ogni democrazia occidentale: dagli Stati Uniti, più liberali, alla Svezia, più socialista. È sbagliato dire che uno dei due sia di sinistra a scapito dell’altro: ogni simile argomento ha il proprio contraltare.
La verità è che per ogni esempio di liberalismo “di destra” c’è un esempio di socialismo “di destra”, e viceversa. Il liberalismo economico senza quello civile o politico è chiaramente una politica conservatrice, come lo sono le politiche di stampo socialista di tutti i partiti di estrema destra del mondo. Non si può pensare che l’unica idea pienamente di sinistra sia, alternativamente, il marxismo più puro o l’anarco-capitalismo, ma è precisamente questo il discutibile sottinteso di chi sostiene che il liberalismo o il socialismo siano tout court “di destra”.
Quelli che chiedono al governo Monti di fare politiche “di sinistra” dovrebbero avere il coraggio di dire “socialiste”. Che, comunque, non è una parolaccia.