Attacchini, io vi odio!

Io li odio, li odio con tutta la parte più a pelle di me.

Non c’è possibilità di sfuggirne, girando per Roma: in un pomeriggio ne avrò visti quattro o cinque, indisturbati, quasi indolenti, lì a ricoprire carta di altra carta. Ci sono alcuni posti dove c’è uno spessore di cartacce sovrapposte di qualcosa come mezzo metro. Non esagero. Attaccheranno dieci manifesti, uno sopra all’altro, ogni giorno. C’è un ricambio in tempo reale, nel corso delle ore.

Ieri dovevo sbrigare varie commissioni e ho praticamente girato tutta Roma, e a ogni quartiere in cui passavo – a ogni isolato di più – sentivo montare dentro di me un malessere che poi diventava rabbia e odio mirato. Mirato proprio a voi, attacchini di manifesti abusivi.

Lo so che il bersaglio grosso non siete voi, che quel qualcuno che vi paga per farlo è probabilmente peggiore di voi, che ci sono – in fondo – centinaia di lavori più disonesti, e che probabilmente siete dei poveracci che non avete trovato altro da fare per campare. Però ci deve essere un punto oltre il quale uno risponde delle proprie azioni, una misura di responsabilità individuale che distingue chi sarebbe disposto a farlo e chi no. Voi sì, e quindi – qui – me la prendo con voi.

Vi ho visto, più di una volta: la vostra macchinina col bagagliaio aperto, le quattro frecce, uno spazzolone e un secchio blu, invariabilmente blu (prendetelo verde, o viola, una buona volta! Non avete manco la fantasia di cambiare il colore del secchio!). Lì ad attaccare in qualunque più recondito anfratto, in ogni angolo a metri e metri di altezza, dei pezzacci di carta collosa. Non ho parlato dell’ambiente, di tutta la carta sprecata. Di tutta la fatica enorme che bisogna fare per togliere una cosa che impiegate cinque secondi a incollare. Ma non è solo questo.

No, io lo so perché vi odio così tanto: perché ogni volta che vi vedo scendere dalla vostra macchinina e, in pochi attimi, ricoprire una città di faccioni orrendi, senza neanche quella furtività che mostri che una abbozzata coscienza dello scempio che state facendo almeno la possedete, beh io mi sento impotente. E colpevole.

Sono in macchina, lì, e non so che fare. Devo escogitare qualcosa. Che faccio? Urlo: «smettetela!»?. Chiedo per favore di evitare? Al limite quelli si spostano di qualche metro e continuano, più lontano dal limite mi fanno una pernacchia. D’altra parte cosa? Chiamare la polizia? Per i manifesti? Magari sì, ma non verrebbero mai. Non ho proprio idea, però stare lì a guardare senza fare nulla mi lascia proprio un senso di connivenza. La prossima volta, ho pensato, faccio finta di fare una foto e vado via. Non che abbia nessun effetto eh, né che possa valere niente una foto del genere. Ma la prossima volta punto un cellulare, e faccio finta di far loro una fotografia, curandomi che loro mi vedano. Magari si mettono paura, magari pensano che – finalmente – c’è davvero qualcuno che sta cercando di intervenire. Chessò, almeno capiscono di non essere invisibili. Magari la volta successiva ci pensano qualche decimo di secondo di più, prima di rifarlo.

Che poi la cosa sarebbe facilissima. Nessuna tolleranza. Manifesto abusivo? Multa. Manifesto abusivo? Multa. Manifesto abusivo? Multa. Nient’altro da aggiungere? Niente multa. Provate a pensare cosa succederebbe se lo facesse un marchio. Provate a pensare un fenomeno di queste dimensioni al di fuori della politica, una pubblicità di qualunque altra cosa: se McDonald’s, per dire, tappezzasse muri, pareti, cartelloni, fermate dell’autobus, vetrine, con i propri manifesti? Finirebbero denunciati e multati fino al torsolo dell’ultimo manifesto incollato nell’angolo più remoto dell’abusività.

Invece se c’è di mezzo votantonio siamo tutti più tolleranti. Poi dice che c’è l’antipolitica.

Eat my shorts, Michelle

Mentre noi eravamo tutti presi dal passaggio della riforma sanitaria, è successa un’altra cosa di cardinale importanza per la presidenza Obama: nella puntata andata in onda ieri sera su Fox, è scesa in campo a difesa di Lisa Simpson – e di tutti i secchioni – niente meno che la First Lady degli Stati Uniti d’America!

Qui potete scaricare l’intera puntata.

You need it

C’è una cosa che accomuna casi e circostanze diversissime come quella della copertura offerta dal Vaticano ai preti pedofili, e quella delle vignette su Maometto per cui ogni tre mesi si scopre un nuovo piano per ucciderne i disegnatori, ed è precisamente questa forma di – insano – rispetto per delle cattive idee:

What can make tens of millions of people – who are in their daily lives peaceful and compassionate and caring – suddenly want to physically dismember a man for drawing a cartoon, or make excuses for an international criminal conspiracy to protect child-rapists? Not reason. Not evidence. No. But it can happen when people choose their polar opposite – religion. (…)

In 2005, 12 men in a small secular European democracy decided to draw a quasi-mythical figure who has been dead for 1400 years. They were trying to make a point. They knew that in many Muslim cultures, it is considered offensive to draw Mohamed. But they have a culture too – a European culture that believes it is important to be allowed to mock and tease and ridicule religion. It is because Europeans have been doing this for centuries now that we can no longer be tyrannised into feeling bad about perfectly natural impulses, like masturbation, or pre-marital sex, or homosexuality. When priests offer those old arguments, we now laugh in their faces – a great liberating moment. It will be a shining day for Muslims when they can do the same. (…)

Let’s state some principles that – if religion wasn’t involved – would be so obvious it would seem ludicrous to have to say them out loud. Drawing a cartoon is not an act of aggression. Trying to kill somebody with an axe is. There is no moral equivalence between peacefully expressing your disagreement with an idea – any idea – and trying to kill somebody for it. Yet we have to say this because we have allowed religious people to claim their ideas belong to a different, exalted category, and it is abusive or violent merely to verbally question them. Nobody says I should “respect” conservatism or communism and keep my opposition to them to myself – but that’s exactly what is routinely said about Islam or Christianity or Buddhism. What’s the difference?
This enforced “respect” is a creeping vine. It soon extends beyond religious ideas to religious institutions – even when they commit the worst crimes imaginable. (…)

It has emerged this week that when Ratzinger was Archbishop of Munich in the 1980s, one of his paedophile priests was “reassigned” in this way. He claims he didn’t know. Yet a few years later he was put in charge of the Vatican’s response to this kind of abuse and demanded every case had to be referred directly to him for 20 years. (…)

Far from changing this paedophile-protecting model, Ratzinger reinforced it. In 2001 he issued a strict secret order demanding that charges of child-rape should be investigated by the Church “in the most secretive way… restrained by a perpetual silence… and everyone… is to observe the strictest secret.” (ATTENZIONE: come mi segnala Marco, qui Hari confonde questo con questo) (…)

Imagine if this happened at The Independent. Imagine I discovered there was a paedophile ring running our crèche, and the Editor issued a stern order that it should be investigated internally with “the strictest secrecy”. Imagine he merely shuffled the paedophiles to work in another crèche at another newspaper, and I agreed, and made the kids sign a pledge of secrecy. We would both – rightly – go to prison. Yet because the word “religion” is whispered, the rules change. (…)

Everyone has ideas they hold precious. Only you, the religious, demand to be protected from debate or scrutiny that might discomfort you. The fact you believe an invisible supernatural being approves of – or even commands – your behaviour doesn’t mean it deserves more respect, or sensitive handling. It means it deserves less. If you base your behaviour on such a preposterous fantasy, you should expect to be checked by criticism and mockery. You need it.

If you can’t bear to hear your religious figures criticised – if you think Ratzinger is somehow above the law, or Mohamed should be defended with an axe – a sane society should have only one sentence for you. Tell it to the judge.

(Per una volta vengo meno al proposito di scrivere tutto in italiano su questo blog, ma questo è troppo lungo per essere tradotto: scuse ai non anglofoni)

«Mia nipote ci è nata con l’epilessia, non l’ha scelto lei»

The bill passed the House at 10:47 P.M. EST with a vote of 219-212.

Oggi gli Stati Uniti sono un Paese un po’ più civile e un po’ più normale. Si parla della riforma sanitaria: è passata! È una vittoria di Obama, in una battaglia su cui aveva investito molta della sua presidenza, e dopo che un anno di balletti aveva insinuato del pessimismo anche nei più fiduciosi.

Ci sarebbero molte cose da dire, sull’inevitabile timidezza del disegno di legge passato a dicembre al Senato, sui repubblicani – che hanno parlato di Unione Sovietica, e sugli stupidi – che oggi hanno un pretesto in meno per odiare l’America.

Ora aspettiamo l’emendamento che potrebbe fare un passettino, ancora, più avanti e poi il discorso di Obama. Poi, per ora, buona notte.

EDIT: Olé! Pure l’emendamento (migliorativo) HR 4872, che ora ripasserà al senato.

C’era questa volta

Teresa inizia come staffetta a percorrere tutta la zona a sud della via Emilia non solo per portare messaggi o documenti , ma per accompagnare dirigenti e responsabili militari della provincia ed anche dell’Italia del Nord. A lei non ancora diciassettenne, è affidata la vita e la sicurezza di quelle persone che la seguono in bicicletta e si affidano alla sua intuizione e alla sua prudenza. Nel luglio e agosto del 1944 si trova in montagna, dove sfugge insieme alle formazioni partigiane al terribile rastrellamento tedesco

Di solito queste cose si leggono sul retro di un libro, all’inaugurazione di una mostra, alla presentazione di qualche evento incentrato sul passato e sul ricordo.
Invece questa volta è diverso, Teresa Vergalli – mamma del buon Corrado – ha aperto un blog.

Nomade

Oggi, in Olanda, è uscito il quarto libro della più grande eroina di questo nuovo millennio. IL 15 maggio uscirà in America e su Amazon. Christopher Hitchens, uno che ci capisce, l’ha commentato in anteprima così:

Per me le tre parole più belle nell’emergente lingua della resistenza secolare contro la tirannia sono Ayaan Hirsi Ali.

Pansessualismo un cazzo

Negli angoli dei dibattitoi che frequento io si è molto discusso di questa intervista a Monsignor Girotti: la cosa che ha destato scandalo è che il monsignore in questione abbia ribadito il concetto che sia più facile assolvere un pedofilo (quindi anche un prete pedofilo), rispetto a una donna che abbia abortito.

Mi sono venute in mente varie cose, e sono spunti che ricollego a discussioni fatte in passato con persone con cui avevo fruttuosamente dibattuto temi vicini:

  1. La cosa che mi ha colpito subito è come sia, invece, passato in sordina un concetto orribile, al quale però siamo abituati e che quindi non desta scandalo. Girotti dice che un confessore a cui vengano raccontati i peggiori atti di pedofilia non solo non possa, ma non debba (pena la scomunica ispo facto) né denunciare all’autorità giudiziaria né, neanche!, imporre in coscienza l’autodenuncia. In questo c’è tutto un retroterra di cose spregevoli che, un giorno, dovremo anche voltare: la superiorità del potere spirituale su quello temporale, ma soprattutto l’idea che la delazione sia offesa all’individuo e tradimento, anziché dovere civico nei confronti della società. Per quanto mi riguarda l’omessa denuncia dovrebbe valere, quasi e quanto, la connivenza con il reato.
  2. Sul tema pedofilia/aborto, Marco ha detto due cose, la prima – trovo – un po’ sciocca, ovvero che i non credenti non dovrebbero preoccuparsi delle questioni interne alla Chiesa. Criterio davvero inusuale: valutiamo tutte le cose, sia quelle a cui apparteniamo che quelle a cui non apparteniamo. Se leggo che un’istituzione considera più grave il furto dell’omicidio, peggioro la mia opinione di quell’istituzione, anche se non vi appartengo. Così valuto, nel bene o nel male, la Chiesa esattamente in base a chi e come sceglie di scomunicare, o punire, per quanto la scomunica stessa – a me non credente – non faccia alcun effetto.
  3. La seconda cosa che ha fatto notare Marco, e qui sono più vicino al suo pensiero, è “dove sta la notizia?”. La prassi della Chiesa è in gran parte una questione politica e diacronica. Il fatto che l’aborto sia considerato fra i peccati da cui non ci si può lavare, e non lo sia la pedofilia, è dato da una serie di concause più storiconaturali che dottrinarie – per quanto le due cose siano necessariamente intrecciate – e che quindi saranno probabilmente emendate, se la questione della pedofilia assumerà, nel mondo, l’importanza che sta assumendo. In altre parole, queste mie e non di Marco, la Chiesa correrà ai ripari per difendere la propria sopravvivenza, come ha fatto tante altre volte nel corso dei secoli.
  4. Questa considerazione mi ha fatto ripensare a uno scambio di battute che avevamo avuto con Rosa, per altri versi, in cui lei aveva sostenuto che la pedofilia fosse il nuovo simulacro del Male della nostra società. Che ovviamente è una cosa grave, da contrastare e da punire, ma che il tic mentale per cui – attualmente – quando si pensa all’esempio di “cattivone, cattivone, cattivone” viene subito in mente un pedofilo – diceva Rosa – dimostra un accanimento quasi morboso e monotematico. Non ha torto, ho pensato. È un discorso lunghissimo che non mi sento in grado di affrontare ora, ma credo che affondi nella stessa concezione del sesso che costituisce il mio quinto spunto di riflessione: si è portati a pensare in qualche modo che siccome il sesso è male, farlo su di un bambino è ancora più grave. Credo, invece, che bisognerebbe spostare l’inaudita gravità dell’atto di pedofilia sul bambino, e non sul sesso. Invertendone l’ordine e la causa: la gravità non può essere situata nell’atto, nella libido, ma nell’impossibilità che un bambino sia consenziente.

Infine, e questo è il pensiero che più mi sta cuore, una cosa squilibrata che ha detto il mio amico Fra’ Alberto nel tentativo di contestualizzare le pulsioni pedofile dei membri del clero: “potremmo provare a ripensare l’educazione, la società e il pansessualismo che c’è nei media, sarebbe un inizio“. Sono certo che Alberto non abbia alcuna simpatia – né desiderio di concedere attenuanti – ai suoi colleghi sporcaccioni, non penso quindi che abbia espresso quel pensiero per difesa della categoria: sono persuaso, e potrei scommetterci una grigliata, che – parlandone in privato – ad Alberto verrebbe meno anche la carità cristiana “io, quelli lì, li appenderei per le palle”, mi direbbe.
È però, e invece, per una concezione deviata del sesso – quella che imputa al “pansessualismo” le perversioni, che vede nella liberazione sessuale un disordine e una tentazione – che Alberto ragiona così. È per l’idea che l’uomo sia un tumulto d’istinti orribili, e che l’unica possibile risposta sia la costipazione. È per la frase con cui lo stesso Alberto mi spiegò la sua risposta – che già citai qui, con il suo permesso – a una mia domanda sul celibato e alle pulsioni: «bisogna contenersi, bisogna trattenersi», mi disse, quasi orgogliosamente.
Ecco, è esattamente – con la precisione di un bersaglio centrato – per questa idea ingloriosa, questo concentrato di odio verso il terreno e il gioioso, per questo morboso fascino per il divieto e la costrizione, che il tasso di incidenza della pedofilia all’interno del clero è spropositato.
È l’esatto opposto di quello che dice il Vaticano, non è la possibilità di vedere e praticare il sesso che favorisce la pedofilia. È, al contrario, quell’atmosfera di costrizione patologica, di pelosa vergogna, a cui viene sempre accostato il piacere sessuale, a coltivare il terreno dei turbamenti e delle perversioni, dei divieti e della depravazione.
Se la Chiesa smettesse di dire, ogni volta che si distribuiscono dei profilattici nelle scuole, la frase più stupida del mondo “così si banalizza la sessualità”, farebbe sì un pubblico servigio alla società, e a sé stessa. Se iniziasse a capire che dire che il sesso fra due adulti consenzienti è banale, è come dire che lo è una mangiata in compagnia di amici, e mille altre cose che nessuno si figurerebbe di censurare.
Se, insomma, si mettessero in testa la cosa più elementare (banale?) del mondo, ovvero che non possono esistere dei crimini senza vittime, che il Male (con la “M” maiuscola) può esserci solo dove si fa del male (con la “m” minuscola) a qualcuno, e che quindi una cosa che fa piacere alle uniche due persone implicate non può costituire nessun Male – beh, se ci arrivassero veramente – riuscirebbero davvero a fare ciò che professano: aiutare a lottare contro i veri crimini, quelli con le vittime, quelle non consenzienti.