Quando mi capita di leggere un aneddoto carino, da qualche parte, me lo appunto per non dimenticarlo: così ora ho un piccolo mazzo di aneddoti che ogni tanto racconto. Pensavo di farci un libro, un giorno, ma forse è più carino pubblicarne uno, ogni tanto, sul blog. Questo ‘ogni tanto’ sarà ogni lunedì.
Gagarin, patente e libretto
«La Terra è blu, è stupenda», Yuri Gagarin la disse veramente questa frase quando divenne il primo uomo a orbitare intorno al nostro pianeta. Quell’altra, «non vedo nessun Dio quassù», gliela mise in bocca Krusciov, poi, anche se l’effetto retorico c’era.
Quella mattina lo svegliarono e gli dissero «ehi bello, oggi vai nello spazio». Chi non vorrebbe essere svegliato da una notizia del genere? Beh, non tutti, perché le possibilità che la missione andasse in porto erano cinquanta e cinquanta, e se fosse saltato fuori croce, come dicono nei western, l’astronauta c’avrebbe lasciato le penne.
Lyndon Johnson, che sarebbe diventato presidente degli Stati Uniti di lì a poco, diceva che non bisogna mai rifiutare due cose: un invito a cena, e un’occasione per fare pipì.
Un consiglio che sarebbe servito anche a Gagarin, quella volta, perché il suo bisogno fece registrare il primo imprevisto in una missione così delicata: Gagarin si fermò, prima di raggiungere la sua capsula, per fare la pipì. Una sosta, divenuta un rito ancora oggi praticato da ciascun astronauta russo in partenza.
Così, a 27 anni, Yuri Gagarin diventò il primo uomo ad andare nello spazio, un’ora e mezzo di volo e un atterraggio non proprio previsto, in un campo, dove dovette convincere due contadini di non essere un nemico venuto dallo spazio. Ci si misero, poi, anche dei soldati, che non lo riconobbero e gli chiesero i documenti.
Alla fine ce la fece, Gagarin, ad avere il meritato tripudio, venne accoltò a Mosca come un paladino al quale furono tributati tutti gli onori, fra cui un pilota personale – Seregin – che doveva tutelare i voli dell’astronauta per garantirne l’incolumità e preservare così la vita dell’eroe nazionale.
L’ironia, o la cattiveria, della sorte raccontano che l’espediente non funzionò tanto bene perché fu proprio un volo pilotato da Seregin, sette anni più tardi, a schiantarsi al suolo mettendo fine alla vita propria e a quella di Gagarin.
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