La peggio gioventù
I volontari in Abruzzo non sono quelli che t’aspetti. Intanto sono tantissimi, tanti, tantissimi. Anche a distanza di due mesi dal terremoto c’è sempre gente nuova che vuole partire. E poi sono, come dire, normali.
Io ho bazzicato, un po’, l’ambiente del volontariato, e di solito i “tipi” di persone che s’incontravano erano abbastanza codificabili, anche in senso positivo: con un impegno che era consistente di tutta l’architettura teorica che c’era sotto, in qualche modo una “teologia dell’impegno”. In qualche misura posso dire che, nel volontariato, si potrebbe incontrare quella che – per alcuni versi – è la meglio gioventù.
In Abruzzo è diverso, e te ne rendi conto davvero subito. Vorrei usare un’altra parola, ma mi viene in mente quello sketch di Gerini e Verdone, in cui c’è lei che si domanda com’è stato e dice qualcosa come «è stato strano, proprio perché è, come dire… strano, ecco» Come dire… normali. Ragazzi normali. Che si ubriacano la sera, e che si fanno un sacco di canne. Tutte le porzioni della società, tutti i tipi, quello ricco e quello povero, quello abruzzese, e quello non abruzzese, il maschio e la femmina, quello di sinistra e quello di destra.
Un sacco di gente che magari non se l’è chiesto neanche, perché fosse giusto partire, semplicemente gli è venuto, ed è partita. C’è il farmacista barese, con una svastica tatuata sull’anca, che ha preso due giorni di ferie ed è venuto a pulire i cessi e lavare le pentole, in punta di piedi. È un caso limite, ma dà l’idea. C’è là studente calabrese all’Aquila, a cui sono caduti i calcinacci in bocca mentre dormiva ed è riuscita a uscire dalla stanza prima che crollasse, che è scesa giù in Calabria, per stare tranquilla. Ma poi è subito tornata a dare una mano, come spinta da un senso del dovere, da una coscienza extra-corporea. Ce ne sono tante di queste storie, e sono pochissimi quelli che pontificano sull’importanza del volontariato, che lo considerano una missione. Non sono certo la meglio gioventù, come detto. Forse sono la peggio gioventù, o forse la gioventù e basta.
E sì, sono tutti giovani. Di over 35 ne avrò visti due o tre su una quarantina di volontari. Sicuramente, anche, perché chi ha venticinque anni e non ha una famiglia, può più facilmente armarsi di tenda e picchetti, e lasciare la propria città per qualche tempo, ma anche – secondo me – per dell’altro.
Io credo che la mia generazione abbia trovato nel volontariato, nel “fare del bene”, una sorta di coscienza collettiva ammirata da tutti – forse anche troppo, perché è chiaro che ognuno viva delle proprie piccole licenze – anche da coloro che non trovano il tempo o il modo di farlo.
Può essere che sia a causa della (benedetta) morte delle ideologie, che la mia generazione, e quella più giovane di me, abbiano sostituito con l’impegno sociale, quello che era l’impegno politico della generazione dei miei genitori e dei miei nonni.
Ma mi sembra che sia davvero così, leggevo su questo libro, che il volontariato è un fenomeno nato praticamente negli ultimi vent’anni, e che è il settore in maggiore espanzione. È bello pensare che sia così: del resto nel mio piccolo campione d’osservazione posso dire che più della metà dei miei amici ha fatto esperienze simili, mentre ne ricordo una o due nella generazione dei miei genitori. Ovviamente ci sono mille eccezioni. E forse, semplicemente, a quel tempo non era il tempo.
Era un pensiero che covavo da un po’, e l’ho formalizzato così, in Abruzzo, dormendo accanto a uno con una svastica tatuata sul corpo. Le vie del pensiero sono infinite.
Quando mi tira dentro il vento dell’ottimismo penso a questo; io spero e credo che la generazione di mia sorella, che ha 7 anni meno di me, ci mangerà in testa. E così via.
Ci sarà da divertirsi.
è sempre un piacere leggerti. e voglio sapere chi è il farmacista 🙂
comunque, un amico economista mi ha scritto via mail qualche mese fa:
“è ormai un risultato universalmente accettato dalla teoria economica che il capitale sociale di un territorio (che si costruisce e “misura” proprio in termini di volontariato) è una delle principali determinanti dello sviluppo economico e sociale. Non potete immaginare quante ore settimanali in media passa un danese, uno svedese o un belga a fare volontariato (a volte fino al 75% delle sue ore lavorative!). Cmq potete consultare queste statistiche su Eurostat”
p.s. se mi dai il tuo indirizzo romano, ti spedisco l’accappatoio!
Caro Giovanni, la tua frase “io spero e credo che la generazione di mia sorella (…) ci mangerà in testa” l’ha detta mio padre, mio nonno e mio nonno l’ha sentita da suo padre e da suo nonno…
Ma a parte il neonazista, perché è la peggio gioventù?
@ giovanna:
Beh, diciamo che non sono il campione tutto impegnato di gente che t’aspetti: chessò, sono abbastanza sicuro che se si parlasse di Netanyahu sarebbero pochi che saprebbero dire che è il primo ministro israeliano. Poi c’è una concezione un po’ dozzinale del sesso, tutti vanno con tutti – e su questo non c’è nulla di male – ma lo fanno con quel compiacimento del proibito (ma proibito da cosa? Da chi?), so che capisci di cosa sto parlando, e con un’idea della donna (se ci vado a letto la sto “fregando”), che magari in altri ambienti ho visto meno.
C’è quello che mi ha raccontato di aver avuto un’esperienza omosessuale, ma di non riferirlo altrimenti verrebbe umiliato e deriso dai suoi amici.
C’è quello che parla, davvero, soltanto romanaccio: puoi immaginare quanto mi ci diverta, ma non è in grado di parlare un italiano più neutro.
E ci sono un sacco di persone affezionate a luoghi comuni davvero sciocchi, come: non ti voglio convincere delle mie idee, non voglio giudicare, il mondo sarebbe noioso se tutti la pensassero allo stesso modo, etc.
@ Giovanni Fontana:
Il “peggio” della gioventù e la “creme de la creme” della gioventù uniti dallo stesso obiettivo, con lo stesso spirito (?!!!) si trovano a fare le stesse cose: aiutare chi ha bisogno!
😉
E’ peggio perchè è Ggioventù, perchè generalizzando, col comportamento fortemente anticivico procurano più danni di quanto mai riuscirebbero a produrre facendo i volontari.
Per quanto riguarda il capitale sociale, premesso che ogni studioso fa riferimento con questo termine ad un concetto diverso, dire che è costruito sul volontariato è un po’ tanto abusivo (e l’affermazione di ludo suonerebbe anche incredibile)… il volontariato è un indicatore, che si affianca al senso civico, all’interesse per gli accadimenti che riguardano la cosa pubblica, ad una certa “rilassatezza”/fiducia nei rapporti interpersonali, per costruire quel che è capitale sociale.
In realtà ho sempre visto il volontariato dell’italiano medio come una cattolicata, una specie di confessione che ti ripulisce da 365 giorni di comportamenti da… come dire… italiano, ecco
Lorenzo Panichi ha scritto:
In realtà ho sempre visto il volontariato dell’italiano medio come una cattolicata, una specie di confessione che ti ripulisce da 365 giorni di comportamenti da… come dire… italiano, ecco
mmm…
Ti ricordo che c’è volontariato e volontariato, a prescindere dal ceto sociale… c’è il volontariato retribuito e quello NON retribuito!
@ Lorenzo Panichi:
Aggiungo: poi c’è chi non ha bisogno di soldi ma, sai, fa volontariato perchè in un certo ambiente… e poi magari lo fa sentire maggiormente “in”!
E intanto “porta via” quelle “quattro palanche” a chi lo fa veramente per necessità … e, guarda caso, proprio a quei ragazzi (e non!) considerati “la peggio gioventù” perchè non appartengono ad una “certa classe sociale” (!!!?)
🙂
Giovanni Fontana ha scritto:
ho capito gli altri esempi, ma quest’ultima cosa, il non giudicare blablabla, pensavo facesse parte anche dei volontari engagés
@ Giovanni Fontana:
solo per questo ti abbraccerei ridendo a squarciagola!
Per ora la gioventu’ d’oggi fa schifo rispetto a quella di appena 5 anni fa. E cosi’ almeno per 20 anni indietro.
Io sono over 35 da una decina d’anni ed ho sensazioni opposte a quelle di Giovanni. A me pare che il volontariato sia in forte declino, soprattutto tra i giovani. Sì, è bello raccontare di quaranta volontari “normali” al punto che si ubriacano e si fanno tante belle canne. Fa scena. Ma non è rappresentativo, secondo me.
La realtà che vedo io, con tre figli/e tra i 20 e i 25 che mi girano per casa insieme ai loro amici e morosi e morose, è un’altra. A me sembrano tutti profondamente individualisti, scandalosamente egoisti, sempre pronti guardarsi addosso e mai veramente interessati a ciò che sta loro intorno.
Forse mi sbaglio, forse li ho male interpretati o forse il mio piccolo campione di giovani virgulti non è rappresentativo esattamente come non lo è quello di Giovanni. Ma volevo portarlo alla vostra attenzione perchè non vi sentiate troppo “una bella generazione”. C’è chi non vi vede così…
@ Maurizio:
Ciao Maurizo,
guarda, che il volontariato – come fenomeno – sia in ascesa esponenziale non c’è dubbio, sono statistiche. Da qualche parte avevo letto che è il settore di maggiore crescita, ed è sicuramente un fenomeno che – su larga scala – venticinque anni fa non esisteva neanche, in Italia.
Detto ciò io non sento nessun merito nel far parte di questa generazione, è un caso e le cose succedono per molti motivi, che poi le persone non “ci” vedano così è una cosa buona: significa che si aspettano di più, ed è il metodo utile per diventare migliori.