Habemus Vatem

Son seimila anni che aspettano un profeta, e ora l’hanno trovato:

Un documentario della TV iraniana spiega che la diffusione dei film di Hollywood è parte integrante del complotto sionista. In particolare Harry Potter viene propagandato dagli ebrei per una ragione molto chiara: lo considerano il loro profeta.

Sennò che liberale sei?

Spesso mi picco di essere molto bravo a individuare tutte le contraddizioni, e tutto il portato strutturato dietro a ragionamenti apparentemente innocui: specie per quanto riguarda il maschilismo, ma anche su altri concetti a me cari, come l’egoismo del dire «non voglio giudicare quella persona» o l’inane illogicità del pensare che «due cose possono essere diverse, né rispettivamente peggiori, né migliori né uguali».

Il preambolo è lungo, il concetto è che c’è sempre uno più bravo di te:

“Provo a ragionare da un punto di vista laico e liberale – scrive Antonio Polito (il Riformista, 27.2.2009) – cioè a valutare che cosa sia meglio per la comunità, e non che cosa corrisponda di più ai miei convincimenti personali”. Un aborto fin da quest’incipit, questo editoriale, perché “un punto di vista laico e liberale” non contempla alcuna contraddizione tra “convincimenti personali” e “cosa sia meglio per la comunità”.

È verissimo, ovvio direi, ma il possidente qui non c’aveva pensato. Come direbbe quello: « mo’ me lo segno».

Balcani

Più ne leggo, qua e qua ultimamente, più mi sembra di capire che i balcani siano la cosa più simile al Medio Oriente che c’è. C’era anche un mezzo programma di farci un salto, tornato da qui, a Sarajevo. Chissà.

Per me è arabo

Quando racconto, qui, che in Italia dire “per me parli arabo”, è come dire “dici qualcosa di incomprensibile”, ci rimangono un po’ male. In inglese si dice “è greco per me”, e c’è una pagina wikipedia molto divertente dove sono elencate tutte le stesse espressioni in tutte le varie lingue. Il più gettonato è il cinese, considerato “arabo” da molte altre lingue, fra cui l’ebraico. L’yiddish predilige l’aramaico, che è abbastanza gettonato anche in italiano come seconda scelta dopo l’arabo.

Uno potrebbe stare su quella pagina per ora. C’è qualcuno, però, che si è preso la briga di farne una rappresentazione grafica, che io ho trovato incredibilmente divertente: sembra proprio che il cinese vada per la maggiore, o per la minore, a seconda dei punti di vista.

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Giovedì 26 febbraio

Senso degli affari – Diario dalla Palestina 177

Poi erano gli ebrei quelli con il senso degli affari! Dopo il ristoratore che scrive il menù sul muro, e i tassisti che si piazzano dopo il check-point per proporre il Banksy-tour, Francesco mi segnala questo sito: tu gli dài trenta euro, ti fanno la bella scritta (politica, scherzosa, ma soprattutto d’amore) che hai commissionato loro sul Muro. Poi ti mandano tre foto della scritta, e tu le fai vedere alla tua fidanzata!

Mercoledì 25 febbraio

Ping pong – Diario dalla Palestina 176

Sempre su uomo-donna all’università mi sono dimenticato di raccontare una cosa: che, per la prima volta da quando sono qua, ho visto dei ragazzi non voltarsi con cameratismo d’ordinanza al passare di una ragazza. Di solito lo fanno tutti, in qualunque caso. Invece stavamo giocando a ping pong, e tutti erano concentrati sulla partita. Bene.

Se non fosse che il tipo lì mi ha umiliato, 21 a 16, ma di quelle partite che aveva in mano dall’inizio alla fine. E pensare che io ero straconvinto di vincere.

Martedì 24 febbraio

Università – Diario dalla Palestina 175

Questa mattina sono stato all’università di Betlemme. È un bel posto, ed è nettamente il luogo più occidentale che abbia visto in Palestina: il modello è quello americano, e tutto è in inglese. Si respira molta meno tensione, tutto è enormemente più pulito, c’è più libertà. Il maligno direbbe che l’Occidente sia la cultura, ma la verità è l’opposto: che in Occidente è stato ottenuto quello che qui non è ancora stato ottenuto, definire quei valori “occidentali” è una svalutazione, per tutti coloro che credono nella parità dei sessi, la libertà sessuale, etc.

In ogni caso maschi e femmine sono anche qui molto separati, ci sono gruppi di maschi e gruppi di femmine: io facevo un po’ la spola fra tutti, una ragazza venuta a Betlemme dall’Arabia Saudita non mi ha voluto stringere la mano (che pensi che sia “adulterio della mano”, come ha detto uno di quegli imam pazzi?), mi era già successo altre volte, comunque. Ma al di là del costume, e dell’abitudine a stare separat, la segregazione è molto soft: gli spazî sono comuni, e il controllo sociale per quanto c’è, è minore. È anche non irrilevante il fatto che sia un’università cattolica, e i cattolici qui sono l’avanguardia.

Nella biblioteca una ragazza ha avuto anche l’ardire di sedere al mio stesso tavolo, molto distante, dall’altra parte di un tavolone come ci sono all’università: io stavo leggendo delle cose intanto che aspettavo la fine di una lezione della mia accompagnatrice. Siccome sono uno molto irrequieto mentre leggo, specie se una cosa che mi piace, muovo le gambe, mi dondolo sulla sedia, faccio ballare il tavolo, quando questa ragazza si è seduta, io mi sono alzato e mi sono messo al tavolo accanto. Non volevo disturbarla con i miei movimenti: avrei fatto lo stesso in Italia, aggiungendo la spiegazione.

Lei, però, ha pensato che fossi un qualche cosa di religioso perché ha fatto una faccia sconvolta e umiliata perché pensava di avermi offeso sedendosi al mio stesso tavolo: allora io mi sono affrettato a dire, in un modo molto impacciato «nono, sono io quello matto, che non riesco a stare fermo mentre leggo: tu non hai fatto nulla di male!». Per fortuna mi ha creduto.

Comunque, al di là del mio notorio essere imbranato, la cosa mi ha fatto un’impressione positiva, perché con tutte le premesse possibili – cioè che si fosse seduta dalla parte opposta, che io fossi evidentemente occidentale (i capelli lunghi) – è la prima volta che mi è capitato, perché in genere se una ragazza si avvicina a un ragazzo è un segno automatico di mancanza di pudore.

Lunedì 23 febbraio

Pregiudizî – Diario dalla Palestina 174

Avevo parlato dei pregiudizî formalizzati ai check-point, ci sono altri esempi: quando l’esercito ispeziona un pulman, sicuramente indugerà di più su chi ha una fisionomia araba (per poi, magari, scoprire che si tratta di un ebreo sefardita). Anche in questo caso l’ispezione su base etnica è una pratica poco digeribile per un osservatore, ma se la domanda è “qual è l’alternativa?” è molto difficile trovare una risposta, specie perché – come si dice sempre in Israele – Funziona.

Ovviamente il problema maggiore sono gli abusi del piccolo spazio di potere che ha il controllore, spesso molto tutelato dal controllore del controllore, nell’esercitare la propria funzione in modo vessatorio.

Quanto ai pregiudizî ci sarebbero tanti discorsi da fare, in fondo anche stupirsi che un ragazzo di venticinque anni abbia letto la Divina Commedia (non io) è essere vittima di un pregiudizio. Inoltre la cosa più importante dei pregiudizî è che siano censurati, che chi li ha in testa pensi che sta pensando una cosa sbagliata. È il primo passo perché la generazione successiva cambi: dieci anni fa, ricordo, in Italia tutti buttavano carte per terra. Qui succede esattamente lo stesso, ognuno lo fa con noncuranza, e questo induce (educa) gli altri a fare lo stess, il famoso principio della finestra rotta, insomma.

Ora, in Italia, lo noto sempre, non è che non si buttano più le carte per terra, e non è solo che si faccia meno, ma se lo si fa, lo si fa di nascosto: c’è l’idea che farlo è sbagliato. Farei un discorso simile per il maschilismo, certo che ce n’è ancora in Italia, e tanto: basti solo pensare a come l’aspetto fisico sia il metro più spontaneo di valutazione. Ma almeno è passata, e da molti anni, l’idea che pensare che le donne meritino meno diritti è sbagliato. Qui in Palestina non solo lo si sostiene nei fatti, ma quasi sempre anche nelle parole.

Perché ho pensato a tutta questa cosa sui pregiudizî? Un po’ perché ce l’avevo in mente, e un po’ perché ho fatto un test costruito da alcuni studiosi di Harvard molto semplice, ma allo stesso tempo molto efficace per rivelare quanto intimamente uno abbia dei pregiudizî su base etnica, sociale, nazionalistica, sessuale, etc. Ce ne sono tanti, alcuni anche in italiano: quello che mi ha stupito, e sono convinto che sia dovuto alla permanenza qui, è che non riscontrano alcuna forma di pregiudizio rispetto ai nomi arabi, neanche nel fondo del mio retropensiero. Ed è strano, perché dicono che anche la maggior parte di chi dichiara di non avere pregiudizì, riscontra con questi test un qualche sedimento di preconcetto: questo conferma che la conoscenza, la frequentazione, aiuta l’erosione dei pregiudizî – sicuramente se l’avessi fatto un anno fa, prima di avere a che fare con un sacco di palestinesi, il risultato sarebbe stato diverso: per dire, ho dichiarato di preferire gli Stati Uniti all’Italia (7 a 5), e invece il risultato del test è stato che ho un minuto pregiudizio pro-italiano.

Lavoreremo per eliminare anche quello.

Il test sui nomi arabi è qui: se dopo esservi resi conto di averne di pregiudizî impliciti, volete sbizzarrirvi, trovate tutto il resto qui.