L’Italia ai palestinesi – Diario dalla Palestina 86
Certo, c’è la storia del pizza-mafia-macaroni (e ‘sta questione che maccheroni non è sinonimo di pasta bisognerebbe spiegargliela, una volta per tutte), ma è una cosa molto amichevole, come quando piove e governo ladro: non è un fatto imputato agli italiani di avere la mafia, non hanno tale responsabilità, anzi semmai è una disgrazia di cui compatirci, una cosa caduta dal cielo (che poi nel caso della pioggia non è così sbagliato…) – e non si può offendere qualcuno per un monsone, per una sventura di cui non ha colpa. Anzi, piangersi addosso tutti insieme è cosa che unisce più d’ogni altra.
Funziona allo stesso modo per Berlusconi – malvoluto quasi quanto in Italia – è lì al governo ma «puoi criticare i governi, non le persone», e cioè il fatto che più della metà degli italiani l’abbia votato come premier (tantomeno che questa sia una cosa legittima) è fuori discussione, non se ne parla. Solo che c’è una differenza con l’Italia, quando spiego che Berlusconi è il presidente del Milan tutti storcono la bocca per dire «allora non è poi così male…». È divertente come un dato per noi così assodato, nella nostra testa addirittura precedente al Berlusconi politico, altrove stupisca.
Perché, come immaginerete, il calcio è un fattore tutt’altro che trascurabile, e notevole polo d’attrazione: e quello è il campo dove tutti amano l’Italia. Se c’è un argomento su cui israeliani e palestinesi sono stati d’accordo è per chi tifare alla finale del 2006, non ne ho trovato uno – fatti salvi israeliani/francesi e palestinesi/francesi – che tifasse per la Francia.
A Al ‘Eizariya (che sarebbe dove c’è la tomba di Lazzaro: sì, lo so, uno non ci pensa ma alla fine, non al primo ma al secondo tentativo, anche dovrà pur esser morto) ho visto una bandiera italiana dipinta su una parete, e quando ho chiesto perché mi è stato risposto «perché abbiamo vinto i mondiali».