Ramadan – Diario dalla Palestina 48
Ieri è iniziato il Ramadan, le case dei mussulmani e le moschee sono addobbate con palline colorate e luci che verrebbe da definire natalizie. Qui si parla – appunto – di “festeggiare” Ramadan, anche se questo dovrebbe essere tutt’altro che una festa, ovvero il mese della penitenza.
Per trenta giorni i mussulmani osservanti (per il Ramadan quasi tutti) non possono né mangiare, né fumare, né – soprattutto – bere dall’alba al tramonto; se da spettatore l’unica assenza che si nota è quella delle sigarette, posso immaginare che privarsi dell’acqua – tantopiù con questo clima – per l’intera giornata sia la rinuncia più sofferta.
E chi non è mussulmano? Se nella maggior parte degli stati arabi l’evenienza di un non osservante il Ramadan è completamente trascurata tanto da vieare per legge il consumo di qualunque vivanda o bevanda durante le ore diurne di Ramadan, in Palestina – e in particolare a Betlemme – dove c’è una rilevante minoranza cristiana è tutto lasciato alla sensibilità di ognuno.
Per mangiare o fumare i cristiani si rinchiudono in case o negozi, chi per paura chi per una malintesa forma di rispetto: quando si parla di religione, qui, è difficilissimo far rendere conto le persone che il rispetto non può, non deve essere negli occhi di chi guarda.
Onestamente tollero a fatica qualsiasi forma di estremismo. Sia politico che religioso.
va bene il ramadan,
ma ti stai tenendo informato su quello che succede in europa? rachida dati è incinta e non vuole dire chi sia il padre!